Il Dr. Robert Malone intervistato da Irina Boutourline di IppocrateOrg
Intervista con il Dr. Robert Malone, padre della tecnologia RNA
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IB – Buongiorno, Sig. Malone, è un onore averLa qui e poter fare questa intervista esclusiva per IppocrateOrg. Lieta di conoscerLa!
RM – È un piacere anche per me, Irina! E grazie per l’opportunità di fare una conversazione con Lei e anche di condividere informazioni con i Suoi spettatori.
IB – Grazie. Quindi la prima domanda che vorrei porLe è questa: Lei è considerato il padre della tecnologia dell’RNA applicata ai vaccini. Questa definizione è giusta, secondo Lei? E qual è la Sua storia personale?
RM – Penso che sia un
appellativo, un’etichetta giusta. Durante il mio tirocinio di laurea al
Salk Institute, feci una serie di invenzioni; ognuna coinvolgeva altre
persone, ma ero io che le guidavo. Poi lasciai il Salk e mi unii a una
piccola azienda di start-up chiamata Vical dove feci alcune ulteriori
invenzioni. Per alcune di queste invenzioni furono presentate domande di
brevetto – questi sono processi formali – e fu depositato un gran
numero di brevetti che coprivano i vaccini sia a RNA che a DNA con le
tecnologie di nanoparticelle lipidiche autoassemblanti per il rilascio
di farmaci (drug delivery), oltre a coprire l’uso del solo RNA senza
lipidi aggiunti. E ci fu anche la realizzazione pratica. Questo avvenne
principalmente… la realizzazione delle risposte immunitarie avvenne alla
Vical. Era un ambiente industriale. Lavorai lì come tecnico per alcuni
mesi mentre mia moglie terminava la laurea. Quindi in realtà il periodo
in cui lavorai alla Vical fu un periodo molto breve, e tutte le
invenzioni veramente importanti furono fatte in quei quattro mesi. Quei
brevetti furono concessi, e poi ci fu un lavoro successivo da parte di
altre persone che entrarono alla Vical in seguito, le quali si
occuparono della realizzazione pratica e dimostrarono la protezione in
un modello murino per l’influenza, e altri alla Vical si occuparono
della realizzazione pratica dimostrando la risposta delle cellule
immunitarie. Tutto questo avveniva sotto l’ombrello aziendale. E da
quelle informazioni non ne scaturirono manoscritti in quanto erano al di
fuori dell’obiettivo dell’azienda: non erano nel piano aziendale. La
Vical era stata fondata per lavorare su composti antivirali con un
contratto con Burroughs Wellcome per desossinucleotidi liposomiali per
l’AIDS e analoghi della calcitonina, da cui il nome “Vical”. Quindi
quello che avevano creato, che aveva portato a tutti questi brevetti che
coprivano quasi tutto ciò che viene fatto in questo momento, era un
progetto skunkworks. Erano brevetti isolanti e furono venduti alla
Merck. Questo avvenne quando Murray Salomon era ancora alla
MerckVaccines. Alla Merck decisero di perseguire solo la tecnologia a
DNA, non quella ad RNA; si pensava che l’RNA fosse troppo difficile da
produrre. Ma ebbero successo nell’escludere dal settore altre aziende,
anzi inviarono lettere a me – in quel momento ero accademico – in cui mi
dicevano che non avrei dovuto lavorare su nessuna delle cose su cui
stavo lavorando quando ero in azienda. Riuscirono ad impedire ad altre
aziende di entrare in campo per tutta la durata ventennale dei brevetti.
In realtà non fecero funzionare nulla nelle loro mani; fecero secondo
me una serie di valutazioni sbagliate. Ma sa, è così che funziona
l’industria; cioè quando l’azienda farmaceutica possiede la proprietà
intellettuale, escluderà attivamente gli altri dal lavorare in quel
settore. È proprio così che stanno le cose; se stessero riuscendo o meno
a sfruttare la tecnologia era fuori dal mio controllo. Quindi i
brevetti chiave nacquero – e le scoperte avvennero – si può dire
attraverso due binari. Uno era il fatto che stavo cercando di sviluppare
metodi per sollevare domande sul packaging retrovirale. Il retrovirus
esiste come RNA e poi diventa DNA nella cellula a causa della
trascrittasi inversa, ma poi viene prodotto come RNA e viene incapsulato
come RNA per formare virioni. Allora, i retrovirus erano la tecnologia
leader nelle applicazioni della terapia genica, ed è questo il settore
che mi appassionava. Come studente laureato, volevo definire meglio
questo processo di incapsulamento (packaging) e l’interazione della
struttura e della funzione dell’RNA in sequenze con le proteine di
packaging. Quindi, per farlo, dovetti sviluppare un sistema per produrre
grandi quantità di RNA e consegnare quegli RNA nelle cellule di
packaging che rendono penetranti tutte le proteine, in modo da poter
sollevare domande sul packaging e sulla funzione dell’RNA.
Stavo
anche lavorando sotto la guida di un ricercatore postdottorato di nome
Dan St. Louis, che lavorava sui metodi classici della terapia genica
retrovirale. Nel suo caso, stava infettando cellule in coltura, cellule
di topo, con un retrovirus che esprimeva una proteina potenzialmente
terapeutica per una malattia pediatrica. E scoprì che, quando infettava
quelle cellule e poi le trapiantava di nuovo nei topi, i topi
esprimevano la proteina soltanto per circa tre settimane. Questo era un
problema; nessuno riusciva a capire cosa stesse succedendo. Si pensava
che fosse un problema di regolazione dell’espressione genica. Io fui
quello che capì che in realtà ciò che stava succedendo era che si
determinava nei topi la generazione di una risposta immunitaria contro
la proteina, contro la proteina estranea. Sostenere questo era un’eresia
all’epoca, perché significava che l’intero paradigma della terapia
genica era fallato. Perché i geni estranei associati a un tentativo di
correggere l’errore congenito del metabolismo verrebbero riconosciuti
come proteine estranee, e le cellule che li esprimono verrebbero
attaccate. Quindi questo significava che l’intera idea della terapia
genica era problematica, perché la risposta immunitaria all’epoca era
un’eresia, era sconosciuta, la gente non ci credeva, c’era molta
derisione e il solito tipo di manipolazione psicologica. Ma di fatto si
scopre che le cose stanno effettivamente così. Ed è proprio questo che
limita la terapia genica. Sono state sviluppate pochissime applicazioni,
ed è stato molto difficile farlo. Però la mia intuizione fu che si
sarebbe potuto prendere questo problema e capovolgerlo … noi usiamo
l’espressione “fare limoni con la limonata”, cioè potremmo prendere
questo problema e fare almeno in modo da utilizzare la tecnologia per i
vaccini.
Quindi quella fu una delle intuizioni chiave che portò a tutto questo filone; questo avvenne circa tra il 1987-1988.
