INPS: Trattamento per il rimpatrio di lavoratori di Paesi terzi. I lavoratori da paesi terzi che rimpatriano hanno diritto al biglietto di viaggio pagato dall'INPS, gli italiani emigrati no.

 

Trattamento per il rimpatrio di lavoratori di Paesi terzi

Cos'è +

Il Fondo per il rimpatrio (articoli 13 e 14, legge 30 dicembre 1986, n. 943) è stato istituito presso l'INPS con lo scopo di assicurare i necessari mezzi economici per il rimpatrio del lavoratore di Paesi terzi che ne sia privo.

Lo stesso Fondo assicura anche il rimpatrio delle salme dei lavoratori di Paesi terzi deceduti in Italia.

La contribuzione è stata soppressa dal 2000, quindi si tratta di un fondo in esaurimento e le domande potranno essere accolte nei limiti della capienza residua del Fondo stesso.

A chi è rivolto +

Il Fondo è rivolto ai lavoratori subordinati di Paesi terzi.

In caso di rimpatrio di salme di lavoratori subordinati di Paesi terzi la richiesta può essere presentata da:

  • parenti, entro il quarto grado della persona deceduta, residenti in Italia;
  • organismi rappresentativi di cittadini stranieri immigrati formalmente istituiti presso le amministrazioni comunali;
  • associazioni di cittadini stranieri immigrati non appartenenti all'Unione europea, iscritte ad albi o registri istituiti ai sensi di legge presso le amministrazioni locali, regionali o statali;
  • associazioni o organizzazioni che svolgono attività a favore degli immigrati e iscritte ad albi o registri istituiti ai sensi di legge presso le amministrazioni locali, regionali o statali.

Non possono usufruire del Fondo per il rimpatrio:

  • i lavoratori frontalieri;
  • i lavoratori stranieri ospiti per motivi di studio o di formazione professionale;
  • gli stranieri occupati da organizzazioni o imprese operanti nel territorio della Repubblica Italiana, che siano state ammesse temporaneamente, su domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni e compiti specifici, per un periodo determinato, e che siano tenute a lasciare il paese quando tali funzioni o compiti siano terminati;
  • gli stranieri occupati in istituzioni di diritto internazionale;
  • gli artisti e i lavoratori dello spettacolo, salvo nei casi previsti dal comma 2 della citata legge;
  • i marittimi;
  • tutti i cittadini degli stati membri della CEE ;
  • i lavoratori stranieri per i quali sono previste norme particolari più favorevoli in attuazioni di accordi internazionali.

Come funziona +

Quanto spetta

L'INPS si assume l'onere del rimpatrio sostenendo il costo del biglietto del mezzo di trasporto scelto dal lavoratore (aereo, treno, nave o altro mezzo pubblico).

In caso di rimpatrio di salma di lavoratore subordinato di Paesi terzi, l'Istituto rimborsa le spese funerarie e di trasporto alla persona che le ha sostenute.

Domanda +

Requisiti

I requisiti per richiedere l'intervento del Fondo per il rimpatrio nello stato di cui hanno la cittadinanza sono:

  • residenza in Italia;
  • regolare permesso di soggiorno (anche scaduto da massimo sei mesi);
  • valido rapporto di lavoro subordinato con almeno un contributo obbligatorio versato o dovuto;
  • mancanza di mezzi economici per sostenere le spese necessarie attestata con una dichiarazione di responsabilità rilasciata dal lavoratore alla richiesta di intervento del Fondo. Per mancanza di mezzi economici si intende un reddito annuale non superiore a quello necessario per ottenere l'assegno sociale.

Il lavoratore di Paesi terzi può beneficiare più volte della prestazione a carico del Fondo per il rimpatrio purché il nuovo rapporto di lavoro, regolarmente costituito, non sia stagionale e siano trascorsi almeno due anni dal precedente rimpatrio.

Gli stessi requisiti valgono anche per il rimpatrio di salme di lavoratori subordinati di Paesi terzi.

Quando fare domanda

La domanda va presentata allegando il passaporto e una dichiarazione di certificazione del rapporto di lavoro o documenti equivalenti da parte dell'ultimo datore di lavoro (bollettino del versamento dei contributi, copia dell'autorizzazione all'avviamento al lavoro controfirmata dal datore di lavoro, busta paga, ecc.).

Dopo aver effettuato tutti gli adempimenti di competenza, l'INPS comunica per iscritto agli interessati il diritto o meno alla prestazione. In caso di esito positivo è necessario attendere la comunicazione da parte dell'OIM, incaricata dall'Istituto di curare il rilascio dei titoli di viaggio necessari per il rimpatrio.

