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L’incertezza e la contraddittorietà delle misure per il contenimento del contagio derivano da «la fragilità intrinseca e l’inevitabile erraticità di un governo che non ha ricevuto in nessuna forma un qualche consenso degli elettori». Ed ancora «ogni singolo partito, ogni formazione minore ma anche ogni microfrazione deve render conto solo ai propri tifosi (qualcuno gli elettori li ha già persi da tempo) in vista di aggiustamenti, uno dietro l’altro, che si conta siano vantaggiosi in termini di potere. Basta che non si torni alle urne, qualsiasi iniziativa è lecita».

Queste, poi, le ragioni del perché il paese sia precipitato nella attuale drammatica situazione: «incapacità di programmare e di organizzarsi, politica volatile, governo fuscello. E tutto questo pur in presenza di una società pronta ad uniformarsi, attenta alla compliance, nonostante la poca fiducia negli autori di quelle disposizioni». Chi ha dato questi giudizi? Rozzi sovranisti? No: i primi sono stati scritti da Paolo Mieli sul Corriere della sera del 13 dicembre. Gli ultimi fanno parte di una intervista a Sabino Cassese, pubblicata sul Messaggero del 20 dicembre. La lista delle citazioni di giudizi analoghi potrebbe essere sterminata. Cassese e Mieli sono gli esponenti più autorevoli di una società civile, di ispirazione progressista, che ha, ormai, bocciato senza appello questo Governo. D’altra parte, anche l’attuale corrivo sistema di comunicazione non riesce a nascondere, tra l’altro, che l’Italia è l’unico paese europeo a tenere chiuse le scuole e che, ciononostante, è anche nel gruppo di testa, se non forse il primo, nel rapporto tra popolazione e numero di morti. Si è, perciò, interrotto in larga misura anche il legame che questo Governo ha avuto, nel momento in cui si è formato, con quella parte della società civile, che ha vissuto come una liberazione l’allontanamento di Salvini dalle stanze del potere.

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Arrivati a questo punto è inevitabile chiedersi se questo Governo sia ancora legittimo, nel momento in cui non solo, come è pacifico, manca una qualsiasi legittimazione elettorale, ma è anche venuta meno la connessione con la base culturale di riferimento. Le ragioni che sono portate a sostegno della sua permanenza sono molteplici. Sia di carattere formale e sia di carattere sostanziale. Sul piano formale si sottolinea la circostanza che l’Italia è una Repubblica parlamentare e che, sino a quando il Governo riceve la fiducia delle Camere, esso è legittimamente in carica. Sul piano sostanziale si afferma che sarebbe da dementi o da irresponsabili aprire una crisi di Governo mentre la pandemia è in corso. Sono ragioni vere o è il solito filone dei ministeriali, la cui base “filosofica” ha ricevuto un decisivo contributo dal Partito Democratico in questi ultimi anni? In effetti, ogni volta che il Pd è andato al Governo, la possibilità di una crisi è stata presentata come una sciagura nazionale, da evitare ad ogni costo. In nome della responsabilità (o della conservazione delle poltrone?) tutto è divenuto commestibile. Anche quello che fino ad un minuto prima era assolutamente indigeribile.

Sul piano formale, è giocoforza rilevare che sulla fiducia che il Governo, in modo sempre più faticoso, continua e ricevere in Parlamento, influiscono due fattori, strettamente connessi. Il primo è costituito dalla circostanza che, dopo la riduzione del numero dei parlamentari ed a seguito dei mutati orientamenti elettorali accertati dai sondaggi, molti deputati e senatori all’esito di nuove elezioni resteranno a casa. Roberto D’Alimonte, sul Sole 24 ore, ha calcolato che il Movimento 5Stelle vedrebbe ridotta la sua rappresentanza da 339 a 106 persone, mentre gli eletti di Forza Italia scenderebbero da 162 a 55. È sufficiente questa constatazione, senza neppure indugiare sulla tristezza di una rappresentanza politica ridotta a mera occasione di buon impiego, per comprendere il generale rifiuto di elezioni anticipate da parte di quasi tutte le forze politiche. Su questa situazione, tuttavia, si innesta un fattore esterno decisivo.

Ogni volta che si accenna ad una possibile crisi di Governo, volta a sostituire quello in carica, intervengono mille spifferi a dire che il Presidente della Repubblica scioglierebbe le Camere. I giornalisti dei grandi quotidiani accreditati presso il Quirinale, difatti, si affannano subito a riferire, senza essere smentiti, che la inevitabile conseguenza della crisi sarebbero le elezioni. Se le cose fossero in questi termini sarebbe inevitabile ritenere che la fiducia è estorta. E la legittimità formale di questo Governo andrebbe a farsi benedire. Sul piano sostanziale, può la pandemia bloccare completamente la dinamica politica e quella democratica? È utile ricordare che in piena pandemia: si sono svolte le elezioni del Presidente degli Stati Uniti, il più grande paese occidentale; nei prossimi mesi si terranno le elezioni in Israele, un paese che vive un conflitto armato permanente; in Italia si è svolto un referendum costituzionale e vi sono state le elezioni di molti Presidenti di regione. Si aggiunga che la storia è piena di esempi di Governi sostituiti in tempo di guerra perché non all’altezza del compito.

D’altro canto, è comune non solo la constatazione della tragicità di questo momento, ma anche l’opinione che il peggio, in termini di disperazione sociale, deve ancora venire e che dalle scelte dei prossimi mesi dipenderà il destino dell’Italia ed il futuro delle nuove generazioni. L’utilizzo “buono” o “cattivo”, secondo la terminologia di Draghi, dei fondi del next generation EU segnerà la vita di questo paese per i prossimi decenni. Se è così, non è allora da irresponsabili proprio continuare a fare gestire l’emergenza da chi è considerato del tutto inadeguato? Può essere una ragione per mantenere in vita questo Governo il fatto che deve ancora essere elaborato il piano per l’utilizzo dei fondi europei, quando proprio a questo Governo va addebitata la mancata tempestiva elaborazione? E neppure appare convincente dire che, durante la crisi, vi sarebbe una paralisi del Parlamento.

In un momento nel quale quest’ultimo è stato, di fatto, svuotato di qualsivoglia centralità, i provvedimenti continuerebbero ad essere adottati, come sempre avvenuto in questi mesi, dal Governo. Tanto più che quest’ultimo ha preso l’abitudine di delegare le cose più importanti ad un commissario straordinario. Se le cose stanno così, la efficace minaccia di nuove elezioni, usata senza parsimonia in questi mesi (ed è davvero triste che in Italia le elezioni siano diventate una minaccia) per tenere a galla costi quel che costi questo Governo, perché non viene utilizzata per assicurare la base parlamentare ad un Governo autorevole e capace di affrontare i terribili mesi che sono davanti al paese?