Poi
ci fu tutto un lavoro con l’RNA e la struttura dell’RNA, e la
dimostrazione che la struttura dell’RNA era corretta e aveva tutti gli
elementi giusti, e lo sviluppo del sistema di produzione, che è
fondamentalmente quello che si utilizza ancora, solo su più vasta scala.
Ci sono stati alcuni perfezionamenti in termini di cose come la
struttura del capping, soltanto quisquiglie, roba da “inside baseball”
(da interno di pallina da baseball), come si dice negli Stati Uniti.
Probabilmente in Svizzera non si parla di baseball.
IB – Forse, non lo so, non seguo tanto lo sport…quindi…
RM – Ok, sì, nemmeno
io. Quindi dettagli dall’interno che, sa, hanno un impatto poco
significativo sull’efficienza. L’idea di base di … in questo tanti si
sbagliano: questi non sono liposomi, non si sta intrappolando l’RNA nei
liposomi. L’idea di mettere l’RNA nei liposomi, dove i liposomi sono
come un palloncino, e l’RNA è all’interno, quella risulta essere
veramente inefficiente, sia in termini di trasporto che in termini di
incapsulamento dell’RNA. L’RNA è una biomolecola molto costosa da
produrre.
La tecnologia di base per la parte lipidica, la parte di
packaging, è che l’RNA è negativo, e questi grassi, che sono lipidi
chetonici, mezzi quaternari, inizialmente sono positivi, e i due sono
spinti ad associarsi soltanto elettrostaticamente. Così li mischi tra
loro e si autoassemblano in una particella; una particella non è un
liposoma: è una nanoparticella lipidica che ha una stringa di RNA nel
suo nucleo, e poi ha lipidi che la avvolgono. Si autoassembla
semplicemente, in soluzione acquosa. Questo rende il tutto molto facile
da produrre: è molto, molto efficiente. Tutta quella tecnologia è ancora
utilizzata. Ci fu una serie di eventi in cui, quando ero al Salk
Institute, c’erano cinque o sei premi Nobel; c’erano alcune delle più
grandi menti scientifiche della virologia molecolare e della biologia. E
di tanto in tanto ricevevo consigli da scienziati esperti che dicevano:
“Ehi, Robert, dovresti guardare questa cosa o quell’altra”. Allora non
avevamo PubMed, non potevi andare a digitare e cercare tutti gli
articoli che riguardano questo o quello o quell’altro. Quindi si
trattava di fare una specie di passeggiata casuale attraverso la
letteratura. E ci sono alcune persone al Salk, Tony Hunter, in
particolare, che sono semplicemente geniali. Sono come Wikipedia, sanno
tante cose. E così Tony mi diede un paio di suggerimenti davvero
essenziali. “Sai, Robert, perché non parli con questa persona?” o
“Robert, perché non guardi questo nuovo articolo o quest’altro?”. E
c’era lui, poi un’altra persona che era molto influente era Marguerite
Vogt, che molte persone accreditano come la donna che ha realmente fatto
il lavoro per cui Renato Dulbecco ha ricevuto il premio Nobel che
riguarda le colture cellulari. Quindi era un posto fantastico. E avevo
molte persone che mi sostenevano e mi suggerivano idee. Accadde poi una
serie di cose quando stavo insegnando – come assistente – al corso di
embriologia, in un campus. Per l’embriologia, devi essere nel corso. Il
corso è un corso di laboratorio in cui ero assistente. E dovevo
preparare embrioni di rana, girini, per gli studenti. Ad un certo punto,
avevo molti girini in avanzo. E così me ne rimase qualcuno e pensai:
“Beh, perché non provo alcuni di questi con i complessi di RNA
lipidico?”. E, sorprendentemente, funzionò. E funzionò anche con il DNA.
E poi, il passo successivo nel corso di embriologia era di esaminare
gli embrioni di pollo. Così stavo preparando embrioni di pollo da uova
fecondate e li trasfettai con il DNA. E il risultato fu chiaramente
positivo. A quel punto, iniziarono scontri tra l’Università della
California e il Salk Institute … ovviamente, era tutta questione di
soldi. Si pensava che questa scoperta sarebbe diventata un’enorme fonte
di ricchezza, e che si sarebbe potuto ottenere il premio Nobel, che
fosse una scoperta molto importante e un grande passo avanti, e venivano
a dirmi: “Beh, devi collaborare con me”,“No, devi collaborare con me”.
C’era tutto questo litigio … il mio mentore è noto essere poco etico
riguardo a certe cose, ma non serve che ci addentriamo in questi
particolari. Rimasi coinvolto in tutto questo e alla fine ebbi un
esaurimento nervoso e mi ritrovai con una diagnosi di disturbo da stress
posttraumatico da parte del medico universitario. Dovetti uscire dal
laboratorio, non potevo restare lì, motivo per cui presi un master
anziché un dottorato. L’ironia adesso è che il lavoro che ho fatto
allora ha dato origine a questo campo completamente nuovo. Ho ottenuto
solo un master per questo, e addirittura quello su cui si sta discutendo
ora è che potenzialmente l’invenzione si qualifica come candidata per
un Nobel; all’epoca sapevo che stavo facendo qualcosa di importante, e
sapevo che l’idea di usare l’RNA come farmaco e l’RNA come vaccino era
rivoluzionaria, ma era così in anticipo sui tempi, che aveva creato
questa divertente mescolanza di persone che volevano essere titolari
della scoperta, essere titolari dei brevetti, e anche di persone che
avevano un atteggiamento molto derisorio: “Oh, no, no, non è affatto
importante” oppure “Non è assolutamente pratico, non c’è modo che questo
possa mai portare ad alcunché”, tutte cose del genere. Quindi era
affascinante… Come ho detto, dovevo andarmene, mia moglie doveva finire
la laurea. Così mi ero poi unito a questa piccola azienda di start-up
chiamata Vical e alla fine l’azienda si focalizzò su questo. La Merck
fallì e restituì i brevetti. La direzione della Merck lasciò la Merck e
andò a costituire la direzione della Vical, ma ancora non riusciva a
farla funzionare. Dopo 20 anni, il brevetto decadde, i soldi finirono,
l’azienda fallì. Poi tutte queste altre aziende, tra cui, ad esempio, la
CureVac, iniziarono a costituirsi in una società, ma si imbatterono in
un gruppo di avvocati che le attaccarono. La maggior parte degli
avvocati erano della Vical e difendevano i miei brevetti. Perché solo
quando questi fossero scaduti CureVac avrebbe potuto procedere a livello
commerciale, e BioNtech avrebbe potuto procedere a livello commerciale.
