L'India chiude il caso marò dopo indennizzo da 1 mln
Archiviazione appena risarcite famiglie vittime. Indagine a Roma
(ANSA) - ROMA, 09 APR - Mancava ancora un ultimo passo per chiudere del tutto il contenzioso con l'India sul caso dei due marò, dopo la sentenza di luglio scorso dell'arbitrato internazionale: il risarcimento dovuto dall'Italia per la perdita di vite umane, i danni morali e materiali. Ora, dopo l'accordo sull'ammontare di 100 milioni di rupie (pari a 1,1 milioni di euro), la Corte Suprema di New Delhi si è detta pronta ad archiviare il dossier non appena lo Stato italiano avrà versato la somma su un conto corrente del ministero degli Esteri di Delhi.
Secondo i media locali, dopo una settimana dal deposito, il caso tornerà davanti all'Alta Corte per essere definitivamente chiuso, probabilmente il 19 aprile. A quel punto decadranno anche le ultime restrizioni cui Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono sottoposti dal loro rientro in Italia, sempre per decisione della Corte indiana.
Sarà poi la stessa Corte Suprema a distribuire i soldi versati alle vittime che hanno accettato la proposta di indennizzo: le famiglie dei due pescatori uccisi, Ajeesh Pink e Valentine Jelastine, riceveranno 40 milioni di rupie ciascuna, mentre i restanti 20 milioni andranno a Freddy Bosco, l'armatore del peschereccio Saint Antony su cui navigavano le vittime, rimasto a sua volta ferito nella sparatoria di 9 anni fa al largo del Kerala. Il risarcimento pattuito si somma ai 245 mila euro già versati in passato dall'Italia ai familiari.
Il 15 febbraio 2012 i due fucilieri di Marina stavano prestando servizio antipirateria a bordo della nave commerciale italiana Enrica Lexie: all'avvicinarsi del peschereccio, temendo un attacco di pirati non insolito in quel tratto dell'Oceano Indiano, aprirono il fuoco sparando, come raccontarono, colpi di avvertimento in acqua. Ma a bordo del Saint Antony morirono i due pescatori.
La vicenda scatenò un'aspra crisi diplomatica tra l'Italia e l'India - con Latorre e Girone prima fermati in Kerala, poi costretti per anni a risiedere nell'ambasciata italiana di Delhi - e un estenuante contenzioso su chi dovesse processare i due militari italiani. Quando tutte le strade intraprese si erano dimostrate senza uscita, nel 2016 il governo italiano decise di ricorrere all'arbitrato internazionale, conclusosi con una sentenza inappellabile dalle due parti nel luglio 2020: la giurisdizione del caso è di competenza italiana perché al momento dei fatti i due fucilieri godevano dell' "immunità funzionale", ma al tempo stesso l'Italia avrebbe dovuto risarcire "la perdita di vite umane, i danni fisici, il danno materiale all'imbarcazione e il danno morale sofferto dal comandante e altri membri dell'equipaggio del peschereccio indiano Saint Anthony".
Conclusa la vicenda internazionale, a 9 anni dall'accaduto, tocca quindi alla magistratura italiana entrare nel merito della vicenda. Sin dal 2012, la procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio volontario, affidato al sostituto procuratore Erminio Amelio. Latorre e Girone furono ascoltati dai pm capitolini il 3 gennaio del 2013, quando fecero ritorno in Italia per alcuni giorni. E sempre nel 2013 su incarico della Procura fu eseguita una perizia sul computer e su una macchina fotografica che si trovavano a bordo della Enrica Lexie. I magistrati di piazzale Clodio stanno ora analizzando gli atti inviati dal Tribunale arbitrale per poi procedere a una definizione del fascicolo. (ANSA).
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