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30/12/20

Istituzioni allo sbando: all’incapacità del premier si aggiunge il silenzio assordante di Mattarella

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Istituzioni allo sbando: all’incapacità del premier si aggiunge il silenzio assordante di Mattarella

Avatar di Martino Loiacono, in PoliticaQuotidiano, del 13 Mar 2020, 04:12

Più passa il tempo, più il Governo Conte si rivela inadeguato per fronteggiare la crisi sanitaria, ed economica, dovuta al coronavirus. È una triste realtà quella che emerge quotidianamente dalle conferenze stampa e dai provvedimenti che si stanno facendo sempre più numerosi e sempre meno chiari. Il presidente del Consiglio è irresoluto, sembra soppesare ogni singola virgola dei decreti da varare e continua a rallentare un processo che deve essere per forza di cose agile e al tempo stesso rigoroso. Soprattutto di fronte a un’emergenza di questa portata che richiede una fermezza e una lucidità fuori dal comune. Doti che possiedono solo i veri leader. Come Churchill a cui Conte si è incautamente paragonato. Nelle ore buie, come insegna la storia, servono politici di razza che hanno il coraggio di scegliere e prendere per mano un’intera nazione. È la Politica nella sua più alta accezione.

Ed è proprio quella politica che nel corso degli anni è stata distrutta dal Movimento 5 Stelle. La forza di cui Giuseppe Conte, non va dimenticato, è espressione. Il M5s in passato aveva infatti raccontato per bocca di Beppe Grillo che chiunque, inclusa la casalinga di Voghera, avrebbe potuto aspirare a qualsiasi carica dal momento che sarebbe bastata la sola e nuda onestà per governare. E ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni ne è il tragico risultato, oltre che la logica conseguenza. Perché non c’è solo Conte a (non) governare. C’è anche un ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, a cui è sfuggita di mano la situazione delle carceri e che non sembra essersi reso conto di quel che sta accadendo tra evasioni, morti per overdose e violenze che stanno mettendo a dura prova l’ordine pubblico. Infine, c’è Rocco Casalino che sta gestendo in modo disastroso la comunicazione di Palazzo Chigi. Le fughe di notizie, le conferenze stampa a notte fonda e i messaggi pasticciati e confusi sono l’evidente testimonianza della sua insipienza.

E così torniamo al premier. A un’incapacità politica ormai acclarata, Conte somma una comunicazione debole. Le sue conferenze stampa e i suoi discorsi alla nazione non riescono mai a incidere. Sono degli interventi fragili il cui messaggio spesso si perde nei lunghi preamboli e nelle circonlocuzioni di sapore giuridico che li accompagnano. Anche i toni non sono propri di un leader che sta chiedendo all’Italia un sacrificio enorme. Una misura di portata storica viene comunicata con un tono piano da lezione universitaria, quasi fosse una misura ordinaria che non deve richiedere una particolare attenzione o che non deve ottenere risalto. Una comunicazione che fa trasparire l’assenza di chiarezza decisionale e che causa attriti con le regioni, ma anche confusione tra i cittadini che si sentono abbandonati. In uno scenario così tetro latita anche il presidente della Repubblica, uno degli artefici dell’esecutivo Conte-bis. Mattarella, eccetto un breve intervento, non ha mai fatto sentire la propria voce. Non si è rivolto agli italiani con un discorso degno di questo nome, capace di rassicurare e ricompattare un’Italia in preda al panico. Non ha fatto sentire la presenza delle istituzioni in una delle crisi più drammatiche della storia repubblicana. Il suo silenzio è assordante ed è l’immagine plastica di un Paese le cui istituzioni sono allo sbando.

