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30/09/21

Il Dr. Robert Malone intervistato da Irina Boutourline di IppocrateOrg

 

Il Dr. Robert Malone intervistato da Irina Boutourline di IppocrateOrg

Intervista con il Dr. Robert Malone, padre della tecnologia RNA

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IBBuongiorno, Sig. Malone, è un onore averLa qui e poter fare questa intervista esclusiva per IppocrateOrg. Lieta di conoscerLa!

RM – È un piacere anche per me, Irina! E grazie per l’opportunità di fare una conversazione con Lei e anche di condividere informazioni con i Suoi spettatori.

IB – Grazie. Quindi la prima domanda che vorrei porLe è questa: Lei è considerato il padre della tecnologia dell’RNA applicata ai vaccini. Questa definizione è giusta, secondo Lei? E qual è la Sua storia personale?

RM – Penso che sia un appellativo, un’etichetta giusta. Durante il mio tirocinio di laurea al Salk Institute, feci una serie di invenzioni; ognuna coinvolgeva altre persone, ma ero io che le guidavo. Poi lasciai il Salk e mi unii a una piccola azienda di start-up chiamata Vical dove feci alcune ulteriori invenzioni. Per alcune di queste invenzioni furono presentate domande di brevetto – questi sono processi formali – e fu depositato un gran numero di brevetti che coprivano i vaccini sia a RNA che a DNA con le tecnologie di nanoparticelle lipidiche autoassemblanti per il rilascio di farmaci (drug delivery), oltre a coprire l’uso del solo RNA senza lipidi aggiunti. E ci fu anche la realizzazione pratica. Questo avvenne principalmente… la realizzazione delle risposte immunitarie avvenne alla Vical. Era un ambiente industriale. Lavorai lì come tecnico per alcuni mesi mentre mia moglie terminava la laurea. Quindi in realtà il periodo in cui lavorai alla Vical fu un periodo molto breve, e tutte le invenzioni veramente importanti furono fatte in quei quattro mesi. Quei brevetti furono concessi, e poi ci fu un lavoro successivo da parte di altre persone che entrarono alla Vical in seguito, le quali si occuparono della realizzazione pratica e dimostrarono la protezione in un modello murino per l’influenza, e altri alla Vical si occuparono della realizzazione pratica dimostrando la risposta delle cellule immunitarie. Tutto questo avveniva sotto l’ombrello aziendale. E da quelle informazioni non ne scaturirono manoscritti in quanto erano al di fuori dell’obiettivo dell’azienda: non erano nel piano aziendale. La Vical era stata fondata per lavorare su composti antivirali con un contratto con Burroughs Wellcome per desossinucleotidi liposomiali per l’AIDS e analoghi della calcitonina, da cui il nome “Vical”. Quindi quello che avevano creato, che aveva portato a tutti questi brevetti che coprivano quasi tutto ciò che viene fatto in questo momento, era un progetto skunkworks. Erano brevetti isolanti e furono venduti alla Merck. Questo avvenne quando Murray Salomon era ancora alla MerckVaccines. Alla Merck decisero di perseguire solo la tecnologia a DNA, non quella ad RNA; si pensava che l’RNA fosse troppo difficile da produrre. Ma ebbero successo nell’escludere dal settore altre aziende, anzi inviarono lettere a me – in quel momento ero accademico – in cui mi dicevano che non avrei dovuto lavorare su nessuna delle cose su cui stavo lavorando quando ero in azienda. Riuscirono ad impedire ad altre aziende di entrare in campo per tutta la durata ventennale dei brevetti. In realtà non fecero funzionare nulla nelle loro mani; fecero secondo me una serie di valutazioni sbagliate. Ma sa, è così che funziona l’industria; cioè quando l’azienda farmaceutica possiede la proprietà intellettuale, escluderà attivamente gli altri dal lavorare in quel settore. È proprio così che stanno le cose; se stessero riuscendo o meno a sfruttare la tecnologia era fuori dal mio controllo. Quindi i brevetti chiave nacquero – e le scoperte avvennero – si può dire attraverso due binari. Uno era il fatto che stavo cercando di sviluppare metodi per sollevare domande sul packaging retrovirale. Il retrovirus esiste come RNA e poi diventa DNA nella cellula a causa della trascrittasi inversa, ma poi viene prodotto come RNA e viene incapsulato come RNA per formare virioni. Allora, i retrovirus erano la tecnologia leader nelle applicazioni della terapia genica, ed è questo il settore che mi appassionava. Come studente laureato, volevo definire meglio questo processo di incapsulamento (packaging) e l’interazione della struttura e della funzione dell’RNA in sequenze con le proteine di packaging. Quindi, per farlo, dovetti sviluppare un sistema per produrre grandi quantità di RNA e consegnare quegli RNA nelle cellule di packaging che rendono penetranti tutte le proteine, in modo da poter sollevare domande sul packaging e sulla funzione dell’RNA.
Stavo anche lavorando sotto la guida di un ricercatore postdottorato di nome Dan St. Louis, che lavorava sui metodi classici della terapia genica retrovirale. Nel suo caso, stava infettando cellule in coltura, cellule di topo, con un retrovirus che esprimeva una proteina potenzialmente terapeutica per una malattia pediatrica. E scoprì che, quando infettava quelle cellule e poi le trapiantava di nuovo nei topi, i topi esprimevano la proteina soltanto per circa tre settimane. Questo era un problema; nessuno riusciva a capire cosa stesse succedendo. Si pensava che fosse un problema di regolazione dell’espressione genica. Io fui quello che capì che in realtà ciò che stava succedendo era che si determinava nei topi la generazione di una risposta immunitaria contro la proteina, contro la proteina estranea. Sostenere questo era un’eresia all’epoca, perché significava che l’intero paradigma della terapia genica era fallato. Perché i geni estranei associati a un tentativo di correggere l’errore congenito del metabolismo verrebbero riconosciuti come proteine estranee, e le cellule che li esprimono verrebbero attaccate. Quindi questo significava che l’intera idea della terapia genica era problematica, perché la risposta immunitaria all’epoca era un’eresia, era sconosciuta, la gente non ci credeva, c’era molta derisione e il solito tipo di manipolazione psicologica. Ma di fatto si scopre che le cose stanno effettivamente così. Ed è proprio questo che limita la terapia genica. Sono state sviluppate pochissime applicazioni, ed è stato molto difficile farlo. Però la mia intuizione fu che si sarebbe potuto prendere questo problema e capovolgerlo … noi usiamo l’espressione “fare limoni con la limonata”, cioè potremmo prendere questo problema e fare almeno in modo da utilizzare la tecnologia per i vaccini.
Quindi quella fu una delle intuizioni chiave che portò a tutto questo filone; questo avvenne circa tra il 1987-1988.
Poi ci fu tutto un lavoro con l’RNA e la struttura dell’RNA, e la dimostrazione che la struttura dell’RNA era corretta e aveva tutti gli elementi giusti, e lo sviluppo del sistema di produzione, che è fondamentalmente quello che si utilizza ancora, solo su più vasta scala. Ci sono stati alcuni perfezionamenti in termini di cose come la struttura del capping, soltanto quisquiglie, roba da “inside baseball” (da interno di pallina da baseball), come si dice negli Stati Uniti. Probabilmente in Svizzera non si parla di baseball.

