NESSUNO AL DI SOPRA DELLA COSTITUZIONE: L'ITALIA SI RITIRI TOTALMENTE DALL'OMS E PROCESSI TUTTI I FUNZIONARI E DIRIGENTI, DI MAIO E SPERANZA INCLUSI

 

L’inchiesta della Procura della Repubblica di Bergamo per epidemia colposa e la questione dell’immunità diplomatica addotta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su whatsapp
Condividi su telegram
Condividi su email
immunità diplomatica

Indice:

1. L’antefatto
2. I fondamenti giuridici dell’immunità
3. Conclusioni

1. L’antefatto

Nei giorni scorsi la Procura della Repubblica di Bergamo ha chiesto al Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale di chiarire se i ricercatori dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, chiamati a testimoniare dal Procuratore della Repubblica di Bergamo, nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione della pandemia nella provincia più colpita dal contagio, godano di un’immunità diplomatica oppure no e quindi se gli stessi siano tenuti a presentarsi dinnanzi all’Autorità giudiziaria per essere ascoltati, o meno [1].
Come riportato da numerosi organi di stampa, l’OMS ha, infatti, inviato da Copenaghen, sede europea dell’Organizzazione, una nota alla Procura della Repubblica in questione e ai Ministeri degli Esteri, della Cooperazione Internazionale e della Salute, in cui afferma che i suoi ricercatori non sono tenuti a rispondere alle domande dei magistrati per via del loro speciale status giuridico. Nel contempo, l’Organizzazione ha anche invitato i suoi ricercatori a non presentarsi davanti ai pubblici ministeri, nonostante alcuni di loro, disattendendo di fatto tali indicazioni, si siano comunque recati in Procura per rispondere alle domande dei magistrati.
Nelle due note formali inviate il 3 e il 24 novembre 2020 agli inquirenti e ai dicasteri italiani sopracitati si legge: “L’organizzazione chiede rispettosamente che il Ministro adotti ogni misura necessaria al fine di assicurare che l’immunità dell’OMS e dei suoi ufficiali sia pienamente rispettata[2].
Un’immunità che l’OMS ha ritenuto di non far valere per il vicedirettore europeo, Ranieri Guerra, convocato e ascoltato il 5 novembre scorso come persona informata sui fatti dalla procura bergamasca, anche su un rapporto di un centinaio di pagine, redatto dalla sezione OMS di Venezia, in cui si criticava il governo italiano per la gestione della prima fase dell’emergenza. Questo dossier, che faceva riferimento anche al mancato aggiornamento del piano pandemico del 2006, era rimasto online per poche ore per poi essere di lì a breve cancellato.
Ranieri Guerra è stato ascoltato dagli inquirenti proprio perché, prima di diventare il “numero due” dell’OMS, era stato a capo, dal 2013 al 2017, del dipartimento di prevenzione sanitaria del Ministero della Salute, ossia proprio quell’organo della direzione generale che avrebbe dovuto aggiornare il piano pandemico nazionale.
Il rapporto intitolato “Una sfida senza precedenti: la prima risposta dell’Italia al Covid-19”, pur riconoscendo che l’Italia è dotata di uno dei più efficienti sistemi sanitari al mondo, attestava l’inadeguatezza del piano pandemico italiano, vecchio di più di dieci anni, ideato nel 2006 dopo l’epidemia di SARS e ricopiato integralmente senza alcun aggiornamento nel 2017.
Il rapporto in esame criticava fortemente anche la natura del piano stesso definendolo una “pianificazione più teorica che pratica” caratterizzata da “una scarsa traduzione delle intenzioni in misure concrete”.
Da qui la necessità di ascoltare i ricercatori dell’OMS che hanno redatto quel rapporto ed alcune figure di vertice dell’OMS sulla vicenda della sospetta rimozione di quel documento a poche ore dalla sua pubblicazione. La procura di Bergamo, all’opposizione manifestata dall’OMS, ha deciso di non rispondere, avviando piuttosto un’interlocuzione con il Ministero degli Esteri per capire se effettivamente esista questa presunta immunità che viene fatta risalire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità alla Convenzione del 1947 sui privilegi e le guarentigie di chi fa parte delle agenzie dell’ONU.
Il Ministero degli Esteri dovrà sciogliere alcuni nodi e cioè chiarire se effettivamente esista un’immunità come quella invocata dall’OMS, se questa arrivi a configurare addirittura un “divieto di testimoniare” per gli appartenenti all’agenzia internazionale e se questa immunità possa riguardare anche i ricercatori a contratto incardinati nell’ambito dell’Organizzazione, come per l’appunto i soggetti che hanno redatto il tanto discusso report sulla risposta dell’Italia alla pandemia da Covid-19.
Si deve comprendere, infine, se questi ultimi, pur potendo essere escussi a sommarie informazioni dagli organi inquirenti possano opporre un segreto su attività circostanziate svolte nell’ambito dell’OMS, analogo a quello previsto per altre categorie professionali, oppure no.

