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06/09/21

E IO CHE CREDEVO CHE IL PAKISTAN FOSSE UNA PROVINCIA TOSCANA, CHE SCIOCCHINO ...

 

Prato. Lavoratori pakistani in lotta contro lo sfruttamento nel settore tessile

Prato. Lavoratori pakistani in lotta contro lo sfruttamento nel settore tessile

Prato. Lavoratori pakistani in lotta contro lo sfruttamento nel settore tessile

Prato. Lavoratori pakistani in lotta contro lo sfruttamento nel settore tessile

PRATO. “Mai più schiavi”. Lo striscione appeso alla cancellata della Texprint, stamperia a conduzione cinese nel Macrolotto industriale di Prato, spiega meglio di tante parole l’ennesimo caso di sfruttamento della manodopera immigrata e l’illegalità diffusa nel settore tessile. A protestare da quasi un mese sono operai in maggioranza pakistani, costretti a turni di 12 ore giornaliere per 7 giorni la settimana, più del doppio del monte ore previsto dai contratti di lavoro del settore. Va da sé che non ci sono straordinari, tutto quanto è di fatto imposto dai titolari della stamperia come turno ordinario. Una situazione intollerabile, venuta a galla quando i lavoratori hanno intrapreso uno sciopero a oltranza con presidio permanente davanti alla fabbrica, giorno e notte, con il sostegno del sindacato di base Si Cobas.
A scioperare sono una ventina di operai sui circa 50 addetti della Texsprint, dove lavorano anche una ventina di impiegati per un totale di 70 dipendenti complessivi. Una lotta che ha già portato per due volte all’intervento delle forze dell’ordine, assai sollecite a strattonare, immobilizzare, e anche ammanettare per qualche minuto i lavoratori sdraiati a terra per impedire carichi e scarichi dei tessuti stampati per diverse committenze.
“Questi operai chiedono la regolarizzazione dei rapporti di lavoro – spiegano Luca Toscano e Sarah Caudiero dei Si Cobas – cioè la fine dell’utilizzo illecito dei contratti di apprendistato, un classico escamotage per pagare meno e mantenere la precarietà, con la trasformazione in rapporti a tempo indeterminato. Poi il rispetto del contratto collettivo nazionale e quindi degli orari di 8 ore per 5 giorni la settimana. E ancora il riconoscimento di due giorni di riposo, la possibilità di avere le ferie, e la regolarizzazione del personale che lavora senza contratto”. Un fatto quest’ultimo certificato a gennaio dall’Ispettorato del Lavoro di Prato, che non ha impedito però all’azienda cinese, convocata in Prefettura per un tentativo di mediazione, di alzare un muro, rifiutando ogni trattativa sulle posizioni contrattuali dei lavoratori.
“Come unica possibilità di soluzione della vertenza – puntualizzano Toscano e Caudiero – la Texprint si è detta disposta a riconoscere dei soldi a tutti gli iscritti al sindacato, in cambio della risoluzione dei rapporti di lavoro. E’ evidente la volontà di far fuori il sindacato e i lavoratori che hanno avuto il coraggio di denunciare lo sfruttamento. Un operaio recentemente ha perso una falange delle dita, e ci sono altri infortuni gravi nascosti dall’azienda che, accompagnando i feriti al pronto soccorso, ha fatto pressioni perché dichiarassero diverse circostanze dell’infortunio”.
In questo patologico contesto, l’anno scorso la Texprint ha comunque avuto un finanziamento pubblico di 354mila euro per la produzione di mascherine antivirus, con un investimento dell’azienda di 472mila euro. Ma anche questa produzione, ricordano i lavoratori, si è basata sullo sfruttamento. Mentre in autunno, appena ricevute le deleghe, tutti i lavoratori sindacalizzati sono stati posti di cig. Con causale Covid.
Sabato il Si Cobas manifesterà in piazza del Comune: “Dopo 40 giorni di sciopero e 20 di picchetto permanente – chiudono Caudiero e Toscano – abbiamo avuto il sostegno di decine di cittadini, che hanno portato aiuti concreti: cibo, tende, mascherine, disinfettante, gazebo, batterie, legna, ombrelloni, frutta, brandine e coperte. Dimostrando che i lavoratori non sono soli nella loro battaglia per la dignità, e il rispetto delle leggi sul lavoro e del contratto nazionale”.

* Fonte: il manifesto

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PRATO. “Mai più schiavi”. Lo striscione appeso alla cancellata della Texprint, stamperia a conduzione cinese nel Macrolotto industriale di Prato, spiega meglio di tante parole l’ennesimo caso di sfruttamento della manodopera immigrata e l’illegalità diffusa nel settore tessile. A protestare da quasi un mese sono operai in maggioranza pakistani, costretti a turni di 12 ore giornaliere per 7 giorni la settimana, più del doppio del monte ore previsto dai contratti di lavoro del settore. Va da sé che non ci sono straordinari, tutto quanto è di fatto imposto dai titolari della stamperia come turno ordinario. Una situazione intollerabile, venuta a galla quando i lavoratori hanno intrapreso uno sciopero a oltranza con presidio permanente davanti alla fabbrica, giorno e notte, con il sostegno del sindacato di base Si Cobas.
A scioperare sono una ventina di operai sui circa 50 addetti della Texsprint, dove lavorano anche una ventina di impiegati per un totale di 70 dipendenti complessivi. Una lotta che ha già portato per due volte all’intervento delle forze dell’ordine, assai sollecite a strattonare, immobilizzare, e anche ammanettare per qualche minuto i lavoratori sdraiati a terra per impedire carichi e scarichi dei tessuti stampati per diverse committenze.
“Questi operai chiedono la regolarizzazione dei rapporti di lavoro – spiegano Luca Toscano e Sarah Caudiero dei Si Cobas – cioè la fine dell’utilizzo illecito dei contratti di apprendistato, un classico escamotage per pagare meno e mantenere la precarietà, con la trasformazione in rapporti a tempo indeterminato. Poi il rispetto del contratto collettivo nazionale e quindi degli orari di 8 ore per 5 giorni la settimana. E ancora il riconoscimento di due giorni di riposo, la possibilità di avere le ferie, e la regolarizzazione del personale che lavora senza contratto”. Un fatto quest’ultimo certificato a gennaio dall’Ispettorato del Lavoro di Prato, che non ha impedito però all’azienda cinese, convocata in Prefettura per un tentativo di mediazione, di alzare un muro, rifiutando ogni trattativa sulle posizioni contrattuali dei lavoratori.
“Come unica possibilità di soluzione della vertenza – puntualizzano Toscano e Caudiero – la Texprint si è detta disposta a riconoscere dei soldi a tutti gli iscritti al sindacato, in cambio della risoluzione dei rapporti di lavoro. E’ evidente la volontà di far fuori il sindacato e i lavoratori che hanno avuto il coraggio di denunciare lo sfruttamento. Un operaio recentemente ha perso una falange delle dita, e ci sono altri infortuni gravi nascosti dall’azienda che, accompagnando i feriti al pronto soccorso, ha fatto pressioni perché dichiarassero diverse circostanze dell’infortunio”.
In questo patologico contesto, l’anno scorso la Texprint ha comunque avuto un finanziamento pubblico di 354mila euro per la produzione di mascherine antivirus, con un investimento dell’azienda di 472mila euro. Ma anche questa produzione, ricordano i lavoratori, si è basata sullo sfruttamento. Mentre in autunno, appena ricevute le deleghe, tutti i lavoratori sindacalizzati sono stati posti di cig. Con causale Covid.
Sabato il Si Cobas manifesterà in piazza del Comune: “Dopo 40 giorni di sciopero e 20 di picchetto permanente – chiudono Caudiero e Toscano – abbiamo avuto il sostegno di decine di cittadini, che hanno portato aiuti concreti: cibo, tende, mascherine, disinfettante, gazebo, batterie, legna, ombrelloni, frutta, brandine e coperte. Dimostrando che i lavoratori non sono soli nella loro battaglia per la dignità, e il rispetto delle leggi sul lavoro e del contratto nazionale”.

