By Reuters Staff
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Gli
italiani restano nel paese. Il Ministro della Difesa Guerini, dopo la
dichiarazioni del Segretario della Nato Stoltemberg che si è di fatto
allineato alla rotta guerrafondaia del democratico Biden , ha
clamorosamente smentito il gen. Vecciarelli che in commissione difesa
della Camera, il 29 Giugno 2020 aveva annunciato il ritiro delle truppe
italiane dall’Afghanistan entro maggio 2021.
Guerini è stato chiaro “sul futuro impegno in Afghanistan dobbiamo decidere insieme, come abbiamo sempre sostenuto, preservando la coesione tra gli Alleati, indiscutibile centro di gravità della NATO in qualunque contesto ci veda coinvolti”.
E siccome Biden ha tutta l’intenzione di continuare la guerra, la NATO si è subito allineata con Stoltenberg che ha detto chiaro e tondo che la NATO Nato “lascerà l’Afghanistan solo quando sarà il momento giusto” e che “gli Alleati sono andati assieme e se ne andranno assieme”.
Poteva Guerini fare diversamente ? Ovviamente no. Quindi, con buona pace di Vecciarelli e degli italiani, i nostri militari continueranno a rimanere “inutilmente” in Afghanistan per tutelare gli interessi USA a spese dei contribuenti italiani.
Già perché all’Italia, oltre i 53 morti e le centinaia di feriti, la missione di guerra spacciata per missione di pace, al 31 dicembre 2020 è costata circa 8,3 miliardi di euro.
Tralasciando ogni considerazione tecnica e giuridica, sorge spontanea una domanda: può l’Italia permettersi di sprecare decine di miliardi per far felici i militari?
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Da
cittadino italiano ed europeo mi chiedo: è questa l’Europa che mi hanno
lasciato i padri fondatori? È questa l’Europa in cui dovrei sentirmi
tutelato e supportato nel mondo del lavoro? QUESTE ISTITUZIONI EUROPEE
SONO IN GRADO DI FAR FRONTE ALLE VERE EMERGENZE SANITARIE, ECONOMICHE E
POLITICHE?
Le mie risposte sono state come le vostre, cioè drammaticamente negative.
Ci vuole un segnale forte, concreto, importante: Presidente Ursula Von der Leyen, SI DIMETTA!
Si
è dimostrata Inadeguata, inopportuna e ingiusta nei confronti
dell’Italia e dei suoi cittadini, impegnati in uno sforzo umano ed
economico senza precedenti per resistere e sopravvivere a questa
emergenza Covid19. Chiediamo che si dimetta subito dalla sua carica e
che lasci spazio ad un profilo di maggiore spessore e sensibilità per
affrontare le nuove sfide che si pongono, giorno dopo giorno, lungo il
cammino dei popoli europei.
È passato abbastanza tempo dal lockdown e
dall’esplosione della crisi in tutte le sue sfaccettature, sanitarie,
sociali, economiche, e dalla Presidente non una vera proposta, ma solo
una pronta ed inopportuna bocciatura all’ipotesi del CovidBond”.
Non
ci può essere futuro senza competenza e umanità, i popoli europei e il
popolo italiano meritano una presidenza della Commissione Europea
attiva, resiliente e davvero capace di attuare politiche sociali ed
economiche concrete e tempestive.
Chiediamo, quindi, al Presidente in carica Ursula von der Leyen di DIMETTERSI SUBITO.
L’EUROPA MERITA DI PIÙ.
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Afghanistan danni militari italiani. G.F. è la vittima numero 369 dell’Uranio Impoverito. Rientrato dalla missione di “peace keeping” in Afghanistan, dopo un malore e l’immediato ricovero, muore a distanza di un mese dopo terribili sofferenze. L’episodio è avvenuto a luglio scorso ma si è saputo solo ora grazie a colleghi del militare che hanno segnalato l’accaduto all’Osservatorio Militare.
«È senza dubbio una morte “sospetta…sapientemente tenuta riservata dai vertici militari che hanno “tranquillizzato” la famiglia e la giovane vedova distogliendo loro da qualsiasi azione di rivalsa e ricerca della verità». Queste le tesi di Domenico Leggiero, responsabile del centro studi per il personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia.