IB – Forse, non lo so, non seguo tanto lo sport…quindi…

RM – Ok, sì, nemmeno io. Quindi dettagli dall’interno che, sa, hanno un impatto poco significativo sull’efficienza. L’idea di base di … in questo tanti si sbagliano: questi non sono liposomi, non si sta intrappolando l’RNA nei liposomi. L’idea di mettere l’RNA nei liposomi, dove i liposomi sono come un palloncino, e l’RNA è all’interno, quella risulta essere veramente inefficiente, sia in termini di trasporto che in termini di incapsulamento dell’RNA. L’RNA è una biomolecola molto costosa da produrre.
La tecnologia di base per la parte lipidica, la parte di packaging, è che l’RNA è negativo, e questi grassi, che sono lipidi chetonici, mezzi quaternari, inizialmente sono positivi, e i due sono spinti ad associarsi soltanto elettrostaticamente. Così li mischi tra loro e si autoassemblano in una particella; una particella non è un liposoma: è una nanoparticella lipidica che ha una stringa di RNA nel suo nucleo, e poi ha lipidi che la avvolgono. Si autoassembla semplicemente, in soluzione acquosa. Questo rende il tutto molto facile da produrre: è molto, molto efficiente. Tutta quella tecnologia è ancora utilizzata. Ci fu una serie di eventi in cui, quando ero al Salk Institute, c’erano cinque o sei premi Nobel; c’erano alcune delle più grandi menti scientifiche della virologia molecolare e della biologia. E di tanto in tanto ricevevo consigli da scienziati esperti che dicevano: “Ehi, Robert, dovresti guardare questa cosa o quell’altra”. Allora non avevamo PubMed, non potevi andare a digitare e cercare tutti gli articoli che riguardano questo o quello o quell’altro. Quindi si trattava di fare una specie di passeggiata casuale attraverso la letteratura. E ci sono alcune persone al Salk, Tony Hunter, in particolare, che sono semplicemente geniali. Sono come Wikipedia, sanno tante cose. E così Tony mi diede un paio di suggerimenti davvero essenziali. “Sai, Robert, perché non parli con questa persona?” o “Robert, perché non guardi questo nuovo articolo o quest’altro?”. E c’era lui, poi un’altra persona che era molto influente era Marguerite Vogt, che molte persone accreditano come la donna che ha realmente fatto il lavoro per cui Renato Dulbecco ha ricevuto il premio Nobel che riguarda le colture cellulari. Quindi era un posto fantastico. E avevo molte persone che mi sostenevano e mi suggerivano idee. Accadde poi una serie di cose quando stavo insegnando – come assistente – al corso di embriologia, in un campus. Per l’embriologia, devi essere nel corso. Il corso è un corso di laboratorio in cui ero assistente. E dovevo preparare embrioni di rana, girini, per gli studenti. Ad un certo punto, avevo molti girini in avanzo. E così me ne rimase qualcuno e pensai: “Beh, perché non provo alcuni di questi con i complessi di RNA lipidico?”. E, sorprendentemente, funzionò. E funzionò anche con il DNA. E poi, il passo successivo nel corso di embriologia era di esaminare gli embrioni di pollo. Così stavo preparando embrioni di pollo da uova fecondate e li trasfettai con il DNA. E il risultato fu chiaramente positivo. A quel punto, iniziarono scontri tra l’Università della California e il Salk Institute … ovviamente, era tutta questione di soldi. Si pensava che questa scoperta sarebbe diventata un’enorme fonte di ricchezza, e che si sarebbe potuto ottenere il premio Nobel, che fosse una scoperta molto importante e un grande passo avanti, e venivano a dirmi: “Beh, devi collaborare con me”,“No, devi collaborare con me”. C’era tutto questo litigio … il mio mentore è noto essere poco etico riguardo a certe cose, ma non serve che ci addentriamo in questi particolari. Rimasi coinvolto in tutto questo e alla fine ebbi un esaurimento nervoso e mi ritrovai con una diagnosi di disturbo da stress posttraumatico da parte del medico universitario. Dovetti uscire dal laboratorio, non potevo restare lì, motivo per cui presi un master anziché un dottorato. L’ironia adesso è che il lavoro che ho fatto allora ha dato origine a questo campo completamente nuovo. Ho ottenuto solo un master per questo, e addirittura quello su cui si sta discutendo ora è che potenzialmente l’invenzione si qualifica come candidata per un Nobel; all’epoca sapevo che stavo facendo qualcosa di importante, e sapevo che l’idea di usare l’RNA come farmaco e l’RNA come vaccino era rivoluzionaria, ma era così in anticipo sui tempi, che aveva creato questa divertente mescolanza di persone che volevano essere titolari della scoperta, essere titolari dei brevetti, e anche di persone che avevano un atteggiamento molto derisorio: “Oh, no, no, non è affatto importante” oppure “Non è assolutamente pratico, non c’è modo che questo possa mai portare ad alcunché”, tutte cose del genere. Quindi era affascinante… Come ho detto, dovevo andarmene, mia moglie doveva finire la laurea. Così mi ero poi unito a questa piccola azienda di start-up chiamata Vical e alla fine l’azienda si focalizzò su questo. La Merck fallì e restituì i brevetti. La direzione della Merck lasciò la Merck e andò a costituire la direzione della Vical, ma ancora non riusciva a farla funzionare. Dopo 20 anni, il brevetto decadde, i soldi finirono, l’azienda fallì. Poi tutte queste altre aziende, tra cui, ad esempio, la CureVac, iniziarono a costituirsi in una società, ma si imbatterono in un gruppo di avvocati che le attaccarono. La maggior parte degli avvocati erano della Vical e difendevano i miei brevetti. Perché solo quando questi fossero scaduti CureVac avrebbe potuto procedere a livello commerciale, e BioNtech avrebbe potuto procedere a livello commerciale.
Ora si sta aprendo tutta questa polemica perché Katie Karikó, e immagino anche uno dei fondatori di CureVac, si sono entrambi promossi candidati al premio Nobel, e hanno ricevuto molta attenzione da parte della stampa, e ovviamente Katie è il vicepresidente di BioNtech, ed è anche docente presso l’Università di Penn, la quale detiene i brevetti sull’incorporazione della pseudouridina. E queste organizzazioni a quanto pare l’hanno fortemente promossa come candidata. È apparsa sulla carta stampata, ha fatto tour … Le condizioni di mia moglie alla fine si sono anche aggravate a causa della gloria rubata: fondamentalmente, altre persone si sono prese il merito per quello che ho fatto io… non escludo quello che hanno fatto, ma hanno sentito il bisogno di prendersi il merito per… e dicono di essere loro quelle che hanno avuto tutte queste idee.