* Fonte: il manifesto

Texprint Prato, aggrediti gli operai della ditta cinese licenziati che manifestano da mesi: 3 feriti

 

Texprint Prato, aggrediti gli operai della ditta cinese licenziati che manifestano da mesi: 3 feriti

Sono in presidio da quando sono stati allontanati per aver denunciato la situazione di sfruttamento in fabbrica
1 minuti di lettura

Da oltre quattro mesi protestano accampati davanti ai cancelli della loro ex fabbrica. E questo pomeriggio sono stati aggrediti da un gruppo di operai di nazionalità cinese, loro ex colleghi, che li hanno colpiti con calci e pugni e hanno tentato di smontare il picchetto. Tensione di fronte ai cancelli della Texprint, l’azienda tessile di Prato finita al centro delle rivendicazioni dei Sì Cobas, che nei mesi scorsi hanno denunciato i ritmi insostenibili e le condizioni di sfruttamento portate avanti dalla proprietà cinese della ditta.

Oggi per riportare la calma è dovuta intervenire la polizia, seguita dal 118 che ha trasportato tre persone in pronto soccorso. Cinque i manifestanti contusi, aggrediti da un gruppo di operai che sarebbero stati bloccati all’uscita dall’azienda a bordo di un furgone. In un video dei tafferugli, diffuso dal sindacato di base, si vedono alcuni operai avventarsi con calci e pugni su tre cittadini pachistani, ex dipendenti licenziati dalla Texprint, che partecipavano al sit-in. Qualcuno lancia pietre, mentre altri cercano di smontare la loro tenda. «Si tratta di un’aggressione squadrista a lavoratori in sciopero», denunciano dai Sì Cobas: «Un attacco improvviso che ha distrutto il presidio, con il furto di striscioni e altri oggetti».

Una vicenda, quella della Texprint, finita anche al centro di indagini della procura di Prato, con un’inchiesta sui presunti casi di sfruttamento della manodopera (sempre smentiti dall’azienda) e un’indagine parallela sulle «vessazioni» che operai e dirigenti dell’impresa starebbero subendo da parte di alcune decine di manifestanti. Naufragato, fino a questo momento, ogni tentativo di mediazione avviato da Regione e Comune.

«Ricorsi e referendum: così smonteremo il green pass»

 

  • PARTE LA BATTAGLIA LEGALE

«Ricorsi e referendum: così smonteremo il green pass»

La battaglia dell'avvocato Grimaldi contro il Green pass: «Gravissima situazione di discriminazione che vìola Costituzione e regolamento europeo, compiuta la quale i vaccinati accuseranno i non vaccinati di non farli uscire dall’emergenza». Pronta una squadra di 1000 avvocati suddivisi per regione: «Il primo passo è la diffida al Governo; a medici, insegnanti, studenti e viaggiatori dico di attendere i provvedimenti amministrativi e poi impugneremo al Tar». Sullo sfondo c'è un referendum popolare: «Raccogliere 500mila firme sarà facile».

- COME VIENE IMPOSTO IL VACCINO AI CROATI di Guido Villa

«La battaglia giuridica non sarà contro i vaccini, ma contro l’obbligo di vaccinarsi mascherato da Green pass. Ricorsi al Tar e anche un referendum ci aspettano».

Avvocato Erich Grimaldi, dopo aver guidato il comitato per le cure domiciliari, ora c’è una nuova emergenza: l’obbligo vaccinale mascherato col lasciapassare sanitario.
Ho fondato l’Unione per le cure e le libertà (QUI e QUI) tenendola volutamente distinta dal comitato con il quale continuiamo a sollecitare il Ministero all’adozione di protocolli aggiornati per le terapie domiciliari. Ma qui e adesso c’è una battaglia giuridica importante.

Chi ne fa parte?
Sto raccogliendo le adesioni di avvocati e giuristi di vario tipo: attualmente siamo un migliaio.

Vi ripeteranno il solito ritornello: siete no vax.
Falso: non siamo contro il vaccino, ma contro l’imposizione di un pass che nasce per motivi politici e non scientifici. È bene chiarirlo subito: il pass non ha niente di scientifico.

Da giurista e avvocato che cosa vede?
Vedo che si sta creando una gravissima situazione di discriminazione tra i cittadini, compiuta la quale i vaccinati vedranno i non vaccinati come coloro che non li faranno uscire dall’emergenza. Il nemico diventerà il non vaccinato. Questo è falso e gravissimo.

Di chi è la colpa?
Devo dire media e politici al governo: non c’è mai stata una comunicazione trasparente riguardo il rapporto rischi/benefici, sul consenso informato, sulla vigilanza passiva, sulla sperimentalità, sulle reazioni avverse, sulle dosi: tutto questo ha disorientato il cittadino. Non credo che il 35% degli italiani sia No vax.