Ora
si sta aprendo tutta questa polemica perché Katie Karikó, e immagino
anche uno dei fondatori di CureVac, si sono entrambi promossi candidati
al premio Nobel, e hanno ricevuto molta attenzione da parte della
stampa, e ovviamente Katie è il vicepresidente di BioNtech, ed è anche
docente presso l’Università di Penn, la quale detiene i brevetti
sull’incorporazione della pseudouridina. E queste organizzazioni a
quanto pare l’hanno fortemente promossa come candidata. È apparsa sulla
carta stampata, ha fatto tour … Le condizioni di mia moglie alla fine si
sono anche aggravate a causa della gloria rubata: fondamentalmente,
altre persone si sono prese il merito per quello che ho fatto io… non
escludo quello che hanno fatto, ma hanno sentito il bisogno di prendersi
il merito per… e dicono di essere loro quelle che hanno avuto tutte
queste idee.
L’ironia è che, nel primo articolo di Katie sull’RNA, in
realtà mi cita nei ringraziamenti. Mi aveva contattato e avevo cercato
di aiutarla. L’avevo presentata ad alcune persone nel mondo dell’RNA e
le avevo dato alcuni suggerimenti; l’avevo presentata a un altro
scienziato che era nel mio gruppo che avevo creato a Davos e l’avevo
invitata a un incontro che avevo organizzato ad Annapolis, nel Maryland.
Avevo soltanto cercato di aiutarla, ma poi aveva deciso per qualche
ragione che era nel suo interesse promuovere queste come se fossero
state dall’inizio sue scoperte e sue idee. Sa, ognuno fa quel che crede,
e questo genere di cose accade così spesso in ambito scientifico… Ma
ciò che conta non è allora, secondo me, è adesso.
E da allora ho
fatto molte altre cose. Ho operato nel campo del trasporto genico
elettroporativo in vivo che ha dato origine a Inovio: anche questo è
scaturito dalla mia scrivania. Abbiamo più lipidi chetogeni brevettati,
alcuni dei quali sono commercializzati da Promega, e abbiamo fatto molti
altri progressi da allora. E poi dal 2000, dopo gli attacchi
all’antrace e gli attacchi dell’11 settembre negli Stati Uniti, ho
iniziato a concentrarmi sulla biodifesa e a lavorare molto più a stretto
contatto con le forze armate statunitensi, nello sviluppo di capacità
di biodifesa a risposta rapida. Questo è molto di quello che ho fatto da
allora. Sono stato molto coinvolto nel lavoro a stretto contatto coi
militari e nello sviluppo del vaccino dell’Agenzia per la sanità
pubblica canadese per l’Ebola durante l’epidemia in Africa occidentale.
Ho coinvolto la Merck: ora lo chiamiamo vaccino Merck Ebola; è l’unico
vaccino contro l’Ebola autorizzato. Quindi ero al centro di tutto
questo. Ho fatto un grande sforzo di riposizionamento di farmaci per la
Zika, e anche in quel caso l’ho fatto a stretto contatto con il
Dipartimento della Difesa.
Abbiamo identificato molti degli agenti di
cui si discute per questo focolaio attuale. Penso ancora che
l’ivermectina abbia probabilmente un’attività significativa contro la
febbre gialla. Ma questo non è mai stato testato sul campo.
Quella
società fallì perché non c’era alcun interesse da parte degli
investitori nei farmaci riposizionati, perché non si possono fare soldi
con i farmaci il cui brevetto è scaduto; questo è come si ragiona.
Quindi quella è stata una lezione. Quando si è verificata questa
epidemia, ho ricevuto una chiamata da un ufficiale dell’intelligence
degli Stati Uniti che si trovava a Wuhan, in Cina, durante il quarto
trimestre del 2019. E questa è una persona con cui ho pubblicato in
passato. Mi ha chiamato la prima settimana di gennaio e ha detto:
“Robert, questo virus sembra una grave minaccia e devi rimettere in moto
la tua squadra”. Quindi ho fatto una valutazione di gravità e sono
giunto alla conclusione che i farmaci riposizionati sarebbero stati la
migliore opzione a breve termine per prevenire la malattia e la morte o
per ridurla. Questo è quello su cui abbiamo lavorato da allora. Sono
stato coinvolto in tutta questa controversia sui vaccini, sulla
sicurezza e sugli altri effetti, una sorta di strada secondaria a causa
di questa storica associazione con i vaccini a RNA e questa piattaforma
tecnologica. Ho anche scritto un articolo sulla bioetica dell’emergenza.
Lavoro a stretto contatto con la FDA e altre agenzie governative degli
Stati Uniti e lo faccio da molti anni. Conosco chi ha scritto la
giustificazione iniziale per l’autorizzazione all’uso di emergenza,
nella FDA. Quindi, capisce, sono una specie di insider. E capisco il
governo, ma non lavoro direttamente per il governo. Questo mi permette
di parlare più liberamente di molti miei colleghi. Ero al telefono con
uno di loro soltanto poco prima che iniziasse il Suo podcast. È una
persona molto anziana che lavora presso la Defense Threat Reduction
Agency, e parlava dei loro piani e delle nuove iniziative che stanno
arrivando, sulla base dei nostri successi.
Penso che stiamo per
entrare in clinica con tre diversi studi clinici con la combinazione che
abbiamo identificato di farmaci riposizionati e, guarda caso, questi
sono farmaci non più coperti da brevetto. Riteniamo che ci sia una buona
efficacia e una ragionevole sicurezza sia in ambiente ambulatoriale che
ospedaliero per la combinazione di famotidina, che è commercializzata
negli Stati Uniti come Pepcid, quindi questo, sì, è un farmaco per
l’acidità di stomaco, ma è uno dei più potenti inibitori del recettore
dell’istamina h-2. In realtà è un farmaco di seconda linea per l’acidità
di stomaco, ma è così che viene commercializzato. E l’altro agente è il
celecoxib, che viene venduto negli Stati Uniti come Celebrex ed è
l’unico inibitore specifico della cox-2, che è un’altra via
infiammatoria, ed è in vendita negli Stati Uniti; anche questo è
generico. E scopriamo anche che l’aggiunta di ivermectina a questi due
fornisce alcuni vantaggi aggiuntivi, in particolare nel recupero dei
linfociti.
Il nostro lavoro è stato molto metodico, basato su una
rigorosa analisi della struttura del meccanismo d’azione, e basato in
origine su docking molecolare computazionale, quindi cose altamente
tecnologiche, basate su calcoli al computer, ma poi anche su dati
clinici. Questa cosa del vaccino, probabilmente è di questo che vuoi che
parli, penso… sì, ho una formazione ad Harvard e una qualifica in
sviluppo clinico, questioni regolatorie, epidemiologia, tutto questo
genere di cose, biostatistica e ho anni e anni di esperienza nello
sviluppo clinico. Sono una sorta di specialista epidemiologo: l’ho fatto
fin dai primissimi giorni dell’AIDS, quindi ho una certa prospettiva
delle cose. Ho parlato all’Organizzazione Mondiale della Sanità, ho
avuto molti incontri lì.