L’ironia è che, nel primo articolo di Katie sull’RNA, in realtà mi cita nei ringraziamenti. Mi aveva contattato e avevo cercato di aiutarla. L’avevo presentata ad alcune persone nel mondo dell’RNA e le avevo dato alcuni suggerimenti; l’avevo presentata a un altro scienziato che era nel mio gruppo che avevo creato a Davos e l’avevo invitata a un incontro che avevo organizzato ad Annapolis, nel Maryland. Avevo soltanto cercato di aiutarla, ma poi aveva deciso per qualche ragione che era nel suo interesse promuovere queste come se fossero state dall’inizio sue scoperte e sue idee. Sa, ognuno fa quel che crede, e questo genere di cose accade così spesso in ambito scientifico… Ma ciò che conta non è allora, secondo me, è adesso.
E da allora ho fatto molte altre cose. Ho operato nel campo del trasporto genico elettroporativo in vivo che ha dato origine a Inovio: anche questo è scaturito dalla mia scrivania. Abbiamo più lipidi chetogeni brevettati, alcuni dei quali sono commercializzati da Promega, e abbiamo fatto molti altri progressi da allora. E poi dal 2000, dopo gli attacchi all’antrace e gli attacchi dell’11 settembre negli Stati Uniti, ho iniziato a concentrarmi sulla biodifesa e a lavorare molto più a stretto contatto con le forze armate statunitensi, nello sviluppo di capacità di biodifesa a risposta rapida. Questo è molto di quello che ho fatto da allora. Sono stato molto coinvolto nel lavoro a stretto contatto coi militari e nello sviluppo del vaccino dell’Agenzia per la sanità pubblica canadese per l’Ebola durante l’epidemia in Africa occidentale. Ho coinvolto la Merck: ora lo chiamiamo vaccino Merck Ebola; è l’unico vaccino contro l’Ebola autorizzato. Quindi ero al centro di tutto questo. Ho fatto un grande sforzo di riposizionamento di farmaci per la Zika, e anche in quel caso l’ho fatto a stretto contatto con il Dipartimento della Difesa.
Abbiamo identificato molti degli agenti di cui si discute per questo focolaio attuale. Penso ancora che l’ivermectina abbia probabilmente un’attività significativa contro la febbre gialla. Ma questo non è mai stato testato sul campo.
Quella società fallì perché non c’era alcun interesse da parte degli investitori nei farmaci riposizionati, perché non si possono fare soldi con i farmaci il cui brevetto è scaduto; questo è come si ragiona. Quindi quella è stata una lezione. Quando si è verificata questa epidemia, ho ricevuto una chiamata da un ufficiale dell’intelligence degli Stati Uniti che si trovava a Wuhan, in Cina, durante il quarto trimestre del 2019. E questa è una persona con cui ho pubblicato in passato. Mi ha chiamato la prima settimana di gennaio e ha detto: “Robert, questo virus sembra una grave minaccia e devi rimettere in moto la tua squadra”. Quindi ho fatto una valutazione di gravità e sono giunto alla conclusione che i farmaci riposizionati sarebbero stati la migliore opzione a breve termine per prevenire la malattia e la morte o per ridurla. Questo è quello su cui abbiamo lavorato da allora. Sono stato coinvolto in tutta questa controversia sui vaccini, sulla sicurezza e sugli altri effetti, una sorta di strada secondaria a causa di questa storica associazione con i vaccini a RNA e questa piattaforma tecnologica. Ho anche scritto un articolo sulla bioetica dell’emergenza. Lavoro a stretto contatto con la FDA e altre agenzie governative degli Stati Uniti e lo faccio da molti anni. Conosco chi ha scritto la giustificazione iniziale per l’autorizzazione all’uso di emergenza, nella FDA. Quindi, capisce, sono una specie di insider. E capisco il governo, ma non lavoro direttamente per il governo. Questo mi permette di parlare più liberamente di molti miei colleghi. Ero al telefono con uno di loro soltanto poco prima che iniziasse il Suo podcast. È una persona molto anziana che lavora presso la Defense Threat Reduction Agency, e parlava dei loro piani e delle nuove iniziative che stanno arrivando, sulla base dei nostri successi.
Penso che stiamo per entrare in clinica con tre diversi studi clinici con la combinazione che abbiamo identificato di farmaci riposizionati e, guarda caso, questi sono farmaci non più coperti da brevetto. Riteniamo che ci sia una buona efficacia e una ragionevole sicurezza sia in ambiente ambulatoriale che ospedaliero per la combinazione di famotidina, che è commercializzata negli Stati Uniti come Pepcid, quindi questo, sì, è un farmaco per l’acidità di stomaco, ma è uno dei più potenti inibitori del recettore dell’istamina h-2. In realtà è un farmaco di seconda linea per l’acidità di stomaco, ma è così che viene commercializzato. E l’altro agente è il celecoxib, che viene venduto negli Stati Uniti come Celebrex ed è l’unico inibitore specifico della cox-2, che è un’altra via infiammatoria, ed è in vendita negli Stati Uniti; anche questo è generico. E scopriamo anche che l’aggiunta di ivermectina a questi due fornisce alcuni vantaggi aggiuntivi, in particolare nel recupero dei linfociti.
Il nostro lavoro è stato molto metodico, basato su una rigorosa analisi della struttura del meccanismo d’azione, e basato in origine su docking molecolare computazionale, quindi cose altamente tecnologiche, basate su calcoli al computer, ma poi anche su dati clinici. Questa cosa del vaccino, probabilmente è di questo che vuoi che parli, penso… sì, ho una formazione ad Harvard e una qualifica in sviluppo clinico, questioni regolatorie, epidemiologia, tutto questo genere di cose, biostatistica e ho anni e anni di esperienza nello sviluppo clinico. Sono una sorta di specialista epidemiologo: l’ho fatto fin dai primissimi giorni dell’AIDS, quindi ho una certa prospettiva delle cose. Ho parlato all’Organizzazione Mondiale della Sanità, ho avuto molti incontri lì.
Sembra che questo bagaglio di esperienze che fan sì che capisca il governo, capisca le epidemie, capisca le piattaforme tecnologiche, capisca abbastanza bene anche i vettori adenovirali, e segua queste cose da vicino… sembra che ci sia qualcosa nel mio stile per cui persone come te vogliono organizzare podcast con me. Mia moglie dice: “Il governo dovrebbe pagarti perché stai seduto qui per ore e ore a questi podcast, cercando di educare le persone e aiutarle a capire”, ma sembra che al momento ci sia bisogno di questo. Quindi sto facendo del mio meglio.