Chi state assistendo?
Ci hanno contattato diversi sanitari vaccinati a gennaio che a luglio si sono contagiati dopo aver terminato il periodo di copertura del vaccino. La maggior parte di coloro che ci cerca sono giovani, abbiamo creato dei gruppi di lavoro di avvocati distribuiti per regioni. Li abbiamo divisi per competenze e specializzazioni, dagli amministrativisti ai giuslavoristi, dagli esperti di privacy a quelli che si occupano di normative sanitarie. E facciamo azioni di tutela a distanza.

In questi giorni avete inviato anche una diffida al governo. Perché?
Abbiamo diffidato la Presidenza del Consiglio perché deve assicurare l’erogazione di servizi e attività senza discriminazioni tra vaccinati e non e perché c’è un problema di privacy e di trattamento dei dati.

È il caso delle verifiche sull’identità.
Nessuno può sostituirsi a un pubblico ufficiale, quindi i documenti li possono richiedere solo loro. Noi abbiamo eccepito una serie di violazioni riguardo norme inderogabili alla democrazia facendo riferimento all’articolo 32 della Costituzione. Questo provvedimento è fatto per invogliare la gente a vaccinarsi, non per risolvere un’emergenza.

A un insegnante che cosa consigliate di fare?
Allo stato attuale gli diciamo di attendere, ma nel momento in cui dovesse arrivare la sanzione va impugnata immediatamente al Tar facendo valere anche il regolamento europeo. L’impugnazione, trattandosi di un decreto e non di un Dpcm, può avvenire solo quando c’è il provvedimento amministrativo. Per i ristoratori invece va impugnato innanzi al giudice ordinario per chiedere la disapplicazione del decreto legge per violazione del regolamento Ue, ma i tempi della giustizia ordinaria sono più lunghi di quella amministrativa.

E per i trasporti?
Anche la normativa sui trasporti viola il regolamento europeo. Un pendolare non ha senso che se attraversa due regioni debba esibire un certificato mentre un altro che percorre anche più km nella stessa regione, no. Questa illogicità costituisce discriminazione e disparità di trattamento. Un controllore di treno non può verificare l’identità di una persona.

Nel senso che non ha nessun titolo per chiedere la carta di identità?
E soprattutto i dati sanitari. Anzi, devo dire che sui dati sanitari, che sono estremamente sensibili, ho anche qualche dubbio che possano farlo le stesse forze dell’ordine. Ci sono tantissimi profili di violazione della privacy. Prenda ad esempio il rischio gogna e bullismo che subiranno gli studenti non vaccinati e che costringeranno tutti gli altri a indossare la mascherina in classe.

Che valore hanno le diffide che state presentando?
Ci serviranno nelle successive impugnazioni delle sanzioni. È un modo per dire: io avevo avvertito che il GP era un atto discriminatorio.

E se le impugnazioni al Tar non dovessero bastare?
Questa è materia di referendum. Solo i nostri movimenti contano 2 milioni di cittadini, quando abbiamo fatto la petizione che abbiamo presentato al ministro Speranza in un mese abbiamo raccolto 30mila firme. Raccogliere 500mila firme per far partire un referendum non sarà difficile.

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Arriva il referendum abrogativo del green pass

 

Arriva il referendum abrogativo del green pass

Sarà determinante l’adesione di tutte quelle persone, compresi gli studenti sostenitori degli "appelli che in queste settimane sono stati rivolti" agli organi di Governo, nonché al Presidente della Repubblica.

Nelle prossime settimane verranno portate in Parlamento per essere convertite in legge le disposizioni legislative adottate dal Governo sul green pass, ma gli stessi promotori della petizione “Green pass: Le ragioni del NO“, indirizzata al Presidente della Repubblica, Mattarella, si stanno ora organizzando per il referendum abrogativo dello stesso green pass.

A darne notizia è Byoblu che ha rilasciato anche una parte del comunicato degli scriventi.

Il referendum abrogativo infatti è stato lanciato dall’avv. Olga Milanese, è sostenuto da Francesco Benozzo e Luca Marini, già autori della raccolta firme che oggi ha totalizzato 46.901 sottoscrizioni.

Nel comunicato relativo al referendum viene pertanto scritto che è giunto il “momento di inviare un messaggio inequivocabile al Governo e al Parlamento“, ma sempre “nell’ambito di un confronto politico civile e democratico sul green pass e sull’obbligo vaccinale”.

Gli autori dell’iniziativa dichiarano che verrà presentata la proposta di referendum abrogativo delle disposizioni legislative adottate dal Governo in materia di Green Pass, inoltre che appena riceveranno le autorizzazioni necessarie inizieranno la raccolta delle firme in tutta Italia.

“Il nostro vuole essere anche un messaggio di fiducia e di speranza rivolto a tutti gli
italiani che non si riconoscono in disposizioni che, come ormai è sotto gli occhi di molti, costituiscono solo il primo passo verso l’erosione progressiva dei diritti e delle libertà fondamentali”, scrivono.

Gli organizzatori ricordano, in un appello, che sarà determinante l’adesione di tutte quelle persone, compresi gli studenti sostenitori degli “appelli che in queste settimane sono stati rivolti” agli organi di Governo, nonché al Presidente della Repubblica.

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Il green pass potrebbe essere nato già morto sotto il profilo giuridico?

 

Francesco Carraro

Avvocato e scrittore

Società - 2 Agosto 2021

Il green pass potrebbe essere nato già morto sotto il profilo giuridico?

Il green pass potrebbe essere nato già morto sotto il profilo giuridico?

Il green pass potrebbe essere nato già morto sotto il profilo giuridico? E “la salvezza” contro questa misura potrebbe venire addirittura dall’Europa? Per quanto suoni paradossale, è una tesi tutt’altro che peregrina, benché surreale. Almeno se pensiamo a quante volte, negli ultimi due decenni, l’Unione europea ha significato per l’Italia una abdicazione alle proprie prerogative legislative sovrane. Eppure – una volta tanto – una norma europea verrà in soccorso di chiunque dovesse finire, suo malgrado, nella rete di divieti e sanzioni intessuta dal decreto legge licenziato dal Governo Draghi. Parliamo, ovviamente, di chi non ha ancora voluto sottoporsi al vaccino. E magari non vorrebbe neanche sottoporsi a tre tamponi a settimana solo per esercitare i diritti costituzionali più elementari.