Quindi la liquidazione delle spese sostenute è effettuata direttamente dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) che richiede successivamente all'agenzia complessa di Ostia Lido il rimborso degli importi anticipati per conto dell'INPS.

Per il rimpatrio di salma di lavoratore di Paesi terzi, la richiesta va presentata da un familiare o dalla persona che ha sostenuto tutte le spese di trasporto della salma e che deve rilasciare la dichiarazione di responsabilità dello stato di indigenza del lavoratore deceduto.

La domanda deve essere completa di:

  • documentazione attestante la relazione di parentela;
  • certificato di morte della persona immigrata attestante data e luogo del decesso;
  • dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante che le spese non sono state sostenute da altra istituzione o ente pubblico;
  • fattura e/o altra documentazione contabile delle spese sostenute per il trasferimento della salma.

Come fare domanda

La domanda può essere presentata online all'INPS attraverso il servizio dedicato (circolare INPS 21 marzo 2012, n. 42).

In alternativa, si può fare la domanda tramite:

 Contact center al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164 164 da rete mobile;

 enti di patronato e intermediari dell'Istituto attraverso i servizi telematici offerti dagli stess

di maio gioca a soldatini: chiusa una base negli emirati, ne apre una in Nigeria

 

Niger, Di Maio: “L’Italia aprirà presto una nuova base militare a Niamey”

Lo ha annunciato il ministro degli Affari esteri durante la visita nella Repubblica del Niger

L’Italia aprirà presto una nuova base militare a Niamey, in Niger, Paese con il quale ha costruito un “partenariato solido” e dove intende continuare a promuovere un “approccio integrato” a sostegno delle istituzioni. Lo ha annunciato il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, nel quadro della sua visita al contingente italiano della Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (Misin). “Siete il fiore all’occhiello della nostra cooperazione bilaterale in termini di sicurezza” ed “il vostro valore mi è stato ampiamente ribadito dalle autorità nigerine nel corso degli incontri di alto livello avuti” a Niamey, ha detto Di Maio, sottolineando che “la regione sub-sahariana del Sahel ha assunto un valore sempre più strategico per l’Italia, diventando la frontiera meridionale dell’Europa” e che in questo quadro l’impegno della missione italiana in Niger si configura come “uno degli strumenti più qualificati della nostra presenza nel Paese”. E’ grazie a questa presenza ed all’operato Misin, ha precisato il ministro nell’intervento pubblicato anche su Facebook, che “è stato possibile concludere l’ultimo scambio di note per la concessione di un terreno” a Niamey “dove costruire una nuova base militare italiana che spero potremo inaugurare molto presto”.

“Il vostro contributo e supporto alla formazione delle forze locali è stato determinante ed encomiabile per la sua umanità, rendete onore al nostro Paese e siete motivo di orgoglio”, ha proseguito Di Maio elogiando l’operato dei militari Misin, sottolineando come il “solido e qualificato partenariato” costruito dall’Italia con il Niger sia confermato anche dall’apertura dell’ambasciata a Niamey. E’ in Niger, principale beneficiario del fondo italiano per le migrazioni e dei suoi aiuti allo sviluppo, che ultimamente l’Italia “ha concentrato i suoi maggiori sforzi”, ha detto Di Maio, affermando che “grazie a questi sforzi collettivi i flussi migratori in Europa sono diminuiti del 70 per cento negli ultimi anni”. Il ministro ha quindi dichiarato che l’Italia continuerà a sostenere il Niger anche nel quadro dell’azione delle Nazioni Unite, dell’Unione europea e della coalizione per il Sahel (Task force Takuba), invitando a non abbandonare un Paese che “sta pagando un prezzo altissimo per sua stabilità”. L’invito è quindi a continuare “un approccio integrato” a sostegno del rafforzamento democratico e delle istituzioni, alle quali – ha osservato il ministro – i nigerini si sono dimostrati attaccati anche in occasione delle ultime elezioni presidenziali, vinte dal presidente Mohamed Bazoum e svoltesi senza incidenti maggiori.

