Il gran segreto di Arlecchino e Pulcinella: LA VERITA' E' CHE SONO BUONI SOLO A DIRE BALLE E PRODURRE ULTERIORI BALLE

Ecco svelato lo studio Merler da cui è nato il 'piano segreto'

Dopo la memoria difensiva di fronte al Tar, il ministero della Salute deposita agli atti lo studio di Merler. Non è però l'atto chiesto dai ricorrenti, che vogliono leggere il "piano segreto". Domani l'udienza

Eccolo qui. Se ne è parlato a più non posso. Ne sono stati riportati alcuni spezzoni. Il ministero della Salute continua a ritenerlo il "piano segreto" di cui Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione, parlò in una intervista di aprile. A un giorno dall'udienza al tar che (forse) farà un po' di chiarezza lì dove i vertici dello Stato stanno regalando un bel po' di nebbia, pubblichiamo integralmente lo studio realizzato da Stefano Merler, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler.

È l'analisi da cui è partito tutto, o quasi. I calcoli che avevano predetto quel che poi è realmente accaduto: l'Italia investita dal coronavirus e migliaia di infetti lungo tutta la penisola.

Il mistero Piano segreto

Piccolo, breve riassunto (leggi qui la ricostruzione completa). Secondo quanto scoperto dal Giornale.it e rivelato nel Libro nero del coronavirus (clicca qui), il 12 febbraio Merler presenta il suo studio al Comitato tecnico scientifico. In quella sede il Cts dà mandato ad un gruppo di lavoro interno (una decina di persone, tra cui Urbani del ministero della Salute con i suoi collaboratori) per elaborare entro una settimana "una prima ipotesi di Piano operativo di preparazione e risposta a diversi scenari di possibile sviluppo di un'epidemia da 2019-nCov". Il "Piano" viene redatto, presentato in bozza a Speranza, approvato dal Cts e tenuto riservato su richiesta degli esperti. Nessuno ne sa nulla fino ad aprile, quando Urbani incautamente smentisce "vuoti decisionali" e rivela l'esistenza di un "piano secretato" applicato nella prima fase dell'epidemia. Da quel momento in poi è tutto un gioco delle tre carte. A chi richiede la visione di quel documento, il ministero risponde picche: dice di non averlo, lo derubrica a banale "studio", lo confonde con l'analisi di Merler. Come rivelato da una fonte qualificata al Giornale.it, però, lo studio di Merler e il "piano secretato" sono due atti ben distinti (leggi qui).

Bene. Visto che per ora il "piano segreto" tale rimane, bisognerà accontentarsi di leggere con attenzione quanto prodotto da Merler. Nella memoria difensiva di fronte al Tar, infatti, il ministero della Salute ha depositato il file dal titolo "Scenari di diffusione di 2019-nCov in Italia e impatto sul servizio sanitario, in caso il virus non possa essere contenuto localmente". Si tratta di 20 slide con qualche grafico e i calcoli che oggi sembrano scontati, ma che allora allarmarono i decisori politici convinti forse che sarebbe "andato tutto bene" grazie al fatto che l'Italia era "prontissima" (s'è visto).

I dati cinesi e il rischio Italia

I dati riportati nel documento si basano sulle poche informazioni provenienti dalla Cina all'11 febbraio. In quel momento erano stati confermati 43mila casi di Covid, di cui solo 395 fuori dai confini cinesi. Di questi, 84 erano già da considerarsi di trasmissione locale: non solo a Singapore, ma anche in Corea e in Germania. Si registra infatti a Monaco, come ricostruito nel Libro nero del coronavirus, il primo focolaio europeo. Per Merler, comunque, in quel momento il "numero di riproduzione di base", l'ormai famoso R0, era da stimare tra l'1,5 e il 3. Con circa 6-8 giorni di intervallo seriale tra l'emergere dei sintomi in un caso indici e i sintomi nei casi secondari da lui infettati.

Nello studio, Merler si chiede: il contenimento del virus è possibile? Quel giorno, di fronte agli esperti del Cts, lo studioso scrive che "non è possibile valutare quale possa essere il livello di trasmissibilità fuori dalla Cina". Certo pensa che possa arrivare in Italia, e anche con numeri non indifferenti, ma ritiene che "è plausibile pensare che anche 2019-nCov possa essere contenuto localmente isolando i casi, identificando e monitorando i contatti dei casi e considerando anche la quarantena dei contatti". Così non sarà, come noto. l'Italia verrà investita e sia nella prima che nella seconda ondata bloccare i focolai risulterà praticamente impossibile. Poco precise risulteranno anche le previsioni sulla trasmissibilità da parte degli asintomatici: a quel tempo non vi erano ancora studi, tanto che la "certezza" arriverà solo molte settimane dopo e grazie allo studio condotto su Vo' euganeo. E infatti scrive Merler: "Il contenimento di 2019-nCov dipenderà molto dall'esistenza o meno di una rilevante trasmissione da parte di individui asintomatici o in fase pre-sintomatica". Oggi sappiamo che gli asintomatici trasmettono l'infezione. E infatti non siamo riusciti a contenere il virus.

