In seguito alla sentenza di condanna del 5 agosto 2024, Google rischia di essere smembrata, perdendo suoi asset chiave come Android, Chrome e Ads.
Il Dipartimento di Giustizia USA starebbe considerando lo scorporo per limitare il monopolio della società. Ma quali potrebbero essere le conseguenze di questa decisione?
Big G rischierebbe di perdere Android, Chrome e Ads: vediamo cosa c’è in gioco in questa storica battaglia legale
Pensa a un’auto da corsa velocissima, che vince ogni gara senza sforzo sbaragliando la concorrenza, con piloti e ingegneri che lavorano all’unisono e in perfetta armonia.
Ogni elemento della macchina svolge una funzione precisa: c’è il motore, le sospensioni, le gomme, il telaio, poi il computer di bordo, e così via.
Ecco, ora immagina che uno dopo l’altro, questi componenti si perdano, come in un effetto domino, che i piloti vadano a correre con altre scuderie e gli ingegneri vadano a lavorare per gli avversari.
Non solo, metti che un tribunale sancisca che la casa automobilistica debba rivelare alcuni suoi segreti ai concorrenti per garantire la trasparenza del mercato…
Cosa succederebbe allora a questo team imbattibile?
Si sfalderebbe, perdendo la sua forza, o continuerebbe a dominare il campionato?
Fidati, non esagero, questo è il grande interrogativo che oggi affronta Google.
Dopo la sentenza del 5 agosto del giudice Amit P. Metha, infatti il colosso della Silicon Valley, secondo quanto trapela da Bloomberg e dal New York Times, rischierebbe di perdere alcuni dei suoi asset principali come Android, Chrome e Ads.
Intendiamoci, parlo di un’eventualità, tra le più fosche per Big G; ma se ciò divenisse realtà cosa cambierebbe per il gigante di Mountain View?
Prima di inoltrarci in scenari del genere, facciamo un passo indietro e vediamo come siamo arrivati a questo punto.
La sentenza del 5 agosto 2024: l’effetto farfalla che mette nei guai Google
Il 5 agosto, il giudice Mehta ha stabilito che Big G ha illegalmente monopolizzato i mercati delle ricerche online e delle pubblicità testuali. Una sentenza storica, che mette la società in una posizione scomoda, per usare un eufemismo.
Google, un’azienda che vale circa 2 trilioni di dollari, che controlla oltre il 90% delle ricerche online, ha costruito un impero su un modello di business pubblicitario, generando solo lo scorso anno 175 miliardi di dollari di entrate dai suoi servizi di ricerca e dalle attività correlate.
Per cui, ma non occorre che te lo ricordi, non stiamo parlando di una semplice corporation…
A Mountain View, naturalmente, hanno immediatamente annunciato che si appelleranno alla decisione del tribunale, ma intanto, l’accusa, ossia il Dipartimento di Giustizia (DOJ), ha iniziato a pianificare le sue prossime mosse.
E, ciò che ha in mente, sta inquietando non poco la società di Sundar Pichai.
I piani del DOJ (Dipartimento di Giustizia USA): Android, Chrome e AdWords sono davvero a rischio?
In ballo ci sono pezzi enormi dell’impero di Google.
Tra le unità che potrebbero essere scorporate, spiccano il sistema operativo Android e il browser web Chrome: uno smantellamento di proporzioni quasi inedite nella storia dell’Antitrust.
Parliamo di due prodotti che, da soli, dominano il mercato globale: ti ricordo che Android è installato su circa l’85% degli smartphone a livello mondiale, mentre Chrome detiene una quota di mercato di oltre il 65% tra i browser.
Le domande mi sorgono spontanee: cosa succederà alle migliaia di app che si basano su Android? E ai miliardi di utenti che utilizzano Chrome ogni giorno? La transizione potrebbe essere complessa e lunga, con possibili disservizi e cambiamenti radicali.
D’altronde, come puoi facilmente intuire, separare queste unità significherebbe non solo ridimensionare Google, ma anche ridisegnare completamente il mondo della tecnologia mobile e del web browsing.
E non è finita qui: un’altra potenziale mossa del DOJ riguarda Ads, la piattaforma di Google per la vendita di pubblicità testuale, come scrive Bloomberg. Ads è uno degli strumenti più potenti di Google, che gli permette di controllare una fetta enorme del mercato pubblicitario digitale globale.
Pensa che nel 2022, le entrate pubblicitarie di Google hanno superato i 224 miliardi di dollari, rappresentando circa l’80% del totale delle entrate dell’azienda, per cui capisci bene l’importanza dell’asset.
Perdonami la brutalità, ma obbligare Google a vendere Ads sarebbe come strappare il cuore pulsante della sua macchina da soldi.
Intanto le azioni di Alphabet (società madre di Google) sono scese dell’1,4% a 161,95 dollari nelle contrattazioni pre-mercato di mercoledì (e questo non è un buon segno…).
Ma da cosa nasce questa volontà del DOJ di scorporare la società di Mountain View? Non è accanimento o sadismo, alla base ci sono serie motivazioni…
Le preoccupazioni del DOJ per il monopolio di Google
Ma perché il DOJ è così determinato a smantellare Google? La risposta sta nel potere che Google ha accumulato negli anni, specialmente nei settori delle ricerche online e dell’intelligenza artificiale.
Il Dipartimento di Giustizia è preoccupato che il dominio di Google nelle ricerche gli conferisca un vantaggio sproporzionato nello sviluppo delle tecnologie di IA, creando un circolo vizioso in cui Google raccoglie sempre più dati, migliora i suoi prodotti di IA, attira più utenti e quindi raccoglie ancora più dati, così in loop…
La sentenza del giudice Mehta, in questo senso, ha sostanzialmente confermato le accuse del DOJ:
Per l’accusa, Google ha costruito un impero che impedisce ai rivali di sviluppare nuovi prodotti e fare ricerca, consentendole di aumentare i prezzi degli annunci oltre quanto sarebbe possibile in un mercato libero.
Tra gli elementi portanti di questa egemonia, vi sono i miliardi di dollari che Google paga a società come Apple e Mozilla per essere il motore di ricerca predefinito su dispositivi come l’iPhone e browser come Firefox.