 

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Lamorgese apre un rubinetto, Di Maio chiude l'altro

 

POLITICA
31/07/2020 15:43 CEST | Aggiornato 31/07/2020 18:36 CEST

Lamorgese apre un rubinetto, Di Maio chiude l'altro

Il ministro dell'Interno aveva aperto alla Tunisia sullo stanziamento di aiuti per affrontare insieme l'emegenza sbarchi, Di Maio blocca quelli per la cooperazione

ANDREAS SOLARO via Getty Images
Italy's Prime Minister Giuseppe Conte (C) stands next to Italy's Interior Minister Luciana Lamorgese (L) and Italy's Foreign Minister Luigi Di Maio as he delivers a speech on September 9, 2019 during the new government confidence vote at the lower house of parliament in Rome. (Photo by Andreas SOLARO / AFP) (Photo credit should read ANDREAS SOLARO/AFP via Getty Images)

Mentre continua il silenzio di Giuseppe Conte sul tema, Luigi Di Maio sfodera il pugno di ferro di salviniana memoria sul tema dei migranti ritagliandosi nel governo uno spazio a destra. E chiede di tagliare i fondi della cooperazione internazionale destinati alla Tunisia, proprio nei giorni in cui il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha invece aperto un canale di dialogo con il presidente Kais Saied ottenendo l’impegno ad affrontare insieme l’emergenza, programmando aiuti per appoggiare un Paese in preda a una crisi economica mai vissuta prima. In pratica in bancarotta.

Il ministro degli Esteri cambia impostazione, prende in mano in dossier Tunisia e incontra l’ambasciatore. Il tutto preceduto da un’intervista sul Corriere della Sera in cui dice che i barconi vanno distrutti. Cosa che – viene fatto notare – in realtà si può fare solo se in Tunisia vi è un governo stabile che al momento non c’è.

 

Sta di fatto che Di Maio invia una lettera al comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo della Farnesina chiedendo di rimandare la discussione sullo stanziamento di fondi della cooperazione in favore di Tunisi: “Vi chiedo di sospendere questo stanziamento di 6,5 mln di euro in attesa di un piano integrato più ampio proposto dalla viceministra del Re e di un risvolto nella collaborazione che abbiamo chiesto alle autorità tunisine in materia migratoria”. Richiesta legittima da parte del titolare della Farnesina ma destinata a far discutere all’interno della maggioranza.

ALTRO:

Di Maio: “Obiettivo ‘fame zero’, dall’Italia altri 84 milioni all’Ifad”

 

Di Maio: “Obiettivo ‘fame zero’, dall’Italia altri 84 milioni all’Ifad”

Il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale: "Dal G20 alla Cop26 in prima linea su alimentare ed ecologia"
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ROMA – “L’Italia conferma il suo impegno per l’obiettivo ‘fame zero’: ne siamo tra i principali sostenitori e lo consideriamo condizione necessaria per l’attuazione dell’intera Agenda di sviluppo 2030″. Lo ha detto il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio, intervenendo alla 44esima sessione del Consiglio dei governatori del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad).

In primo piano durante i lavori le sfide poste dalla pandemia e dai cambiamenti climatici per lo sviluppo, in particolare per garantire accesso al cibo e sostegno all’agricoltura.
Di Maio ha citato “le gravi conseguenze in termini di povertà” determinate dai lockdown implementati dai governi. Secondo il ministro, se per sconfiggere la pandemia “è necessario che l’accesso al vaccino sia garantito in modo universale”, gli effetti economici si affrontano “investendo nell’economia rurale, nella sicurezza alimentare, nell’accesso al cibo e in cicli produttivi sostenibili“.

Il governo italiano, ha annunciato il ministro, “ha appena stanziato 84 milioni di euro destinati alla dodicesima ricapitalizzazione del Fondo” segnando così “un aumento sostenuto” dei fondi messi a disposizione da Roma per l’Ifad.

Di Maio ha evidenziato il sostegno alla trasformazione dei sistemi agroalimentari nel periodo post-pandemia: “L’Ifad è partner chiave del vertice Onu sui sistemi alimentari di settembre prossimo e confidiamo che al pre-vertice di Roma dal 19 al 21 luglio i Paesi membri possano definire impegni volontari”.

Il ministro ha evidenziato “l’approccio green” che l’Italia “in qualità di Paese ospite della pre-Cop26 adotterà nel corso della presidenza del G20”. Di Maio ha aggiunto: “Ritengo che la priorità accordata alla sostenibilità ambientale debba accomunare le principali economie del mondo e tutti i piani di ripresa post-pandemica”. Questa, secondo il ministro, è la traccia che “il nuovo governo dell’Italia vuole seguire anche grazie all’istituzione del ministero per la Transizione ecologica”.

KHAN (PAKISTAN): “SERVE PIANO GLOBALE PER SALVARCI INSIEME

khan

“In Pakistan abbiamo integrato i primi due obiettivi dell’Agenda di sviluppo 2030, ‘no poverty’ e ‘zero hunger’, direttamente nel programma di governo. Nonostante le difficoltà poste dalla pandemia di Covid-19, abbiamo stanziato 8 miliardi di dollari di aiuti, con sussidi alle famiglie più povere e ai gruppi vulnerabili come giovani e donne. È il più grande programma nazionale mai messo in atto”. Così ha detto il primo ministro del Pakistan Imran Ahmad Khan in un videomessaggio proiettato nel corso della 44esima sessione del Consiglio dei governatori del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad).