I tre scenari

Con tutti i limiti del caso, Merler comunque ha ipotizzato per l'Italia tre scenari: lo scenario 1, in cui è "possibile contenere localmente eventuali focolai" grazie all'isolamento e alla quarantena dei contatti dei casi; lo scenario 2, in cui non si riesce a fermare le infezioni del tutto ma almeno "si riesce a limitare del 33% il numero di riproduzione" evitando così "una infezione su tre" rispetto a un'epidemia non controllata; lo scenario 3, infine, nel caso in cui non sia "possibile del contenere del tutti i focolai" ma si riesce a limitare almeno "del 50% il numero di riproduzione", evitando così una infezione su 2. Una volta realizzate le stime, la Fondazione Kessler ha poi rifatto i calcoli assumendo "che i bambini ed i giovani siano meno suscettibili all'infezione", come appariva dalle prime ricerche cinesi, immaginando una suscettibilità del 6% e l'impossibilità che finiscano in terapia intensiva. Si trattava comunque di scenari che lui stesso definisce "di caso peggiore", visto che molti aspetti non inclusi nel modello avrebbero dovuto "rallentare" il virus.

Per realizzare il lavoro matematico, le stime di partenza prevedevano: a) un tempo di generazione di 6,6 giorni; b) una percentuale di casi confermati in Cina del 2,9%; c) la probabilità per i casi confermati di sviluppare sintomi severi da ricovero del 18,75%; d) possibilità del 5% di sviluppare sintomi tali da richiedere la terapia intensiva; e) la stima di 20 giorni di degenza media attaccati a un respiratore; f) suscettibilità bambini del 6%. g) esclusione dai calcoli del possibile rallentamento dell'epidemia nei mesi estivi. Cosa ne venne fuori?

Nello scenario 3, il meno tragico, con un R0 a 1,3, l'ipotesi era di oltre 1 milione di casi, oltre 200mila casi severi, più di 50mila ricoveri in terapia intensiva e una massima occupazione dei letti in rianimazione a 20mila (riportiamo dati senza considerare i range di errore, ndr). Predizione tragica, ma non così atroce. Ben diverso lo scenario 2, con l'R0 a 1,7. In questo caso Merler calcolava 2 milioni di casi confermati, 400mila malati severi, 100mila ricoveri in rianimazione e un picco di massima occupazione delle terapie intensive di oltre 40mila letti contemporaneamente. Le tempistiche però agli esperti dovevano essere apparse tutto sommato confortanti: Merler prevedeva infatti 180 giorni per raggiungere il picco e 120 giorni per arrivare a notificare i prime mille casi. In realtà il Belpaese ci arriverà molto prima: l'R0, che Merler nella peggiore delle ipotesi ("scenario senza controllo") assumeva a 2.6 "come in Cina a inizio epidemia", qui da noi supererà in alcune regioni anche la soglia del 3.

Nelle slide successive, però, lo studioso aveva avvertito i naviganti: R0 può variare "a seconda del Paese dove lo si misura", e tutto dipende dalla "diversa struttura socio-demografica e comportamentale delle diverse popolazioni". Come a dire: non è che se in Cina arriva a 2,6 allora in Europa sarà lo stesso. E infatti così è andata. Inoltre quel valore cinese era stato stimato "in una condizione particolare", cioè con le scuole chiuse per il Capodanno cinese e poi su decisione del governo. "Non è quindi garantito - si legge - che il livello di trasmissibilità (senza interventi) sia lo stesso in altri contesti dove le scuole sono aperte". Lo stesso dicasi per i casi gravi: la probabilità del 18,75% di sviluppare sintomi severi "potrebbe non essere del tutto corretta per l'Italia", visto che dipende dalla presenza dei "fattori di rischio" nella popolazione (l'Italia è più anziana...).