L’offerta dei vertici militari di seguire la causa di servizio del soldato, nasconde alla famiglia di G.F la possibilità di accedere a ogni diritto. Tra i tanti, il requisito di vittima del dovere e, soprattutto, il risarcimento (Afghanistan danni militari italiani).
I familiari del giovane militare italiano affermano di non poter essere certi che la causa della morte del congiunto sia l’UI. Il tutto perché non sono stati in grado di esaminarne i campioni bioptici.
Essersi affidati alla Difesa, però, è stato controproducente. «Anche questo è un classico, potrebbero esserci delle “spiacevoli” conseguenze nel rendere pubblica la notizia. Certo è che, alla luce di quanto sta accadendo da vent’anni sarebbe stato doveroso quanto meno accertare ogni possibilità». «È preoccupante – continua Leggiero – come la questione uranio sia affrontata dai vertici militari e lasciata gestire loro da una politica distratta e lontana dai problemi della gente».
Di questo argomento si è discusso durante la quarta puntata della trasmissione ONA News “Uranio impoverito, la dura battaglia dei militari italiani“. L’avv. Ezio Bonanni, in questo contesto, ribadisce l’importanza della tutela legale delle vittime coinvolte in questa strage.

È un dato di fatto, però, che in Afghanistan, durante la missione di pace “Enduring Freedom”, l’armamento all’UI è stato usato in grandi quantità. Il metallo si utilizzava per perforare le corazze dei carrarmati e distruggere ogni altro ostacolo nemico che si presentasse alle forze di intervento della NATO (Afghanistan danni militari italiani).
L’impatto dei proiettili all’UI con gli obiettivi sviluppa temperature che superano i 3mila °C, nebulizzandoli. L’aerosol di nanoparticelle (un millesimo di millimetro) di metalli pesanti, se respirato o in ingerito, causa forme tumorali.
Con G.F., oggi sono 369 i decessi – afferma l’Osservatorio Militare – e 7.500 i malati.
Le Forze Armate, nei processi per richieste di risarcimento, tuttora continuano a negare la relazione tra le patologie e l’Uranio Impoverito ma «sono già 130 le sentenze che riconoscono il nesso di causalità», afferma l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, legale dell’Osservatorio Militare e difensore di molti dei militari colpiti.
La prima vittoria giuridica risale al 3 novembre 2012, quando una sentenza del Tribunale civile di Roma stabilisce che il caporal maggiore Andrea Antonaci – che aveva prestato servizio in Bosnia – è stato ucciso dall’Uranio Impoverito. Un giudizio importante perché decreta il nesso causale fra la patologia contratta dal giovane militare – un linfoma di Hodgkin – e l’esposizione all’U235.
Cinque anni dopo, un verdetto dello stesso tribunale convalida le responsabilità del ministero della Difesa. Si tratta del processo che vede come vittima il caporal maggiore dell’Esercito Corrado Di Giacobbe. I giudici scrivono nella sentenza 11408/2017 che i nostri militari inviati sul teatro di guerra dei Balcani, per una missione di peace keeping, non erano provvisti di attrezzature conformi a prevenire la contaminazione da particelle aero-disperse di Depleted Uranium.
È, invece, il Tribunale del lavoro di Terni a riconoscere vittima del dovere un soldato contaminato. I giudici hanno così condiviso le tesi dell’avv. Angelo Fiore Tartaglia.
«Incomprensibile l’ostinata violenza del ministero della Difesa che oltre ad accanirsi nel negare il rapporto causa effetto, sperpera soldi pubblici in ricorsi e appelli che servono solo ad umiliare ancora di più i malati». Queste le affermazioni del legale del ricorrente. «Ora è il caso di mettere insieme le centinaia di azioni ostative messe in atto dal ministero, quantificarne le spese e porle all’attenzione della Corte dei Conti che più volte ha “richiamato” i vertici militari a una gestione più accurata nella gestione di questa situazione».
E sempre più spesso i ricorsi del ministero della Difesa si infrangono in appello. È la volta della Corte di Trieste, che respinge il ricorso del suddetto dicastero e conferma la sentenza favorevole all’erede di una delle vittime. Quest’ultima è stata pronunciata dal Tribunale del lavoro di Udine.