Coronavirus, la lettera di un giovane siciliano al Presidente Mattarella: “La nostra amata Sicilia muore ogni giorno di più”

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Coronavirus, la lettera di un giovane siciliano al Presidente Mattarella: “La nostra amata Sicilia muore ogni giorno di più”

Giovane docente siciliano scrive al Presidente della Repubblica: “Auspico che il ruolo di garante da Lei esercitato possa mitigare la condizione di attuale caos politico ed orientare saggiamente le scelte di chi è chiamato ad amministrare”

Riportiamo di seguito la lettera che Salvatore Di Bartolo, giovane docente siciliano, ha inviato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella:

Egregio Presidente Mattarella,
chi scrive è un giovane siciliano innamorato della propria terra. Uno di quei tanti che trascorre la gran parte dell’anno altrove per motivi di lavoro. Uno dei quei pochi che ancora si ostina a credere fortemente in un futuro migliore per i giovani nati nella nostra Sicilia.

Il rispetto incondizionato verso il ruolo istituzionale da Lei oggi ricoperto e la stima ragguardevole nei confronti della Sua persona mi spingono a porgerLe dei doverosi ringraziamenti per l’impegno da Lei profuso in queste ultime concitate settimane e per la forza che le Sue parole hanno saputo trasmettere alla cittadinanza tutta.
Ma proprio i suddetti sentimenti di rispetto e stima mi impongono di rivolgerLe delle necessarie riflessioni e di manifestarLe dei leciti interrogativi sul presente ma soprattutto sul futuro della nostra regione.

Nelle scorse settimane il Presidente della regione Sicilia ha più volte evidenziato pubblicamente le criticità del sistema sanitario regionale, manifestando peraltro delle giustificate perplessità in merito alla non remota eventualità di una rilevante condizione di stress alla quale lo stesso potrebbe essere a breve sottoposto. Gli stessi vertici regionali hanno inoltre, loro malgrado, dovuto fare i conti con la carenza di apparecchiature e dispositivi sanitari atti a fronteggiare la situazione emergenziale, avanzando a tal proposito svariate richieste al governo.

Ad oggi, dette richieste sono state pericolosamente trascurate.
Nessun ventilatore elettrico né respiratore delle decine necessarie a salvare delle vite umane ad oggi è stato fornito, e la stessa cosa dicasi per ciò che concerne i kit diagnostici. Mentre a fronte di svariate milioni di mascherine richieste ne sono state recapitate solo poche migliaia.
Dati davvero poco incoraggianti se si considera che sono già trascorse ben cinque settimane dall’inizio della fase di emergenza sanitaria e ci troviamo in prossimità del tanto temuto picco dei contagi.

In che modo il governo pensa di poter gestire in Sicilia l’eventuale sopraggiungere di una condizione di emergenza quale quella che sta interessando diverse aree del settentrione?
Come si pensa di porre un freno alla rapida diffusione della pandemia se non si hanno a disposizione né strumenti per evitare il contagio né tantomeno per accertarsi che un’eventuale condizione virale sia già in essere tra gli individui?

Accanto a tali interrogativi, attinenti la sfera squisitamente sanitaria, risulta poi opportuno tenera in debita considerazione quelli inerenti l’ambito socio-economico.
Come famiglie ed imprese, già di per sé in una forte condizione di precarietà e disagio, potrebbero affrontare e superare il perdurare di una situazione eccezionale quale quella attuale?
Quali risorse s’intende destinare al tessuto economico-produttivo di una regione già martoriata da una comprovata e durevole situazione di crisi imprenditoriale ed occupazionale?

Ad oggi, purtroppo, bisogna avere il coraggio di ammettere che i dubbi e le perplessità risultano essere molteplici ed irrisolti.
Le certezze, invece, esigue ma inconfutabili.
I tanti miliardi sottratti alla gestione della sanità pubblica del mezzogiorno in nome di scellerati vincoli contabili sono prova evidente di miopia e scarsa capacità di programmazione da parte di una classe dirigente dimostratasi troppo spesso inadeguata.
La difficoltà da parte degli amministratori locali nel rispondere tempestivamente ed efficacemente a situazioni di comprovata ed evidente emergenza senza il rischio di dover incorrere in reati ed abusi di vario tipo sono figlie di un modello ormai obsoleto di gestione della cosa pubblica che si erge su procedure estremamente farraginose ed eccessivamente burocratizzate.

