Il ministro della Salute ha affrontato l’argomento in una lettera inviata al quotidiano La Stampa, con la quale ha risposto all’appello di un uomo di 43 anni che chiedeva di poter “morire con dignità”
Tramite una lettera inviata al quotidiano La Stampa, Roberto Speranza è tornato a parlare della necessità di una legge in materia di fine vita. Rispondendo a un uomo di 43 anni che ieri, mercoledì 11 agosto, aveva scritto al giornale dicendo di voler morire con dignità, il ministro della Salute ha ricordato che la Corte Costituzionale “ha stabilito che una persona, qualora ricorrano i requisiti che il comitato etico competente deve verificare, ha il diritto di chiedere a una struttura pubblica del servizio sanitario l’assistenza al suicidio medicalmente assistito”.
Speranza: “Lavoreremo per consentire l’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale”
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“Caro Mario, desiderio anzitutto esprimerLE il mio profondo
rispetto per la dignità – che traspare per intero dalla sua lettera –
con la quale sta affrontando la sua dolorsa condizione e sta cercando di
ottenere una risposta dal sistema sanitario pubblico, nel pieno
rispetto delle norme attualmente vigenti nell’ordinamento giuridico
italiano”, ha scritto Speranza
nella parte iniziale della missiva. Il ministro ha aggiunto che la
lettera meritava una risposta e che ora “continueremo a lavorare in
silenzio, per ciò che il governo può fare nell’ambito delle sue
competenze, per consentire l’applicazione più uniforme possibile, al di
là di ogni legittima posizione politico-culturale, della sentenza della
Corte Costituzionale, nel rigoroso rispetto dei requisiti molto chiari e
stringenti che essa ha stabilito”.
“Sul fine vita il governo non può scavalcare il Parlamento”
Nella lettera, Speranza
ha osservato che il fine vita è uno di quegli argomenti “su cui si
confronta un pluralismo insuperabile di punti di vista etici, culturali,
teorici, religiosi, che in un ordinamento democratico come il nostro
non può che trovare la sua espressione politica anzitutto nel
Parlamento. Sono personalmente convinto da tempo della necessità e
dell’urgenza di un intervento legislativo in materia, da ministro ho
mantenuto, pertanto, la posizione di principio che su materie come
questa non ci possa essere alcuna iniziativa del governo che scavalchi o
surroghi il ruolo del Parlamento”.
“La sentenza della Consulta non può essere ignorata”
Speranza ha aggiunto che “la sentenza numero 242 del 2019 della Corte
Costituzionale, prendendo atto di uno stallo legislativo che si
trascina da anni e pur auspicando una più organica regolazione della
materia da parte del Parlamento, ha introdotto un fatto nuovo, rendendo
non più punibile che ‘agevola l’esecuzione del proposito di suicidio’.
In assenza di una regolazione legislativa più generale della materia, di
cui pure ha ribadito la necessità, la Consulta ha stabilito che una
persona, qualora ricorrano i quattro requisiti sopra riportati e che il
comitato etico competente deve verificare, ha il diritto di chiedere a
una struttura pubblica del servizio sanitario l’assistenza al suicidio
medicalmente assistito”.
Nella parte finale della lettera, il ministro della Salute ha scritto che “l’attesa e l’auspicio di una legge non possono perciò esimere tutti, quali che siano le diverse legittime posizioni su un tema così delicato, dal prendere atto che la sentenza della Consulta non può essere ignorata. È sulla base di questa convinzione che il ministero della Salute ha avviato già nei mesi scorsi un confronto con le Regioni che ha l’obiettivo di superare due problemi che rischiano di ostacolare l’attuazione della sentenza della Consulta o di produrre una sua applicazione non omogenea nei diversi territori”.
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