Nel corso dei lavori, i dirigente dell’Ifad hanno riconosciuto l’importanza del piano citato dal primo ministro, Ehsaas Kafaalat, nel ridurre la povertà attraverso sussidi mensili.
Gli stanziamenti pubblici, ha detto il premier, sono aumentati del 3 per cento nel 2020. “Siamo impegnati- ha detto Khan- anche nel più grande piano di riforestazione del mondo, che punta a piantare 10 miliardi di alberi entro i prossimi tre anni”.

Il primo ministro ha citato poi il corridoio economico tra Cina e Pakistan, che starebbe garantendo “la modernizzazione del settore agricolo”, ritenuta “una priorità” del progetto di cooperazione tra i due Paesi. “Gli sforzi dei Paesi in via di sviluppo come il Pakistan- ha evidenziato il capo di governo- possono però avere successo solo tramite la cooperazione internazionale e per questo apprezziamo molto il ruolo che l’Ifad svolge in questo senso”.

Oltre alla pandemia e agli effetti dei cambiamenti climatici, tuttavia, il mondo soffre altre sfide, ha ammonito Khan: “Riduzione negli investimenti e nei fondi allo sviluppo, mancanza di equità nei commerci e storture nei prezzi sui mercati internazionali, deterioramento di terreni e foreste, perdita biodiversità, inquinamento dei mari e dei fiumi”.
Ecco perché, secondo Khan, “dobbiamo rivoluzionare la nostra visione del futuro”. Il primo ministro pachistano ha esortato “un piano globale per uscire dalla crisi”, nella convinzione che “o ci salviamo insieme o moriamo insieme”.

ANGOLA,IL PRESIDENTE LOURENCO: “L’AGRICOLTURA È LA PRIORITÀ”

Nonostante le molteplici sfide poste dal Covid-19, l’Angola sta attuando varie riforme politiche e socio-economiche da un lato per rafforzare lo stato di diritto e dall’altro per diversificare l’economia, rendendola meno dipendente dal petrolio, con uno sguardo particolare al settore agricolo e all’accesso al cibo. Lo ha detto il presidente dell’Angola Joao Lourenco, intervenendo con un videomessaggio alla 44esima sessione del Consiglio dei governatori del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad).

I lavori sono dedicati all’impatto sulla produzione di cibo derivante dalla crisi generata dalla pandemia e dai cambiamenti climatici. Lourenco, evidenziando l’impatto che il Covid-19 ha generato sull’economia mondiale, ha continuato: “Stiamo attuando diversi progetti rurali che comprendono il sostegno agli agricoltori, dai sussidi ai prestiti a piccole e medie imprese”. In economia il governo angolano sta intervenendo per migliorare la crescita nei settori della pesca ed estrattivo, del turismo, della produzione manifatturiera e delle infrastrutture in modo da “attirare maggiori investimenti interni e dall’estero”.

Tuttavia, continua Lourenco, l’agribusiness è una priorità: “Dobbiamo ridurre la dipendenza dalle importazioni di cibo”, e nonostante la crisi del 2020, “la produzione interna in Angola è aumentata”, segno che, ha detto ancora il presidente, i piani statali “stanno dando risultati positivi”. Secondo il presidente, le organizzazioni internazionali come l’Ifad o l’Unione Europea in questo senso “sono fondamentali” nel sostenere “l’intera filiera agricola, dalla produzione alla trasformazione dei prodotti, compresa la distribuzione e l’accesso ai mercati” ma anche per rendere il Paese “più resiliente e sicuro sul piano della nutrizione e dell’accesso al cibo“, così come “richiesto dagli Obiettivi di sviluppo 2030”. Oltre a ciò, Lourenco si è detto consapevole di dover migliorare l’accesso “all’acqua potabile, all’energia elettrica, ai servizi come scuola e collegamenti stradali”, dando impulso più in generale “all’innovazione”.

Il tribunale ordinario di Firenze, accogliendo un ricorso patrocinato dai legali di Inca, ha dichiarato che lo status di disoccupato non si perde se il lavoratore rimpatriato in Italia ha già precedentemente reso presso il Centro per l’Impiego l’immediata disponibilità a reimpiegarsi.

 

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Il tribunale ordinario di Firenze, accogliendo un ricorso patrocinato dai legali di Inca, ha dichiarato che lo status di disoccupato non si perde se il lavoratore rimpatriato in Italia ha già precedentemente reso presso il Centro per l’Impiego l’immediata disponibilità a reimpiegarsi.   