2. I fondamenti giuridici dell’immunità

L’indagine della Procura di Bergamo, che ipotizza il reato di epidemia colposa, riguarda la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana e la chiusura con successiva ed immediata riapertura dell’ospedale di Alzano Lombardo, dopo alcuni presunti casi di positività. I magistrati hanno anche sentito nei mesi scorsi, come persone informate sui fatti, tra gli altri, il Presidente del Consiglio, i ministri degli Affari Esteri, dell’Interno, della Salute, il Presidente e l’Assessore al Welfare della regione Lombardia ed altre figure politiche di vertice afferenti ai territori interessati. Per i PM di Bergamo lo status di diplomatico non dispenserebbe dall’obbligo di presentarsi davanti ai magistrati per rendere testimonianza e l’immunità potrebbe essere sollevata tutt’al più nel corso dell’interrogatorio, qualora emergessero indizi di reità a carico dei funzionari appartenenti all’agenzia internazionale e quindi i soggetti escussi dovessero cambiare veste procedimentale. L’intenzione dei magistrati è dunque quella di procedere nonostante il rischio di incidenti diplomatici.
Si osserva in primo luogo che l’Organizzazione Mondiale della sanità (in inglese: “World Health Organitation”) è un istituto specializzato dell’ONU per la tutela della salute, fondato il 22 luglio 1946 ed entrato in vigore il 7 aprile 1948 con sede a Ginevra.
L’obiettivo dell’OMS, così come precisato nel relativo atto di costituzione, è il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del livello più alto possibile di salute definita nel medesimo atto come “condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale”.
L’organizzazione è governata da 194 Stati membri attraverso l’Assemblea mondiale della sanità (World Health Assembly), convocata annualmente. Questa è composta dai rappresentanti degli Stati membri, scelti all’interno dei ministeri della sanità di ciascun Paese e le sue principali funzioni consistono nell’approvazione del programma dell’organizzazione e del bilancio preventivo per il biennio successivo.
L’OMS è un soggetto di diritto internazionale, vincolato come tale al rispetto di tutti gli obblighi imposti dalle norme generali consuetudinarie, dal suo atto istitutivo, o dagli accordi internazionali di cui è parte.
L’immunità di uno Stato sovrano dalla giurisdizione di un altro Stato è un principio ormai pacifico[3]. Per le organizzazioni internazionali, invece, il dibattito è da sempre stato acceso e non ha mai trovato una sua conclusione definitiva. Immunità e prerogative delle organizzazioni internazionali sono manifestazioni della personalità giuridica internazionale di cui le stesse godono e quindi sono corollari di quest’ultima.
Le tesi in campo sul fondamento giuridico delle immunità sono diverse. Secondo un primo orientamento immunità e privilegi delle organizzazioni internazionali (e quindi dei suoi membri) sarebbero previste dal diritto internazionale consuetudinario.
Un altro orientamento, maggiormente condivisibile, rinverrebbe invece tale fondamento esclusivamente nelle norme di diritto pattizio: accordi istitutivi delle organizzazioni, accordi di sede fra l’organizzazione e lo Stato ospitante, convenzioni generali sulle immunità e disposizioni nazionali. Un esempio di norme sull’immunità contenute negli atti istitutivi delle organizzazioni internazionali è l’art. 105 della Carta delle Nazioni Unite che prevede l’immunità per i funzionari dell’ONU nel territorio dei suoi Stati membri.
Queste convenzioni generali sono divenute un modello di riferimento e sono state applicate anche al di fuori del sistema delle Nazioni Unite.
Il fondamento delle immunità può rinvenirsi, inoltre, nell’obbligo di cooperazione tra gli Stati membri e l’organizzazione di cui essi fanno parte, obbligo che si ritrova in molti accordi istitutivi e che è anche ritenuto un principio generale del diritto delle organizzazioni internazionali.
Tale obbligo si concretizza in una serie di comportamenti che devono assumere gli Stati nei confronti delle organizzazioni internazionali, con lo scopo di garantirne l’indipendenza ed eliminare qualsivoglia ostacolo all’esercizio delle loro funzioni.
I comportamenti che gli Stati pongono in essere, per tener fede all’obbligo di cooperazione, si concretizzerebbero, secondo tale ricostruzione, anche nelle immunità e nei privilegi assicurati ai membri delle organizzazioni internazionali a cui gli stessi aderiscono, in modo tale da consentire loro il pieno esercizio delle proprie funzioni in totale autonomia ed indipendenza, al fine di raggiungere gli scopi previsti nei trattati istitutivi, senza il pericolo di potenziali e possibili ingerenze esterne.
La tesi più accreditata sul fondamento delle immunità degli enti internazionali e quindi dei suoi membri, come detto, è però la seconda, quella che fa riferimento al diritto pattizio.
Non sembra, infatti, che sia mai stata varata una norma di diritto generale in materia e non vi è un riscontro di segno contrario nella prassi giurisprudenziale. I giudici di quei pochi Stati in cui la questione è raramente affiorata non hanno mai fatto riferimento a norme internazionali consuetudinarie, o a norme generali del diritto internazionale in tema di immunità, ma sempre a norme nazionali, di diritto interno e ad obblighi convenzionali, quindi a norme internazionali pattizie.
L’immunità giurisdizionale comporterebbe, però, a ben vedere, secondo la prevalente dottrina formatasi in materia, l’obbligo di non avviare procedimenti giudiziari dinanzi alle autorità giurisdizionali dello Stato ospitante o di altri Stati vincolati al rispetto delle norme internazionali rilevanti in materia, nei confronti delle organizzazioni internazionali e dei suoi funzionari.
Potrebbe dunque non alcuna causa ostativa rispetto ad una semplice escussione in qualità di teste, ovvero data la fase delle indagini preliminari, in qualità di persona informata sui fatti dei suddetti individui.
C’è tuttavia chi non condivide tale ultima affermazione e ritiene, al contrario, che l’immunità, con precipuo riferimento alla normativa italiana, debba estendersi anche agli atti istruttori di un procedimento penale, con conseguente divieto di convocazione dei soggetti coperti dall’immunità presso gli uffici dell’autorità giudiziaria in qualità di persone informate sui fatti ex art. 377 c.p.p. e di accompagnamento coattivo ex art. 133 c.p.p.
Ma è davvero così? In materia di immunità delle organizzazioni internazionali dalla giurisdizione degli Stati membri ormai molti sono gli accordi internazionali che possono venire in soccorso dell’interprete. Le norme presenti all’interno dei suddetti accordi internazionali, tuttavia, non sempre sono uniformi.
È anche da rilevare che le organizzazioni internazionali hanno sempre e comunque la facoltà di rinunciare all’immunità processuale, sia attraverso una rinuncia esplicita proveniente dall’organo che rappresenta l’organizzazione (nel nostro caso l’OMS) si attraverso una rinuncia implicita (si pensi all’organizzazione che si difende in giudizio senza sollevare una questione preliminare sull’immunità).
Invero si riscontra nella disciplina pattizia un’ampia tutela delle organizzazioni internazionali con riferimento alla materia dell’immunità dalla giurisdizione contenziosa.
L’orientamento prevalente individua un’immunità di questo genere per tutti gli Enti che fanno parte delle Nazioni Unite, come nel caso di specie, essendo l’OMS un’agenzia dell’ONU.
Tale orientamento maggioritario fa riferimento alla Convenzione generale sui privilegi e le immunità dell’ONU del 13 febbraio 1946, dove viene sancito dall’art. II, sez. 3, ma ancor meglio dall’art. V sez. 18 che i rappresentati degli Stati membri presso gli organi principali e sussidiari delle Nazioni Unite ed i funzionari dell’Organizzazione godono dell’immunità di giurisdizione per gli atti da essi compiuti in veste ufficiale.
Stesso principio è affermato dall’art. VI sez. 22, per gli “esperti in missione per conto dell’Organizzazione” che godono dell’immunità da qualsiasi giurisdizione per quanto concerne gli atti compiuti durante la loro attività di missione.
In conclusione, si può dunque affermare che l’orientamento riferito all’immunità dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (e dei suoi membri) valevole anche per le agenzie e le organizzazioni internazionali ad essa collegate (ed i suoi membri), prevede un’immunità dalla giurisdizione esecutiva e cautelare assoluta.
In Italia, per quanto concerne il presente lavoro, in data 30 agosto 1985, a seguito di autorizzazione disposta dalla legge 24 luglio 1951, n. 1740, è stato depositato a New York, presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite, lo strumento di adesione del nostro Paese alla Convenzione sui privilegi e le immunità delle Istituzioni specializzate delle Nazioni unite, approvato dall’ Assemblea Generale delle N.U, il 21 novembre 1947, dunque la Convenzione è stata ritualmente ratificata.
Sulla base di tali incontrovertibili dati testuali e l’analisi delle suddette disposizioni di diritto internazionale, si ritiene che il rifiuto opposto dall’OMS alla citazione da parte della Procura della Repubblica di Bergamo di suoi funzionari o contrattisti, sia pienamente legittimo.
La fondatezza di tale tesi è confermata dalla circostanza che lo scorso 11 dicembre, su richiesta del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, la rappresentanza italiana presso le Nazioni Unite ha inviato una lettera all’OMS chiedendo di fare in modo che i ricercatori possano non avvalersi dell’immunità al fine di contribuire al pieno svolgimento delle indagini in corso. Nella missiva si legge che “Alla luce dell’ottima collaborazione tra Italia e Organizzazione Mondiale della Sanità, ulteriormente rafforzata durante il periodo della pandemia Covid-19, si chiede di considerare, nello spirito della sezione 22 della Convenzione in argomento, la possibilità di permettere a funzionari ed esperti di acconsentire alla richiesta del Procuratore di essere sentiti come persone informate sui fatti[4].
Il Ministero degli Esteri, come già evidenziato, non ha infatti competenze in merito all’immunità funzionale invocata da funzionari internazionali, anche se questi sono di cittadinanza italiana. È solo l’OMS, come detto, che può decidere di rinunciare all’immunità dei propri funzionari e permettere che questi vengano sentiti dall’Autorità giudiziaria che sta svolgendo le indagini.