Per comprenderlo, dobbiamo richiamare l’articolo 4, comma 1 del succitato decreto: “Le disposizioni dei commi da 1 a 8 continuano ad applicarsi ove compatibili con i regolamenti (UE) 2021/953 e 2021/954 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021”. In realtà, per quanto infra diremo, tale compatibilità dovrà esservi anche rispetto all’articolo 9 bis dove si elencano i luoghi frequentabili solo con la fatidica card.

Ebbene, il Regolamento nr. 953/2021 dell’Unione europea stabilisce che gli Stati devono tassativamente “evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate”. In particolare, il regolamento “non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati”. Ora, è vero che le leggi sono fatte per essere interpretate, è vero che fatta la legge trovato l’inganno, è vero che molti giudici potranno essere tentati di decidere in base all’antico adagio di Giovanni Giolitti: le leggi per i nemici si applicano, per gli amici si interpretano. Tuttavia, nel caso specifico, non sembrano esservi dubbi circa la natura palesemente discriminatoria – e quindi in violazione del Regolamento nr. 953 – delle prescrizioni contenute nel recentissimo decreto istitutivo del green pass.

Infatti, l’introduzione della “carta verde” per accedere a tutta una serie di luoghi, eventi e servizi crea inevitabilmente, e deliberatamente, una discriminazione ben precisa. In particolare, tra chi il vaccino lo ha fatto (o non ha potuto farlo per motivi di salute) e chi invece ha scelto di non farlo, per ragioni personali insindacabili (in carenza di un obbligo di legge). Forse è proprio per questo che, in prima battuta, si era verificato un curioso (dicono involontario) omissis in sede di traduzione di questo fondamentale atto normativo della Ue. Infatti, a pagina 7, considerando 36, la prima frase risultava monca delle parole che di seguito indico in grassetto: “È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti Covid-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate”.

Ora, però, questo bug è stato sanato e non ci sono più dubbi, neanche per gli italiani. Da ultimo – e sia detto solo per rimarcare l’importanza di un Regolamento europeo – va ricordato che quest’ultimo è direttamente applicabile nei singoli paesi e può addirittura prevalere, in determinate circostanze, sulle norme nazionali senza che il giudice adito sia costretto a rimettere gli atti alla Corte Costituzionale. Principio, quest’ultimo, fissato sin dalla sentenza numero 170 del 1984 del Giudice delle Leggi secondo la quale “le norme comunitarie provviste di efficacia diretta precludono al giudice comune l’applicazione di contrastanti disposizioni del diritto interno quando egli non abbia dubbi in ordine all’esistenza del conflitto”.

Per concludere, il decreto istitutivo del green pass istituisce, de facto e de jure, una – a mio parere – inammissibile discriminazione della categoria dei cosiddetti “no-vax”. Costoro potranno esercitare i diritti degli altri concittadini – da quello di riunione a quello di associazione, dall’esercizio di una salutare attività sportiva alla pratica di una quotidiana convivialità – solo pagando il costo di tamponi quasi quotidiani. Con il che si crea anche una inammissibile divaricazione tra ricchi e poveri in totale spregio dell’articolo 3 della nostra Carta fondamentale. Il tutto a causa di un maldestro tentativo di imporre, sia pure per via surrettizia e indiretta (e quindi sommamente ipocrita), un obbligo vaccinale.

Un tentativo, però, più che sufficiente a violare la norma europea. Infatti, secondo il Regolamento nr. 953, va evitata ogni discriminazione non solo diretta, ma anche “indiretta” delle persone che non sono (e che non vogliono essere) vaccinate.

www.francescocarraro.com

QUANDO DELEGANO LA DIFESA DELLA LIBERTA' DI PAROLA AI FASCISTI ... VERO, LAMORGESE?

 

No vax, l’avvocato Polacco in piazza: «Raccogliamo firme per querelare il premier Draghi e i virologi»

Il penalista, responsabile del movimento «Sentinelle della Costituzione», ha organizzato il sit-in di mercoledì sera a piazza del Popolo, insieme con il comitato «Libera Scelta» contro vaccini e green pass

No vax, l'avvocato Polacco in piazza: «Raccogliamo firme per querelare il premier Draghi e i virologi» L’avvocato Edoardo Polacco ieri a piazza del Popolo (Fabiano/Lapresse)
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Le stelle di David gialle appuntate sulle magliette ci sono ancora. E per di più con la scritta «jude». Nessuno ha preso in considerazione le proteste e lo sdegno delle comunità ebraiche di tutta Italia: alcuni nel variegato popolo dei no vax e dei no green pass continuano a considerare le misure anti-Covid del governo alla stregua della Shoah. E ci sono riferimenti anche a Norimberga al doppio sit-in di protesta in piazza del Popolo. Fra slogan contro il premier Mario Draghi, il ministro della Salute Roberto Speranza e i virologi, come Roberto Burioni. Alla fine fiaccolata con un migliaio di partecipanti.

In prima fila fin dal tardo pomeriggio l’avvocato Edoardo Polacco, penalista e paladino dei diritti dei cittadini, che questa volta ha preavvisato a suo nome in Questura il sit-in delle 18, quindi autorizzato, ma ha anche organizzato una raccolta di firme per querelare Draghi e Burioni per le «gravi minacce contro chi non si è voluto vaccinare». «La nostra è una resistenza democratica contro questa dittatura. È una guerra del popolo contro i potenti», afferma il professionista, in prima fila anche per i movimenti che rappresenta e promuove sui social, su Facebook prima di tutto, come quello delle «Sentinelle della Costituzione».

Dalla piazza, proprio sotto l’obelisco, con i blindati della polizia e dei carabinieri parcheggiati ai margini dalla parte di piazzale Flaminio e via del Corso, si leva il grido «Libertà, libertà!». «Chiederemo il risarcimento danni verso chi sta insultando chi non si vaccina», ribadisce Polacco parlando al megafono Polacco circondato da alcune centinaia di persone che lo applaudono. «Sono azioni violente che non accettiamo - continua-. Stiamo cercando di abbassare il tono di scontro contro chi sceglie di non vaccinarsi. Ci sono dieci milioni di cittadini che devono essere tutelati».

Su Facebook nel frattempo i commenti continuano a crescere, fino a toccare quasi i 1.700. Fra le querele già presentate nei mesi e nelle settimane scorse sempre dall’avvocato quelle nei confronti dell’ex premier Giuseppe Conte, di altri virologi, dei vertici dell’Ordine dei medici e di Confindustria. La fila per firmare è lunga, come sono ripetuti gli insulti ai giornalisti e ai media in generale, accusati di essere «venduti», «asserviti al regime». O anche peggio.