Signor Presidente, la nostra amata Sicilia muore ogni giorno di più, e le responsabilità di ciò non sono di certo da ascriversi ai siciliani.
I siciliani hanno loro malgrado dovuto subire passivamente le scelleratezze dei governi nazionali e sovranazionali che hanno condannato la nostra amata terra ad un lento ed inesorabile declino.
Una Sicilia abbandonata a sé stessa. Lasciata in balia degli eventi. Costretta ad affrontare autonomamente temi epocali quali l’immigrazione, ma anche la crisi del mercato del lavoro ed il grave deficit infrastrutturale rispetto alle altre aree del continente.
La speciale condizione di insularità richiederebbe indubbiamente ben altre attenzioni da parte di un’Europa rivelatasi nel tempo poco madre e troppo spesso matrigna. Un’unione fondata su principi di unità e solidarietà tra i popoli che continua ad anteporre, anche in condizioni del tutto eccezionali, rigidi parametri contabili e perverse logiche finanziarie al soddisfacimento dei bisogni essenziali dei propri cittadini.

Caro Presidente, nel tempo noi siciliani abbiamo dovuto giocoforza imparare a convivere con la perdita del nostro posto di lavoro, dell’affetto dei nostri familiari e del calore della nostra terra.
Ma non della dignità. Quella mai.
Auspico che il ruolo di garante da Lei esercitato possa mitigare la condizione di attuale caos politico ed orientare saggiamente le scelte di chi è chiamato ad amministrare in un momento tanto difficile.
Possa altresì la Sua figura rappresentare un importante punto di riferimento per mantenere viva la speranza dei siciliani tutti, in modo particolare di coloro i quali in queste ore si trovano nella condizione di dover cercare disperatamente un posto letto ove curarsi o un pasto caldo da consumare. Disperatamente si, ma sempre con dignità!

Dott. Di Bartolo Salvatore
Dottore commercialista e docente presso l’I.T.E. “E. Montale” di Tradate (VA)

"Matteo Bassetti, finalmente lo ha ammesso. La verità sui morti per Covid". La banda Bassetti dice tutto e il contrario di tutto.

Bassetti smonta i dati: "La verità sui morti di Covid"

L'infettivologo contesta il conteggio italiano dei decessi attribuiti al Covid: "Si sovrastimano i morti. Il numero non scenderà a breve finché non cambieremo la modalità di considerare il virus"

Bassetti smonta i dati: "La verità sui morti di Covid"

I conti non tornano. Matteo Bassetti lo dice in modo chiaro, smontando di fatto i dati italiani sul Covid e in particolare sui decessi ad esso attribuiti. Secondo l'infettivologo, nel nostro Paese persiste un'errata prassi nel computo delle morti provocate dal virus, con conseguenze attrettanto fallaci sia sul piano medico, sia su quello della percezione sociale del pericolo. L'inattendibilità di certi conteggi, in particolare, emergerebbe dal raffronto con le stime delle altre nazioni europee. Ed è proprio ragionando su questo punto che il professore ha lanciato il suo più recente monito.

"Nonostante Omicron e vaccini ci stiano portando fuori dalla pandemia, il numero di morti, classificati come Covid in Italia, è troppo alto anche rispetto agli altri paesi europei e non solo", ha osservato Bassetti in un post pubblicato stamane sui social. Il direttore del reparto di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova ha poi citato l'esempio della Danimarca, dove nelle ultime settimane è stata registrata una significativa riduzione della mortalità e della letalità del virus. I dati riferiti a questa inversione di rotta - ha spiegato il professore - "mettono in evidenza ciò che sostengo da oltre un mese: in questa fase sono moltissimi i decessi con Covid e non a causa del Covid". Una distinzione che Bassetti ritiene fondamentale, anzi decisiva, per comprendere la reale incidenza pandemica in questa nuova fase.