Le stime sui casi importati

Merita attenzione anche il "caveat" sui casi importati. Le stime di Merler si basavano sul presupposto che tutto nascesse da un unico caso iniziale: arriva un cinese positivo e da lì nasce la catena di trasmissione. Non è però così facile. In caso di "più importazioni", tuttavia, per lo studioso non ci sarebbero state "rilevanti variazioni in termini di numero totale dei casi" e ricoveri in rianimazione. L'unica variabile poteva essere quella di un taglio "anche in maniera rilevante" dei "tempi di diffusione epidemica". I grafici (guarda) mostrano le ipotesi di provenienza dei casi importanti, la loro destinazione nelle città italiane e pure i tempi di approdo del Covid in Italia.

Molte delle previsioni di Merler si sono rivelate corrette. Il Cts, sappiamo, le ha usate per realizzare uno studio più approfondito chiamato appunto "Piano operativo". È dunque un bene aver potuto leggere questo studio. Ora sarebbe bello poter avere tra le mani anche il famoso "piano secretato" citato da Urbani.

OCCUPATEVI DELLE VIOLENZE A CUI AVETE SOTTOPOSTO GLI ITALIANI DA UN ANNO E CHE NON SONO ANCORA FINITE: TUTTE LE VOSTRE TORTURE NON HANNO SALVATO UNA SOLA VITA ITALIANA DAL COVID, ECCETTO LE VOSTRE

 

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Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha espresso preoccupazione riguardo la situazione a Washington.

In un tweet il primo ministro italiano ha affermato che segue "con grande preoccupazione" quanto sta succedendo nella capitale americana.

​In precedenza il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha scritto in un tweet che le immagini dal Campidoglio "fanno male".

​Il segretario del PD Nicola Zingaretti ha definito la situazione a Washington "attacchi" alla democrazia.

Mentre il leader della Lega Matteo Salvini ha ribadito che la violenza non è la soluzione.

Secondo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio quanto sta accadendo nel capoluogo statunitense è "gravissimo".​​

La presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni pensa che in questa situazione "serve grande prudenza".

​Oggi intervenendo ad un comizio a Washington il presidente in carica Donald Trump aveva esortato il vicepresidente Mike Pence a bloccare la certificazione del Congresso della vittoria di Joe Biden. A sua volta Pence ha rifiutato la proposta del presidente, sostenendo di non aver l'autorità per decidere quali voti elettorali dovrebbero essere conteggiati e quali no per la certificazione ufficiale del voto del Collegio Elettorale.

I sostenitori di Trump si sono poi diretti in massa verso il Campidoglio, riuscendo a rompere il cordone di polizia e ad entrare nelle sale del Congresso.

Lo stesso Trump ha esortato i suoi sostenitori a rimanere pacifici e non cercare lo scontro con le forze dell'ordine in servizio al Campidoglio.

PECUNIA NON OLET - MA IL DI MAJONESE E IL SUO ENTOURAGE SI'

 

Ecco perché denunciamo l'Italia". Le accuse dei Regeni al governo

Claudio e Paola Regeni 
I genitori di Giulio depositano l'esposto: "La vendita delle navi all’Egitto viola la legge”
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DIMETTIAMOLI TUTTI DAL PRIMO ALL'ULTIMO: ASSEMBLEA COSTITUENTE PERMANENTE IERI!!!

 

Conte offre a Renzi il rimpasto. "Ma non mi dimetto"

Simone Canettieri

Il premier scalpita: "Con questo stallo stallo, perdiamo 100 miliardi di pil al mese". Prende tempo e propone di rafforzare la squadra di governo. "Ma senza rimettere il mandato al Quirinale". Il leader di Italia viva scantona e rilancia. E nel M5s sale il malcontento per la "caccia agli Scilipoti"

E’ arrabbiato perché in questo mese di trattative con Matteo Renzi l’Italia dovrebbe correre, invece rischia “di perdere 100 miliardi di pil al mese”. Giuseppe Conte confessa che ora vorrebbe stare a parlare di vaccini con Angela Merkel e magari con Vladimir Putin, invece anche la giornata di ieri l’ha passata – da casa – a cercare di decriptare le vere intenzioni di Italia Viva. “Cosa vuole Renzi? Perché alza sempre di più la posta?”.  A condurre le trattative con Iv è il Pd (Goffredo Bettini e Dario Franceschini). Il M5s? Non pervenuto.  Si è liquefatto. Vito Crimi assente. Idem Alfonso Bonafede. Luigi Di Maio? Vallo a trovare. La pancia del Movimento – da Beppe Grillo ad Alessandro Di Battista – va nella direzione opposta. E sprona Conte. Gli fa arrivare parole guerriere:  prendi il coraggio a due mani, sfidalo in Senato. “Fino a quando Renzi potrà abusare della nostra pazienza?”, recita infatti il Garante  pentastellato. Ma Conte tergiversa, tiene aperte le trattative. E quando gli riferiscono che Iv vorrebbe la Difesa, i Trasporti e il Turismo trasecola. E così torna a pensare ai Responsabili e fa di conto: già così ci servirebbero tre voti. Ma intanto apre al rimpasto.