Un clima teso ma senza incidenti, con i poliziotti che controllano a distanza, anche quando le presenze in piazza diventano più numerose quando al primo sit-in si uniscono i partecipanti al secondo, quello indetto dal comitato «Libera Scelta» sempre per lo stesso motivo, contro il green pass soprattutto. Ci sono alcuni parlamentari della Lega, in aperto disaccordo con il governo pur facendo parte della maggioranza, ci sono anche rappresentanti arrivati da altre città. Una fiaccolata parte subito dopo il tramonto, dedicata anche a Giuseppe De Donno, l’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova, che per primo l’anno scorso aveva iniziato la cure del Covid con le trasfusioni di plasma iperimmune, morto suicida nella sua abitazione l’altro ieri (c’è un’inchiesta in corso). In sua memoria applausi, un minuto di silenzio e raffiche di insulti all’indirizzo dei virologi. «È una giornata drammatica: hanno ucciso De Donno», dicono alcuni manifestanti, mentre Polacco sottolinea: «Stiamo querelando questi soggetti che ci stanno minacciando. Non sono esposti: sono querele con richieste di risarcimento danni. Le presentiamo in tutti i tribunali d’Italia: vogliamo giustizia». E adesso forse si replica già domani o sabato.

IL GOVERNO DEL DRAGO E' FINITO: NON PERCHE' NON RIESCE A CONCLUDERE NULLA (QUELLO IN ITALIA E' LA REGOLA), MA IN QUANTO HA AUMENTATO L'ALLARME SOCIALE IN MODO INCONTROLLABILE.

IL GOVERNO DEL DRAGO E' FINITO: NON PERCHE' NON RIESCE A CONCLUDERE NULLA (QUELLO IN ITALIA E' LA REGOLA), MA IN QUANTO HA AUMENTATO L'ALLARME SOCIALE IN MODO INCONTROLLABILE.

ANCHE LA DIRETTIVA UE SULLA RACCOLTA PREVENTIVA DI DATI DA PARTE DEGLI ISP DI SCHAEUBLE ERA INCOSTITUZIONALE, EPPURE NESSUNA CORTE COSTITUZIONALE EUROPA HA AVUTO IL CORAGGIO DI METTERLO NERO SU BIANCO. L'HA DOVUTO FARE LA CGE QUANDO ERA ORAMAI ASSOLUTAMENTE EVIDENTE CHE SI TRATTAVA DI UNO STRUMENTO TOTALMENTE INEFFICACE.

 

Perché il green pass è anticostituzionale. Paragone all'assalto: vaccino e tamponi, quello che non dicono

Sullo stesso argomento:
Gianluigi Paragone
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Il lasciapassare approvato ieri, tra le altre cose inserite nell’ultimo decreto «Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche sociali», è politicamente discutibile, è arbitrario, discriminatorio, forse persino anticostituzionale. Intanto perché dà l’idea che la partita delle riaperture dipenda da questo foglietto zeppo di contraddizioni e controsensi (somiglia al governo a pensarci bene), quando invece sarà un altro tassello della burocrazia.

 

Riepilogando. Un vaccino non obbligatorio è uno dei presupposti per un lasciapassare. Ripeto, un vaccino non obbligatorio e questo già basterebbe per chiudere qui la discussione: se una cosa non è obbligatoria, significa che è facoltativa pertanto perché escludere da un qualcosa, fosse anche minimo, chi si sta attenendo alla legge. Ma andiamo avanti.

 

Questo vaccino - non è obbligatorio - è anche gratuito. Giustamente. Ma se è gratuito il vaccino perché bisogna pagare per ottenere una delle altre due opzioni previste, cioè i tamponi e i test sierologici? Avevo proposto due emendamenti: uno per abrogare l’intero certificato, l’altro (come subordinata) che almeno fosse tutto gratuito: respinti. Ho capito che il manovratore non va disturbato e che i vaccini sono il mantra della maggioranza, ma così è discriminatorio perché si agisce sulla disponibilità economica delle famiglie! Chi non si fa il vaccino (non obbligatorio) deve pagare per i tamponi e i test al fine di ottenere il pass, così da spingere le persone a farsi il vaccino. Mi sembra una discriminazione oltre che un controsenso visto che non vaccinarsi non è in contrasto con alcuna norma.

 

Il vaccino però non sempre fa dormire sonni tranquilli al governo, a chi lo sostiene e agli scienziati da talk. A parte la gente che muore dopo aver fatto i vaccini (ma la questione vedo che non li turba particolarmente), ci sono pure coloro che hanno fatto il vaccino, hanno fatto il richiamo e poi vanno in palestra convinti di essere a posto e infettano ugualmente. Perché ci sono le varianti. Toh…

E poi ci sono quelli che fanno il vaccino e non sviluppano anticorpi: siccome a loro il certificato spetta, è un po’ come (seguendo il criterio logico di chi non vuole sentire ragioni) attribuire la patente di untore. Untori patentati, a norma di legge. Non a caso sono costretti a parlare di terza dose: su quali basi non è dato sapere.

Per chiudere, ci sono ragazzi che rischiano di rovinarsi solo perché gli hanno messo in testa che senza vaccino non sono liberi. E dopo un anno in didattica a distanza e lockdown cercano i loro spazi più di ogni altra cosa. 

 

Qui entra così in gioco una informazione telecomandata. La Rai è diventata tv di Stato. L’altra sera Vespa ha fatto un vergognoso processo a Gianni Rivera, colpevole di aver detto che non si sarebbe vaccinato. E siccome il vaccino non è obbligatorio, lo poteva dire oltre che fare. L’aggressione - mi verrebbe da dire il bullismo giornalistico - di Bruno Vespa è stato francamente un pessimo segnale. Quanto l’allungamento dello stato d’emergenza, con relativi poteri, a favore di Draghi: dopo un anno e mezzo com’è possibile parlare ancora di stato di emergenza?
 

