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Repubblica: “Nel Bergamasco molte aziende in contatto con la Cina, forse il virus qui già a dicembre”

Il reportage dalla provincia più colpita dal virus. La sottovalutazione negli ospedali, la protezione aziendale e adesso i morti non si contano più

Repubblica: “Nel Bergamasco molte aziende in contatto con la Cina, forse il virus qui già a dicembre”

Perché Bergamo è la provincia italiana più colpita dal Covid-19? Repubblica prova a spiegarlo attraverso le parole di un bergamasco, Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’istituto Mario Negri.

«Purtroppo qui è stata privilegiata la protezione dell’attività economica rispetto alla tutela della salute. Eppure il modello Codogno era noto. Perché non è stato applicato anche a Bergamo, nel focolaio della valle Seriana che aveva già iniziato a produrre un numero allarmante di contagiati e di morti? A Codogno hanno subito istituito la zona rossa. A Bergamo c’è stata una grave sottovalutazione. Di chi sia stata la responsabilità non sta a me dirlo. Però posso dire che la mancata chiusura del focolaio di Alzano e Nembro è stata un detonatore».

La bomba virale è esplosa in due comuni, Alzano Lombardo e Nembro, negli ospedali. Quattro giorni dopo la partita di Champions tra Atalanta e Valencia a San Siro. Abbiamo raccontato di quanto sia stato sottovalutato il problema. Tutte le persone transitate per il pronto soccorso dell’ospedale sono state lasciate libere di contagiare altri.

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Repubblica va oltre, riporta quanto accaduto il 12 febbraio. Un abitante di Villa di Serio, scrive, racconta a Bergamonews che quel giorno la madre viene ricoverata ad Alzano per uno scompenso cardiaco. Muore nove giorni dopo.

«È il 21 febbraio. Le infermiere quel giorno entravano nelle camere con mascherine protettive di quelle poi distribuite per il coronavirus. Forse all’ospedale sospettavano del Covid-19 già da qualche giorno».

Nelle due settimane tra il 23 febbraio e l’8 marzo i morti e i contagi dilagano, tanto che l’assessore Gallera chiede a Roma l’istituzione della zona rossa. Che però non viene concessa.

Il direttore del servizio epidemiologico Ats Bergamo, Alberto Zucchi, dichiara:

«Tante aziende della zona hanno contatti continui con la Cina. È probabile che il virus in valle circolasse prima che a Codogno. Già da dicembre, forse. Ma non lo conoscevamo. Una serie di polmoniti sono state addebitate a complicanze influenzali, poi abbiamo scoperto essere Covid-19. Erano segnali di allarme».

Le aziende non si fermano. Sono 376 imprese e 3.700 dipendenti, scrive Repubblica. Intanto, il contagio si allarga all’intera provincia. Ma nemmeno allora cambia qualcosa. Anzi, come abbiamo raccontato, Confindustria Bergamo lancia una campagna video per tranquillizzare i partner europei,

I casi aumentano. Si continua a sottovalutare. Fino a quando, il 3 marzo, Gallera rimanda la palla al governo. Ma neppure allora arriva la zona rossa. E comunque ormai sarebbe anche abbastanza inutile visto che il contagio è stato lasciato libero di dilagare indisturbato. Oggi a Bergamo i morti non si contano più. Vengono trasportati fuori regione per essere cremati.

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