Per molti non era necessaria questa conferma, ma … insomma, così ora nessuno ha più dubbi, il Movimento 5 Stelle è alla deriva. Al momento è diviso in almeno 10/12 correnti, ma forse sono di più.

Ognuno dice la sua:

Di Maio, Di Battista, Crimi, Fico, Giarrusso, Taverna, Di Stefano, Azzolina, Buffagni, Toninelli e chi più ne ha più ne metta, tutti a ruota libera cercano di garantirsi ancora un mandato.

Ma naturalmente la bomba è non solo l’assenza, ma “la sbattuta di porta in faccia” da parte di Davide Casaleggio, a mio avviso è questa la notizia più importante perché chiarisce il motivo di questa disfatta.

La giornalista Annalisa Chirico a mio avviso ha perfettamente descritto l’attuale situazione definendo gli Stati Generali “Esequie del Movimento 5 Stelle”.

Il Movimento si è liquefatto proprio su quella cosa che gli aveva permesso di ottenere un grande successo alle elezioni del marzo 2018. Per capire quel che è accaduto, infatti, occorre tornare lì e cercare di capire quel successo.

Naturalmente il successo di quelle elezioni derivava anche se non soprattutto da una gran voglia di cambiamento che il popolo italiano manifestava dopo sette anni di governi Pd, esecutivi uno peggio dell’altro, ricordiamo in successione Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, la gente non ne poteva più.

Ed il Movimento 5 Stelle si presentava come … “il nuovo”. Certo, si sapeva che non avevano alcuna esperienza, erano assolutamente dei profani in tutti i sensi, ma, si diceva, vedete cosa hanno fatto i professori (ed il riferimento a Monti era chiaro) od i professionisti della politica (ed il riferimento agli altri Presidenti del Consiglio che gli erano succeduti era altrettanto chiaro), quindi, diceva Grillo quando riempiva le piazze sostenendo i candidati del Movimento 5 Stelle, perché non provare a dare fiducia a loro?

Ma non basta, anche il programma con il quale si presentavano senza dubbio ha avuto un ruolo importante per spiegare quel successo.

La feroce critica all’euro, ricordate tutti, ed se caso non ricordate vi consiglio di digitate su Google “M5S no euro”, troverete una valanga di video in tal senso.

Sentirete quindi Grillo dire: “Dobbiamo uscire dall’euro il prima possibile” e Di Maio sentenziare: “Se non ci liberiamo dall’euro il Mezzogiorno d’Italia diventerà una terra desolata e spopolata” 

Tra l’altro forse una delle poche cose che ha previsto Di Maio e che si sono perfettamente verificate.

Ma poi che dire del programma del Movimento nei riguardi dell’immigrazione, ricordiamo tutti quel manifesto con la scritta Obiettivo sbarchi zero.

Certo anche questi punti programmatici hanno contribuito al successo in quelle elezioni, ma a mio avviso ciò che ha maggiormente contribuito sono stati altri due cavalli di battaglia del Movimento.

Il reddito di cittadinanza. Gli italiano hanno creduto che tutta la popolazione avrebbe potuto contare su un reddito garantito di almeno 780 euro, ed anche i milioni di italiani che ricevono una pensione più bassa hanno creduto che gli sarebbe stata aumentata fino a quella cifra.

Ovviamente sappiamo che pur essendo stata introdotta questa misura, la povertà in Italia non solo non è stata sconfitta, ma è perfino aumentata.

Ma arriviamo al punto, io ritengo infatti che determinante per il successo del Movimento 5 Stelle alle elezioni del 4 marzo 2018 e determinante per la sua attuale liquefazione sia stato l’aver sbandierato ai quattro venti che i Parlamentari del Movimento avrebbero restituito alla popolazione gran parte del loro stipendio.

Per la quasi totalità degli italiani, infatti, i politici sono una casta, godono cioè di privilegi ed hanno uno stipendio decisamente eccessivo.

L’aver promesso quindi che gran parte di quello stipendio sarebbe stato restituito alla popolazione, a mio avviso, è stata la mossa vincente, la gente ha pensato … magari saranno incompetenti, ma sono onesti e questo li ha fatti risultare anche simpatici.

Purtroppo però così sono stati eletti degli inetti, delle persone totalmente impreparate a svolgere il compito loro assegnato. Ma questo sarebbe stato ancora perdonato a loro, dopotutto era stato messo in conto anche da coloro che li avevano votati.

Il motivo determinante che ha portato il Movimento oggi praticamente a liquefarsi è il fatto che si sono subito assuefatti alla casta, al punto che oggi sfido tutti voi a distinguere se una certa dichiarazione sia stata rilasciata da un esponente del PD piuttosto che da un esponente pentastellato.