"Per chi non fa il medico sembra una differenza solo semantica. Non è così. È sostanziale. Bisogna differenziare chi ha sintomi e segni del Covid, da chi invece è asintomatico per Covid è ha qualcos’altro", ha proseguito l'infettivologo ligure, precisando: "Solo così potremo capire cosa sta succedendo, ridando oltretutto dignità ai vaccini che da questa classificazione italica non ne hanno giovato…". Anche in questo caso, una non troppo velata critica alla gestione dell'emergenza perseguita dal ministro della Salute Roberto Speranza. Del resto, è proprio sui numeri che si sono basate certe scelte meramente politiche, con il conseguente accumularsi di errori nel corso degli ormai due anni di stato d'emergenza.

Ora per Bassetti la direzione da intraprendere è chiara: "Dobbiamo cambiare questo conteggio". Il professore lo ha ribadito anche all'Adnkronos, avvertendo: "Credo che il numero dei decessi non scenderà a breve finché non cambieremo la modalità di considerare il Covid. Finché noi considereremo tutti allo stesso modo (...) il numero dei decessi non potrà scendere. Anzi potrebbe anche continuare salire". Sull'oggettività dei numeri non si scherza; la strada per uscire davvero dalla pandemia passa anche da quella.

Conte sapeva tutto. Lollobrigida sgancia la bomba sul governo

https://www.iltempo.it/politica/2020/10/26/news/francesco-lollobrigida-sgancia-bomba-governo-giuseppe-conte-sapeva-tutto-covid-coronavirus-25010178/


 

Conte sapeva tutto. Lollobrigida sgancia la bomba sul governo

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Francesco Lollobrigida svela che il premier Conte sapeva tutto sulla seconda ondata. Il Cts e i servizi segreti gli avevano anticipato quello che sarebbe successo. Nonostante questo non è stato fatto nulla. Anzi è stato fatto tutto quello che andava evitato. Il deputato di Fratelli d'Italia svela su Facebook tutti gli errori del governo e cosa è necessario fare per fronteggiare l'emergenza Covid. "Cosa avreste fatto voi se foste stati al governo avendo informazioni sull'arrivo della seconda ondata ad Ottobre dal Cts e dai servizi segreti (come ha avuto Conte) - scrive Lollobrigida su Facebook - 1) ricerca da giugno di personale medico sanitario in Italia (tra i riservisti, pensionati, croce rossa) e all'estero; 2) predisposizione strutture sanitarie dedicate al Covid in numero sufficiente a contenere impatto; 3) avremmo implementato sistema dei trasporti utilizzando bus turistici fermi da mesi, taxi ed eventuali mezzi militari; 4) organizzazione del calendario scolastico che prevedesse differenziazioni di inizio e fine anno, modulando periodi di vacanze, per diminuire numero studenti che impattano sul TPL; 5) Riorganizzazione orari uffici pubblici e grandi aziende private per diminuire impatto su Tpl utilizzando di più gli orari di "morbida"; 6) previsione di un sistema di intervento economico diretto a copertura dei costi delle strutture che vengono costrette alla chiusura temporanea; 7) investimenti per mettere in sicurezza (volontaria) le persone appartenenti a fasce con indice di letalità più alto. Anziani e individui con problemi cardiaci, oncologici, immunodepressi ecc ecc; 8) predisposizione negli alberghi che si rendessero disponibili (oggi sono praticamente tutti chiusi) di luoghi sicuri per persone asintomatico positive o per loro famiglie negative evitando contagi da contatto; 9) verifica dell'applicazione dei protocolli di sicurezza in ogni ambiente di lavoro o svago premiando i virtuosi e intervenendo su irregolari; 10) intervento economico massiccio e liquido a garanzia delle imprese turistiche in ginocchio (copertura affitti, personale e costi fissi); 11) liberalizzazione voucher in ogni ambito con sospensione decreto dignità; 12) sospensione mediazioni sindacali per CIG e interventi straordinari; 13) blocco navale per evitare sbarchi di clandestini e potenziali infetti non controllabili; 14) coinvolgimento e corresponsabilizzazione conseguente di tutte le forze politiche e sociali nelle scelte; 15) organizzato il sistema dei tamponi molecolari e salivari diffuso da subito con prenotazioni evitando assembramenti e code di ore in luoghi a rischio".