Kunte de li Kunti e di majonese: guardatevi allo specchio ... e sara' un effetto domino, che travolgera' anche la UE, di cui non rimarra' alcuna traccia

 

giovedì, 7 Gennaio, 2021

L’America anticipa ciò che potrebbe accedere in Italia

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In America si stanno consumando anni di rancore e di rabbia contro la classe dirigente che ha speculato sul ceto medio dopo la caduta della Lehman Brothers; un po’ quello che anni dopo è successo in Italia con lo scandalo di Banca Etruria, seguito successivamente dalle banche venete, il Monte Paschi, CARIGE e altre. Una mattanza di risparmiatori, famiglie, commercianti e piccole imprese senza precedenti nella storia recente.
Donald Trump arriva e riscatta l’orgoglio americano piegato e mortificato dai Paesi d’Oriente, la disoccupazione si placa e il riscatto economico è compiuto.
Potrei dire che in mezzo alla rabbia si è inserita la violenza, ma evito di incendiare gli animi di quanti si sentono penalizzati da una democrazia ingiusta in tutto il mondo; fateci caso, le persone che insorgono e gridano ‘fermate i rivoluzionari’ sono i garantiti, non c’è il ceto medio che urla scalmanato allo scandalo, ma quegli odiosi radical chic, primi della classe, veri promotori della protesta americana. Una protesta americana che, come è spesso successo, presto potrebbe arrivare anche in Italia, anche se per ragioni diverse.
Il mondo ha sempre avuto necessità di un capro espiatorio per giustificare ogni nefandezza, in questo caso si voleva la testa di Donald Trump sin dal giorno della suo insediamento alla Casa Bianca. Poi, i successi economici hanno raffreddato le bollenti pulsioni di impeachment ciclostilate sulla testa del Presidente americano che, diciamo la verità, ci ha politicamente giocato per preparare il suo secondo mandato presidenziale; una campagna elettorale, però, che ha trovato sulla strada il Coronavirus e soprattutto l’incapacità dello stesso Presidente, non solo di contrastarlo, ma di deriderne il pericolo con battute da “bullo”.
Ma ormai il povero Biden aveva già vinto quelle primarie DEM che, in quel momento, lo immolavano come perdente nello scontro elettorale contro un Presidente in carica che stava cercando di modellare una democrazia tutta sua.
D’altronde che le democrazie d’Occidente siano in difficoltà non è un segreto, così come non è un segreto che gli osservatori più acuti guardano con interesse, o stanno studiando, quelle di Erdogan o di Putin.
Ora, come successe dopo il drammatico episodio delle Torri Gemelle, utilizzato per frenare la libertà di movimento nel mondo in nome della sicurezza, per gli stessi motivi, quello che è successo nel Campidoglio di Washington , tempio sacro e simbolo della democrazia mondiale, sarà utilizzato perché le classi dirigenti del pianeta un po’ oligarchiche, si chiudano con i loro servi nei Palazzi, e dai palazzi imporranno regole ancora più restrittive per vivere in Occidente, magari guardando sul serio a Putin e a Erdogan. Grillo e Di Maio li escluderei, anche se volevano aprire il Parlamento italiano come una scatoletta di tonno…ma non si può mai dire!

 

Angelo Santoro

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Buono a nulla buono solo a schiantare gli italiani all'estero

 

Usa, Di Maio pronto a riferire in Parlamento sui fatti Washington

Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, considera "gravissimo" quanto accaduto ieri sera negli Usa

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

ROMA – Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, considera “gravissimo” quanto accaduto ieri sera negli Usa ed è “assolutamente disponibile a venire in aula, alla prima seduta utile, per riferire sui fatti di Washington”. E’ quanto conferma il portavoce del titolare della Farnesina, in merito alla richiesta avanzata dal capogruppo Pd in Senato, Andrea Marcucci, e dal deputato dem, Filippo Sensi.

LaPresse

Giuseppi e il majonese al proprio specchio

 

L'imbarazzo di Conte e Di Maio per l'amico Trump

Donald, chi era costui?