3. Conclusioni

Ciò che ci si domanda e se, nonostante le ragioni tecnico-giuridiche sin qui esposte, lo stato di assoluta eccezione rappresentato da una pandemia di portata epocale come quella provocata dal Covid 19, anche in ossequio ai principi di trasparenza e leale collaborazione, l’OMS sia tenuta, in qualche modo, a rinunciare all’immunità processuale che il diritto internazionale pattizio sembra riconoscerle, in ragione dell’opportunità, della necessità dettata dalla situazione contingente, ma anche e soprattutto al fine di garantire la piena attuazione del diritto alla salute disposto dall’art. 32 della Costituzione e di cui la stessa Organizzazione dovrebbe farsi garante.  
Un comportamento siffatto aiuterebbe non solo la magistratura ad accertare se via sia stata o meno l’integrazione di fattispecie di reato nella gestione dell’emergenza sanitaria in quei territori in cui il virus ha colpito più duramente, ma contribuirebbe in via indiretta anche( ad una responsabilizzazione del Sistema Sanitario Nazionale laddove dovessero emergere effettive mancanze e carenze, con la possibilità di colmare quelle eventuali lacune per il futuro al fine di favorire una migliore repressione del contagio oggi, che l’emergenza sanitaria è ancora in corso, e nel futuro, per prevenire nuovi ed eventuali eventi pandemici di tale portata  consentendo così una piena attuazione dell’art. 32, secondo i canoni ed i valori della nostra Carta Fondamentale.


[1]M. D’Alessandro, L’OMS può rifiutarsi di collaborare con la procura di Bergamo? in AGI, 2020.
[2] A. Tornago, Inchiesta a Bergamo sui morti Covid, scontro tra procura e OMS sull’immunità dei funzionari, in Repubblica, 2020.
[3] Tasfagabir, The State of Functional Immunity of International Organitations and their Officials and why it should be streamlined, in Chinese Journal of International Law, 2011, pp. 96 ss.
[4] https://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2020/12/13/maio-oms-rinunci-immunita-funzionari-chiamati-bergamo_5Sodva11Kjc2zBJTL0bsFJ.html.

L'OMS NON NASCONDE RANIERI GUERRA, MA DI MAIO E SPERANZA

 

Inchiesta Covid, Pm Bergamo: "Oms come muro di gomma"

MILANO (Reuters) - L’atteggiamento dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nei confronti dei magistrati italiani è stato come “un muro di gomma”, secondo quanto affermato in un’intervista a Reuters dal procuratore aggiunto di Bergamo che coordina l’inchiesta sulla pandemia da Covid-19 dilagata nel marzo 2020 nella provincia lombarda.