 

 

E poi il capitolo su cosa, invece, Lollobrigida non avrebbe fatto: "1) chiudere ristoranti e bar in regola con i protocolli; 2) chiudere palestre, cinema, teatri se non esistono prove siano luoghi "privilegiati" di contagio; 3) passare l'estate annunciando emergenza ma non facendo nulla per predisporre misure di contenimento; 4) non avrei acquistato inutili banchi a rotelle; 5) invece dei monopattini mi sarei dedicato a treni, bus e aerei; 6) non avrei fatto inutile Voucher turismo risultato totalmente inefficace; 7) non avrei fatto inutile Sanatoria migranti; 8) non avrei perso tempo a dividermi 400 nomine nei Cda delle più importanti aziende pubbliche nel pieno dell'emergenza; 9) non avrei riempito di marchette i decreti con la scusa del Covid con l'unico scopo di tenere unita una sbrindellata maggioranza; 10) non avrei escluso il Parlamento e le rappresentanze di categorie, associazioni e imprese dalle scelte che li riguardano con arroganza e superbia. Tutto questo e molto altro lo abbiamo detto, proposto e scritto da mesi senza essere stati ascoltati. Lo abbiamo gridato in Parlamento, nelle piazze e discusso in centinaia di incontri con rappresentanze di categorie, imprese e associazioni che il Governo non ascoltava. Continueremo a fare del nostro meglio ma sappiamo che Conte e gli attuali ministri hanno fallito e non si sono dimostrati all'altezza della sfida che la storia ci ha posto dinanzi. Si sono vantati di risultati che non avevano conseguito e raccontate infinite bugie. Per superare l'emergenza è necessario un Governo scelto dagli italiani e di cui il nostro popolo abbia fiducia".

CENSURATO SU FACEBOOK KUNTE DE LI KUNTI DI MAJONESE

 

Potere personale Giuseppe Conte vuole creare un super servizio segreto (e un suo partito)

Un autorevole membro del Copasir spiega a Linkiesta il tentativo del presidente del Consiglio di fondare un network che monopolizzi le informazioni più preziose del comparto economico italiano a suo esclusivo vantaggio

Pixabay

L’evoluzione è nota solo agli addetti ai lavori, ma è di importanza capitale: negli ultimi anni l’attività principale, il focus di ricerca dei Servizi segreti italiani è lo spionaggio economico: la raccolta, la selezione e l’interpretazione di dati sensibili che riguardano i grandi progetti delle Reti (5G in testa), con il risvolto delle immense tensioni geopolitiche con la Cina e gli Stati Uniti, il controllo delle infrastrutture (porti, autostrade ecc.), così come gli investimenti esteri in Italia e gli accordi internazionali pubblici e privati (da Fincantieri a Vivendi-Mediaset, passando per la moda e l’alimentare).

Naturalmente continuano in pieno e senza sosta le altre attività funzionali dei Servizi, dall’antiterrorismo (fiore all’occhiello dell’Italia in Europa), al contrasto al narcotraffico e alla criminalità organizzata. Ma un enorme impulso, quasi prioritario, ha ormai l’attività coperta e aperta di controllo e difesa delle nostre strutture economiche, pubbliche e private.

Ne è specchio fedele l’attività del Copasir sotto la gestione del leghista Raffaele Volpi che si è pronunciato più volte e con vigore nell’ultimo anno proprio su questi temi, a iniziare dal 5G per finire sulle acquisizioni pericolose per gli interessi nazionali di aziende italiane da parte di holding internazionali.

Se si ha chiara questa novità, spiega a Linkiesta un autorevole membro del Copasir, «si vede come Giuseppe Conte, in trasparenza, intenda creare un super servizio segreto con sé stesso al vertice, con un fine trasparente: imbastire l’ossatura di una componente manageriale, dotata di un knowledge prezioso, una maxi cordata nei gangli fondamentali dello Stato, che costituisca l’asse portante di riferimento per un suo partito».