IB – Ci sono così tante informazioni che, voglio dire, uno come Lei, che ha una visione d’insieme di tutto è la persona migliore che potrebbe dirci cosa sta succedendo e parlarci di questi vaccini, perché ora come ora le cose non sono chiarissime. Quindi è importante che tutti ascoltino la Sua opinione poiché Lei è uno degli inventori della tecnologia dell’RNA applicata ai vaccini.
So che conosce anche la nostra Associazione IppocrateOrg e conosce il nostro protocollo che è stato seguito dai nostri 150 medici dell’assistenza medica. Cosa ne pensa del nostro protocollo come esperto?

RM – Per quanto riguarda il vostro protocollo, Irina, qualcosa di molto simile è stato utilizzato in tutto il mondo, e molti medici lo trovano utile.
Questo approccio che sta utilizzando il vostro gruppo è utile soprattutto nei pazienti ambulatoriali, soprattutto se somministrato precocemente. E lo stesso problema c’è stato in tutto il mondo: gli agenti che sono stati sviluppati o testati come il Remdesivir o il Desametasone … per quanto riguarda il Remdesivir quasi tutto il mondo concorda sul fatto che non è molto potente né efficace. Negli Stati Uniti è ancora l’unico agente approvato, e penso che questo abbia molto a che fare con la promozione da parte di alcuni personaggi influenti, per non parlare delle entrate dlla Gilead. Ma il Desametasone in realtà, se si leggono molto attentamente i dati del Recovery Trial, in particolare i supplementi (e non hanno mai pubblicato lo studio completo, solo studi intermedi; hanno pubblicato due analisi dello studio intermedio e mai un’analisi dello studio finale), se li leggi attentamente – e abbiamo un articolo che dovrebbe essere pubblicato abbastanza a breve, che ha, tra altre cose, una lunga analisi di questo – il Desametasone si è dimostrato utile (nella misura in cui è utile) solo in un sottogruppo molto ristretto di pazienti che sono in terapia con ossigeno ad alto flusso o intubati, e entro determinate fasce di età, e anche a seconda del sesso e della razza. E così, quando consideri tutte queste cose, e guardi quale specifica piccola fetta della popolazione sta effettivamente dimostrando beneficio dal Desametasone, è molto, molto piccola. E ci è voluto uno studio molto ampio per dimostrarlo. Hanno dovuto fare alcune correzioni di età e altre manipolazioni dei dati. Quindi la verità è che i dati che sostengono l’efficacia del Desametasone sono piuttosto limitati.
Altri usano, oltre al vostro protocollo, vari altri steroidi, farmaci antinfiammatori. Il problema con la componente steroidea di quei protocolli di trattamento è che può essere un inibitore ad ampio spettro della funzione dei linfociti, quindi della funzione immunitaria, e non credo sia una buona idea. Personalmente, penso che possa essere utile per un breve periodo di tempo con problemi di tipo tempesta citochinica, ma potrebbe non essere utile, potrebbe creare un ambiente in cui il paziente ha maggiori probabilità di sviluppare i sintomi cronici, il cosiddetto long COVID. Non è ancora stato dimostrato, ma penso che sia quel rischio. Quindi il vostro è un protocollo che funziona al meglio se somministrato molto presto – su questo penso che quasi tutti concorderebbero. E penso che questa sia la chiave per non fare finire la gente all’ospedale.
Se pensi alle spese, la morte e la malattia grave si verificano solo in un sottogruppo molto piccolo di persone. C’è stata così tanta attenzione sulla popolazione ospedalizzata nello sviluppo dei farmaci, e quasi nessuna attenzione sulla ricerca clinica nell’ambiente ambulatoriale; tuttavia, se possiamo curare le persone in anticipo, non sviluppano mai quei problemi duraturi e gravi.
I pazienti non arrivano mai al danno polmonare grave. Sicuramente Lei sa, Irina, che in generale il polmone e il cuore non recuperano: formano cicatrici.
Se abbiamo sequele come la cardiomiopatia e danni cardiaci e polmonari, quelle persone non saranno mai le stesse, e parlo per esperienza. Ho preso il COVID, quindi mi sono infettato e ho sviluppato un COVID significativo alla fine di febbraio quando stavo partecipando a una conferenza a Boston sulla scoperta di farmaci. Ho attraversato un periodo in cui non riuscivo a camminare su per una collina, dovevo fermarmi, non riuscivo a respirare. Non ho ancora resistenza, sono una persona che fa falegnameria e gestisce una fattoria e sono molto reattivo. Ma anche nel partecipare a questi podcast ora, devo parlare un po’ più lentamente e respirare un po’ di più. Perché la mia capacità polmonare non è più quella di una volta. Questa non è una malattia da niente, anche se non sono morto e non sono finito in ospedale: non è l’influenza, glielo garantisco. Ma quando l’ho preso non avevamo niente. Ed è così che ho scoperto la famotidina. Mi stavo curando con farmaci che avevamo identificato al computer. Ma quel trattamento era di tentativo e avevamo informazioni parziali e allora non sapevamo nulla di alcuni di questi altri agenti. E così ho avuto un danno polmonare maggiore. Sarebbe bello, sarebbe una buona cosa per me, mi piacerebbe poter contribuire ad aiutare le persone a non sviluppare e a non passare attraverso tutto quello che ho passato io, ma penso che il vostro protocollo sia coerente con quello utilizzato in tutto il mondo.

IB – Grazie. Quindi questo approccio terapeutico precoce funziona. E lo abbiamo dimostrato, abbiamo cercato di diffondere queste informazioni per salvare molte vite. E abbiamo la prova che queste terapie funzionano. Oggi abbiamo anche pubblicato un manuale in inglese che si può trovare su Amazon, per far sapere alle persone che esiste una cura. Perché secondo Lei, Sig. Malone, i governi non applicano ufficialmente queste terapie precoci?