Il logo Oms davanti alla sede centrale a Ginevra. REUTERS/Denis Balibouse

“Attendiamo fiduciosi che ci venga data risposta alla rogatoria inviata all’Oms oltre un mese fa, ma fino a oggi è stato un muro di gomma con noi”, ha detto il magistrato Maria Cristina Rota.

I pm bergamaschi hanno inviato lo scorso 8 marzo una rogatoria internazionale a Ginevra, sede dell’Oms, chiedendo lumi sulla corrispondenza fra l’organizzazione e il ministero della Salute sui piani pandemici italiani dal 2012 a oggi.

IL portavoce dell’Oms Christian Lindmeier ha dichiarato che “è prassi dell’Oms assistere sempre le autorità locali in tali questioni, se richiesto e nel modo appropriato”.

“L’Oms sta attualmente esaminando una richiesta di assistenza giudiziaria internazionale da parte della Procura della Repubblica di Bergamo”, ha aggiunto.

La procura di Bergamo ha dovuto superare molti ostacoli per poter ascoltare in qualità di testimoni alcuni funzionari dell’Oms protetti dall’immunità diplomatica.

I pm sono passati attraverso il ministero degli Esteri e il rappresentante dell’ambasciata italiana a Ginevra che ha quindi inoltrato le domande scritte all’ufficio legale dell’Oms.

“Infine, l’Oms non ha mai trasmesso le citazioni come testimoni ai diretti interessati e anzi ha invitato tutti a non presentarsi”, ha detto il sostituto procuratore.

Il RAPPORTO SCOMPARSO

Nei mesi scorsi, comunque, tutti i funzionari Oms convocati come testi dalla procura di Bergamo si sono presentati di loro iniziativa.

Advertisement

Il filone di inchiesta su cui sono stati ascoltati, dicono due fonti a conoscenza del dossier, riguarda il rapporto dell’Oms pubblicato il 13 maggio e poi subito ritirato che esprimeva alcuni giudizi critici sulla gestione dell’emergenza Covid da parte dell’Italia.

Il rapporto non è mai stato ripubblicato.

Lindmeier ha dichiarato che il rapporto è stato pubblicato prima che fosse espletato l’iter completo di approvazione e ritirato perché conteneva delle inesattezze.

Per questa vicenda, dicono le fonti, è indagato per false dichiarazioni al pm il direttore aggiunto dell’Oms Ranieri Guerra, indicato dall’autore del rapporto, Francesco Zambon, come colui che lo avrebbe fatto ritirare dal sito per non irritare il governo italiano.

Guerra, in una dichiarazione ai media venerdì scorso si è detto “stupito e amareggiato per questa situazione”.

“Non conosco di cosa si tratti, non ho la più pallida idea sul perché i magistrati abbiano deciso in tal senso”, ha aggiunto.

Zambon si è dimesso dall’Oms il mese scorso lamentando che l’organizzazione ha ignorato la sua richiesta di aprire una inchiesta interna.

“Se ci sono conflitti di interesse di questo tipo, allora significa che l’organizzazione (Oms) non puo’ essere indipendente nella sua azione e in qualunque cosa faccia”, ha detto Zambon a Reuters in gennaio.

Il portavoce dell’Oms ha detto che Guerra all’epoca dei fatti era inviato in missione per supportare la risposta italiana del Covid-19 su richiesta del governo.

“In questa veste ha riferito sia al direttore generale sia al direttore regionale e ha allertato sia per quanto riguarda la necessità di controllare i dati, sia per apportare le opportune correzioni al rapporto”, ha detto Lindmeier.

“RETICENZA AL MINISTERO”

Sui piani pandemici italiani si concentra l’attenzione della procura di Bergamo che dalla primavera 2020 conduce un’inchiesta con le ipotesi di reato di epidemia colposa e falso, con il fine di verificare se a livello regionale e nazionale siano state attuate le misure necessarie per affrontare l’emergenza.

I pm hanno interrogato nei mesi scorsi come testimoni sia l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte sia il ministro della Salute Roberto Speranza, oltre a numerosi dirigenti del ministero. E hanno fatto eseguire una serie di acquisizioni di documenti in Regione Lombardia, al ministero della Salute e all’Istituto superiore di sanità.

Il procuratore aggiunto Rota ha definito “reticente” il comportamento dei funzionari ministeriali interrogati.

“Noi chiedevamo a chi competesse una certa funzione all’interno del ministero e la risposta era sempre ‘al ministero’”, ha detto Rota.

Il ministero della Salute non ha risposto alla richiesta di commento inviata per email da Reuters.

IL NODO DEI PIANI PANDEMICI

Secondo le fonti, i magistrati sono arrivati alla conclusione che il piano pandemico italiano non sia mai stato aggiornato dal 2006 al 2020, nemmeno dopo che il Parlamento europeo ha reso tale aggiornamento obbligatorio per gli Stati membri dell’Unione europea.

Roma nel corso degli anni non avrebbe comunicato all’Oms che il piano non veniva aggiornato. Dal 2007, nel formulario di autovalutazione sull’aggiornamento e la conformità del piano pandemico nazionale destinato all’Oms, l’Italia si è sempre data una valutazione pari a 5, cioè la più elevata, quella che uno Stato si dà quando ha aggiornato e implementato pienamente il piano pandemico.

Il ministero della Salute non ha risposto a una richiesta di commento.

Le fonti riferiscono, inoltre, che dal 2012 al 2015 l’Italia non ha inviato all’Oms alcuna autovalutazione.

Da qui la richiesta della procura all’Oms della corrispondenza intrattenuta con l’Italia in quegli anni.

L’inchiesta punta poi a verificare se il piano pandemico, pur “vecchio” e non aggiornato, sia stato pienamente attivato. Le due fonti spiegano che la procura pensa di no.