Salvatore Merlo

Le telefonate pressanti del Pd al ministro degli Esteri: "Devi dire qualcosa su quello che sta succedendo in America". I tentennamenti e le omissioni di Di Maio mentre Conte copia le parole del presidente spagnolo

Il tizio vestito da  sciamano, o da vichingo  (vai a sapere), s’era appena seduto sullo scranno del presidente del Congresso americano che già la prima telefonata del Pd raggiunge Luigi Di Maio alla Farnesina: “Oh, ma hai visto? Che intendi dire?”. Silenzio. Intanto alle 21.01 il putsch grottesco di Washington comincia a tingersi di dramma. Forse c’è un morto. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti (sono le 21.12) rilascia una dichiarazione di biasimo per Trump. I lacrimogeni avvolgono la collina del Campidoglio. Seguono diversi deputati, parla Enrico Letta, parla l’ex ministro Madia. Intanto Di Maio fa sapere attraverso le agenzie che  “rimaniamo concentrati sulle cose reali, che interessano agli italiani”.  Ed ecco allora la seconda telefonata, questa da un membro della segreteria del Pd. Pressante. “Guarda che qualcosa la devi dire”. Niente.   Si fanno le 21 e 46. Persino Matteo Salvini, quello che fino a ieri indossava la mascherina con scritto “Go Donald Go” ha  twittato: “No alla violenza”. E Giggino? E il ministro degli Esteri? Boh. Terza telefonata: “Devi fare una dichiarazione, subito”. Certo che la deve fare. Lo sa. E’ proprio questo il problema. Forse ci sta pensando da ore, come Totò con la lettera di Peppino. Scrive due righe e le cancella. Stavolta però il problema non è il congiuntivo.  Il fatto è che c’è imbarazzo in tutto l’ex governo gialloverde, che s’era tinto di trumpismo. C’è imbarazzo tra i ministri grillini. E l’imbarazzo di Di Maio è lo stesso che prova Giuseppe Conte, già noto alla Casa Bianca come Giuseppi sin dai tempi in cui disse che “io e Trump rappresentiamo il governo del cambiamento”.

Lo volevate forte? Eccoveli, avete la scelta tra il diavolo e belzebu'

 

Draghi, l'uomo forte in panchina

È il più popolare di tutti ma la politica per adesso lo congela

Roma. Non parla, non scrive, non commenta. Non scatta selfie, non usa Twitter né Facebook, non concede interviste.

Non legge i libri che gli stanno dedicando, tantomeno i retroscena giornalistici sul suo futuro: impossibile vederlo in giro, figuriamoci se accetta inviti in tv. Ha passato la pandemia nella sua casa di campagna, in Umbria, poi è stato fotografato la settimana scorsa, silente e mascherato, in prima fila a Palazzo Koch per le considerazioni finali di Ignazio Visco, e ora si è ritagliato un weekend al mare, vicino Roma. Non c'è, eppure piace, e tanto. Supermario, l'uomo invisibile, è infatti il più amato di tutti: un sondaggio Youtrend- Sky Tg24, rivela che il 59,3 per cento dei cittadini ha fiducia in lui. È in testa alla classifica, secondo Conte, staccati gli altri. Un governissimo guidato da Mario Draghi sembrava alle porte, adesso la prospettiva si è allontanata, se ne riparlerà a settembre. Pazienza. Sei italiani su dieci vorrebbero comunque che scendesse in campo per salvare il Belpaese.

L'assenza di comunicazione è dunque la migliore forma di comunicazione, del resto gli basta poco per smuovere le cose. A marzo, con un editoriale sul Financial Times, ha invitato a fronteggiare la crisi facendo più debito, dando la così la linea a tutte le istituzioni europee. Sergio Mattarella lo consulta spesso e lo ritiene l'asso nascosto nel mazzo. Angela Merkel mantiene un contatto periodico. E Christine Lagarde, che ha lo ha sostituito alla Bce, lo chiama per avere consigli, soprattutto dopo la disastrosa conferenza stampa di esordio, quando con una gaffe terremotò gli spread.

E in Italia gran parte del dibattito degli ultimi mesi ruota sul fattore D: che farà Supermario? Guiderà un governo di salvezza nazionale? Verrà eletto al Quirinale dopo Mattarella? Evocato, sperato, chiamato, infilato in tutti gli scenari per il dopo. Temuto. Giuseppe Conte ne ha una paura quasi fisica. Lui invece non si pronuncia, probabilmente non ha alcuna intenzione di gettarsi nella mischia con una classe politica di questo livello. Se dovesse accettare, chiederebbe delle garanzie di agibilità difficili da realizzare. Però in qualche modo è proprio l'enigma, il suo ruolo da Cincinnato, ad alimentare allarmi e speranze.