Sembra che questo bagaglio di esperienze che
fan sì che capisca il governo, capisca le epidemie, capisca le
piattaforme tecnologiche, capisca abbastanza bene anche i vettori
adenovirali, e segua queste cose da vicino… sembra che ci sia qualcosa
nel mio stile per cui persone come te vogliono organizzare podcast con
me. Mia moglie dice: “Il governo dovrebbe pagarti perché stai seduto qui
per ore e ore a questi podcast, cercando di educare le persone e
aiutarle a capire”, ma sembra che al momento ci sia bisogno di questo.
Quindi sto facendo del mio meglio.
IB – Ci sono così tante
informazioni che, voglio dire, uno come Lei, che ha una visione
d’insieme di tutto è la persona migliore che potrebbe dirci cosa sta
succedendo e parlarci di questi vaccini, perché ora come ora le cose non
sono chiarissime. Quindi è importante che tutti ascoltino la Sua
opinione poiché Lei è uno degli inventori della tecnologia dell’RNA
applicata ai vaccini.
So che conosce anche la nostra Associazione IppocrateOrg
e conosce il nostro protocollo che è stato seguito dai nostri 150
medici dell’assistenza medica. Cosa ne pensa del nostro protocollo come
esperto?
RM – Per quanto
riguarda il vostro protocollo, Irina, qualcosa di molto simile è stato
utilizzato in tutto il mondo, e molti medici lo trovano utile.
Questo
approccio che sta utilizzando il vostro gruppo è utile soprattutto nei
pazienti ambulatoriali, soprattutto se somministrato precocemente. E lo
stesso problema c’è stato in tutto il mondo: gli agenti che sono stati
sviluppati o testati come il Remdesivir o il Desametasone … per quanto
riguarda il Remdesivir quasi tutto il mondo concorda sul fatto che non è
molto potente né efficace. Negli Stati Uniti è ancora l’unico agente
approvato, e penso che questo abbia molto a che fare con la promozione
da parte di alcuni personaggi influenti, per non parlare delle entrate
dlla Gilead. Ma il Desametasone in realtà, se si leggono molto
attentamente i dati del Recovery Trial, in particolare i supplementi (e
non hanno mai pubblicato lo studio completo, solo studi intermedi; hanno
pubblicato due analisi dello studio intermedio e mai un’analisi dello
studio finale), se li leggi attentamente – e abbiamo un articolo che
dovrebbe essere pubblicato abbastanza a breve, che ha, tra altre cose,
una lunga analisi di questo – il Desametasone si è dimostrato utile
(nella misura in cui è utile) solo in un sottogruppo molto ristretto di
pazienti che sono in terapia con ossigeno ad alto flusso o intubati, e
entro determinate fasce di età, e anche a seconda del sesso e della
razza. E così, quando consideri tutte queste cose, e guardi quale
specifica piccola fetta della popolazione sta effettivamente dimostrando
beneficio dal Desametasone, è molto, molto piccola. E ci è voluto uno
studio molto ampio per dimostrarlo. Hanno dovuto fare alcune correzioni
di età e altre manipolazioni dei dati. Quindi la verità è che i dati che
sostengono l’efficacia del Desametasone sono piuttosto limitati.
Altri
usano, oltre al vostro protocollo, vari altri steroidi, farmaci
antinfiammatori. Il problema con la componente steroidea di quei
protocolli di trattamento è che può essere un inibitore ad ampio spettro
della funzione dei linfociti, quindi della funzione immunitaria, e non
credo sia una buona idea. Personalmente, penso che possa essere utile
per un breve periodo di tempo con problemi di tipo tempesta citochinica,
ma potrebbe non essere utile, potrebbe creare un ambiente in cui il
paziente ha maggiori probabilità di sviluppare i sintomi cronici, il
cosiddetto long COVID. Non è ancora stato dimostrato, ma penso che sia
quel rischio. Quindi il vostro è un protocollo che funziona al meglio se
somministrato molto presto – su questo penso che quasi tutti
concorderebbero. E penso che questa sia la chiave per non fare finire la
gente all’ospedale.
Se pensi alle spese, la morte e la malattia
grave si verificano solo in un sottogruppo molto piccolo di persone. C’è
stata così tanta attenzione sulla popolazione ospedalizzata nello
sviluppo dei farmaci, e quasi nessuna attenzione sulla ricerca clinica
nell’ambiente ambulatoriale; tuttavia, se possiamo curare le persone in
anticipo, non sviluppano mai quei problemi duraturi e gravi.
I
pazienti non arrivano mai al danno polmonare grave. Sicuramente Lei sa,
Irina, che in generale il polmone e il cuore non recuperano: formano
cicatrici.
Se abbiamo sequele come la cardiomiopatia e danni cardiaci
e polmonari, quelle persone non saranno mai le stesse, e parlo per
esperienza. Ho preso il COVID, quindi mi sono infettato e ho sviluppato
un COVID significativo alla fine di febbraio quando stavo partecipando a
una conferenza a Boston sulla scoperta di farmaci. Ho attraversato un
periodo in cui non riuscivo a camminare su per una collina, dovevo
fermarmi, non riuscivo a respirare. Non ho ancora resistenza, sono una
persona che fa falegnameria e gestisce una fattoria e sono molto
reattivo. Ma anche nel partecipare a questi podcast ora, devo parlare un
po’ più lentamente e respirare un po’ di più. Perché la mia capacità
polmonare non è più quella di una volta. Questa non è una malattia da
niente, anche se non sono morto e non sono finito in ospedale: non è
l’influenza, glielo garantisco. Ma quando l’ho preso non avevamo niente.
Ed è così che ho scoperto la famotidina. Mi stavo curando con farmaci
che avevamo identificato al computer. Ma quel trattamento era di
tentativo e avevamo informazioni parziali e allora non sapevamo nulla di
alcuni di questi altri agenti. E così ho avuto un danno polmonare
maggiore. Sarebbe bello, sarebbe una buona cosa per me, mi piacerebbe
poter contribuire ad aiutare le persone a non sviluppare e a non passare
attraverso tutto quello che ho passato io, ma penso che il vostro
protocollo sia coerente con quello utilizzato in tutto il mondo.
IB – Grazie. Quindi questo approccio terapeutico precoce funziona. E lo abbiamo dimostrato, abbiamo cercato di diffondere queste informazioni per salvare molte vite. E abbiamo la prova che queste terapie funzionano. Oggi abbiamo anche pubblicato un manuale in inglese che si può trovare su Amazon, per far sapere alle persone che esiste una cura. Perché secondo Lei, Sig. Malone, i governi non applicano ufficialmente queste terapie precoci?
RM – Non ho una
risposta a questa domanda. È un paradosso. Penso che molte persone in
tutto il mondo si stiano ponendo la stessa domanda. Semplicemente non
sembra avere senso. Nel caso dell’ivermectina, tanto per fare un
esempio, abbiamo avuto una strana situazione in cui la Merck ha
affermato con forza che l’ivermectina non è sicura e non è efficace. È
strano perché è un farmaco Merck. Abbiamo 40 anni di sicurezza.