“Da gennaio, col primo allarme dalla Cina, l’Oms aveva detto a tutti gli stati di attenersi ai piani pandemici influenzali”, ha detto una delle fonti. “Il piano prevedeva da quel momento: formazione personale, percorsi sporco-pulito, mappature degli ospedali, indicazione farmaci di cui fare approvvigionamento. Tutte cose che sono state fatte almeno due mesi dopo, se non a prima ondata conclusa”.

L’inchiesta è nata a Bergamo dopo che centinaia di parenti delle vittime si erano unite presentando denunce.

Il primo filone d’indagine, che vede indagati alcuni dirigenti regionali e sanitari lombardi, riguardava la mancata imposizione della zona rossa nei comuni di Alzano e Nembro e sulla mancata chiusura dell’ospedale di Alzano, focolaio di una infezione che ha reso la provincia di Bergamo la più colpita d’Italia nella prima ondata.

Da lì si è passati poi al piano pandemico regionale e a quello nazionale.

in Redazione Giselda Vagnoni, Gianluca Semeraro, reutersitaly@thomsonreuters.com, +39 06 85224210


L'OMS NON NASCONDE RANIERI GUERRA, MA DI MAIO E SPERANZA

 

"Siete pregati di non andare dai pm". Schiaffo Oms ai familiari delle vittime

La mail dell'Oms per chiedere ai funzionari dell'Oms Europa di non rispondere alla convocazione della procura di Bergamo. E intanto è scontro Guerra-familiari delle vittime

"Siete pregati di non andare dai pm". Schiaffo Oms ai familiari delle vittime

Da una parte Ranieri Guerra, dall'altra Francesco Zambon. Nel mezzo i familiari delle vittime, che chiedono se non giustizia almeno chiarezza, e la procura di Bergamo. La partita del famoso rapporto dell'Oms pubblicato sul sito e poi misteriosamente scomparso continua a far parlare l'Italia. Ogni giorno ormai è un capitolo nuovo. Ieri Guerra, direttore aggiunto dell'Organizzazione e membro del Cts, è andato da Giletti a Non è l'Arena per difendersi dalle accuse di chi lo considera l'autore di pressioni per far cancellare un dossier troppo critico nei confronti della gestione italiana alla pandemia. Il Comitato "Noi denunceremo" oggi ha replicato a stretto giro. E ora spunta una mail, rivelata dall'Agi, con l'Oms avrebbe chieso ai suoi funzionari di "non rispondere alla convocazione" dei pm bergamaschi.

Partiamo da Guerra. Ieri la posizione dell'esperto del Cts è stata chiara. Primo: il piano pandemico influenzale doveva essere "aggiornato nel 2018", non quando lui era a capo del dipartimento per la Prevenzione ("mi sono limitato a lasciare un'allerta). Secondo: "Non ho mai fatto ritirare alcun rapporto, non ho potestà su questo, che è competenza dell'ufficio di Copenaghen che decide nel merito". Terzo: non ho minacciato nessuno di licenziamento. Anzi. Guerra sostiene di aver cercato "di salvare" il report quando "mi era stato chiesto di correggere persistenti imperfezioni". Perché però chiedere di spostarne la pubblicazione di due giorni? "Ho chiesto di spostarlo - ha detto - perché un mese prima della pubblicazione Zambon mi ha chiesto di far vedere al Ministro l'indice e la copertina del rapporto e avere un gradimento preliminare, come si fa abitualmente".

Peccato che Sileri, viceministro a viale Lungotevere Ripa 1, abbia saputo dell'esistenza di quel documento solo a novembre. "Il mio suggerimento forte al collega è stato di avvisare il Ministro che il rapporto stava per uscire - ha ribadito Guerra - era corretto informarlo, non certo per farglielo vedere o correggere. Il Ministro non ha mai interferito. A me Zambon ha chiesto di intervenire per accelerare l'autorizzazione e solo a quel punto vengo messo a conoscenza che esiste un testo. Suggerisco correzioni e a lui di informare il Ministro. Ho tentato perfino di salvarlo quel rapporto perché mi era stato chiesto di correggere persistenti imperfezioni". Da eslcudere anche presunte pressioni e minacce di licenziamento, come denunciato nei giorni scorsi dal ricercatore dell'Oms dalla sede di Venezia, Zambon: "Ci sono procedure di tutela nei confronti del personale che sono rigorissime - ha spiegato Guerra - Nessuno può minacciare qualcun altro di licenziamento se non al momento in cui si conclude un'istruttoria interna da parte di organismi indipendenti. Poi, se Zambon si è sentito minacciato, e non capisco come e perché, ha lo strumento per ricorrere, per attivare una procedura interna". Non solo. Anche sul contenuto delle mail, alcune delle quali rivelate da Report nei giorni scorsi, Guerra ha da ridire: "Ci sono venti mail prima e venti dopo con Zambon oltre a quella nota, tutte in tono assolutamente amichevole, propositivo e collaborativo come sempre è stato. A un certo punto il collega sparisce dai radar e sono ancora a chiedermi cosa sia successo nella linea di comando che lui ha, che non passa da Ginevra ma che va direttamente su Copenaghen, che ha portato a questo tipo di situazioni". Insomma: una difesa su tutta la linea.

La performance di Guerra da Giletti ha indisposto e non poco il Comitato dei familiari delle vittime. "Il vice-direttore dell'OMS - scrivono in un comunicato - ha inscenato una a dir poco vergognosa rappresentazione teatrale. Gli va riconosciuta una spiccata capacità dialettica che lo mette nelle condizioni di raccontare spiazzanti nonsense senza che l'interlocutore se ne accorga e che va in giro a raccontare per mezzo stampa, senza contraddittorio, da una settimana a questa parte. Tra queste, che qualcuno lo abbia accusato di aver fatto sparire il rapporto scritto da Francesco Zambon. È bene precisare che nessuno ha mai accusato Ranieri Guerra di avere fatto sparire quel rapporto, quanto piuttosto di avere esercitato pressioni affinché fosse fatto sparire per un ipotizzabile conflitto d'interessi e per non urtare la sensibilità del Ministro della Sanità (come testimoniato dalle innumerevoli email di Report)". Sul mancato aggiornamento del piano pandemico, invece, il Comitato fa notare che l'Oms aveva "stravolto l'approccio alla pandemia nel 2013, con nuove linee guida ad interim, in virtù delle lezioni apprese dalla pandemia H1N1. Non da ultimo, non ci capacitiamo di come possa insistere sul fatto che il piano per la pandemia influenzale doveva essere aggiornato solo a partire dal 2018, dimenticandosi della Decisione UE 1082 del 2013, che trasforma i suggerimenti sugli aggiornamenti del piano pandemico influenzale in obblighi di legge, come ricordato dallo stesso Piano Nazionale per la Prevenzione 2014-2018".