L'ETERNO RITORNO DELL'IDENTICO

 

Cronaca

Segre: “Il paragone tra vaccini e Shoah è follia, il cattivo gusto si incrocia con l’ignoranza”

Segre: “Il paragone tra vaccini e Shoah è follia, il cattivo gusto si incrocia con l’ignoranza”

Durante le proteste contro il green pass, i manifestanti no vax hanno mostrato le stelle di David, paragonato il certificato verde alla svastica e intonato il coro "Norimberga". La senatrice a vita e testimone degli orrori dei campi di sterminio commenta a Pagine Ebraiche: "Voglio sperare che quei manifestanti rappresentino una minoranza. Se uno vuole vedere il complottismo ovunque, beh resti a casa. Non giri per le strade, non vada nel mondo, non danneggi gli altri"

I paragoni tra la persecuzione subita dagli ebrei durante la Shoah e l’introduzione del green pass che si sono visti nelle piazze dei no vax sono “follie“. Così la definisce la senatrice a vita Liliana Segre, testimone degli orrori dei campi di sterminio. Sono dei “gesti in cui il cattivo gusto si incrocia con l’ignoranza: siccome spero di non essere né ignorante né di avere cattivo gusto, non riesco a prendermela più di tanto”, commenta ancora Segre, che si non si definisce più stupita per quanto visto nelle manifestazioni dei no vax: l’uso distorto della memoria è una vergogna che dura da tempo, spiega la senatrice nel corso della sua intervista a Pagine Ebraiche.

Sabato, durante le proteste contro il green pass, a Napoli come a Genova e Roma in tanti hanno sfilato con appuntate sulle magliette delle stelle di David per ricordare le famigerate stelle gialle di stoffa che gli ebrei furono costretti a mostrare con il varo delle leggi razziali durante il nazismo. Un marchio doloroso che il popolo no vax paragona alle disposizioni anti covid, come le mascherine prima e il green pass adesso. Proseguendo ancora con la simbologia nazista, in piazza si sono visti pure cartelli che mostravano il green pass accostato a svastiche. In alcune piazze si è levato anche il grido ‘Norimberga, Norimberga‘, anche qui lugubre richiamo al processo ai gerarchi del Reich dopo la seconda guerra mondiale. A Roma il paradosso: accanto alle svastiche e al grido di ‘dittatura’ ha sfilato anche l’estrema destra.

“Dopo aver visto l’adorato viso di Anna Frank usato allo stadio non mi stupisco più. Non dico che sono insensibile, ma mi è venuta una sorta di scorza”, il commento amaro di Segre. Che però specifica come condannare chi rifiuta il vaccino, chi straparla di ‘dittatura sanitaria‘ e fa insensati richiami alle leggi razziste sia un atto dovuto: “È un tale tempo di ignoranza, di violenza, neanche più repressa, che è diventato maturo per queste distorsioni. È una scuola che è stata recepita in cui i bulli sono i più forti“, la riflessione della senatrice a vita, che guardando alle piazze no vax auspica si tratti solo di un fenomeno minoritario. “Voglio in ogni caso sperare che quei manifestanti rappresentino una minoranza. Perché come si fa a non vaccinarsi con una malattia terribile come questa che ha ucciso senza distinzioni?”.

A chi non fa parte del mondo no vax ma continua ad avere timore del vaccino, Segre ricorda che “la paura si supera”. Insomma, “se l’unica arma per combattere questa malattia è il vaccino, non ne conosciamo altre, e facciamo il vaccino allora. Io non ci ho pensato due minuti a farlo, anzi ero molto contenta. E così si sono vaccinati tutti nella mia famiglia. Non sono un medico, ma credo a quello che mi si dice”. Proprio per essersi vaccinata, Segre è stata oggetto di molti attacchi online: “Incredibile – dice ancora a Pagine Ebraiche – anche per quello mi hanno attaccata. Hanno detto che avevo delle azioni di Pfizer. Magari. Purtroppo non ne possiedo. Non mi stupiscono nemmeno queste bugie“. La senatrice a vita ai no-vax invia un messaggio chiaro: “Se uno vuole vedere il complottismo ovunque, beh resti a casa. Da solo. Non giri per le strade, non vada nel mondo, non danneggi gli altri. Poi lo so, di solito chi fa quelle scelte non si preoccupa del prossimo”.

Già nei giorni scorsi la comunità ebraica era intervenuta per stigmatizzare il parallelo offensivo e improprio Shoah – Green pass. “Sta montando un clima di odio e di intolleranza molto pericoloso. Far riferimento alla Shoah con tanta superficialità, è un segnale di forte allarme. La politica inizi a moderare i toni”, aveva detto la presidente della Comunità Ruth Dureghello. E anche un sopravvissuto alla Shoah come Sami Modiano era intervenuto per dire che “è un paragone inaccettabile, la stella gialla è stato dolore, ha significato abbandonare la propria casa, è stata sofferenza. Nulla di ciò che ho visto è uguale a tutto questo, nulla“.

Referendum contro il green pass

 

Referendum contro il green pass (ed anche l'obbligo)

Tempo stimato di lettura: 7 minuti

Nella conferenza stampa di ieri Draghi ha veramente superato ogni limite, abbiamo utilizzato tutta la pazienza che avevamo, poi siamo andati a comprarne tutta quella disponibile sul mercato, ma ora abbiamo finito anche quella, ed allora …

Nella conferenza stampa di ieri Draghi ha veramente superato ogni limite, abbiamo utilizzato tutta la pazienza che avevamo, poi siamo andati a comprarne tutta quella disponibile sul mercato, ma ora abbiamo finito anche quella, ed allora …

Ed allora Gianluigi Paragone lo ha scritto in maniera inequivocabile sulla sua pagina Facebook, ed ovviamente io non solo ho approvato l’iniziativa, ma l’ho subito promossa, ecco il testo pubblicato da Gianluigi Paragone e condiviso da me:

APPENA IL GREEN PASS SARÀ CONVERTITO IN LEGGE,

RACCOGLIEREMO LE FIRME PER UN REFERENDUM ABROGATIVO.

IDEM SE SI AZZARDANO A FARE OBBLIGO VACCINALE! 

Chiaro quindi, dubbi non ce ne sono.

Leggendo quelle parole, lo ammetto, il mio entusiasmo è salito alle stelle. Ora davvero il gioco si fa duro.

Perché vedete, io ho approvato anche l’iniziativa della petizione nei confronti del green pass, ho promosso dei banchetti per raccogliere le firme e vedere tanta gente aderire a quella iniziativa mi ha procurato una grande soddisfazione, ma …

Ma era una petizione, ossia qualcosa che certo sarebbe andata al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, ai Ministri ed a tutti i Parlamentari, era una petizione firmata da decine di migliaia di persone, anzi di più, da centinaia di migliaia di persone, ma rimaneva una petizione, ossia un atto che non genera una azione politica, un evento che non cambia le sorti della nostra vita.