Qualsiasi farmaco dosato a livelli sufficientemente alti può essere
tossico. La chiamiamo “finestra terapeutica”. Finché si sta all’interno
della finestra terapeutica, l’ivermectina è un farmaco molto sicuro. E
così, c’è un apparente conflitto di interessi finanziario all’interno
del settore. La Merck non produce più l’ivermectina, o la produce ma non
la commercializza. È un farmaco che la Merck ha inventato 40 anni fa e
per il quale ha ottenuto il premio Nobel, o l’ha ottenuto uno dei suoi
scienziati, è stato usato in tutto il mondo, ora è generico, ed è
nell’elenco dei medicinali essenziali dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità. Perciò dire che questo farmaco è tossico è assurdo. Sì, ad
esempio qui negli Stati Uniti è possibile acquistare formulazioni di
ivermectina per il bestiame. Sono ad altissima concentrazione. E allora
sì, se si bevessero, sarebbero tossiche. Non darei nemmeno l’ivermectina
per bestiame ai miei cani o ai miei cavalli. Ai miei cavalli do
l’ivermectina una volta al mese per prevenire i vermi. E si è scoperto
che la dose approvata per i miei cavalli è proprio la dose umana. Sono
200 microgrammi per chilogrammo. Quindi a una persona di 80 chilogrammi
non si dà la stessa quantità totale che si dà a un cavallo di tre quarti
di tonnellata, ma se si considera la quantità per unità di peso
corporeo, è la stessa. Quindi la Merck è uscita con queste
dichiarazioni. Sembra che la Pfizer stia sviluppando un farmaco che è
molto simile come meccanismo d’azione all’ivermectina e lo stia
promuovendo come candidato per il trattamento del COVID. Adesso la
Pfizer afferma ufficialmente che non saremo in grado di superare questa
pandemia soltanto con i vaccini e ritiene che dobbiamo usare i vaccini
più il farmaco Pfizer. Ecco, sì, così affascinante… detto in modo
diplomatico … Quindi qui ci sono interessi finanziari. E la Merck sta
ovviamente promuovendo, portando avanti, il proprio farmaco antivirale
che ha acquistato dalla Ridgeback, che a sua volta ha acquistato dalla
Emory, e che di fatto era stato sviluppato, finanziato, dai miei
colleghi della Defense Threat Reduction Agency. Quindi la Merck ora sta
dicendo che questo è il suo farmaco e lo sta promuovendo come antivirale
ad azione diretta. Il problema con gli antivirali ad azione diretta è
che è probabile che facciano sì che il virus sviluppi resistenza
(l’abbiamo imparato con l’AIDS), mentre molti di questi agenti come
l’ivermectina probabilmente non sono un antivirale ad azione diretta
quando sono usati alle dosi che sono sicure per l’uomo; questi altri
agenti del vostro protocollo sono tutti studiati per curare la malattia,
non l’infezione, e la malattia e l’infezione sono due cose separate.
Quindi
non so perché i governi stiano … sembra che la loro risposta sia stata
influenzata dall’industria farmaceutica … so che in Svizzera non avete
mai problemi con l’industria farmaceutica. Salvo che è una delle
principali voci di fatturato.
IB – Penso che sia mondiale, penso che sia mondiale…
RM – Proprio così…
Sembrerebbe che la Pfizer sia particolarmente aggressiva. Ho appreso
proprio ieri sera da miei colleghi in Israele che i termini della Pfizer
nel contratto stipulato per ottenere da parte di Israele l’accesso
anticipato al vaccino sono tali per cui la Pfizer ha accesso a tutti i
dati e per cui gli eventi avversi che si stanno verificando sono
effettivamente disponibili alla Pfizer, ma non sono disponibili per
ladivulgazione al pubblico.
Quindi, quando sentiamo che non sono
stati segnalati eventi avversi in Israele, beh, in realtà è per legge,
per contratto, che non possono divulgare tali eventi avversi, e i
termini del contratto sono tali per cui non possono essere divulgati per
un periodo di 30 anni.
Quindi la Pfizer è molto aggressiva nel
proteggere i propri interessi. Non credo assolutamente che facciano gli
interessi del resto del mondo. Forse, quindi, c’è un’influenza indebita
sui governi da parte dell’industria farmaceutica, un po’ alla base di
tutto… penso che questa possa essere un’ipotesi. Un’altra ipotesi
potrebbe essere che c’è solo un enorme fenomeno di groupthink in corso.
E
forse gli Stati Uniti sono responsabili di questo, in qualche modo,
perché abbiamo avuto vari leader d’opinione nelle posizioni di rilievo
del governo, che hanno statuito che si debba promuovere soltanto il
vaccino. E poi non so che altro aggiungere. Voglio dire, la maggior
parte dei vostri spettatori può fare altrettante ipotesi quanto me, e
probabilmente anche di più. Ci sono molte teorie del complotto, e mi
sforzo davvero di evitare il pensiero complottistico.
IB – No, certo, la penso anch’io così, ma capisce, oggi, se si ha soltanto un’opinione alternativa, si è considerati come se non si credesse nella scienza, ma non è una questione di scienza. È una questione di interessi, di interessi economici, di affari, sono tante cose.
RM – Sì. Ma non sono d’accordo su quello. Sì, cioè il motivo per cui queste cose vengono soppresse non sono una questione di scienza, e su questo sono d’accordo. Sono sempre più convinto dalle opinioni di Geert Vanden Bossche nei Paesi Bassi, secondo cui le politiche che stiamo perseguendo a livello globale in questo momento sono altamente controproducenti, e dobbiamo ritornare sui nostri passi ad una posizione che preveda di vaccinare le persone a più alto rischio e accelerare la messa a disposizione di protocolli e trattamenti farmacologici per la malattia in fase iniziale, implementandoli in modo molto aggressivo. Penso che abbia ragione e che, a causa della campagna vaccinale, stiamo rischiando di selezionare mutanti che sfuggono al vaccino (VEM – Vaccine-Escape Mutants).
IB – Ho un’ultima domanda per Lei. Dato che è uno dei massimi esperti di tecnologia genomica per i vaccini, quali sono i punti di forza e di debolezza di questa tecnologia applicata ai vaccini?
RM – Grazie per questa
domanda … sono contento di poter rispondere: raramente viene posta, cioè
tutta questa idea di utilizzare la terapia genica a scopo di
vaccinazione… Inizialmente, quasi tutta l’attenzione in vaccinologia era
rivolta alla generazione di anticorpi, e in molti casi lo è ancora.