Lo scontro, come detto, oggi di si colora di un nuovo capitolo. La procura di Bergamo, come noto, dopo aver sentito Guerra proprio sull'aggiornamento del piano pandemico aveva invitato i ricercatori dell'Oms, autori del report scomparso, di presentarsi per una audizione. Ma l'Oms aveva fatto notare al ministero degli Esteri che i suoi funzionari godono dell'immunità diplomatica. "Siete pregati di non rispondere alla convocazione della sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza e di inviarci senza indugio la richiesta ricevuta dai pubblici ministeri di modo che possiamo allegare questa richiesta alla nostra lettera alla Procura e al Ministero degli Esteri", si legge nella mail in possesso dell'AGI e di cui parlerà stasera la trasmissione 'Report'. A firmare la missiva sarebbe il capo dell'ufficio legale dell'Oms Europa, Chantal Streijffert Garon. "È importante notare - si legge - che ci sono diverse cause legali in corso collegate al Covid-19 e numerose inchieste parlamentari che coinvolgono l'Oms. Dobbiamo stare attenti a non creare un precedente o a rinunciare in modo implicito alle immunità partecipando agli interrogatori". La mail è datata 1 novembre 2020. Una lettera considerata "riservata, urgente e confidenziale". "Sappiamo che fate parte del team che ha scritto il report 'An unprecedent challenge: Italy's first response to Covid-19', che è stato coordinato da Francesco (Zambon, ndr). Sappiamo che la Procura di Bergamo sta svolgendo un'indagine sulla risposta del Governo italiano al Covid-19. In questo contesto, vi informiamo che i membri dell'Oms e i suoi consulenti sono protetti dalla Convenzione che prevede l'immunità diplomatica nell'ambito delle funzioni ufficiali svolte per conto dell'Oms. Pertanto, membri e consulenti non possono essere chiamati dai tribunali in base alla giurisdizione nazionale a meno che l'Oms non rinunci a privilegi e immunità in seguito a una richiesta tramite i canali diplomatici che coinvolga il ministro degli Esteri". Zambon, dopo tre convocazioni andate a vuoto, ha detto di voler rinunciare all'immunità per poter fornire la sua versione ai procuratori bergamaschi.

IL VERTICE DEL MAECI E' CORRESPONSABILE DI CRIMINI CONTRO L'UMANITA' E DI ALTO TRADIMENTO DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

 

Vertici Oms a Procura di Bergamo che indaga su Covid: protetti da immunità diplomatica possono non rispondere a magistrati

Lettura 3 min

La verità? Una conquista complessa e articolata anche per i pm. La Procura di Bergamo ha chiesto al Ministero degli Esteri di chiarire se i ricercatori dell’Oms, chiamati a testimoniare nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione della pandemia nella provincia piu’ colpita, godano di ‘un’immunita’ diplomatica’, come comunicato ai magistrati nei giorni scorsi. Lo apprende l’AGI da fonti qualificate.

Come anticipato in un promo della puntata di ‘Report’ in onda questa sera e confermato da queste fonti, l’Oms ha spedito da Copenaghen, sede europea, una nota alla Procura e ai ministri degli Esteri e della Salute, Luigi Di Maio e Roberto Speranza, in cui afferma che i suoi ricercatori non sono tenuti a rispondere alle domande dei magistrati per via del loro speciale status. Nel contempo, l’organizzazione ha pure invitato i suoi ricercatori a non presentarsi davanti ai pubblici ministeri, cosa che pero’ alcuni di loro non hanno fatto recandosi in Procura e rispondendo pure alle domande dei pm.

 La Procura, da cui trapela un certo “disagio” per la vicenda, ha deciso di non rispondere alle note ricevute dall’Oms ma di avviare “un’interlocuzione” col Ministero degli Esteri per capire se effettivamente esista questa presunta immunità che viene fatta risalire alla Convenzione del 1947 sui privilegi e le guarentigie di chi fa parte delle agenzie dell’Onu. Un’immunità che l’Oms ha ritenuto di non far valere per il vicepresidente europeo, Ranieri Guerra, convocato e sentito il 5 novembre scorso come persona informata sui fatti, anche su un rapporto di un centinaio di pagine redatto dalla sezione Oms di Venezia in cui su criticava il governo italiano per la gestione della prima fase dell’emergenza. Questo dossier, che faceva riferimento anche al mancato aggiornamento del piano pandemico del 2006, era rimasto online per poche ore e poi era ‘sparito’.

Il Ministero degli Esteri dovra’ sciogliere alcuni nodi: se effettivamente esista un’immunita’ come quella invocata dall’Oms che arriva a configurare un “divieto di testimoniare”, se questa immunita’ possa riguardare anche dei ricercatori contrattisti, quindi non funzionari come Guerra, per il quale invece non e’ stata reclamata.

Da capire anche se eventualmente ai ricercatori possa essere imposto un silenzio tout court oppure se essi possano opporre solo un segreto su attivita’ circostanziate svolte nell’ambito dell’Oms, analoghe a quello previsto per categorie come i giornalisti o i pubblici ufficiali.

L’indagine della Procura di Bergamo, che ipotizza il reato di epidemia colposa, riguarda la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana e la chiusura e poi quasi immediata riapertura dell’ospedale di Alzano Lombardo. I magistrati hanno sentito nei mesi scorsi come persone informate sui fatti, tra gli altri, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro Roberto Speranza, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana.