La vicenda di G.F. ripropone la necessità di essere sempre vigili e attenti sul problema morti da Uranio Impoverito.
Le mancate denunce delle vittime e dei familiari e, infine, gli interessi sui poligoni sardi, fanno intendere a una manovra forte dei vertici militari che sono tornati, con prepotenza, a imporre la propria autorità.
Decisa a «rompere quel silenzio spaventoso che c’è stato finora» sull’argomento, l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta. L’ex Ministro, esattamente un anno fa, aveva annunciato l’avvio di un tavolo tecnico per approfondire il problema dell’Uranio Impoverito. «C’è, esiste, e non possiamo voltarci dall’altra parte».
Per l’ex titolare della Difesa servirebbe una legge che punti a «invertire l’onere con la prova e salvaguardare le vittime da ogni possibile ostruzionismo dell’Amministrazione». Il personale sarebbe, così, sollevato dal dover dimostrare di avere contratto la patologia in servizio. Invece, sarebbe l’Amministrazione a dover dimostrare che la malattia derivi da altre cause.
Per chiarire di chi sono le colpe e, soprattutto, come debbano essere definiti gli indennizzi, si sono alternate ben quattro Commissioni parlamentari di inchiesta. L’ultima presieduta dall’on. Gian Piero Scanu, il quale sostiene la necessità di «un atto di indirizzo che impegni governo e Parlamento ad attuare con la massima tempestività le disposizioni che la Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito della Camera indicherà come non più procrastinabili».
Il commento di Domenico Leggiero: «Ci auguriamo che la raccolta firme per la presentazione della legge Scanu sulla tutela del personale, presentata dall’On.le Gianluca Rizzo, proceda spedita. Sia verso una calendarizzazione, sia verso un’approvazione che rappresenterà il grado di sensibilità del nostro Parlamento verso una problematica che sta uccidendo centinaia di militari. E non si reagisce, solo per continuare a nascondere le colpe di oscuri personaggi ancora troppo forti, per consentire alla verità di emergere».
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Le storie delle vittime della prima ondata raccontate dai parenti, riuniti nel comitato Noi Denunceremo
Bergamo - A marzo e aprile 2020 Bergamo e la sua provincia hanno vissuto un dramma che rimarrà a lungo nella memoria collettiva. Non c'è una famiglia della zona che non abbia attraversato un pezzo di questa tragedia, che non abbia una storia da raccontare. E per tutti, negli occhi ci sono le immagini e i numeri di quei giorni: le file di camion militari a portare altrove i cadaveri, le strade vuote e il silenzio rotto solo dalle sirene e dalle campane a morto. Così frequenti che qualche parroco ha deciso di non suonarle più.
Quasi 5mila morti per Covid secondo stime non ufficiali nel solo mese di marzo. Dietro a tante di queste storie si celano vicende personali al limite dell'incredibile e molte di queste sono finite nelle denunce consegnate a più riprese alla procura di Bergamo da parte del comitato Noi denunceremo, un gruppo di parenti di vittime Covid nato il 22 marzo su Facebook dal dolore di Luca e Stefano Fusco per la morte del padre e nonno e che mano a mano, da Spoon River bergamasca, è diventato luogo di denuncia. Ad aprile dello scorso anno, sulla scorta di questi fascicoli, centinaia, la Procura di Bergamo ha aperto un'inchiesta per epidemia colposa.
A distanza di un anno da quando lo tsunami ha travolto questa terra che non molla mai, abbiamo voluto raccogliere alcune testimonianze, racconti drammatici di persone che hanno perso un proprio caro in quei giorni difficili. E che ancora oggi non fanno pace con quanto è successo, perché è impossibile farlo quando non si ha ancora "verità e giustizia per le vittime di Covid-19".
La storia di Walter Semperboni
La storia di Cristina Longhini
UN ANNO DI COVID: IL NOSTRO SPECIALE
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Le storie delle vittime della prima ondata raccontate dai parenti, riuniti nel comitato Noi Denunceremo
Bergamo - A marzo e aprile 2020 Bergamo e la sua provincia hanno vissuto un dramma che rimarrà a lungo nella memoria collettiva. Non c'è una famiglia della zona che non abbia attraversato un pezzo di questa tragedia, che non abbia una storia da raccontare. E per tutti, negli occhi ci sono le immagini e i numeri di quei giorni: le file di camion militari a portare altrove i cadaveri, le strade vuote e il silenzio rotto solo dalle sirene e dalle campane a morto. Così frequenti che qualche parroco ha deciso di non suonarle più.
