Prato. Lavoratori pakistani in lotta contro lo sfruttamento nel settore tessile
Prato. Lavoratori pakistani in lotta contro lo sfruttamento nel settore tessile
PRATO. “Mai più schiavi”. Lo striscione
appeso alla cancellata della Texprint, stamperia a conduzione cinese nel
Macrolotto industriale di Prato, spiega meglio di tante parole
l’ennesimo caso di sfruttamento della manodopera immigrata e
l’illegalità diffusa nel settore tessile. A protestare da quasi un mese
sono operai in maggioranza pakistani, costretti a turni di 12 ore
giornaliere per 7 giorni la settimana, più del doppio del monte ore
previsto dai contratti di lavoro del settore. Va da sé che non ci sono
straordinari, tutto quanto è di fatto imposto dai titolari della
stamperia come turno ordinario. Una situazione intollerabile, venuta a
galla quando i lavoratori hanno intrapreso uno sciopero a oltranza con
presidio permanente davanti alla fabbrica, giorno e notte, con il
sostegno del sindacato di base Si Cobas.
A scioperare sono una ventina di operai sui circa 50 addetti della
Texsprint, dove lavorano anche una ventina di impiegati per un totale di
70 dipendenti complessivi. Una lotta che ha già portato per due volte
all’intervento delle forze dell’ordine, assai sollecite a strattonare,
immobilizzare, e anche ammanettare per qualche minuto i lavoratori
sdraiati a terra per impedire carichi e scarichi dei tessuti stampati
per diverse committenze.
“Questi operai chiedono la regolarizzazione dei rapporti di lavoro –
spiegano Luca Toscano e Sarah Caudiero dei Si Cobas – cioè la fine
dell’utilizzo illecito dei contratti di apprendistato, un classico
escamotage per pagare meno e mantenere la precarietà, con la
trasformazione in rapporti a tempo indeterminato. Poi il rispetto del
contratto collettivo nazionale e quindi degli orari di 8 ore per 5
giorni la settimana. E ancora il riconoscimento di due giorni di riposo,
la possibilità di avere le ferie, e la regolarizzazione del personale
che lavora senza contratto”. Un fatto quest’ultimo certificato a gennaio
dall’Ispettorato del Lavoro di Prato, che non ha impedito però
all’azienda cinese, convocata in Prefettura per un tentativo di
mediazione, di alzare un muro, rifiutando ogni trattativa sulle
posizioni contrattuali dei lavoratori.
“Come unica possibilità di soluzione della vertenza – puntualizzano
Toscano e Caudiero – la Texprint si è detta disposta a riconoscere dei
soldi a tutti gli iscritti al sindacato, in cambio della risoluzione dei
rapporti di lavoro. E’ evidente la volontà di far fuori il sindacato e i
lavoratori che hanno avuto il coraggio di denunciare lo sfruttamento.
Un operaio recentemente ha perso una falange delle dita, e ci sono altri
infortuni gravi nascosti dall’azienda che, accompagnando i feriti al
pronto soccorso, ha fatto pressioni perché dichiarassero diverse
circostanze dell’infortunio”.
In questo patologico contesto, l’anno scorso la Texprint ha comunque
avuto un finanziamento pubblico di 354mila euro per la produzione di
mascherine antivirus, con un investimento dell’azienda di 472mila euro.
Ma anche questa produzione, ricordano i lavoratori, si è basata sullo
sfruttamento. Mentre in autunno, appena ricevute le deleghe, tutti i
lavoratori sindacalizzati sono stati posti di cig. Con causale Covid.
Sabato il Si Cobas manifesterà in piazza del Comune: “Dopo 40 giorni di
sciopero e 20 di picchetto permanente – chiudono Caudiero e Toscano –
abbiamo avuto il sostegno di decine di cittadini, che hanno portato
aiuti concreti: cibo, tende, mascherine, disinfettante, gazebo,
batterie, legna, ombrelloni, frutta, brandine e coperte. Dimostrando che
i lavoratori non sono soli nella loro battaglia per la dignità, e il
rispetto delle leggi sul lavoro e del contratto nazionale”.