Il lavoratore rimpatriato in Italia, dopo aver concluso un rapporto di lavoro inferiore a 6 mesi, conserva lo status di disoccupato quando ha già precedentemente sottoscritto con il Centro per l’Impiego la Dichiarazione di immediata disponibilità a nuova occupazione. Così il Tribunale ordinario di Firenze ha condannato l’Inps al pagamento dell’ indennità di disoccupazione, più gli interessi e rivalutazione, in favore di un lavoratore al quale l‘Istituto aveva negato la NASpI dichiarando nulla la dichiarazione di disponibilità immediata al reimpiego anni prima e quindi il conseguente superamento dei 30 giorni di tempo dal rimpatrio per il diritto alla indennità, previsto dall’articolo 2 della legge 25 luglio 1974, n. 402.

Accogliendo un ricorso patrocinato dai legali di Inca Toscana, la sentenza emessa il 4 marzo scorso fa chiarezza sulla corretta applicazione della normativa che regola il riconoscimento dell’indennità in caso di perdita involontaria del lavoro, laddove afferma che il requisito di disoccupato non si perde, ma viene sospeso, qualora la persona si ricollochi per periodi inferiori a 6 mesi, dopo aver già precedentemente sottoscritto la  dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento di un’attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il Centro per l’Impiego.

Il caso può essere emblematico per quanti si trovino nelle stesse condizioni. Secondo gli atti, F. S. risulta essere titolare dello status di disoccupato a partire dal 2 agosto 2012 e di aver avuto successivamente solo rapporti di lavoro subordinato infrasemestrali, l’ultimo dei quali in Svizzera dove ha lavorato dall’11 giugno  al 2 novembre 2018. Al suo rientro in Italia, il 30 gennaio 2019, F.S. fa domanda di indennità di disoccupazione per lavoratori rimpatriati, ma la richiesta viene respinta perché, a detta dell’Inps, “si è iscritto nella lista di collocamento dopo 30 giorni dalla data di rimpatrio”, considerando nulla la dichiarazione di disponibilità a partecipare alle politiche attive del lavoro già sottoscritta dal 2012, a cui è seguita una serie di rapporti di lavoro con durata inferiore a sei mesi, fino all’ultimo svolto in Svizzera.

Per il Tribunale le argomentazioni dell’Inps sono infondate poiché il requisito di 30 giorni, previsto dall’articolo 2 della legge 25 luglio 1975, n.402, è da ritenersi soddisfatto, in quanto F.S. ha acquisito lo status di disoccupato sin dal 2 agosto 2012, senza mai perderlo avendo avuto rapporti di lavoro subordinato infrasemestrali, che comportano solo la sospensione dello stato di disoccupazione, poi confermato mediante la stipula del Patto di Servizio personalizzato il 29 gennaio 2019; a partire da questa data, il Tribunale ha dichiarato, quindi, il diritto di F.S. all’indennità di disoccupazione. 

 Leggi la sentenza 

 

Tecnologia al servizio dell’uomo: la rivoluzione 5.0 è alle porte: PIE ILLUSIONI, E' SOLO IL VECCHIO BECERO TOTALITARISMO EUROPEO

 

Tecnologia al servizio dell’uomo: la rivoluzione 5.0 è alle porte

L’Ue delinea lo scenario futuribile nel documento “Industria 5.0: verso un’industria più sostenibile, resiliente e incentrata sull’uomo”. Al centro del cambiamento l'economia circolare
1 minuti di lettura

L’Unione europea sostiene che la quinta rivoluzione industriale sia imminente e che presto prenderà il posto della quarta rivoluzione, quella più umana, guidata dalla connessione tra sistemi fisici e digitali abilitata dall’Internet delle Cose, dai big data, dal cloud, dall’intelligenza artificiale e dalle altre tecnologie abilitanti 4.0.

L’Ue delinea lo scenario futuribile nel documento “Industria 5.0: verso un’industria più sostenibile, resiliente e incentrata sull’uomo”. Il documento segnala che la sostenibilità sarà la parola chiave del 5.0, in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile declinati in 169 target e 240 indicatori. Per garantire tutti i suoi effetti benefici, spiega l'Ue, la sostenibilità non potrà però più essere concepita come una mera questione ambientale, ma inserita all’interno di visione politica integrata e inclusiva, in grado di migliorare le condizioni di vita delle persone, di garantire la loro piena occupazione e un lavoro decoroso.