RM – Non ho una risposta a questa domanda. È un paradosso. Penso che molte persone in tutto il mondo si stiano ponendo la stessa domanda. Semplicemente non sembra avere senso. Nel caso dell’ivermectina, tanto per fare un esempio, abbiamo avuto una strana situazione in cui la Merck ha affermato con forza che l’ivermectina non è sicura e non è efficace. È strano perché è un farmaco Merck. Abbiamo 40 anni di sicurezza. Qualsiasi farmaco dosato a livelli sufficientemente alti può essere tossico. La chiamiamo “finestra terapeutica”. Finché si sta all’interno della finestra terapeutica, l’ivermectina è un farmaco molto sicuro. E così, c’è un apparente conflitto di interessi finanziario all’interno del settore. La Merck non produce più l’ivermectina, o la produce ma non la commercializza. È un farmaco che la Merck ha inventato 40 anni fa e per il quale ha ottenuto il premio Nobel, o l’ha ottenuto uno dei suoi scienziati, è stato usato in tutto il mondo, ora è generico, ed è nell’elenco dei medicinali essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Perciò dire che questo farmaco è tossico è assurdo. Sì, ad esempio qui negli Stati Uniti è possibile acquistare formulazioni di ivermectina per il bestiame. Sono ad altissima concentrazione. E allora sì, se si bevessero, sarebbero tossiche. Non darei nemmeno l’ivermectina per bestiame ai miei cani o ai miei cavalli. Ai miei cavalli do l’ivermectina una volta al mese per prevenire i vermi. E si è scoperto che la dose approvata per i miei cavalli è proprio la dose umana. Sono 200 microgrammi per chilogrammo. Quindi a una persona di 80 chilogrammi non si dà la stessa quantità totale che si dà a un cavallo di tre quarti di tonnellata, ma se si considera la quantità per unità di peso corporeo, è la stessa. Quindi la Merck è uscita con queste dichiarazioni. Sembra che la Pfizer stia sviluppando un farmaco che è molto simile come meccanismo d’azione all’ivermectina e lo stia promuovendo come candidato per il trattamento del COVID. Adesso la Pfizer afferma ufficialmente che non saremo in grado di superare questa pandemia soltanto con i vaccini e ritiene che dobbiamo usare i vaccini più il farmaco Pfizer. Ecco, sì, così affascinante… detto in modo diplomatico … Quindi qui ci sono interessi finanziari. E la Merck sta ovviamente promuovendo, portando avanti, il proprio farmaco antivirale che ha acquistato dalla Ridgeback, che a sua volta ha acquistato dalla Emory, e che di fatto era stato sviluppato, finanziato, dai miei colleghi della Defense Threat Reduction Agency. Quindi la Merck ora sta dicendo che questo è il suo farmaco e lo sta promuovendo come antivirale ad azione diretta. Il problema con gli antivirali ad azione diretta è che è probabile che facciano sì che il virus sviluppi resistenza (l’abbiamo imparato con l’AIDS), mentre molti di questi agenti come l’ivermectina probabilmente non sono un antivirale ad azione diretta quando sono usati alle dosi che sono sicure per l’uomo; questi altri agenti del vostro protocollo sono tutti studiati per curare la malattia, non l’infezione, e la malattia e l’infezione sono due cose separate.
Quindi non so perché i governi stiano … sembra che la loro risposta sia stata influenzata dall’industria farmaceutica … so che in Svizzera non avete mai problemi con l’industria farmaceutica. Salvo che è una delle principali voci di fatturato.

IB – Penso che sia mondiale, penso che sia mondiale…

RM – Proprio così… Sembrerebbe che la Pfizer sia particolarmente aggressiva. Ho appreso proprio ieri sera da miei colleghi in Israele che i termini della Pfizer nel contratto stipulato per ottenere da parte di Israele l’accesso anticipato al vaccino sono tali per cui la Pfizer ha accesso a tutti i dati e per cui gli eventi avversi che si stanno verificando sono effettivamente disponibili alla Pfizer, ma non sono disponibili per ladivulgazione al pubblico.
Quindi, quando sentiamo che non sono stati segnalati eventi avversi in Israele, beh, in realtà è per legge, per contratto, che non possono divulgare tali eventi avversi, e i termini del contratto sono tali per cui non possono essere divulgati per un periodo di 30 anni.
Quindi la Pfizer è molto aggressiva nel proteggere i propri interessi. Non credo assolutamente che facciano gli interessi del resto del mondo. Forse, quindi, c’è un’influenza indebita sui governi da parte dell’industria farmaceutica, un po’ alla base di tutto… penso che questa possa essere un’ipotesi. Un’altra ipotesi potrebbe essere che c’è solo un enorme fenomeno di groupthink in corso.
E forse gli Stati Uniti sono responsabili di questo, in qualche modo, perché abbiamo avuto vari leader d’opinione nelle posizioni di rilievo del governo, che hanno statuito che si debba promuovere soltanto il vaccino. E poi non so che altro aggiungere. Voglio dire, la maggior parte dei vostri spettatori può fare altrettante ipotesi quanto me, e probabilmente anche di più. Ci sono molte teorie del complotto, e mi sforzo davvero di evitare il pensiero complottistico.

IB – No, certo, la penso anch’io così, ma capisce, oggi, se si ha soltanto un’opinione alternativa, si è considerati come se non si credesse nella scienza, ma non è una questione di scienza. È una questione di interessi, di interessi economici, di affari, sono tante cose.

RM – Sì. Ma non sono d’accordo su quello. Sì, cioè il motivo per cui queste cose vengono soppresse non sono una questione di scienza, e su questo sono d’accordo. Sono sempre più convinto dalle opinioni di Geert Vanden Bossche nei Paesi Bassi, secondo cui le politiche che stiamo perseguendo a livello globale in questo momento sono altamente controproducenti, e dobbiamo ritornare sui nostri passi ad una posizione che preveda di vaccinare le persone a più alto rischio e accelerare la messa a disposizione di protocolli e trattamenti farmacologici per la malattia in fase iniziale, implementandoli in modo molto aggressivo. Penso che abbia ragione e che, a causa della campagna vaccinale, stiamo rischiando di selezionare mutanti che sfuggono al vaccino (VEM – Vaccine-Escape Mutants).

IB – Ho un’ultima domanda per Lei. Dato che è uno dei massimi esperti di tecnologia genomica per i vaccini, quali sono i punti di forza e di debolezza di questa tecnologia applicata ai vaccini?