POLVERE NEGLI OCCHI PER GLI ITALIANI CHE NON CAPIVANO IL PASSAGGIO DAL FILOCINESISMO AL FILONEOFASCISMO AMERICANO DA PARTE DEL LECCACULO DEL MAECI


I russi, i russi, i capitani di fregataPerché Mosca ci spia (e perché fino a ieri non l’abbiamo fermata)

Un militare italiano è stato arrestato in un parcheggio romano subito dopo aver ceduto una pen drive con documenti Nato a un ufficiale di Mosca coperto da immunità diplomatica. Ma non è un caso isolato. Secondo l’analista Germani, «il nostro controspionaggio è efficiente, ma spesso a proposito di Russia è frenato dal potere politico». Ma ora ci sono l’effetto Draghi e l’effetto Biden

Pixabay

«Un effetto Draghi»: e forse anche Biden. Così l’operazione che ha portato all’arresto di Walter Biot è definita da Luigi Sergio Germani; direttore dell’Istituto Gino Germani di Scienze sociali e Studi strategici, esperto di Russia e di intelligence, di cui avevamo appena recensito il capitolo su «Russian Influence on Italian Culture, Academia, and Think Tanks» nel libro Russian Active Measures Yesterday, Today and Tomorrow. «Ancora questa russofobia?», era stato il tenore di alcuni commenti che ci erano arrivati. A ruota è arrivata ora la notizia su questo capitano di Fregata che per 5000 euro avrebbe venduto documenti segreti Nato a un ufficiale russo di servizio presso l’ambasciata a Roma e coperto da immunità diplomatica. 

Biot ha 56 anni, era un sottufficiale della Marina militare diventato ufficiale in seguito a un concorso interno, era come specialità una «guida caccia» incaricato di indirizzare gli aerei da caccia verso determinati obiettivi, ed è stato fermato in un parcheggio romano subito dopo aver ceduto una pen drive con informazioni su sistemi di telecomunicazione militare.

Per molti anni imbarcato, prima su cacciatorpedinieri e poi sulla portaerei Garibaldi, nel 2010 era passato allo Stato maggiore della Marina militare, presso l’ufficio stampa, per poi andare nel 2016 al Gabinetto del ministro della Difesa per cerimoniale, comunicazione e relazioni esterne, e nel 2018 all’ufficio Politica militare del ministero della Difesa.

Il suo nome appare anche nel dossier Who is who, che annoverava tutti i componenti degli uffici del governo italiano, durante la presidenza del Consiglio Ue nel 2014: responsabile Pubblica informazione e Comunicazione e addetto alle relazioni Istituzionali del ministero della Difesa, all’epoca guidato da Roberta Pinotti.

Germani in questo momento sta lavorando proprio a una relazione sulla minaccia spionistica russa in Italia: «I metodi che usano per agganciare e reclutare fonti» che consistono poi nell’individuare personalità con problemi. Non solo economici, ma anche con risentimenti verso i superiori, insoddisfazione per la carriera, magari anche simpatie ideologiche verso il modello putiniano. «E i loro obiettivi».

Questo arresto dimostra per Germani che «l’attività di spionaggio russa in Italia resta molto aggressiva e intensa», come ai tempi dell’Unione Sovietica. In effetti all’inizio degli anni ’90 con lo sfasciarsi dell’Urss e lo scioglimento del Kgb i Servizi russi si erano demoralizzati e in gran parte smantellati, e molti dei loro uomini erano passati a lavorare altrove. Alcuni per l’industria privata, altri addirittura per la criminalità organizzata. Ma a metà degli anni ’90 i Servizi vennero ricostruiti, a un certo punto Eltsin chiamò uomini del Kgb come Putin a salvare il suo regime, Putin si impadronì poi del potere, e con lui al vertice i Servizi sono stati potenziati e rafforzati. In particolare, spiega Germani, «i Servizi russi si distinguono perché non si occupano solo della raccolta e analisi di informazioni segrete, come i Servizi occidentali. Si occupano anche delle cosiddette misure attive: influenza, ingerenza e destabilizzazione, come in epoca sovietica».

«Però il caso Biot è un caso di spionaggio classico. Non il primo caso clamoroso che si verifica in Italia in tempi recenti». Germani ci ricorda altri due casi. Il 21 maggio 2016, in particolare, in un bar di Trastevere fu arrestato il 57enne Frederico Carvalho Gil: un funzionario del Serviço de Informações de Segurança portoghese con vent’anni di servizio alle spalle che aveva appena venduto sei documenti top secret sui sistemi di difesa della Nato, sull’infrastruttura di comunicazione tra i Paesi aderenti e su un paio di basi militari a un agente del Svr russo di nome Sergey Nicolaevich Pozdnyakov. Tariffa, 10.000 euro a documento.

Il 30 agosto 2019 all’aeroporto di Napoli fu arrestato Alexander Korshunov, dirigente di una società di stato russa produttrice di motori d’aviazione civile e militare. Su di lui un mandato di cattura internazionale sollecitato dall’Fbi, secondo cui su era impadronito di segreti militari della General Electric Aviation System anche tramite il suo collaboratore italiano Maurizio Paolo Bianchi, che a sua volta aveva assoldato degli informatori all’interno di una società controllata dalla General Electric.

Come ricorda Germani, una tecnica dei Servizi russi dovrebbe essere quella di contattare i reclutati non nel loro paese, ma in un paese terzo: un principio rispettato nel 2016, e non nel 2019 e nel 2021. «Ma bisogna distinguere tra l’Svr, servizio segreto civile più attento a queste cose, dal Gru, che è il servizio segreto militare, e che in qualche modo è più sfacciato. Vuole ottenere risultati subito. È del Gru il russo che ha preso la pen drive di Biot, erano del Gru quelli che hanno cercato di avvelenare Skripal. In quel caso forse non erano stati maldestri, ma avevano voluto lanciare un avvertimento. Stavolta forse non avevano preso misure di controsorveglianza adeguate. Evidentemente non si erano accorti di essere sotto sorveglianza». 