Quasi 5mila morti per Covid secondo stime non ufficiali nel solo mese di marzo. Dietro a tante di queste storie si celano vicende personali al limite dell'incredibile e molte di queste sono finite nelle denunce consegnate a più riprese alla procura di Bergamo da parte del comitato Noi denunceremo, un gruppo di parenti di vittime Covid nato il 22 marzo su Facebook dal dolore di Luca e Stefano Fusco per la morte del padre e nonno e che mano a mano, da Spoon River bergamasca, è diventato luogo di denuncia. Ad aprile dello scorso anno, sulla scorta di questi fascicoli, centinaia, la Procura di Bergamo ha aperto un'inchiesta per epidemia colposa.
A distanza di un anno da quando lo tsunami ha travolto questa terra che non molla mai, abbiamo voluto raccogliere alcune testimonianze, racconti drammatici di persone che hanno perso un proprio caro in quei giorni difficili. E che ancora oggi non fanno pace con quanto è successo, perché è impossibile farlo quando non si ha ancora "verità e giustizia per le vittime di Covid-19".
La storia di Walter Semperboni
La storia di Cristina Longhini
UN ANNO DI COVID: IL NOSTRO SPECIALE
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Bergamo - A marzo e aprile 2020 Bergamo e la sua provincia hanno vissuto un dramma che rimarrà a lungo nella memoria collettiva. Non c'è una famiglia della zona che non abbia attraversato un pezzo di questa tragedia, che non abbia una storia da raccontare. E per tutti, negli occhi ci sono le immagini e i numeri di quei giorni: le file di camion militari a portare altrove i cadaveri, le strade vuote e il silenzio rotto solo dalle sirene e dalle campane a morto. Così frequenti che qualche parroco ha deciso di non suonarle più.
Quasi 5mila morti per Covid secondo stime non ufficiali nel solo mese di marzo. Dietro a tante di queste storie si celano vicende personali al limite dell'incredibile e molte di queste sono finite nelle denunce consegnate a più riprese alla procura di Bergamo da parte del comitato Noi denunceremo, un gruppo di parenti di vittime Covid nato il 22 marzo su Facebook dal dolore di Luca e Stefano Fusco per la morte del padre e nonno e che mano a mano, da Spoon River bergamasca, è diventato luogo di denuncia. Ad aprile dello scorso anno, sulla scorta di questi fascicoli, centinaia, la Procura di Bergamo ha aperto un'inchiesta per epidemia colposa.
A distanza di un anno da quando lo tsunami ha travolto questa terra che non molla mai, abbiamo voluto raccogliere alcune testimonianze, racconti drammatici di persone che hanno perso un proprio caro in quei giorni difficili. E che ancora oggi non fanno pace con quanto è successo, perché è impossibile farlo quando non si ha ancora "verità e giustizia per le vittime di Covid-19".
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La storia di Cristina Longhini
UN ANNO DI COVID: IL NOSTRO SPECIALE
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Bergamo - A marzo e aprile 2020 Bergamo e la sua provincia hanno vissuto un dramma che rimarrà a lungo nella memoria collettiva. Non c'è una famiglia della zona che non abbia attraversato un pezzo di questa tragedia, che non abbia una storia da raccontare. E per tutti, negli occhi ci sono le immagini e i numeri di quei giorni: le file di camion militari a portare altrove i cadaveri, le strade vuote e il silenzio rotto solo dalle sirene e dalle campane a morto. Così frequenti che qualche parroco ha deciso di non suonarle più.
Quasi 5mila morti per Covid secondo stime non ufficiali nel solo mese di marzo. Dietro a tante di queste storie si celano vicende personali al limite dell'incredibile e molte di queste sono finite nelle denunce consegnate a più riprese alla procura di Bergamo da parte del comitato Noi denunceremo, un gruppo di parenti di vittime Covid nato il 22 marzo su Facebook dal dolore di Luca e Stefano Fusco per la morte del padre e nonno e che mano a mano, da Spoon River bergamasca, è diventato luogo di denuncia. Ad aprile dello scorso anno, sulla scorta di questi fascicoli, centinaia, la Procura di Bergamo ha aperto un'inchiesta per epidemia colposa.