RM – Grazie per questa domanda … sono contento di poter rispondere: raramente viene posta, cioè tutta questa idea di utilizzare la terapia genica a scopo di vaccinazione… Inizialmente, quasi tutta l’attenzione in vaccinologia era rivolta alla generazione di anticorpi, e in molti casi lo è ancora. Ricorderà che con l’introduzione anticipata di questi vaccini tutti parlavano della loro attività anticorpale neutralizzante. Bene, si scopre che quei test di neutralizzazione che utilizzano pseudovirus o virus vivi sono in realtà scarsamente predittivi dell’efficacia; misurano qualcosa che non è realmente correlato alla protezione, il che è sempre un problema in vaccinologia. Giusto per contestualizzare un po’ di più, se si può definire un “correlato di protezione”, cioè un qualcosa che, se si misura questo valore di laboratorio, significa che si è protetti, mentre se non si raggiunge un certo livello allora non si è protetti, questa è la migliore situazione per lo sviluppo dei vaccini, perché allora possiamo semplicemente eseguire il test di laboratorio: non abbiamo bisogno di aspettare di trovarci ad affrontare o meno il virus. Questo è il caso dei vaccini antinfluenzali; abbiamo un correlato di protezione. Si presumeva che gli anticorpi fossero un correlato di protezione per questi vaccini, ma non lo sono, e questo è spesso quello che si verifica in vaccinologia. Perché il sistema immunitario ha queste due risposte immunitarie: ha la risposta immunitaria innata, che è una specie di risposta immunitaria primitiva, primordiale, non specifica; di fatto non è esattamente aspecifica, sono cose come gli interferoni e altro, recettori di riconoscimento di pattern molecolari, e questo tipo di vie; poi abbiamo le risposte dei linfociti B (pensiamo agli anticorpi) e abbiamo le risposte dei linfociti T. Ora le cellule T sono anche coinvolte nella gestione delle risposte delle cellule B, quindi il discorso si fa davvero complicato. Ma un ramo della risposta delle cellule T sono i linfociti T citotossici. Queste sono le cellule T killer che vanno in giro a cercare le cellule cancerose e le uccidono. E cercano anche le cellule infettate dal virus e le uccidono, perché quelle cellule che sono infettate dal virus sono in realtà le piccole centrali di produzione che il virus utilizza: il virus ci parassita – questo è ciò che fa un virus – e fa sì che le nostre cellule diventino fabbriche di produzione di virus. Quindi i virus sono un po’ come i Borg: se Lei è una fan di Star Trek, sa bene che alla fine ci assimileranno, giusto? Prendono il controllo delle nostre cellule e fanno fare loro ciò che vogliono. Quindi non abbiamo solo bisogno di avere anticorpi che attaccano agenti all’esterno delle cellule, ma abbiamo bisogno nel nostro sistema immunitario di strumenti che possano andare ad attaccare le cellule stesse. E i vaccini tradizionali non sono stati molto efficaci a produrre risposte immunitarie che suscitano cellule T effettrici. Tutta l’idea, dopo l’entusiasmo iniziale dell’“Ah, possiamo farlo con la terapia genica”, allora la domanda successiva era questa: perché è una buona idea? Perché sarebbe un’idea migliore? Perché l’uso di una strategia di terapia genica imita più da vicino l’infezione virale, senza permettere ai virus di sviluppare questi strumentini speciali che utilizzano per forzare le serrature del nostro sistema immunitario. Cioè i virus sono sottoposti a una straordinaria pressione evolutiva e quindi sviluppano metodi attraverso la segnalazione. E anche il SARS-CoV-2 fa questo, attraverso l’NF-κB e altre vie. I virus sviluppano sistemi per influenzare la risposta delle nostre cellule, per disattivare le normali protezioni che le cellule utilizzano per evitare di essere infettate dai virus. Allora, l’idea è di usare una tecnologia di terapia genica per inserire il gene per uno o più antigeni chiave, ma non inserire le parti del virus che causano la downregolazione del nostro sistema immunitario e l’inefficacia della risposta, e – facendo sì che le proteine vengano espresse dalla cellula anziché fornirle semplicemente esternamente alla cellula – per ottenere la risposta sia delle cellule B che delle cellule T effettrici, quindi una risposta immunitaria più completa, che imita l’infezione senza avere le parti del virus in grado di manipolare la risposta immunitaria; in tal modo, possiamo ottenere una risposta immunitaria più robusta ed efficace. Questa è la logica. E perché funzioni, ci si deve accertare, per esempio, che gli antigeni che si vogliono esprimere non siano proprio le proteine in grado di manipolare la risposta immunitaria. Purtroppo la spike è una di quelle Quindi la sfida in tutto questo è di assicurarsi che siano sicuri ed efficaci, siano puri, e tutto il resto. Ma questa è la ragione, la logica, per cui una strategia basata sulla terapia genica è sensata e, in particolare, questa è la differenza tra un vaccino a vettore adenovirale, che è un virus del raffreddore a DNA, il quale inserisce tutto il gene dell’altro virus interamente all’interno delle cellule nel nucleo dove risiede il DNA, e una strategia dell’RNA. La logica – questa era la base per tutto l’entusiasmo sull’uso dell’RNA come vaccino, il momento dell’“ah” – è che l’RNA viene degradato abbastanza rapidamente, mentre il DNA rimarrà per un lungo periodo di tempo: i vettori adenovirali sono stati creati per produrre molte proteine per un lungo periodo di tempo a scopo di terapia genica.
L’RNA può essere dosato più come un farmaco; è più simile a un farmaco a d azione prolungata, relativamente lunga. Se dosato, entra nelle cellule, in teoria si degrada in poche ore, produce proteine mentre è lì; quelle proteine possono durare giorni o mesi, a seconda della natura della proteina nella cellula, ma la parte di RNA stessa è lì per un periodo di tempo abbastanza breve, e poi si degrada. Quindi, se c’è una tossicità, non resta presente nel nostro corpo per molto tempo.
Con una classica strategia di terapia genica, come un vettore a retrovirus, l’unico modo per riparare i danni su una persona in cui insorge un problema sarebbe di entrare in qualche maniera ed eliminare tutte quelle cellule. Questo non si può fare, perché il farmaco va in giro per tutto il corpo. Quindi questo è un po’ un rischio con i classici vettori utilizzati nella terapia genica.
E l’idea dell’RNA è che puoi dosarlo più come un farmaco, produce il suo effetto per alcune ore e poi sparisce. Quindi se ne vuoi di più, puoi introdurne un’altra dose. Questa è la logica per cui potenzialmente, per un’azienda farmaceutica è una bell’idea, perché a loro piace ridosare, perché ogni volta ricavano il loro franco, o 100 franchi, o qualunque cifra ricavino per quel farmaco, ogni volta che viene dosato. Quindi a loro piace l’idea e ha vantaggi per la sicurezza, ma è una molecola molto costosa da produrre. Non sono vaccini economici: ecco perché non sono davvero così utili per grandi epidemie nelle economie emergenti. Erano intesi più come un prodotto speciale, una risposta rapida che puoi dare, per esempio, se vuoi contenere un’infezione quando è appena iniziata. Potrebbero essere più appropriati per questo. Ma per l’implementazione su larga scala in tutto il mondo, si sta rivelando un processo costoso e difficile. Ho risposto alla Sua domanda?

IB – Sì, vorrei soltanto sapere: e per quanto riguarda gli effetti collaterali di questi vaccini?