Per sviluppare modelli di consumo e produzione in chiave sostenibile, in grado di combattere il cambiamento climatico e il suo impatto negativo sulla società e sul Pianeta, l’Ue assegna un ruolo fondamentale all’industria, definendola come un potenziale “fornitore resiliente di prosperità”. Nel rapporto sull’Industria 5.0, l’Ue vede infatti l’industria come uno dei principali motori di un nuovo sviluppo basato sul rispetto totale per il pianeta e per il lavoro, riconoscendole la capacità di raggiungere obiettivi sociali e nuovi paradigmi per la produzione che pongono il benessere del lavoratore al centro del processo produttivo.

 

Tra i principali elementi dell’approccio europeo all’Industria 5.0 c’è una nuova consapevolezza che sfocia in una nuova responsabilità. In questo nuovo scenario, l’industria deve giocare un ruolo di acceleratore e catalizzatore del cambiamento e dell’innovazione, come fornitrice di soluzioni per la nostra società. Da un lato, contribuendo all’avanzamento tecnologico attraverso lo sviluppo di tecnologie innovative che mettano al centro l’uomo, sostenendo e potenziando piuttosto che sostituendo i posti di lavoro. E dall’altro, diventando un luogo di lavoro attraente per i giovani talenti in cerca di una vita professionale solida e duratura.

Altro elemento: l’industria può e deve guidare la transizione verde. Il Green Deal ha già posto obiettivi ambientali severi che possono essere raggiunti solo utilizzando nuove tecnologie e ripensando i processi produttivi in relazione agli impatti ambientali. Un nuovo modello di economia circolare che ha come parola chiave la rigenerazione”, un paradigma che va oltre al riciclo e al riuso per dare nuova vita a tutto ciò che viene scartato. In definitiva, secondo l’Ue, l’Industria 5.0 deve mettere in evidenza aspetti che saranno fattori decisivi, non più solo economici o tecnologici, per il ruolo dell’industria nella futura società europea, con un’attenzione senza precedenti alla dimensione ambientale, a quella sociale e ai diritti fondamentali.

La deprivazione di massa del diritto di cittadinanza che sta venendo: Non e' un caso che il governo dorme, e' un sonno intenzionale, e' un sonno ordinato dalla UE

 

Sempre più giovani italiani si trasferiscono all’estero

Secondo i dati contenuti nella rilevazione annuale 2021 dell’Istat, nel periodo che va dal 2008 al 2020 sono ufficialmente espatriati dall’Italia 355mila giovani di 25-34 anni

Sempre più giovani italiani decidono di lasciare lo Stivale per trasferirsi all’estero. Pensate: secondo i dati contenuti nella rilevazione annuale 2021 dell’Istat, nel periodo che va dal 2008 al 2020 sono ufficialmente espatriati dall’Italia 355mila giovani di 25- 34 anni (circa 5,9 per cento della popolazione mediamente residente di questa classe di età).

Sono numeri che parlano di una vera e propria emorragia.

Ad andarsene sono soprattutto coloro che possiedono un titolo di studio basso (fino a licenza media) o alto (laurea). Ma anche i diplomati scappano, seppur in quantità minore.

Tra coloro che hanno un basso titolo di studio emigrano l’8,5 per cento dei giovani, senza sostanziali differenze di genere che invece sono presenti e ampie tra i laureati, tra i quali si spostano all’estero il 9,2 per cento dei maschi contro il 6 per cento delle femmine.

L’Italia sarà un grande Paese anche quando partire non sarà più un obbligo, per molti, ma una scelta.

La deprivazione di massa del diritto di cittadinanza che sta venendo: Non e' un caso che il governo dorme, e' un sonno intenzionale, e' un sonno ordinato dalla UE

 

COVID | Migliaia di italiani all’estero ancora bloccati oltre confine. Governo, sveglia!

Sono connazionali che non riescono a tornare a casa, neppure in occasione delle vacanze. Non possono, per esempio, venire in Italia per trovare familiari che non vedono da oltre un anno. Che intende fare il governo italiano per aiutarli? Ad oggi sono abbandonati a se stessi

Migliaia di italiani all’estero sono ancora bloccati oltre confine a causa della pandemia e delle conseguenti restrizioni. Sono connazionali che non riescono a tornare a casa, neppure in occasione delle vacanze.

Non possono, per esempio, venire in Italia per trovare familiari che non vedono da oltre un anno; e comunque, una volta toccato suolo italiano, correrebbero il rischio non poter poi rientrare nel Paese dove risiedono e lavorano.

È questa la situazione nella quale si trovano anche migliaia di friulani che vivono all’estero e, in particolare, fuori dal continente europeo. Nel mirino non ci sono tanto le regole vigenti in Italia, ma quelle negli altri paesi. Sia come sia, certo è che non possono essere lasciati soli.