Ricorderà che con l’introduzione anticipata di questi vaccini tutti
parlavano della loro attività anticorpale neutralizzante. Bene, si
scopre che quei test di neutralizzazione che utilizzano pseudovirus o
virus vivi sono in realtà scarsamente predittivi dell’efficacia;
misurano qualcosa che non è realmente correlato alla protezione, il che è
sempre un problema in vaccinologia. Giusto per contestualizzare un po’
di più, se si può definire un “correlato di protezione”, cioè un
qualcosa che, se si misura questo valore di laboratorio, significa che
si è protetti, mentre se non si raggiunge un certo livello allora non si
è protetti, questa è la migliore situazione per lo sviluppo dei
vaccini, perché allora possiamo semplicemente eseguire il test di
laboratorio: non abbiamo bisogno di aspettare di trovarci ad affrontare o
meno il virus. Questo è il caso dei vaccini antinfluenzali; abbiamo un
correlato di protezione. Si presumeva che gli anticorpi fossero un
correlato di protezione per questi vaccini, ma non lo sono, e questo è
spesso quello che si verifica in vaccinologia. Perché il sistema
immunitario ha queste due risposte immunitarie: ha la risposta
immunitaria innata, che è una specie di risposta immunitaria primitiva,
primordiale, non specifica; di fatto non è esattamente aspecifica, sono
cose come gli interferoni e altro, recettori di riconoscimento di
pattern molecolari, e questo tipo di vie; poi abbiamo le risposte dei
linfociti B (pensiamo agli anticorpi) e abbiamo le risposte dei
linfociti T. Ora le cellule T sono anche coinvolte nella gestione delle
risposte delle cellule B, quindi il discorso si fa davvero complicato.
Ma un ramo della risposta delle cellule T sono i linfociti T
citotossici. Queste sono le cellule T killer che vanno in giro a cercare
le cellule cancerose e le uccidono. E cercano anche le cellule
infettate dal virus e le uccidono, perché quelle cellule che sono
infettate dal virus sono in realtà le piccole centrali di produzione che
il virus utilizza: il virus ci parassita – questo è ciò che fa un virus
– e fa sì che le nostre cellule diventino fabbriche di produzione di
virus. Quindi i virus sono un po’ come i Borg: se Lei è una fan di Star
Trek, sa bene che alla fine ci assimileranno, giusto? Prendono il
controllo delle nostre cellule e fanno fare loro ciò che vogliono.
Quindi non abbiamo solo bisogno di avere anticorpi che attaccano agenti
all’esterno delle cellule, ma abbiamo bisogno nel nostro sistema
immunitario di strumenti che possano andare ad attaccare le cellule
stesse. E i vaccini tradizionali non sono stati molto efficaci a
produrre risposte immunitarie che suscitano cellule T effettrici. Tutta
l’idea, dopo l’entusiasmo iniziale dell’“Ah, possiamo farlo con la
terapia genica”, allora la domanda successiva era questa: perché è una
buona idea? Perché sarebbe un’idea migliore? Perché l’uso di una
strategia di terapia genica imita più da vicino l’infezione virale,
senza permettere ai virus di sviluppare questi strumentini speciali che
utilizzano per forzare le serrature del nostro sistema immunitario. Cioè
i virus sono sottoposti a una straordinaria pressione evolutiva e
quindi sviluppano metodi attraverso la segnalazione. E anche il
SARS-CoV-2 fa questo, attraverso l’NF-κB e altre vie. I virus sviluppano
sistemi per influenzare la risposta delle nostre cellule, per
disattivare le normali protezioni che le cellule utilizzano per evitare
di essere infettate dai virus. Allora, l’idea è di usare una tecnologia
di terapia genica per inserire il gene per uno o più antigeni chiave, ma
non inserire le parti del virus che causano la downregolazione del
nostro sistema immunitario e l’inefficacia della risposta, e – facendo
sì che le proteine vengano espresse dalla cellula anziché fornirle
semplicemente esternamente alla cellula – per ottenere la risposta sia
delle cellule B che delle cellule T effettrici, quindi una risposta
immunitaria più completa, che imita l’infezione senza avere le parti del
virus in grado di manipolare la risposta immunitaria; in tal modo,
possiamo ottenere una risposta immunitaria più robusta ed efficace.
Questa è la logica. E perché funzioni, ci si deve accertare, per
esempio, che gli antigeni che si vogliono esprimere non siano proprio le
proteine in grado di manipolare la risposta immunitaria. Purtroppo la
spike è una di quelle Quindi la sfida in tutto questo è di assicurarsi
che siano sicuri ed efficaci, siano puri, e tutto il resto. Ma questa è
la ragione, la logica, per cui una strategia basata sulla terapia genica
è sensata e, in particolare, questa è la differenza tra un vaccino a
vettore adenovirale, che è un virus del raffreddore a DNA, il quale
inserisce tutto il gene dell’altro virus interamente all’interno delle
cellule nel nucleo dove risiede il DNA, e una strategia dell’RNA. La
logica – questa era la base per tutto l’entusiasmo sull’uso dell’RNA
come vaccino, il momento dell’“ah” – è che l’RNA viene degradato
abbastanza rapidamente, mentre il DNA rimarrà per un lungo periodo di
tempo: i vettori adenovirali sono stati creati per produrre molte
proteine per un lungo periodo di tempo a scopo di terapia genica.
L’RNA
può essere dosato più come un farmaco; è più simile a un farmaco a d
azione prolungata, relativamente lunga. Se dosato, entra nelle cellule,
in teoria si degrada in poche ore, produce proteine mentre è lì; quelle
proteine possono durare giorni o mesi, a seconda della natura della
proteina nella cellula, ma la parte di RNA stessa è lì per un periodo di
tempo abbastanza breve, e poi si degrada. Quindi, se c’è una tossicità,
non resta presente nel nostro corpo per molto tempo.
Con una
classica strategia di terapia genica, come un vettore a retrovirus,
l’unico modo per riparare i danni su una persona in cui insorge un
problema sarebbe di entrare in qualche maniera ed eliminare tutte quelle
cellule. Questo non si può fare, perché il farmaco va in giro per tutto
il corpo. Quindi questo è un po’ un rischio con i classici vettori
utilizzati nella terapia genica.
E l’idea dell’RNA è che puoi dosarlo
più come un farmaco, produce il suo effetto per alcune ore e poi
sparisce. Quindi se ne vuoi di più, puoi introdurne un’altra dose.
Questa è la logica per cui potenzialmente, per un’azienda farmaceutica è
una bell’idea, perché a loro piace ridosare, perché ogni volta ricavano
il loro franco, o 100 franchi, o qualunque cifra ricavino per quel
farmaco, ogni volta che viene dosato. Quindi a loro piace l’idea e ha
vantaggi per la sicurezza, ma è una molecola molto costosa da produrre.
Non sono vaccini economici: ecco perché non sono davvero così utili per
grandi epidemie nelle economie emergenti. Erano intesi più come un
prodotto speciale, una risposta rapida che puoi dare, per esempio, se
vuoi contenere un’infezione quando è appena iniziata. Potrebbero essere
più appropriati per questo. Ma per l’implementazione su larga scala in
tutto il mondo, si sta rivelando un processo costoso e difficile. Ho
risposto alla Sua domanda?
IB – Sì, vorrei soltanto sapere: e per quanto riguarda gli effetti collaterali di questi vaccini?