Ma peggio ancora, e quindi a mio avviso è questo il fatto più rilevante, è lo scandalo degli scontrini. 

Ovviamente i Parlamentari pentastellati dovevano rendicontare le spese sostenute, giustamente non possono restituire soldi se li hanno dovuti spendere per la loro attività politica, spese che, però, dovevano essere comprovate dai relativi scontrini.

Ebbene Repubblica, prima naturalmente che nascesse il Governo giallorosso, quando per il giornale fondato da Eugenio Scalfari il Movimento era ancora un nemico politico, ossia durante il Governo gialloverde, Repubblica, dicevo, aveva scoperchiato lo scandalo. 

Paola Taverna, ad esempio, attuale vicepresidente del Senato, aveva rendicontato spese telefoniche per 17751 euro quando tutti sappiamo che con 10 euro al mese abbiamo tutte le telefonate e i giga di internet illimitati.

Marco Furfaro, allora di SEl, ora approdato al PD aveva twittato "Non so se telefona ai marziani o se si fa predire il futuro da cartomanti a 20 euro al minuto, ma io ne spendo 120 all'anno, minuti e giga illimitati. Se vuole posso darle una mano a cambiare piano".

Non so se Furfaro, essendo oggi al Governo assieme alla Taverna, abbia mantenuto la promessa di aiutare la nostra vicepresidente del Senato a “cambiare il piano tariffario telefonico”.

Ma poi ci sono parlamentari pentastellati che hanno rendicontato spese di trasporto stratosferiche. Laura Castelli ad esempio aveva rendicontato spese per il taxi pari a 26.825 euro.

Ma oltre allo scandalo scontrini sembra che a determinare la rottura con la Casaleggio siano stati i mancati versamenti che ogni parlamentare si era impegnato a fare in favore appunto della Casaleggio Associati.

Ma oltretutto pare ormai ci sia il più completo marasma per quanto riguarda la restituzione di parte del loro stipendio.

Dei quasi trecento parlamentari fra Camera e Senato soltanto otto sono in regola con i pagamenti, ossia hanno versato fino al mese di ottobre.

Diversi parlamentari non hanno versato nulla in questo 2020 altri sono in arretrato di diversi mesi e fra questi anche personaggi noti.

Sono in arretrato di ben sei mesi, quindi non stanno versando dal mese di aprile ad esempio la Ministra del lavoro e delle Politiche Sociali Nunzia Catalfo, e sempre in arretrato di sei mesi anche Nicola Morra Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia.

Non versa da cinque mesi il Viceministro della Salute Pierpaolo Sileri che vediamo spesso sui nostri teleschermi a parlare di Covid.

Non versano da quattro mesi Giulia Grillo Ministra della Salute nel Conte 1, Riccardo Fraccaro Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Vincenzo Spadafora Ministro per le politiche giovanili e lo sport e Danilo Toninelli che vediamo spesso ospite nelle varie trasmissioni televisive.

E’ chiaro che la quasi totalità dei parlamentari grillini alle prossime elezioni non verrà rieletta ed al momento quindi il loro principale obiettivo è quello di far durare l’attuale legislatura il più a lungo possibile.

E’ così quasi certo che il problema dei mancati rimborsi da parte dei parlamentari pentastellati sarà inevitabilmente destinato non solo a perpetuarsi, ma ad ingigantirsi.

Se già oggi la quasi totalità dei parlamentari non è in regola con i versamenti, immaginatevi quando mancheranno pochi mesi alla fine della legislatura se ci sarà ancora qualcuno che verserà come da statuto parte del proprio stipendio.

Insomma il caos di questi Stati Generali non deriva dalle diverse sensibilità politiche dei vari esponenti di spicco del Movimento, ma da questioni di volgare pecunia. Cosa voglio dire? Semplice!

Al momento tutti invocano l’unità del partito ed invece stiamo assistendo alla più assoluta disgregazione dello stesso, ma si potrebbe immediatamente non solo arrivare all’unità del partito, ma addirittura all’unanimità, qualora un aspirante capo politico proponesse l’esonero totale a tutti i parlamentari di qualsiasi tipo di versamento.

Ossia se a tutti i parlamentari venisse garantito l’incasso dell’intero stipendio, più naturalmente anche tutte le varie indennità senza l’obbligo di dover rimborsare alcunché.

Sono certo che finirebbero immediatamente tutte le fibrillazioni interne e la legislatura verrebbe completata per intero, fino all’ultimo giorno. 

Pecunia non olet, dicevano i latini.