RM – Riguardo agli effetti collaterali, le cose si complicano. A grandi linee, in questo momento abbiamo due categorie di vaccini genici: abbiamo i vaccini a vettore adenovirale ricombinante – Oxford Sanofi AstraZeneca è uno di questi, Johnson & Johnson è un altro – e poi abbiamo i vaccini a mRNA, e i due che sono disponibili in tutto il mondo, in Paesi selezionati, sono quello BioNtech promosso dalla Pfizer, e quello Moderna. Soffermandoci un attimo su quelli a vettore adenovirale, quelli sono generalmente studiati per produrre grandi quantità di proteine per lunghi periodi di tempo, quindi espressione sostenuta, eppure l’immunogenicità sembra essere inferiore, e in alcuni casi l’efficacia sembra essere inferiore. Non mi è chiaro perché stia succedendo questo. È controintuitivo. Potrebbe avere qualcosa a che vedere con la natura del vettore e le complicazioni ad esso associate e la risposta immunitaria contro il vettore stesso, perché anche quello è un virus. Quindi, in generale, quei vaccini sembrano provocare alcuni dei sintomi prima. È stato rilevato il segnale degli eventi avversi della trombosi, cioè coagulazione del sangue, e alcune delle malattie autoimmuni come la sindrome di Guillain-Barré sembrano comparire per prime nei dataset associati ai vaccini a vettore adenovirale, e questo è coerente col fatto che questi vaccini producono livelli più alti di proteine per un periodo di tempo più lungo: è quello che ci si aspetterebbe. E ci si aspetterebbe che, se lo stesso tipo di evento avverso si verifica nel vaccino a mRNA, allora è probabile che non sia dovuto alla piattaforma, ma piuttosto alla cosa che viene prodotta: tutti questi vaccini stanno producendo la stessa proteina, e tra l’altro questa proteina è presente nel virus che causa la malattia – ecco perché usiamo la spike. Abbiamo una spike virale, abbiamo una spike nei vaccini a vettore adenovirale, e abbiamo una spike nei vaccini a mRNA. La spike virale è notoriamente citotossica, direttamente citotossica, per influenzare l’attività del recettore ACE-2, per aprire la barriera ematoencefalica, per causare una grande quantità di problemi – ogni settimana, ogni mese, arrivano informazioni di ulteriori rischi associati alla spike nativa. Quindi la domanda è: il vaccino è tossico solo perché lo è la proteina nativa? Si è detto: “Beh, il vaccino è stato studiato per essere meno tossico”. Ma in realtà questo non è vero. Nella proteina spike vengono in genere inserite le mutazioni, due mutazioni di amminoacidi, per mantenerla nella conformazione aperta piuttosto che nella conformazione più chiusa che si sviluppa dopo che si lega al suo recettore ACE-2 e che viene utilizzata per iniettare il genoma in altre parti del virus nella cellula. Dunque, la spike è una manopola sporgente, ha tre componenti identiche, che si assemblano in un trimetro; ognuna ha interfacce, ha bordi e si muove, è flessibile. E quindi queste mutazioni sono lì per tenerle più aperte, visto che si pensava che gli anticorpi per la tasca fossero quelli importanti: queste mutazioni sono state fatte per rendere la proteina più immunogenica. Si è scoperto che quelli non sono gli anticorpi più importanti; gli anticorpi più importanti sono quelli che stanno ai margini e alle giunzioni. Questi sono quelli che bloccano l’infezione e la malattia.
Ma inizialmente non lo si sapeva e nemmeno si sapeva di tutte queste tossicità, quindi non possiamo in realtà biasimarli, tranne per il fatto che hanno fatto le cose di fretta, non si sono consultati l’un l’altro, e non hanno riflettuto più di tanto. Ma questo è quel che capita.
Quindi sembra che ci siano simili tossicità su tutte e tre le piattaforme. Inoltre, l’RNA non è stato testato. La componente lipidica, in particolare (ricorda che ho detto che i lipidi hanno carica positiva e si legano attorno all’RNA e lo rivestono?) quindi la componente lipidica non è mai stata in pratica utilizzata – questi nuovi grassi sintetici non sono stati utilizzati quel granché in precedenza sugli esseri umani. E almeno per quanto riguarda i dati Pfizer del documento tecnico comune, cioè il documento informativo che la Pfizer consegna alle agenzie di regolamentazione, questo mostra in un numero molto limitato di esperimenti su roditori che il lipide sembra accumularsi nelle ovaie. È circa il 12%. Va in altri punti del corpo e si accumula nel midollo osseo, nella milza, nel fegato, ecc. Quindi non si può dire che non ci siano problemi associati alla componente lipidica, perché semplicemente non ci sono stati gli studi per dimostrare se questo è vero o no. Perciò penso che, ad essere onesti, si debba dire che i vettori adenovirali sono stati testati in molti altri vaccini virali. E abbiamo quei dati. Quindi sappiamo quali sono i problemi con i vettori adenovirali. Questo tipo di profilo di coagulazione del sangue e malattia autoimmune che vediamo saltar fuori non si era visto così frequentemente con quegli altri vaccini. Sembra cioè che non sia un problema di piattaforma del vettore adenovirale. Ora, stiamo anche vedendo, oltre alla trombocitopenia, cioè piastrine basse, e alla trombosi, cioè coagulazione che include la trombosi venosa profonda, cioè grossi coaguli, e anche la microcoagulopatia, cioè piccoli coaguli nei piccoli vasi, abbiamo questi segnali di malattie autoimmuni, e tra questi ci sono anche gli anticorpi antipiastrinici. Non capiamo appieno quale sarà lo spettro delle malattie autoimmuni, perché ci vorranno anni per capirlo. Abbiamo i problemi di cardiotossicità, cioè cardiomiopatia e pericardite. Questi problemi si vedono anche nella malattia stessa. Potrebbero essere innescati da questa microcoagulazione nei piccoli vasi, che potrebbe essere una causa. C’è chi dice che questi problemi sono in realtà relativamente banali e se ne vanno. Come ho detto all’inizio, il danno al cuore e ai polmoni non scompare, semplicemente cicatrizza. Quindi il cuore dei bambini che sviluppano questi problemi non è mai più lo stesso. Si svilupperanno cicatrici dove c’è stato il danno: questa è la pura verità. Può darsi che questi problemi non siano evidenti, che questi bambini corrano ancora tanto quanto prima, ma questo non significa che il loro cuore non sia stato danneggiato in modo permanente. Ci sono molti altri problemi che si manifestano a bassa frequenza. E questi sono difficili da rilevare, ed è difficile determinare se siano associati al vaccino o meno, perché la natura di come stiamo raccogliendo i dati e i sistemi di segnalazione spontanea non sono molto buoni a permetterci di elaborare una valutazione rigorosa. Poi ci sono vari segnali, inclusi