Il premier, ovviamente, lo tiene a distanza, ma vuole invitarlo agli Stati Generali. Con i 5S non esiste un linguaggio comune e il Pd è sempre stato freddo. Adesso però anche i primi sponsor dell'ex presidente della Bce si stanno ritirando, chissà, forse perché stava prendendo forma. La Lega ad esempio. Giancarlo Giorgetti indicava un esecutivo Draghi di solidarietà nazionale come l'unica possibilità per uscire dai guai, ora Matteo Salvini parlando a Napoli ha chiuso la porta: «Dopo Conte ci sono soltanto le elezioni, no ai giochini di palazzo». Anche Silvio Berlusconi sembra aver cambiato rotta. A fine marzo diceva che «la competenza e l'autorevolezza di Draghi sarebbero utili per far ripartire l'Italia». Nel frattempo, siccome con Zingaretti e Conte si è aperto un canale, il Cav dice alla Stampa che «lascerei i profeti nella Bibbia. Se matureranno le condizioni, si vedrà, ma un governo non tutto dentro non credo sia possibile ne auspicabile». Appunto, si vedrà.

Lo volevate forte? Eccoveli, avete la scelta tra il diavolo e belzebu'

 

"Berlusconi sale nei sondaggi, da grande saggio convince gli italiani"

La sondaggista Alessandra Ghisleri spiega il fenomeno Berlusconi: "Ha saputo rinnovarsi più di altri, conosce l'arte della politica e sa come raggiungere gli obiettivi"

Il 2020 che ci siamo da poco lasciati alle spalle si è concluso con un risultato davvero ottimo per Forza Italia: gli azzurri sfiorano quota 10% nei sondaggi e si attestano al 9,3%, salendo di quasi il 3% nell'arco dell'intero anno.

Ma come mai il ruolo dei forzisti sta prendendo sempre più campo? Le tendenze elettorali risultano essere vantaggiose per l'area dei centristi? Sicuramente sì. Ma alla base c'è un'operazione ben precisa di Silvio Berlusconi, che sta riuscendo così a ottenere sempre più fiducia da parte degli italiani. Il buon momento dell'ex presidente del Consiglio è stato spiegato dalla nota sondaggista Alessandra Ghisleri in un'intervista rilasciata al quotidiano Libero.

È ormai una dato di fatto: il Cavaliere si sta prendendo la scena. Non c'è comunque da stupirsi: "Per i suoi numeri, le sue esperienze e le sue capacità, Silvio è sempre capace di mettersi al centro del dibattito". Il suo partito punta al 10%, ovvero una quota che garantisce un ruolo da ago della bilancia. Allo stato attuale comunque può vantare di avere tre volte i consensi di Matteo Renzi, che nel 2013 aveva dichiarato il "game over" ai danni di Berlusconi. "Ha saputo rinnovarsi più di altri. Ha mandato avanti i suoi uomini ritagliandosi un ruolo di grande saggio, che conosce l'arte della politica e sa come raggiungere gli obiettivi", sostiene la direttrice di Euromedia Research.

Il fenomeno Berlusconi

Ma l'ex premier ha ulteriori margini di recupero? Molto dipenderà da quanto si spenderà in prima persona. Perché lui conosce benissimo questa politica che ricorda la grande crisi delle istituzioni dei primi anni Novanta, quando emerse proprio il fenomeno Berlusconi: "Silvio ne padroneggia il linguaggio e i tempi, tant'è che in molti tratti nella comunicazione di Conte si riconosce una certa ispirazione al metodo berlusconiano". Appunto, dietro c'è anche un buon lavoro di comunicazione, di cui invece soffrono gli avversari che non riescono a indicare una nuova via. Senza dimenticare che pesa e non poco l'affezione al leader, "che resta comunque uno dei politici più votati degli ultimi trent'anni, e la sua capacità di incarnare un centrodestra moderato, del quale c'è domanda".

A Renzi conviene la crisi?

Lo spettro della crisi di governo sembra aver lasciato spazio alle trattative, al rimpasto e ai dietrofront pur di restare alla guida del Paese. Ma a Matteo Renzi conviene realmente staccare la spina ai giallorossi? "Dipende dall'evoluzione della caduta: se si votasse con l'attuale legge elettorale, Italia Viva dovrebbe trovare un asset in coalizione per poter avere una bonne chance. Se invece si formasse un nuovo esecutivo, il suo ruolo potrebbe tornare fondamentale", ha spiegato la Ghisleri. Alzare la voce e cercare di portare a casa le sue battaglie è sicuramente una strategia per aumentare il suo consenso di opinione, ma al momento il suo piano non sta funzionando: "Questa è l'opinione prevalente al momento. Per lui è veramente fondamentale motivare i suoi attacchi e le sue posizioni per non cadere nell'ambiguità di sole battaglie per nuove poltrone".