RM – Riguardo agli
effetti collaterali, le cose si complicano. A grandi linee, in questo
momento abbiamo due categorie di vaccini genici: abbiamo i vaccini a
vettore adenovirale ricombinante – Oxford Sanofi AstraZeneca è uno di
questi, Johnson & Johnson è un altro – e poi abbiamo i vaccini a
mRNA, e i due che sono disponibili in tutto il mondo, in Paesi
selezionati, sono quello BioNtech promosso dalla Pfizer, e quello
Moderna. Soffermandoci un attimo su quelli a vettore adenovirale, quelli
sono generalmente studiati per produrre grandi quantità di proteine per
lunghi periodi di tempo, quindi espressione sostenuta, eppure
l’immunogenicità sembra essere inferiore, e in alcuni casi l’efficacia
sembra essere inferiore. Non mi è chiaro perché stia succedendo questo. È
controintuitivo. Potrebbe avere qualcosa a che vedere con la natura del
vettore e le complicazioni ad esso associate e la risposta immunitaria
contro il vettore stesso, perché anche quello è un virus. Quindi, in
generale, quei vaccini sembrano provocare alcuni dei sintomi prima. È
stato rilevato il segnale degli eventi avversi della trombosi, cioè
coagulazione del sangue, e alcune delle malattie autoimmuni come la
sindrome di Guillain-Barré sembrano comparire per prime nei dataset
associati ai vaccini a vettore adenovirale, e questo è coerente col
fatto che questi vaccini producono livelli più alti di proteine per un
periodo di tempo più lungo: è quello che ci si aspetterebbe. E ci si
aspetterebbe che, se lo stesso tipo di evento avverso si verifica nel
vaccino a mRNA, allora è probabile che non sia dovuto alla piattaforma,
ma piuttosto alla cosa che viene prodotta: tutti questi vaccini stanno
producendo la stessa proteina, e tra l’altro questa proteina è presente
nel virus che causa la malattia – ecco perché usiamo la spike. Abbiamo
una spike virale, abbiamo una spike nei vaccini a vettore adenovirale, e
abbiamo una spike nei vaccini a mRNA. La spike virale è notoriamente
citotossica, direttamente citotossica, per influenzare l’attività del
recettore ACE-2, per aprire la barriera ematoencefalica, per causare una
grande quantità di problemi – ogni settimana, ogni mese, arrivano
informazioni di ulteriori rischi associati alla spike nativa. Quindi la
domanda è: il vaccino è tossico solo perché lo è la proteina nativa? Si è
detto: “Beh, il vaccino è stato studiato per essere meno tossico”. Ma
in realtà questo non è vero. Nella proteina spike vengono in genere
inserite le mutazioni, due mutazioni di amminoacidi, per mantenerla
nella conformazione aperta piuttosto che nella conformazione più chiusa
che si sviluppa dopo che si lega al suo recettore ACE-2 e che viene
utilizzata per iniettare il genoma in altre parti del virus nella
cellula. Dunque, la spike è una manopola sporgente, ha tre componenti
identiche, che si assemblano in un trimetro; ognuna ha interfacce, ha
bordi e si muove, è flessibile. E quindi queste mutazioni sono lì per
tenerle più aperte, visto che si pensava che gli anticorpi per la tasca
fossero quelli importanti: queste mutazioni sono state fatte per rendere
la proteina più immunogenica. Si è scoperto che quelli non sono gli
anticorpi più importanti; gli anticorpi più importanti sono quelli che
stanno ai margini e alle giunzioni. Questi sono quelli che bloccano
l’infezione e la malattia.
Ma inizialmente non lo si sapeva e nemmeno
si sapeva di tutte queste tossicità, quindi non possiamo in realtà
biasimarli, tranne per il fatto che hanno fatto le cose di fretta, non
si sono consultati l’un l’altro, e non hanno riflettuto più di tanto. Ma
questo è quel che capita.
Quindi sembra che ci siano simili
tossicità su tutte e tre le piattaforme. Inoltre, l’RNA non è stato
testato. La componente lipidica, in particolare (ricorda che ho detto
che i lipidi hanno carica positiva e si legano attorno all’RNA e lo
rivestono?) quindi la componente lipidica non è mai stata in pratica
utilizzata – questi nuovi grassi sintetici non sono stati utilizzati
quel granché in precedenza sugli esseri umani. E almeno per quanto
riguarda i dati Pfizer del documento tecnico comune, cioè il documento
informativo che la Pfizer consegna alle agenzie di regolamentazione,
questo mostra in un numero molto limitato di esperimenti su roditori che
il lipide sembra accumularsi nelle ovaie. È circa il 12%. Va in altri
punti del corpo e si accumula nel midollo osseo, nella milza, nel
fegato, ecc. Quindi non si può dire che non ci siano problemi associati
alla componente lipidica, perché semplicemente non ci sono stati gli
studi per dimostrare se questo è vero o no. Perciò penso che, ad essere
onesti, si debba dire che i vettori adenovirali sono stati testati in
molti altri vaccini virali. E abbiamo quei dati. Quindi sappiamo quali
sono i problemi con i vettori adenovirali. Questo tipo di profilo di
coagulazione del sangue e malattia autoimmune che vediamo saltar fuori
non si era visto così frequentemente con quegli altri vaccini. Sembra
cioè che non sia un problema di piattaforma del vettore adenovirale.
Ora, stiamo anche vedendo, oltre alla trombocitopenia, cioè piastrine
basse, e alla trombosi, cioè coagulazione che include la trombosi venosa
profonda, cioè grossi coaguli, e anche la microcoagulopatia, cioè
piccoli coaguli nei piccoli vasi, abbiamo questi segnali di malattie
autoimmuni, e tra questi ci sono anche gli anticorpi antipiastrinici.
Non capiamo appieno quale sarà lo spettro delle malattie autoimmuni,
perché ci vorranno anni per capirlo. Abbiamo i problemi di
cardiotossicità, cioè cardiomiopatia e pericardite. Questi problemi si
vedono anche nella malattia stessa. Potrebbero essere innescati da
questa microcoagulazione nei piccoli vasi, che potrebbe essere una
causa. C’è chi dice che questi problemi sono in realtà relativamente
banali e se ne vanno. Come ho detto all’inizio, il danno al cuore e ai
polmoni non scompare, semplicemente cicatrizza. Quindi il cuore dei
bambini che sviluppano questi problemi non è mai più lo stesso. Si
svilupperanno cicatrici dove c’è stato il danno: questa è la pura
verità. Può darsi che questi problemi non siano evidenti, che questi
bambini corrano ancora tanto quanto prima, ma questo non significa che
il loro cuore non sia stato danneggiato in modo permanente. Ci sono
molti altri problemi che si manifestano a bassa frequenza. E questi sono
difficili da rilevare, ed è difficile determinare se siano associati al
vaccino o meno, perché la natura di come stiamo raccogliendo i dati e i
sistemi di segnalazione spontanea non sono molto buoni a permetterci di
elaborare una valutazione rigorosa. Poi ci sono vari segnali, inclusi i
segnali di salute riproduttiva femminile, che riguardano alterazioni
del ciclo, delle mestruazioni, magari preoccupanti. Molte donne hanno
osservato questo. Non è riconosciuto ufficialmente, eppure una donna
dietro l’altra dice “Sì, ho avuto questo”. Ci sono donne in
postmenopausa che hanno iniziato ad avere perdite, il che è spesso
considerato un segno di cancro, che in questo caso può o meno essere
correlato a cancro. Un altro effetto che si sta verificando è la
riattivazione di virus latenti. L’herpes zoster, tanto per fare un
esempio molto banale, sembra essere innescato dal vaccino. Ce ne sono
molti altri. C’è qualche preoccupazione in termini di salute
riproduttiva, aborti spontanei nel primo e secondo trimestre. Non è
ancora dimostrato, ma è da considerare un rischio in questo momento. I
database non consentono di caratterizzare bene gli eventi avversi, ma
uno di cui molti virologi e vaccinologi si sono maggiormente preoccupati
è il potenziamento anticorpo-dipendente o il potenziamento della
malattia generato dal vaccino. Questo succede con alcuni vaccini.