Un referendum abrogativo, invece, sì, è qualcosa che può cambiare la nostra vita perché può cambiare, può cancellare una porcata di legge approvata da parlamentari che non rappresentano più il nostro Paese.

Occorre raccogliere 500.000 firme?

Le raccogliamo in un giorno! La gente non ne può più, farà la fila per firmare, perché non firmeranno convintamente soltanto coloro che sono contrari a farsi inoculare quella terapia genica, ma anche gli innumerevoli vaccinati che sono stati male dopo le inoculazioni ed i parenti e gli amici di quelli che purtroppo non ci sono più proprio a causa del vaccino.

Insomma milioni di persone firmeranno per il referendum e se vorranno andare fino in fondo, ossia se non toglieranno l’obbligo del green pass prima che gli italiani si esprimano col voto, se davvero si andrà fino in fondo … il referendum lo stravinceremo.

Con la conferenza stampa di ieri Draghi ha decretato politicamente la sua fine.

Ha voluto andare oltre la riga rossa che indicava il limite, quel limite che non poteva essere superato, ebbene lui non si è fermato, ha superato quel limite ed ora saranno gli italiani a fargli capire che non ne possono più.

D’altronde, carissimi ascoltatori, ciò che hanno fatto i politici in questa legislatura, i danni, le malefatte che hanno fatto i politici in questa legislatura non l’avevano fatto i politici di tutte le legislazioni precedenti.

Se mi si chiede qual è la più grande infamità, che hanno fatto i politici di questa legislatura, ovviamente dalla vicenda del Covid in poi, non ho dubbi nel rispondere la disgregazione della nostra società, quella è la cosa più infame che potevano fare, e l’hanno fatta.

Ovviamente era una cosa voluta, probabilmente se non il fine primario uno degli effetti più importanti di tutta questa storia è l’aver creato divisioni nei rapporti personali, e noi sappiamo quanto erano importanti i rapporti familiari per noi italiani.

Ora ricucire tutte queste lacerazioni non sarà per nulla facile, anzi, forse ci vorrà molto tempo.

Ma torniamo a noi, il decreto legge sul green pass è del 7 agosto, quindi dovrà essere convertito entro il 7 ottobre, diciamo entro un mese circa.

In Commissione la Lega ha votato contro, ne dovremmo dedurre che sarà questa anche la direttiva che arriverà ai parlamentari, quindi cosa accadrà se la Lega voterà contro? 

Nulla, perché la Lega non è determinante per la maggioranza, quindi il decreto verrà convertito in legge ed Italexit nello stesso giorno si attiverà per raccogliere le firme necessarie per richiedere un referendum abrogativo.

Non sappiamo poi cosa accadrà nel Governo, rimarrà la Lega oppure si sfilerà? Mah, se la vedranno loro. In ogni caso mi vedo già valanghe di leghisti che faranno la coda ai nostri gazebo nei quali raccoglieremo le firme per richiedere il referendum.

La Lega però potrebbe anche rimangiarsi quanto fatto in Commissione ed invece votare a favore dell’obbligo del green pass ed allora a quel punto mi aspetto se non una scissione, perlomeno una fuoriuscita di alcuni esponenti leghisti come ad esempio Borghi, Bagnai, Rixi e l’eurodeputato Rinaldi, ma certamente ne seguiranno altri.

Qualora queste persone non dovessero abbandonare la Lega nonostante la linea del partito fosse quella di disattendere quanto fatto in commissione e quindi di votare a favore dell’obbligo, ritengo che queste persone perdendo anche quel minimo di dignità loro rimasta non si presentino più alle prossime elezioni nazionali.

E poi ovviamente la Lega potrebbe, e non sarebbe proprio una sorpresa, optare per una decisione pilatesca, ossia quella di “lasciare libertà di voto ai propri parlamentari”, come già accaduto, ed io aggiungo in maniera scandalosa, con la legge sull’obbligo vaccinale imposto ai sanitari.

Ovviamente l’atteggiamento pilatesco non salverebbe né capra, né cavoli, avremmo sempre ai nostri gazebo orde di leghisti che firmerebbero per la richiesta referendaria.

Insomma, avete capito che entro un mese avremo grandi novità per quanto riguarda il nostro assetto politico.

Forse potrebbe anche essere la fine, politica sempre, non voglio assolutamente fraintendimenti, comunque dicevo la fine politica di Matteo Salvini.

D’altronde la sua mancata candidatura alle elezioni di Milano è già un segnale che Salvini ormai è in totale confusione, incapace di prendere decisioni ha sempre finito per perdere consensi.

Ecco forse potrebbe anche essere la fine politica della Lega, una parte del suo elettorato, diciamo quello più vicino a Giorgetti finirebbe in quel marasma di partitini che vorrebbero restare al centro, una parte andrebbe con la Meloni, ma ritengo che la parte più consistente, i leghisti della prima ora, quelli che hanno sempre saputo che l’Europa è la nostra gabbia, il nostro cappio al collo, ebbene quella gran parte di leghisti voterebbe senza indugio per un partito che mette al primo punto del proprio programma l’uscita dall’Unione europea.

Giancarlo Marcotti

Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate.

ESATTO PROPRIO GIANI, QUELLO DEL CAMPO DI CONTENIMENTO IDEALE ... PECCATO CHE ADESSO E' TARDI, LE FONTI DI INFEZIONE SI SONO MOLTIPLICATE A DISMISURA E ... SI', I VACCINI SONO PERFETTAMENTE INUTILI: SOLO LA DISINFEZIONE DELL'ARIA PUO' ANCORA CONTENERE LA C.D. EPIDEMIA

 

OBBLIGO VACCINALE: LO STRANO CASO DELL’AZIENDA USL TOSCANA NORD OVEST

Io non sono troppo propenso a discutere gli aspetti scientifici inerenti all’efficacia del vaccino, i rischi a breve e lungo termine, il numero di eventi avversi e via dicendo. Ovviamente sono aspetti imprescindibili di ogni discorso che voglia affrontare l’approccio all’epidemia, ma a mio avviso ve ne sono altri che sono stati trascurati.