Il nostro Controspionaggio dunque è stato efficiente? «Il nostro Controspionaggio è efficiente, ma spesso a proposito di Russia è frenato dal potere politico. Va bene questo, che è coperto dall’immunità diplomatica e potrà solo essere dichiarato persona non grata. Ma Pozdnyakov dopo un periodo in carcere fu riconsegnato alla Russia, malgrado la richiesta di estradizione del Portogallo. E pure Korshunov fu mandato in Russia, malgrado non avesse immunità diplomatica e ci fosse la richiesta di estradizione degli Stati Uniti. La cosa fu gestita dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Qualunque sia il governo, i politici italiani ci tengono a porsi sempre come migliori amici della Russia all’interno della Nato».

Tuttavia, operazioni del genere sono in realtà rare. «La cosa più ortodossa, quando viene scoperto una fonte interna reclutata da Servizi esterni, sarebbe di “doppiarlo”. Chiedergli di riferire tutto e continuare a vedersi col suo reclutatore, anche dandogli documenti di minore importanza, in modo da poter capire i loro metodi. È però un sistema molto delicato e aggressivo, che l’Italia tende a non fare proprio per le relazioni che intende mantenere con la Russia. Si potrebbe però sempre agire senza dare alla cosa visibilità, magari a colpi di espulsioni». Ovviamente, il traditore potrebbe essere punito anche senza dare alla cosa risalto. «E in genere si fa così. Quelle poche volte che a un caso del genere viene dato un risalto mediatico, vuol dire che si vuole dare un segnale».

Nel 2016, secondo Germani, la scelta di dare un segnale può essere venuta dalla Nato. Ma adesso potrebbe essere stata proprio una idea di Draghi, anche se certamente a Biden non dispiace. «Non solo la visibilità mediatica ma il fatto di chiamare l’ambasciatore alla Farnesina evidenzia grave irritazione. Come se si volesse dire: ora basta!». Un segnale sulla polemica Sputnik? «Probabile. Siamo di fronte a una campagna propagandistica russa molto forte, per promuovere il loro vaccino denigrando i vaccini occidentali e l’Unione Europea. Potrebbe essere una risposta. Una forte risposta». 

Linkiesta.it S.r.l.
Sede Legale: Via Brera 8 – 20121 Milano
Numero di partita IVA e numero d’iscrizione al Registro Imprese 07149220969 del Registro delle Imprese di Milano
Registrazione presso il Tribunale di Milano, n. 293 del 26 Maggio 2010

I FUNZIONARI ITALIANI DELL'OMS VANNO TUTTI RICHIAMATI IN PATRIA E MESSI SOTTO PROCESSO, INSIEME AL GRANDE LECCACULO DEL MAECI

 

L’ufficio legale dell’Oms diede l’ordine ai propri membri di non presentarsi ai pm di Bergamo 

AGI “Siete pregati di non rispondere alla convocazione della sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza e di inviarci senza indugio la richiesta ricevuta dai pubblici ministeri di modo che possiamo allegare questa richiesta alla nostra lettera alla Procura e al Ministero degli Esteri”. Lo scrive in una mail, in possesso dell’AGI di cui parlerà stasera la trasmissione ‘Report’, il capo dell’ufficio legale dell’Oms Europa, Chantal Streijffert Garon.

Tra i destinatari delle comunicazione c’è il funzionario dell’Oms di Venezia, Francesco Zambon, che, dopo tre convocazioni andate ‘a vuoto’ dei pm per via dell’immunità diplomatica, ha deciso di presentarsi spontaneamente rinunciando al suo status.

“Non dobbiamo creare un precedente rinunciando all’immunità”

“E’ importante notare – si legge in un altro passaggio – che ci sono diverse cause legali in corso collegate al Covid_19 e numerose inchieste parlamentari che coinvolgono l’Oms. Dobbiamo stare attenti a non creare un precedente o a rinunciare in modo implicito alle immunità partecipando agli interrogatori”. Questo il resto del testo della mail datata 1 novembre 2020 definita nell’oggetto “riservata, urgente e confidenziale”: “Sappiamo che fate parte del team che ha scritto il report ‘An unprecedent challenge: Italy’s first response to Covid_19’, che è stato coordinato da Francesco (Zambon, ndr). Sappiamo che la Procura di Bergamo sta svolgendo un’indagine sulla risposta del Governo italiano al Covid-19. In questo contesto, vi informiamo che i membri dell’Oms e i suoi consulenti sono protetti dalla Convenzione che prevede l’immunità diplomatica nell’ambito delle funzioni ufficiali svolte per conto dell’Oms. Pertanto, membri e consulenti non possono essere chiamati dai tribunali in base alla giurisdizione nazionale a meno che l’Oms non rinunci a privilegi e immunità in seguito a una richiesta tramite i canali diplomatici che coinvolga il ministro degli Esteri”.

L’Oms – prosegue la missiva – manderà domani 2 novembre alla Procura una lettera per informarla della propria immunità in base alla Convenzione offrendosi di rispondere a qualsiasi domanda tecnica attraverso i canali diplomatici (es. Ministero degli Esteri). In contemporanea, mandiamo una ‘Nota verbale’ al ministro degli Esteri per informarlo della richiesta ricevuta dalla Procura e chiedergli di intervenire  per garantire che la Procura di Bergamo riconosca privilegi e immunità all’Oms”.

 

Vedi: L’ufficio legale dell’Oms diede l’ordine ai propri membri di non presentarsi ai pm di Bergamo 
Fonte: cronaca agi







Tags:

You Might also Like

Lettera aperta al signor Luigi di Maio, deputato del Popolo Italiano

ZZZ, 04.07.2020 C.A. deputato Luigi di Maio sia nella sua funzione di deputato sia nella sua funzione di ministro degli esteri ...