Storicamente, è capitato parecchio con il precedente sviluppo di vaccini
contro il coronavirus sia negli animali che nell’uomo. Il periodo di
tempo in cui è più probabile che ciò si manifesti è nella fase calante
della risposta immunitaria.
Ora sappiamo che la durata della
protezione di questi vaccini è solo di circa sei mesi; la “durata della
protezione” dice per quanto tempo il vaccino fornisce protezione. Sembra
che la durata sia di circa sei mesi, sicuramente per il vaccino Pfizer.
E quindi, se il potenziamento anticorpo-dipendente dovesse iniziare a
manifestarsi, e ci sono alcuni segnali in alcuni dati come quelli
israeliani che sembrano indicare questo, allora ci si aspetterebbe che
inizi a manifestarsi circa sei mesi dopo la vaccinazione completa.
Quindi dobbiamo stare attenti a questo in questo momento.
E dovremmo
sapere nei prossimi due o tre mesi se si sta davvero manifestando come
problema significativo. Ad oggi non sembra essere stato così, quindi
forse saremo fortunati. Ecco, questa è una breve carrellata degli eventi
avversi e dei rischi.
Ci sono vari medici che stanno facendo uno
studio in cui fanno un prelievo di sangue col test di laboratorio
chiamato D-dimero, che rileva i frammenti di sangue coagulato, la
cascata coagulativa. Questi medici rilevano i livelli di D-dimero prima
della vaccinazione e dopo la vaccinazione, e ci sono molti che affermano
che circa il 60% dei pazienti mostra un D-dimero elevato dopo la
vaccinazione; questo suggerisce che i vaccini stiano innescando questo
problema di microcoagulopatia, e se ciò accade è probabilmente dovuto
alla spike.
Quindi, il quadro è ancora in evoluzione. Questa
osservazione è stata sollevata da molti medici generici, in particolare
quelli che si stanno concentrando sui sintomi cronici del COVID definiti
“long COVID”: molti dei sintomi che vengono segnalati con frequenza
inferiore nei destinatari del vaccino sono molto simili a questi sintomi
cronici che si sono visti dopo il COVID, e quindi la speranza è che gli
stessi farmaci possano essere usati per curare l’uno e l’altro. Ma di
nuovo, questo sarebbe un segno che suggerisce che la spike nativa, la
proteina spike che è coinvolta, che viene prodotta nelle cellule, usando
queste strategie di vaccini genici, potrebbe essere il problema, e
quindi ora si sta parlando di vaccini di seconda e terza generazione.
L’altro
grosso rischio è quello che è stato evidenziato da Geert Vanden
Bossche, penso di averlo nominato prima; cioè questa strategia vaccinale
universale, in cui distribuiamo il vaccino a tutti in tutto il mondo, è
probabile, già solo in base alla virologia fondamentale, che generi
mutanti che sfuggono al vaccino (VEM) e si traduca in una sorta di corsa
agli armamenti tra noi e il virus, in cui i virus sono guidati via via
in modo evolutivo a superare la capacità del corpo di sviluppare una
risposta immunitaria contro determinati epitopi della spike. E ci sono
modi in cui i virus fanno questo attraverso la glicosilazione, o altre
modifiche, per far sì da nascondere le loro parti deboli: è come
indossare un’armatura. Questa è una metafora che funziona per gli
svizzeri: so che da tempo siete abili nella produzione di armature.
Abbiamo le Guardie Svizzere, giusto? Quindi penso che sia una buona
metafora che il virus possa imparare ad armarsi per sfuggire alla
sorveglianza immunitaria causata dai vaccini. E se ciò accade, poiché
tutti noi saremo stati addestrati, immunologicamente, ad avere la stessa
risposta contro la stessa proteina focale, una volta che il virus
imparerà a sfuggire a quella particolare strategia immunitaria, allora
diventeremo tutti molto suscettibili a un nuovo mutante. E questa è una
grossa preoccupazione.
Quindi si può argomentare correttamente che
una strategia più intelligente sarebbe quella di distribuire farmaci, di
vaccinare le persone che sono più a rischio di malattia e morte, come
gli anziani, e di non vaccinare la maggioranza della popolazione in modo
da non avere questa pressione selettiva. Così è come sono progettati di
fatto i nostri sistemi immunitari, perché abbiamo molta diversità
genetica nelle nostre principali molecole del complesso di
istocompatibilità: queste sono le molecole che controllano il modo in
cui ciascuno di noi sviluppa una risposta immunitaria. Quindi la Sua
risposta immunitaria sarà molto diversa dalla mia senza vaccinazione.
Con la vaccinazione, la Sua e la mia saranno simili. Si tratta, cioè, di
discutere sul quadro generale di noi come specie rispetto a noi come
individui. E penso che sia molto pertinente quello che Geert sostiene.
Il
problema è che si tratta di virologia ed epidemiologia avanzata, ed è
davvero difficile aiutare i rappresentanti della sanità pubblica e i
funzionari del governo a capirlo.
Probabilmente Lei non ha ancora
figli, ma c’è un detto secondo cui se si dà un martello a un bambino di
tre anni, tutto diventa un chiodo. E a volte siamo un po’ così con i
vaccini. E Geert sostiene in modo convincente che dobbiamo essere un po’
più sofisticati e usare il martello solo dove ne abbiamo bisogno, e non
usarlo su tutto.
IB – Sono d’accordo con Lei,
assolutamente. Grazie mille, Sig. Malone per questa intervista. È stato
un onore conoscerLa e sentire le Sue parole.
E so che tra pochi giorni avrà una conferenza a Roma.
RM – Sì. Non vedo davvero l’ora.
IB – E quindi spero di rivederLa presto dal vivo.
RM – OK!
IB – Grazie e buona giornata!
RM – Anche a Lei! Arrivederci!
IB – Arrivederci!
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