Ammettiamo che una qualche efficacia il vaccino ce l’abbia, almeno nella prevenzione delle maggiori complicanze collegate all’infezione. Diamo inoltre per buona una serie di misure che in ogni altro momento avrebbero fatto saltare sulla sedia tutti i costituzionalisti e giuristi dotati di senno e che, negli ultimi due anni, hanno spaziato dall’introduzione dell’obbligo ad un trattamento sanitario sperimentale, alla limitazione della mobilità, alla segregazione al proprio domicilio, all’introduzione di una patente (green pass) per l’esercizio di diritti fondamentali, quali la libertà d’insegnamento, la visita a un parente ricoverato, l’accesso all’università.

Nel caso specifico è in gioco il diritto al lavoro.

Voglio, infatti, soffermarmi su quanto sta accadendo nell’Azienda Usl Toscana Nord Ovest, come esempio significativo di quanto sta avvenendo in ogni altra realtà sanitaria italiana.

Qualche giorno fa il presidente della Regione Toscana Giani ha iniziato il suo battage sulla necessità di esercitare una stretta sui non vaccinati e annunciato misure draconiane (come se quelle patite fin qui non lo fossero bastevolmente). E puntualmente, sono arrivati i primi dati sugli operatori sanitari a rischio sospensione, sempre che l’azienda non riesca a ricollocarli in posizioni che non comportano contatto col paziente.

Li riporto di seguito.

 

Area Infermieri Medici Ostetr. Veterinari Tecnici Sanit Totali
Livorno 24 8 1 1 4 38
Lucca 7 2     6 15
Massa Carrara 10 5 2 1 4 22
Pisa 7 2     3 12
Versilia 10       2 12
Totale complessivo 58 17 3   19 99

Parliamo di 99 operatori complessivamente, in un’azienda che conta 13.000 dipendenti, distribuiti su un territorio che va da Pontremoli a Piombino. Cioè lo 0,8% del totale del personale. Si potrebbe obiettare che si tratta solo dei primi operatori e che la ricognizione deve ancora essere ultimata. I dati di Giani parlano di 4500 operatori in odore di sospensione in tutta la Toscana, che comprendono anche personale dipendente dalle strutture private e liberi professionisti, quindi facendo un conto a spanne, circa 1500 operatori a rilevanza sanitaria per ciascuna area vasta.

Questi dati ci portano a stimare, senza paura d’incorrere in errore, che le percentuali di sanitari vaccinati fra i dipendenti pubblici sono ampiamente superiori al 90%. Se è vero, come attestano i documenti dell’Aifa, che il pregio degli attuali vaccini anti covid risiede nella capacità di limitare gli effetti dell’infezione nel vaccinato stesso, più che nella prevenzione della trasmissione del contagio, dobbiamo desumere che il rischio reale per la collettività collegato alla presenza di non vaccinati in sanità sia principalmente da rinvenire laddove vengano in contatto operatori non vaccinati con pazienti anch’essi non vaccinati. Considerando che la percentuale di popolazione vaccinata è prossima al 70%, la probabilità che questo si verifichi è inferiore al 3%.

E’ quindi lecito chiedersi se ha senso insistere in una crociata che rischia di far pagare un prezzo altissimo in termini di libertà compresse. Ma soprattutto, alla luce dei dati esposti, qual è il rischio maggiore per il cittadino? Avere un sanitario in più che lo cura, pur non vaccinato, o averne uno in meno?

Quanto detto ci induce a contestare, senza possibilità di appello, il persistere di una norma che sembra più ispirata alla volontà di perseguitare il dissenziente, che alla reale necessità di raggiungere un obiettivo di pubblica utilità.

La verità è che oggi tutto quello che poteva essere fatto sul fronte vaccinale è stato portato a termine.

Adesso la vera emergenza riguarda la carenza di personale che ha reso difficile lo smaltimento delle ferie durante l’estate e renderà estremamente complessa la gestione di un’eventuale recrudescenza dell’epidemia. E’ il caso di ricordare al presidente Giani che l’anno scorso aveva promesso 5.000 assunzioni straordinarie che devono ancora essere ultimate. Finora sono state appena sufficienti a coprire il personale cessato. Da qualche settimana circola la notizia di un buco di bilancio in regione che renderebbe imprescindibile il blocco di ulteriori assunzioni. Non vorremmo che la norma sull’obbligatorietà del vaccino fosse in realtà utilizzata come foglia di fico per cercare di coprire i problemi finanziari.

Infine preoccupa la pressoché totale assenza di voci dissonanti rispetto al mantra dominante, anche da parte della totalità dei sindacati: non vorremmo che oltre all’epidemia, la vera emergenza riguardasse la tenuta della democrazia.

*Luca Dinelli – Membro RSU Fials Azienda Usl Toscana Nord Ovest

GUAI A CHI OSA RESPIRARE!!!

 

Ex Ilva, reintegrato il lavoratore licenziato per un post sulla fiction con la Ferilli

L'operaio aveva perso il lavoro dopo aver invitato utenti su Facebook a seguire la fiction "Svegliati amore mio", sui temi dell'inquinamento industriale

"Il giudice del lavoro ordina all'ex Ilva di Taranto di riassumere Riccardo Cristello, il lavoratore licenziato per un post sulla fiction con Sabrina Ferilli". Lo rende noto il sindacato di base Usb. L'operaio, prosegue Usb, era stato "licenziato da ArcelorMittal per aver pubblicato un post su Facebook sulla fiction Svegliati amore mio, di cui è protagonista Sabrina Ferilli", in cui si denuncia l'inquinamento industriale di Taranto.

Il legale dell'operaio: "Giustizia è fatta" - Con la sentenza del Tribunale di Taranto, "giustizia è stata fatta", ha commentato l'avvocato Mario Soggia, del sindacato Usb. "Il giudice Giovanni De Palma ha ordinato il reintegro di Cristello così come avevamo chiesto nel ricorso", ha sottolineato il legale. "Nelle motivazioni (contestuali, ndr) si dà atto del fatto che si è trattato di un licenziamento fuori luogo, avvenuto solo perché il lavoratore aveva esercitato il diritto di manifestazione del pensiero, senza fare alcuna valutazione sulla società proprietaria della stabilimento".

 

 

Usb Taranto: "Caso Cristello emblematico del clima di tensione" - "Siamo felicissimi che sia stata fatta giustizia perché il caso di Cristello è emblematico del clima di tensione creato da ArcelorMittal", ha affermato il coordinatore provinciale dell'Usb di Taranto, Francesco Rizzo.