È possibile creare un virus in laboratorio senza lasciare traccia? La risposta dell'esperto

 

È possibile creare un virus in laboratorio senza lasciare traccia? La risposta dell'esperto

A Presa Diretta, in onda lunedì 14 settembre alle 21.20 su Rai3, parla per la prima volta in Italia il microbiologo Ralph Baric, il maggior studioso al mondo di coronavirus, tra i più grandi esperti nella costruzione di virus sintetici, autore della famosa chimera del 2015 di cui parlò il Tg Leonardo.

Parla per la prima volta in Italia in un’intervista concessa a PresaDiretta il microbiologo Ralph Baric, il maggior studioso al mondo di coronavirus, tra i più grandiesperti nella costruzione di virus sintetici, autore della famosa chimera del 2015 di cui parlò il tg Leonardo: “si può ingegnerizzare un virus senza lasciare nessuna traccia. Le risposte che cercate però potete trovarle solo dentro gli archivi del laboratorio di Wuhan”.

Non è vero che le manipolazioni dei virus in laboratorio si vedrebbero, come si è ripetuto per tutti questi mesi di fronte alle origini misteriose di SARS-Cov-2. Sono almeno dieci anni che nei due laboratori più all’avanguardia al mondo, in North Carolina e a Wuhan, dove è scoppiata la pandemia, i ricercatori utilizzano delle tecniche molto sofisticate chiamate seamless, letteralmente “senza cuciture” grazie alle quali è possibile combinare materiale genetico di diversi tipi di virus senza lasciare cicatrici nelle giunzioni tra un pezzo e l’altro, come accadeva un tempo. 

“Se vuoi, puoi scegliere di lasciare una traccia, una specie di firma del tuo intervento. Un po’ come dire, questo virus è stato fatto nel laboratorio del professor Baric” dice - in esclusiva a Presadiretta nell’inchiesta “SARS-CoV-2 IDENTIKIT DI UN KILLER” in onda stasera alle 21.20 su Rai3 – Ralph Baric, professore di microbiologia e immunologia alla North Carolina, che da trent’anni studia i coronavirus.

“Nella chimera che abbiamo realizzato in America nel 2015 col virus della Sars, insieme alla professoressa Zheng-li Shi dell’Istituto di Virologia di Wuhan, avevamo lasciato delle mutazioni-firma, per cui si capiva che era frutto di ingegneria genetica. Ma, altrimenti non c’è nessun modo di distinguere un virus naturale da uno realizzato in laboratorio”. La chimera, di cui tutti abbiamo sentito parlare per la prima volta qualche mese fa perché è tornato a circolare in rete il servizio del 2015 del Tg Leonardo, faceva parte di un progetto di ricerca finanziato anche dall’NIH americano per studiare i virus dei pipistrelli: i ricercatori cinesi e americani avevano inserito nel virus della SARS la proteina Spike, quella che consente al virus di entrare nelle cellule umane, e ne era un uscito un supervirus capace di attaccare l’uomo. 

Quindi esclude che SARS-CoV-2 sia una chimera fatta in laboratorio? gli chiediamo. “Non con i virus che sono stati sequenziati e riportati fino ad oggi”. E Sono pubblici i database? “Si, le sequenze si possono scaricare. Poi però, non posso sapere se i ricercatori pubblichino ogni singola sequenza. Come potrei saperlo? Ci sono milioni di sequenze di virus…”.

“Nei database c’erano le sequenze di un gran numero di coronavirus di pipistrelli simili alla SARS identificati in Cina – spiega Baric -  E in quell’enorme bacino, ci si poteva immaginare che ci fossero dei ceppi che avrebbero potuto crescere bene nelle cellule umane. La domanda nella comunità scientifica era quindi: se emerge un nuovo ceppo è in grado di causare un’epidemia o deve passare attraverso una serie di mutazioni? A questo serviva quell’esperimento del 2015, e ora sappiamo che esistono nei pipistrelli dei virus che sono pre-programmati per saltare da una specie all’altra.  Se lo fanno, si riprodurranno bene negli esseri umani, In quel caso non abbiamo avuto accesso ai virus in Cina, tutto quello che avevamo era la sequenza: si può sintetizzare chimicamente la sequenza del virus in laboratorio e poi ricreare il virus”. 

SARS-CoV-2 può essere uscito dal laboratorio di Wuhan? Non lo sapremo mai forse, perché l’indagine internazionale, chiesta da mesi, non è mai partita. E i data base di Wuhan sono scomparsi: negli archivi della rete abbiamo scoperto che la professoressa Shi aveva a messo a disposizione della comunità scientifica una ricchissima banca dati specializzata in virus di pipistrelli e roditori che conteneva dati relativi a più di 20mila campioni e virus raccolti negli anni in diverse parti della Cina. Riportava informazioni molto dettagliate: le coordinate GPS del luogo di campionamento, il tipo di virus trovato, se il virus era stato sequenziato o isolato (cioè fatto crescere in colture cellulari). Il database prevedeva un accesso tramite password per consultare i dati relativi a virus non ancora pubblicati, con l’obbligo solo di non divulgare le informazioni fino alla data di pubblicazione. Da giugno però la pagina intera è stata rimossa dal web. Addirittura, secondo un portale che monitora le banche dati di carattere scientifico della Cina, i dati erano inaccessibili già dal 12 settembre 2019. Perché? Che esperimenti si facevano a Wuhan? 

Nell’inchiesta di PresaDiretta si indaga l’anomalia di questo virus. Ancora non si sa da quale animale arrivi, per la Sars – poche settimane dopo che era stata identificata come coronavirus – si era trovato l’animale intermedio. E poi gli esperimenti che si facevano nel laboratorio cinese, finanziati dagli Usa; gli esperimenti di Gain of function, che per una grande fetta del mondo scientifico sono pericolosi come giocare con il nucleare.

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