Un partito che in questa fase è di influenza – e che influenza! – ma che un prossimo domani, a fronte della crisi dei Cinquestelle, può diventare un vero e proprio movimento politico. Là dove Mario Monti imbastì in fretta nel 2013 il suo partito basandosi sulle sue cordate di relazioni universitarie, Conte lavora invece, sul lungo periodo, a creare e rafforzare una sua struttura politica di riferimento composta da manager dello Stato – da qui la sua proliferazione di task force – innervata su un immenso know how di informazioni riservate procurate dai Servizi.

Questo è il progetto strutturale che regge il possibile partito di Conte accreditato dai sondaggi tra il 12 è il 15 per cento. Che si voti domani o – meglio per Conte – nel 2023; senza trascurare un pensiero non fugace per la scadenza delle elezioni per il Presidente della Repubblica.

Dunque, c’è un legame trasparente e organico tra la manovra che Conte ha tentato sui Servizi e la funzione della piramide incardinata sulla struttura di sei super manager e 300 consulenti per gestire il NextGenerationEu. Manovre ambedue contrastate da Italia viva e Partito democratico, sia pure senza spiegare agli italiani le vere ragioni di questa ferrea opposizione.

«Si deve guardare alla formazione professionale di Conte – continua il nostro interlocutore – che ha raggiunto una posizione professionale apicale giocando magistralmente tra le cordate universitarie e quelle della Amministrazione, sino a diventare membro del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, il Consiglio superiore della magistratura (Csm) dei giudici amministrativi. Forte di quella esperienza, di quegli anni di scalata, ora il presidente del Consiglio tenta spregiudicatamente di mettersi alla testa di una grande cordata costituita da un mix di manager dello Stato, che gli devono riconoscenza e prebende, e di gestione di informazioni economiche riservate da lui acquisite tramite il controllo extra legem dei Servizi».

Questo progetto di potere, spiega ancora il nostro interlocutore, doveva passare attraverso la Fondazione mista pubblico-privata che nelle intenzioni di Conte doveva gestire il comparto della cybersecurity: «Se si attribuisce questa Fondazione al controllo del solo Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) e della Presidenza del Consiglio – come nelle intenzioni di Conte – si crea un super servizio Segreto, che rivoluziona la logica stessa di garanzia che informa la legge 124 del 2007 di riforma dei Servizi che istituisce Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna), Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) e Dis su un piano di assoluta parità, con una attenzione forte a non creare alcuna preminenza. Il tutto – si badi bene – sotto il comando del fidatissimo Gennaro Vecchione e nella situazione più che anomala di un Conte che tiene per sé la delega sul controllo dei Servizi».

Da qui infatti bisogna partire, dal momento nel quale nel 2019 Conte – che aveva appena ottenuto lo strategico endorsement di Donald Trump grazie ai favori fatti dai Servizi al presidente americano sul Russiagate – impose a un Partito democratico imbelle – e dimentico della sua stessa storia – di non delegare l’Autorità di controllo.

Una acquisizione di potere personale senza precedenti (l’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, su impulso preciso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non l’aveva delegata solo e unicamente perché guidava un governo che avrebbe dovuto avere vita cortissima, di tre, quattro mesi).

A fronte della novità clamorosa di un Partito democratico di Nicola Zingaretti che si disinteressa dei Servizi, così come del Viminale (nel quale posta un solo sottosegretario esperto solo di… trasporti), Conte vede aprirsi davanti a sé una prateria e quindi tenta di strutturare formalmente un suo ruolo istituzionale alla Saint Just, appunto usando del cavallo di Troia della fondazione sulla cyber sicurezza.