Il partito di Conte

Dalle ultime rilevazioni emerge che il premier Giuseppe Conte sia in notevole difficoltà sia per la pessima gestione della seconda ondata del Coronavirus sia per le continue minacce di Italia Viva. Cosa dovrebbe fare ora l'avvocato per tornare a quella alta soglia di fiducia che era riuscito ad accumulare nei primi mesi della pandemia? Sicuramente deve abbandonare l'ossessione per la narrazione, dedicandosi alla logistica e alla programmazione guidata: "Non è possibile scaricare le responsabilità solo sull'impasse dei partiti, sostenendo che la sintesi politica spetta a loro. Il premier deve offrire alla politica una nuova opportunità, un nuovo inizio". Negli ultimi giorni si è parlato di una lista del presidente del Consiglio, ma la sondaggista non crede molto ai partiti personali che nascono dopo esperienze istituzionali: "Il ruolo vizia il consenso, che non può essere solo di opinione ma si costruisce sul territorio, dove i partiti, che hanno un radicamento forte, alla fine hanno più facilità a prevalere".

Lo volevate forte? Eccoveli, avete la scelta tra il diavolo e belzebu' ...


Un italiano su due vuole "l'uomo forte al potere"

Per il Censis, sono 8 milioni gli italiani pessimisti assoluti, già convinti che la democrazia liberale abbia i giorni contati e che a sostituirla sarà una qualche forma di regime autoritario

Censis politica uomo forte democrazia

Una politica che non riesce a dare risposte e finisce quasi con il suicidarsi sta facendo pagare un prezzo elevato agli italiani: l'innesco di crescenti pulsioni antidemocratiche. E la tentazione è quella di mettersi nelle mani dell'uomo forte e consegnargli il potere.

Sono 8 milioni gli italiani pessimisti assoluti, già convinti che la democrazia liberale abbia i giorni contati e che a sostituirla sarà una qualche forma di regime autoritario. Lo rileva il Censis nel suo 53esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese.

I numeri

Impietosa la fotografia. Oggi solo

  • il 19% degli italiani parla frequentemente di politica quando si incontra
  • il 76% non ha fiducia nei partiti (e la percentuale sale all'81% tra gli operai e all'89% tra i disoccupati)
  • Il 58% degli operai e il 55% dei disoccupati sono scontenti di come funziona la democrazia in Italia 

Il Rapporto Censis ci dice che la sfiducia è il fil rouge del rapporto tra società italiana e politica. Alle elezioni politiche del 2018 i non votanti - intesi come la somma di astensioni, schede bianche e nulle - erano il 29,4% degli aventi diritto: il 26,5% nel Nord-Ovest, il 24,5% nel Nord-Est, il 27,1% nel Centro, il 35,5% nel Sud e nelle isole.

Tra il 2001 e il 2018 il dato nazionale è aumentato di 5 punti percentuali, con incrementi maggiori in Emilia Romagna (+9%), Trentino Alto Adige e Liguria (+8%), Sardegna (+7,8%) e Lombardia (+7,3%). Si tratta di un processo di estraneazione di lungo periodo che ha contagiato ormai largamente anche i territori tradizionalmente a piu' alta partecipazione elettorale. Solo il 19% degli italiani parla frequentemente di politica quando si incontra: il 17% degli operai, il 23% di chi svolge mansioni impiegatizie, fino al 38% e al 35% rispettivamente di manager e direttivi, imprenditori e lavoratori autonomi.

I più scontenti

Finisce che l'estraneità politica dei soggetti meno abbienti è un fattore determinato e anche determinante di macchine politico-partitiche autoreferenziali e al contempo fragili. Così, se il 76% degli italiani dichiara di non nutrire fiducia nei partiti politici, la quota sale all'89% tra i disoccupati e all'81% tra gli operai. Sono proprio questi ultimi gruppi sociali a essere anche più scontenti di come funziona la democrazia in Italia: lo sono il 58% degli operai, il 55% dei disoccupati, mentre i valori scendono al 34% tra manager e quadri, e al 42% tra imprenditori e lavoratori autonomi.