* Fonte: il manifesto
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PRATO. “Mai più schiavi”. Lo striscione
appeso alla cancellata della Texprint, stamperia a conduzione cinese nel
Macrolotto industriale di Prato, spiega meglio di tante parole
l’ennesimo caso di sfruttamento della manodopera immigrata e
l’illegalità diffusa nel settore tessile. A protestare da quasi un mese
sono operai in maggioranza pakistani, costretti a turni di 12 ore
giornaliere per 7 giorni la settimana, più del doppio del monte ore
previsto dai contratti di lavoro del settore. Va da sé che non ci sono
straordinari, tutto quanto è di fatto imposto dai titolari della
stamperia come turno ordinario. Una situazione intollerabile, venuta a
galla quando i lavoratori hanno intrapreso uno sciopero a oltranza con
presidio permanente davanti alla fabbrica, giorno e notte, con il
sostegno del sindacato di base Si Cobas.
A scioperare sono una ventina di operai sui circa 50 addetti della
Texsprint, dove lavorano anche una ventina di impiegati per un totale di
70 dipendenti complessivi. Una lotta che ha già portato per due volte
all’intervento delle forze dell’ordine, assai sollecite a strattonare,
immobilizzare, e anche ammanettare per qualche minuto i lavoratori
sdraiati a terra per impedire carichi e scarichi dei tessuti stampati
per diverse committenze.
“Questi operai chiedono la regolarizzazione dei rapporti di lavoro –
spiegano Luca Toscano e Sarah Caudiero dei Si Cobas – cioè la fine
dell’utilizzo illecito dei contratti di apprendistato, un classico
escamotage per pagare meno e mantenere la precarietà, con la
trasformazione in rapporti a tempo indeterminato. Poi il rispetto del
contratto collettivo nazionale e quindi degli orari di 8 ore per 5
giorni la settimana. E ancora il riconoscimento di due giorni di riposo,
la possibilità di avere le ferie, e la regolarizzazione del personale
che lavora senza contratto”. Un fatto quest’ultimo certificato a gennaio
dall’Ispettorato del Lavoro di Prato, che non ha impedito però
all’azienda cinese, convocata in Prefettura per un tentativo di
mediazione, di alzare un muro, rifiutando ogni trattativa sulle
posizioni contrattuali dei lavoratori.
“Come unica possibilità di soluzione della vertenza – puntualizzano
Toscano e Caudiero – la Texprint si è detta disposta a riconoscere dei
soldi a tutti gli iscritti al sindacato, in cambio della risoluzione dei
rapporti di lavoro. E’ evidente la volontà di far fuori il sindacato e i
lavoratori che hanno avuto il coraggio di denunciare lo sfruttamento.
Un operaio recentemente ha perso una falange delle dita, e ci sono altri
infortuni gravi nascosti dall’azienda che, accompagnando i feriti al
pronto soccorso, ha fatto pressioni perché dichiarassero diverse
circostanze dell’infortunio”.
In questo patologico contesto, l’anno scorso la Texprint ha comunque
avuto un finanziamento pubblico di 354mila euro per la produzione di
mascherine antivirus, con un investimento dell’azienda di 472mila euro.
Ma anche questa produzione, ricordano i lavoratori, si è basata sullo
sfruttamento. Mentre in autunno, appena ricevute le deleghe, tutti i
lavoratori sindacalizzati sono stati posti di cig. Con causale Covid.
Sabato il Si Cobas manifesterà in piazza del Comune: “Dopo 40 giorni di
sciopero e 20 di picchetto permanente – chiudono Caudiero e Toscano –
abbiamo avuto il sostegno di decine di cittadini, che hanno portato
aiuti concreti: cibo, tende, mascherine, disinfettante, gazebo,
batterie, legna, ombrelloni, frutta, brandine e coperte. Dimostrando che
i lavoratori non sono soli nella loro battaglia per la dignità, e il
rispetto delle leggi sul lavoro e del contratto nazionale”.
* Fonte: il manifesto
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