i segnali di salute riproduttiva femminile, che riguardano alterazioni del ciclo, delle mestruazioni, magari preoccupanti. Molte donne hanno osservato questo. Non è riconosciuto ufficialmente, eppure una donna dietro l’altra dice “Sì, ho avuto questo”. Ci sono donne in postmenopausa che hanno iniziato ad avere perdite, il che è spesso considerato un segno di cancro, che in questo caso può o meno essere correlato a cancro. Un altro effetto che si sta verificando è la riattivazione di virus latenti. L’herpes zoster, tanto per fare un esempio molto banale, sembra essere innescato dal vaccino. Ce ne sono molti altri. C’è qualche preoccupazione in termini di salute riproduttiva, aborti spontanei nel primo e secondo trimestre. Non è ancora dimostrato, ma è da considerare un rischio in questo momento. I database non consentono di caratterizzare bene gli eventi avversi, ma uno di cui molti virologi e vaccinologi si sono maggiormente preoccupati è il potenziamento anticorpo-dipendente o il potenziamento della malattia generato dal vaccino. Questo succede con alcuni vaccini. Storicamente, è capitato parecchio con il precedente sviluppo di vaccini contro il coronavirus sia negli animali che nell’uomo. Il periodo di tempo in cui è più probabile che ciò si manifesti è nella fase calante della risposta immunitaria.
Ora sappiamo che la durata della protezione di questi vaccini è solo di circa sei mesi; la “durata della protezione” dice per quanto tempo il vaccino fornisce protezione. Sembra che la durata sia di circa sei mesi, sicuramente per il vaccino Pfizer. E quindi, se il potenziamento anticorpo-dipendente dovesse iniziare a manifestarsi, e ci sono alcuni segnali in alcuni dati come quelli israeliani che sembrano indicare questo, allora ci si aspetterebbe che inizi a manifestarsi circa sei mesi dopo la vaccinazione completa. Quindi dobbiamo stare attenti a questo in questo momento.
E dovremmo sapere nei prossimi due o tre mesi se si sta davvero manifestando come problema significativo. Ad oggi non sembra essere stato così, quindi forse saremo fortunati. Ecco, questa è una breve carrellata degli eventi avversi e dei rischi.
Ci sono vari medici che stanno facendo uno studio in cui fanno un prelievo di sangue col test di laboratorio chiamato D-dimero, che rileva i frammenti di sangue coagulato, la cascata coagulativa. Questi medici rilevano i livelli di D-dimero prima della vaccinazione e dopo la vaccinazione, e ci sono molti che affermano che circa il 60% dei pazienti mostra un D-dimero elevato dopo la vaccinazione; questo suggerisce che i vaccini stiano innescando questo problema di microcoagulopatia, e se ciò accade è probabilmente dovuto alla spike.
Quindi, il quadro è ancora in evoluzione. Questa osservazione è stata sollevata da molti medici generici, in particolare quelli che si stanno concentrando sui sintomi cronici del COVID definiti “long COVID”: molti dei sintomi che vengono segnalati con frequenza inferiore nei destinatari del vaccino sono molto simili a questi sintomi cronici che si sono visti dopo il COVID, e quindi la speranza è che gli stessi farmaci possano essere usati per curare l’uno e l’altro. Ma di nuovo, questo sarebbe un segno che suggerisce che la spike nativa, la proteina spike che è coinvolta, che viene prodotta nelle cellule, usando queste strategie di vaccini genici, potrebbe essere il problema, e quindi ora si sta parlando di vaccini di seconda e terza generazione.
L’altro grosso rischio è quello che è stato evidenziato da Geert Vanden Bossche, penso di averlo nominato prima; cioè questa strategia vaccinale universale, in cui distribuiamo il vaccino a tutti in tutto il mondo, è probabile, già solo in base alla virologia fondamentale, che generi mutanti che sfuggono al vaccino (VEM) e si traduca in una sorta di corsa agli armamenti tra noi e il virus, in cui i virus sono guidati via via in modo evolutivo a superare la capacità del corpo di sviluppare una risposta immunitaria contro determinati epitopi della spike. E ci sono modi in cui i virus fanno questo attraverso la glicosilazione, o altre modifiche, per far sì da nascondere le loro parti deboli: è come indossare un’armatura. Questa è una metafora che funziona per gli svizzeri: so che da tempo siete abili nella produzione di armature. Abbiamo le Guardie Svizzere, giusto? Quindi penso che sia una buona metafora che il virus possa imparare ad armarsi per sfuggire alla sorveglianza immunitaria causata dai vaccini. E se ciò accade, poiché tutti noi saremo stati addestrati, immunologicamente, ad avere la stessa risposta contro la stessa proteina focale, una volta che il virus imparerà a sfuggire a quella particolare strategia immunitaria, allora diventeremo tutti molto suscettibili a un nuovo mutante. E questa è una grossa preoccupazione.
Quindi si può argomentare correttamente che una strategia più intelligente sarebbe quella di distribuire farmaci, di vaccinare le persone che sono più a rischio di malattia e morte, come gli anziani, e di non vaccinare la maggioranza della popolazione in modo da non avere questa pressione selettiva. Così è come sono progettati di fatto i nostri sistemi immunitari, perché abbiamo molta diversità genetica nelle nostre principali molecole del complesso di istocompatibilità: queste sono le molecole che controllano il modo in cui ciascuno di noi sviluppa una risposta immunitaria. Quindi la Sua risposta immunitaria sarà molto diversa dalla mia senza vaccinazione. Con la vaccinazione, la Sua e la mia saranno simili. Si tratta, cioè, di discutere sul quadro generale di noi come specie rispetto a noi come individui. E penso che sia molto pertinente quello che Geert sostiene.
Il problema è che si tratta di virologia ed epidemiologia avanzata, ed è davvero difficile aiutare i rappresentanti della sanità pubblica e i funzionari del governo a capirlo.
Probabilmente Lei non ha ancora figli, ma c’è un detto secondo cui se si dà un martello a un bambino di tre anni, tutto diventa un chiodo. E a volte siamo un po’ così con i vaccini. E Geert sostiene in modo convincente che dobbiamo essere un po’ più sofisticati e usare il martello solo dove ne abbiamo bisogno, e non usarlo su tutto.

IB – Sono d’accordo con Lei, assolutamente. Grazie mille, Sig. Malone per questa intervista. È stato un onore conoscerLa e sentire le Sue parole.
E so che tra pochi giorni avrà una conferenza a Roma.

RM – Sì. Non vedo davvero l’ora.

IB – E quindi spero di rivederLa presto dal vivo.

RM – OK!

IB – Grazie e buona giornata!

RM – Anche a Lei! Arrivederci!

IB – Arrivederci!

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