Per il Censis questi sono segnali evidenti dello "smottamento" - in temi di alluvioni e disastri ambientali non si poteva trovare termine piu' adeguato - del consenso, che coinvolge soprattutto chi sta sui gradini piu' bassi della scala sociale. E questo apre la strada a tensioni che si pensavano ormai per sempre nella soffitta della storia, come l'attesa quasi messianica dell'uomo forte che tutto risolve. Il 48,2% degli italiani oggi lo vorrebbe un "uomo forte al potere" che non debba preoccuparsi troppo di dover rendere conto a Parlamento o di elezioni.

Un Paese antiparlamentarismo

Ed è un dato che sale al 56% tra le persone con redditi bassi, quindi al 62% tra i soggetti meno istruiti e al 67% tra gli operai. Si sta nuovamente sviluppando nel Paese un antiparlamentarismo in cui la democrazia e le sue istituzioni sono pensate esclusivamente - dice il Censis - come una "futile, voluttuaria e inutilmente dispendiosa intermediazione al tempo della disintermediazione totale".

E in questo contesto i tentativi del ceto politico di riprendersi un ruolo appaiono non tanto e non solo come "improvvisi sussulti di arroganza" quanto come "velleitari tentativi" di tornare a un tempo in cui la politica disponeva di strumenti - dalla Pubblica amministrazione all'ampia spesa pubblica - con cui incidere efficacemente sul reale.

Appare decisiva l'inefficacia della politica, è come uno iato tra gli annunci sempre più moltiplicati al'infinito e la sostanziale inazione che si manifesta nell'incapacità di dare corso anche a quelle sono soluzioni semplici. E le frequenti diatribe interne all'elite politica non modificano il punto di vista degli italiani, i quali tendono a considerare il ceto politico unicamente come un aggregazione omogenea di privilegiati.

Del resto, gli sforzi della politica per elaborare in questi anni soluzioni alternative e in competizione tra loro si sono rivelate senza esito, senza risposta - cosi' dicono gli italiani - alla sfida dell'inefficacia della politica stessa e non sono riuscite a fermare la caduta della sua 'social reputation'.

La politica come specchio di appetiti 

Perché laddove la politica si è proposta come garante della capacità dell'Italia di rispettare impegni sovranazionali e tenere fede alle promesse fatte ai mercati finanziari, in realtà tale azione è stata percepita come una sorta di tramite freddo, asettico, se non odioso, per imporre il volere degli altri, il volere dei potentati lontani, facendone pagare il costo alle famiglie italiane. E laddove la stessa politica si è proposta come specchio di appetiti e paure degli italiani, si è invece tradotta in un mix di improvvisazione, autocompiacimento e incompetenza, ovvero una "indigesta - dice il Censis - produzione di consenso a mezzo di problemi, e non invece a mezzo di soluzioni.

Questo ha finito con l'aumentare nella percezione degli italiani la perdita di reputazione, la sfiducia nei partiti e nella stessa democrazia parlamentare è sprofondata. Ecco perché poi ogni proposta che penalizzi la politica, si pensi alla riduzione del numero di parlamentari o al tema del finanziamento pubblico ai partiti, trova oggi largo consenso popolare e - paradosso estremo - viene inseguita dagli stessi politici in una sorta di "autolesionistica rincorsa all'amputazione". Questo è appunto il suicidio in diretta della politica, "incapace di spezzare la spirale i irrilevanza e velleitarismo se non correndo dietro alle idee estreme di minimizzazione della democrazia parlamentare".

La crisi di fiducia minaccia la democrazia

È in atto una crisi strutturale della fiducia che minaccia da vicino il consenso di base alla democrazia italiana: non c'è solo il mito dell'uomo forte al comando ma cresce anche quello della democrazia diretta, presentata come la sostituzione ideale di quella parlamentare. E non a caso la maggioranza degli italiani - il 52,6% - si dichiara convinto che la democrazia parlamentare debba essere sostituita da quella diretta, di cui le piattaforme digitali sono la versione 2.0.

Da non trascurare però anche quei circa 8 milioni di italiani che sono i pessimisti assoluti, già convinti che la democrazia liberale abbia i giorni contati e che a sostituirla sarà una qualche forma di regime autoritario. Secondo il Censis è comunque probabile che non andrà così, ma ciò non toglie che non sia salutare lasciare condensar, senza reazioni efficaci, un fondo limaccioso di culture antidemocratiche nel cuore della società. Gli esiti possono essere infatti imprevedibili e spiacevoli. 



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Lettera aperta al signor Luigi di Maio, deputato del Popolo Italiano

ZZZ, 04.07.2020 C.A. deputato Luigi di Maio sia nella sua funzione di deputato sia nella sua funzione di ministro degli esteri ...