«L’obiezione del Partito democratico – ci dice il nostro interlocutore – così come quella di Italia viva, va ben oltre il fatto scandaloso che Conte ha tentato di snaturare l’equilibrio dei Servizi a tutto suo vantaggio personale e di potere improprio, tramite un emendamento alla legge di Bilancio, un trucco dozzinale. L’obiezione è di merito. Il controllo della cyber sicurezza, passaggio fondamentale per l’acquisizione di informazioni sensibili su tutto il comparto economico dell’Italia, deve essere una attività funzionale di Aisi e Aise, non può e non deve essere egemonizzato dal Dis (che deve limitarsi rigidamente al solo coordinamento tra Aisi e Aise) e dalla presidenza del Consiglio per di più attraverso una fondazione con apporto di privati. Fondazione che può esternalizzare funzioni di controllo del comparto cyber tramite appalti a altri privati. Di nuovo una potenzialità scabrosa. È così trasparente il tentativo di fondare un super network che monopolizzi le informazioni più preziose del comparto economico italiano a esclusivo vantaggio del vertice di una nuova piramide: Giuseppe Conte».

Da qui, la richiesta del Partito democratico e di Italia viva, sul tavolo della “verifica” perché Conte nomini un esponente dem alla Autorità Delegata sui Servizi e butti nel cestino il suo progetto di fondazione per la cyber sicurezza.

Richiesta tardiva, che lascia aperto un interrogativo: perché mai il Partito democratico e Italia viva non spiegano all’opinione pubblica, con chiarezza, perché e percome il progetto di Conte sulla cyber sicurezza squilibra i rapporti delicati tra i Servizi segreti e crea di fatto un super Servizio segreto e quindi è sbagliato e pericoloso? Perché i motivi di questa loro giusta opposizione sono tenuti riservati ai soli loro esperti?

Eppure, proprio questo suo progetto vagamente bonapartista è quello che porta molti esponenti del Partito democratico come di Italia viva a pensare che sia bene eliminare Conte dai vertici del governo. Un silenzio inspiegabile.

CENSURATO SU FACEBOOK KUNTE DE LI KUNTI E DI MAJONESE

 https://www.linkiesta.it/2020/12/servizi-segreti-conte-renzi-russiagate/


BonapartismiConte vuole i Servizi segreti per farsi il partito e nascondere i pasticci del Russiagate

Il presidente del Consiglio non vuole cedere la delega sugli 007 perché deve costruirsi un futuro politico e non vuole far emergere i favori fatti a Trump. E ora Renzi e il Pd che faranno?

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Calcio nei denti di Giuseppe Conte a Matteo Renzi, Nicola Zingaretti e Andrea Orlando. Il presidente del Consiglio, in preda a una sindrome bonapartista da Grande Fratello, mercoledì ha detto a Bruno Vespa che non cederà la delega sui Servizi segreti, come richiesto in maniera ultimativa da Italia Viva e Partito Democratico, perché se lo facesse «comprometterebbe l’operatività dell’intero comparto» perché si costituirebbe una «struttura bicefala».

Affermazioni gravissime e del tutto ingiustificate, perché Conte le ha motivate col fatto che non disponendo di un partito non potrebbe dare la delega a un appartenente a tale partito, come è sempre stato nel passato. Dunque, si «costituirebbe una struttura bicefala anomala» con l’appartenenza del presidente del Consiglio e della Autorità Delegata a due partiti diversi.

Secondo la visione di Conte, l’appartenenza partitica prevale sulla possibilità che, all’interno di una coalizione di governo, vi sia un indirizzo politico e una direzione omogenei del comparto dei Servizi. Un sofisma provocatorio. Ancora più intollerabile dato che questa Autorità Delegata è rivendicata oggi dal partito democratico (candidato in pole position Emanuele Fiano), direttamente e implicitamente accusato da Conte di divergere dalla sua linea di direzione dei Servizi.

Un mix palese tra Azzeccagarbugli e isterie alla Louis Antoine de Saint Just che rivelano la ferrea volontà di Conte di rischiare la crisi di governo pur di non abbandonare ad altri quella plancia di controllo dei Servizi che gli è stata improvvidamente regalata da un ignavo Zingaretti nell’estate del 2019. Non si vede infatti come Renzi e tutto il Partito democratico possano chinare la testa e subire questo aut aut, per di più motivato in maniera così surrettizia. Tutto è possibile, naturalmente, ma ci vuole poco a prevedere che su questo scoglio la crisi di governo a gennaio rischi il naufragio.