A distanza di un anno da quando lo tsunami ha travolto questa terra che non molla mai, abbiamo voluto raccogliere alcune testimonianze, racconti drammatici di persone che hanno perso un proprio caro in quei giorni difficili. E che ancora oggi non fanno pace con quanto è successo, perché è impossibile farlo quando non si ha ancora "verità e giustizia per le vittime di Covid-19".
La storia di Walter Semperboni
La storia di Cristina Longhini
UN ANNO DI COVID: IL NOSTRO SPECIALE
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FOTOQuasi metà delle persone morte per coronavirus in Europa erano residenti di case di cura. Lo ha detto il direttore regionale dell'Oms Europa, Hans Kluge, in una conferenza stampa.
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By Reuters Staff
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ROME (Reuters) - Around 500 relatives of people who died of COVID-19 in Italy said on Wednesday they were initiating legal action against regional and national authorities, seeking 100 million euros ($122 million) in damages.
The civil lawsuit, which the plaintiffs said they would present to a Rome court in the next few hours, is against Prime Minister Giuseppe Conte, Health Minister Roberto Speranza and the governor of the northerly Lombardy region, Attilio Fontana.
The spokespeople of all three politicians did not respond to a request for comment.
Italy, the first Western country hit by the coronavirus, has seen almost 70,000 deaths from COVID-19 since its outbreak emerged in February, the highest toll in Europe and the fifth-highest in the world. The hardest-hit region is Lombardy, where the first COVID-19 patient was detected on Feb. 20.
The lawsuit is being brought by members of a committee called “Noi Denunceremo” (we will go to court), set up in April to represent the relatives of people who died in Bergamo, one of Lombardy’s worst-affected cities.
“This case is our Christmas gift to those who should have done what they were supposed to do, but didn’t,” the group’s president Luca Fusco said in statement.
The committee said when the outbreak erupted in Lombardy local authorities and the central government failed to take rapid action which could have avoided the need for a national lockdown and the economic damage it has brought.
They also decried an alleged lack of preparedness, with neither Rome nor the Lombardy region having an updated plan in place to deal with a possible pandemic.
“The authorities will be asked for an average compensation of 259,000 euros per person for a total outlay of around 100 million euros,” the group’s statement said.
In June, “Noi Denunceremo” asked prosecutors in Bergamo to investigate possible criminal responsibility in the management of the pandemic.
Conte was questioned by the prosecutors during the summer as a witness but is not under criminal investigation.
($1 = 0.8205 euros)
Reporting by Giselda Vagnoni, editing by Gavin Jones, Kevin Liffey and Mike Collett-White
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Il Covid si concentra maggiormente in casa: lo ha annunciato l'Agenzia regionale per la Protezione Ambientale del Piemonte (Arpa), che ha anche messo a punto un metodo per la rilevazione del virus negli ambienti domestici. Sia negli spazi chiusi, sia all'aperto, questo nuovo metodo permette infatti di verificare la concentrazione dei droplet e degli aerosol attraverso cui si diffonde il coronavirus. Secondo gli esperti, infatti, in alcune case sono state rilevate le concentrazioni più consistenti, fino a 40/50 copie genomiche del coronavirus per metro cubo di aria. Complici gli spazi chiusi, le particelle in questione non sono state mai rilevate all'aperto, mentre sono molto contenute negli ospedali, forse grazie anche a una più frequente ed efficace sanificazione delle superfici e degli ambienti, rispetto a casa.
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Comincia questa settimana in Francia la produzione autonoma di vaccini contro il Covid-19 grazie a diverse fabbriche subappaltatrici. L'obiettivo di questa produzione nazionale è quella che il presidente Emmanuel Macron ha definito "una questione di indipendenza". In programma la produzione di 250 milioni di dosi entro la fine dell'anno.
Quanto inserito fra l'1.00 e le 8.00 verrà moderato a partire dalle ore 8.00
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