Che intende fare il governo italiano? Migliaia di italiani all’estero sono abbandonati a se stessi, qualcuno dalle parti dell’esecutivo vuole degnarsi di intervenire a riguardo? Al ministero degli Esteri che fanno, sono già tutti in vacanza?

L'unione divisa

 

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Another Blow To The EU — Its Population Is Divided

Simon Constable

The bureaucracy that is the European Union just received another blow, this time from its residents.

The population of the 27-country bloc are hugely divided over some of the key aspects of EU membership, a recent report by researchers at Oxford University shows.

The news comes in the wake of the UK leaving the bloc last year and the EU's disastrous handling of the COVID-19 pandemic over the last year or so. Such dissatisfaction may lead more countries to want to break away from the union, likely harming the broader European economy.

Few See Freedom of Movement As Benefit to Them

On the surface, the report, titled "Europe Today and Tomorrow: What Europeans Want," shows that surveyed residents of the member states want the EU to work closer together and be more integrated. However, sharp lines divide the population on key matters. The report states the point as follows:

  • "There is also clear dissatisfaction with the EU's distribution of COVID-19 vaccines and a plurality of respondents agree that freedom of movement has brought more costs than benefits for their country."

More people agreed (37%) with the statement "free of movement has had more costs than benefits for my country," than disagreed (32%,) the report states.

"The mood in Europe is in fact more mixed with regards to whether free movement has been entirely a good thing at the country level," the report states.

In richer countries such as France and Germany the survey respondents were even more likely to think the cost of freedom of movement outweighed the benefits. For instance the figure was 45% in France and 40% in Germany.

Freedom of movement is a vital part of the treaty that binds the EU together and is part of a (largely unfulfilled) post-WW2 goal of creating a United States of Europe. And without freedom of movement the EU dream will remain just that, a dream.

COVID Torpedoed the Eurocrats

It gets worse.

Despite the EU's massive bureaucratic infrastructure it has seemed helpless to cope with the COVID-19 pandemic. At least that's the message that a huge chunk of the population is giving to the world.

A mere one-in-20 (5%) of Europeans thought the vaccine procurement/rollout got dealt with "very well," whereas almost half (45%) through the government dealt with it "badly" or "very badly."

That fits with the data which shows EU countries are far behind either the U.S. or UK, in rolling out the vaccine.

The Possible Impact on the Economy

So what? The bad news for investors is that dissatisfaction of the population in democratic countries tends to be resolved in two ways. Either the institutions change their ways to satisfy the people, or the the popele make their voice heard at the polls, as happened in the UK.

The problem is that the EU has been unable to reform itself. Eurocrats (European bureaucrats) don't seem able to understand that what works in Frankfurt likely won't work in Milan, and vice versa. In large part that's what sparked the Brexit movement with the EU rules not truly working within Uk culture.

Suppose these dissatisfactions in the current EU member states are not dealt with in a way that appeases the European population, especially in countries such as France and Germany. In that case, we could see more exit movements from the bloc with a resulting decline in the economic power of the bloc and probably more trade restrictions. In other words, expect even slower economic growth from the EU if these problems are not resolved in short order. The impact will then no doubt be felt in European stocks such as those in the Stoxx Europe 600 index.

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Il 63% degli australiani dice di non avere nessuna intenzione di vaccinarsi contro il c.d. Covid

 

Growing number of Australians reject COVID vaccination

Vaccine hesitancy has soared since recommendations shifted from AstraZeneca to Pfizer for under-50s.

People holding placards and protesting.
One in six Australians say they will never get vaccinated against COVID-19, an increase from March. (Image: AAP)

There’s no denying it – nine weeks into Australia’s vaccine rollout, and confidence is waning, according to the latest Essential Report.
 
The survey completed online by 1090 people between 21–26 April, found just 43% of Australians think the rollout is being done efficiently, down from 68% in March; 63% think it is being done safely, down from 73%; and just over half (52%) are confident the vaccines will be effective at stopping COVID-19.
 
The slow rollout and changes to the roadmap also appear to have given rise to vaccine hesitancy, with one in six people (16%) saying they will never get vaccinated against COVID-19, up from 12% last month, while 42% said they will get vaccinated, but not right away.
 
The proportion of people who would be willing to get vaccinated as soon as possible, or are already vaccinated, also declined, down from 47% to 42%.
 
Men (49%) were the most likely to report a willingness to get vaccinated immediately, as were people over 55 (53%); however, that has dropped by 7% since last month.
 