La rigidità della posizione di Conte è tanto pretestuosa quanto ultimativa. Quando si evoca addirittura l’insorgere di una emergenza democratica che minaccerebbe la Repubblica – col mancato corretto funzionamento dei Servizi -, nel caso si costituisse oggi una Autorità Delegata assegnata al Partito democratico, è ben difficile poi fare marcia indietro e trovare una mediazione. Certo è che nel Partito democratico e in Italia Viva si registra lo stupore nei confronti di questa sortita di Conte e si sta calibrando la risposta.

Detto questo, è bene tornare al merito reale del contendere. A partire da due dati di fatto. Il primo è che Conte ha fatto un uso ai limiti dell’arbitrio di questo potere quando ha ordinato ai nostri Servizi di mettersi a disposizione piena dell’autorità giudiziaria degli Stati Uniti, nella persona del Procuratore Generale William Barr, nella intricata ma fantozziana vicenda Mifsud-Papadopoulos-Russiagate. Vicenda interna agli Stati Uniti che nulla aveva a che fare con gli interessi nazionali dell’Italia, men che meno col ruolo istituzionale dei nostri Servizi e le loro competenze.

Di fatto, i nostri Servizi sono stati obbligati da Conte a una attività del tutto impropria, al servizio di una autorità politica e giudiziaria straniera. Il fatto è che proprio grazie a questo favore Conte ha lucrato un vantaggio immenso: l’entusiasta e cruciale endorsement di Donald Trump «all’amico Giuseppi» nel momento in cui si doveva decidere chi sarebbe diventato presidente del Consiglio della nascente alleanza giallorossa.

Ma il pasticciaccio del Russiagate è ancora aperto (Mifsud è sempre dato per scomparso) e la prossima amministrazione Biden potrà scavare e rintracciarne risvolti scabrosi che, grazie all’operato di Conte, possono risultare più che spiacevoli. La prova è che Trump ha appena concesso la grazia presidenziale a George Papadopoulos, l’uomo chiave del lato italiano del Russiagate, per ogni sua eventuale responsabilità penale. Da qui la volontà, quasi la necessità, del premier italiano di mantenere un controllo ferreo e non condiviso sui Servizi. In chiaro: il Partito democratico non deve venire a conoscenza degli sconcertanti passaggi italiani del Russiagate.

Ma c’è altro. Ben altro. Negli ultimi anni infatti, i nostri Servizi hanno operato una sensibile modifica delle loro priorità di indagine e di informazione. Sempre attivi sul fronte della criminalità organizzata, del narcotraffico e del contrasto al terrorismo jihadista, così come del quadrante libico, da tempo si occupano sempre più del contesto economico e produttivo internazionale che coinvolge le nostre strutture industriali, economiche e finanziarie. La difesa degli interessi nazionali nell’era della globalizzazione ha dunque imposto una nuova, intensa, specializzazione delle attività di intelligence in ambito economico.

Controllare i Servizi oggi significa avere informazioni riservate sulla Cina e il 5G, su Leonardo e su tutta la rete di forniture di armi all’estero (vedi le fregate all’Egitto di al Sisi), su Fincantieri e la francese Stx Startmag, su Mediaset-Vivendi, sulle fusioni bancarie, eccetera. Una conoscenza di per sé preziosissima, fatta anche di rapporti riservati con un management piazzato in posizioni strategiche, che diventa indispensabile se si vuole fondare ex novo un movimento che si presenti alle elezioni.

Ed è esattamente questo il palese progetto di Conte: presentarsi al voto, quando sarà, a capo di un movimento che eroda consensi dal Partito democratico ai Cinquestelle, piazzato al centro dello spettro politico e innervato da un personale già collocato nei gangli decisionali del paese. In fondo, costruire un partito anche a cominciare dal controllo dei Servizi Segreti non è una novità, ha dei precedenti. Ma solo nei paesi autoritari. Vedremo se Zingaretti e Renzi riusciranno a fermare questo pericoloso progetto.