The poll also showed that just 37% of people are willing to get either the AstraZeneca or Pfizer vaccines; 27% are only willing to receive Pfizer, 14% said they do not want either vaccine, and 19% said they are unsure.
 
The findings follow emerging concerns over the AstraZeneca vaccine and six reported cases of blood clots, which saw the Australian Technical Advisory Group on Immunisation (ATAGI) recommend Pfizer for those under 50.
 
While the Government has made clear that AstraZeneca is safe for those over 50, going so far as to bring forward their eligibility date, just 40% of people aged 50–69 said they are currently willing to get either vaccine.
 
The findings are in line with the experiences of some GPs who have reported patients failing to show up for their vaccine appointments, while the latest dose utilisation figures from the Federal Department of Health reveal a number of doses are going unused in fridges.
 
Associate Professor Holly Seale is a social scientist with UNSW Medicine’s School of Public Health and Deputy Chair for the Collaboration on Social Science and Immunisation.
 
She told newsGP while the survey is a relatively small sample, it is clear the national COVID vaccination campaign needs ‘a shake-up’.
 
‘If people aren’t turning up to a general practice, that presents a challenge – regardless of the type of mass media we have,’ Associate Professor Seale said.
 
‘We’ve got to be mindful that we’re in a very different phase now, and while a huge amount of people still listen to radio and watch television, it doesn’t talk to everybody. We need to think about other ways.’
 
Drawing on her insight from working to address vaccine hesitancy among culturally and linguistically diverse communities, she says there is a need to ‘decentralise’ communications by tapping into different networking spaces, such as workplaces, local gyms, mothers’ groups, and seniors’ clubs with a focus on all age groups, regardless of current eligibility.
 
‘For example, organisations have staff occupational health and safety programs already embedded and for years have been offering flu vaccination,’ Associate Professor Seale said.  
 
‘Can we get GPs and primary care nurses to be partnering with these organisations to actually have a chance to go in and do a half-an-hour presentation or Q&A session?
 
‘So many times, people have said to me, “It’s so useful to have that opportunity to just ask those questions”. We know that if you get to the person in advance and get them thinking and writing down any questions, the quality of conversation is much better when the person reaches the GP consultation room – that’s been found in the past.’
 
Meanwhile, Associate Professor Seale says general practices can also take an opportunistic approach to educating patients about the coronavirus vaccines.
 
‘I went to have my flu vaccine the other day, and while I’m yet to be recommended a COVID vaccine in terms of eligibility, as I was sitting for 15 minutes post-vaccine, could that have been a time for me to be looking at some information? Or just to even have that chance to talk to someone and ask a question?’ she said.
 
‘This is what we may need to be doing.’
 
Authorities and vaccine experts have consistently maintained that transparency around the vaccine rollout is key to ensuring confidence, yet that is contrary to the report’s findings.
 
While Associate Professor Seale agrees that openness is important, she says the challenge is ensuring emerging information is adapted for the intended audience.
 
‘That’s what I’m a little bit concerned about at the moment; there’s a lot of resources on government websites, but these terms around blood clotting are very technical,’ she said.
 
‘We actually need to make sure that we are breaking them down in a way that will make it meaningful to people. That’s not just about translating, it’s about being conscious of people’s health literacy needs too. So maybe getting some more visuals into materials to try and support that.’
 
While a three-day lockdown was imposed in Western Australia recently, Associate Professor Seale says the relatively low community transmission may mean the prospect of lockdowns is not enough to encourage vaccine uptake.
 
‘How are people considering the risk of COVID? Is it based on what we are currently experiencing – back to having no lockdowns for most of Australia and very little in the way of any other measures currently in place?’ she said. ‘This is what we now need to start teasing out more.
 
‘It may be other things that we need to now start focusing on … that will start to promote and motivate people, such as the chance to travel more freely for example.’
 
While the survey has raised concerns, Associate Professor Seale says there is some variation in the findings that signals hope.
 
‘There’s a whole combination of things happening at the moment and the confidence will vary over the time of the program – that’s nothing new. Think about things like the MMR vaccine and autism issues back in the 90s, confidence changes,’ she said.
 
‘While this rollout continues and matures, it’s going to support uptake eventually. But in the meantime, we are going to have these ebbs and flows in people’s acceptance of the particular vaccines.
 
‘What we want to work on along the way is ensuring good confidence in the program … because if we put this all in a negative lens, then we’re not going to get anywhere.
 
‘So we need to learn from this – and learn quite quickly.’
 

Lettera aperta al signor Luigi di Maio, deputato del Popolo Italiano

ZZZ, 04.07.2020 C.A. deputato Luigi di Maio sia nella sua funzione di deputato sia nella sua funzione di ministro degli esteri ...