MORITURI TE SALUTANT

 

Il commento di Romano Prodi sul calo demografico che sta attraversando l'Italia: "in 25 anni perderemo l'equivalente della popolazione dell'Emilia Romagna". Abbiamo verificato. 

calo demografico dati italia
 Foto: leksey Nikolskyi / RIA Novosti / Sputnik / AFP
 Romano Prodi (Afp)

Il 9 giugno, ospite alla Repubblica delle Idee di Bologna, l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi ha commentato il calo demografico del nostro Paese, dicendo che "in 25 anni l’Italia perderà la popolazione dell’Emilia-Romagna". Ma è davvero così? Abbiamo verificato.

Quanti siamo oggi in Italia

Secondo i dati più aggiornati dell’Istat, al 1° gennaio 2019 in Italia vivevano quasi 60 milioni e 400 mila persone, oltre 90 mila in meno rispetto all’anno precedente. È il quarto anno consecutivo che la popolazione nel nostro Paese cala: la causa principale è soprattutto il bilancio negativo tra il numero delle nascite e quello dei decessi.

Nel 2018, infatti, i morti sono stati 187 mila in più delle nascite, un divario compensato grazie agli immigrati provenienti dall’estero (+190 mila). Ma le operazioni di riordino delle anagrafi (dovute per esempio ai fenomeni migratori interni) segnano comunque una diminuzione complessiva di 93 mila unità. In crescita è la componente straniera della popolazione residente, che al 1° gennaio 2019 contava oltre 5 milioni e 200 mila cittadini.

Come spiega l’Istat, uno dei problemi è che si fanno "meno figli e sempre più tardi". La fecondità è rimasta stabile – ogni donna in Italia fa in media 1,32 figli – ma si colloca, secondo i dati Eurostat, agli ultimi posti in Europa, davanti solo a Spagna e Malta.

Il numero di nascite da madre italiana è invece in continua discesa: nel 2018 i nati sono stati quasi 360 mila, 8 mila in meno rispetto all’anno precedente. Anche le nascite da cittadine straniere sono in calo, seppure minore. Circa 91 mila nuovi nati nel 2018 avevano la mamma straniera, un migliaio in meno rispetto al 2017.

Alla riduzione della popolazione fino ai 14 anni (-420 unità dal 2015 a oggi) è corrisposta una crescita in termini assoluti e relativi del numero di anziani over 65: oggi sono circa 14 milioni, quasi un quarto della popolazione totale.

Quanti saremo tra 25 anni

Il quadro attuale sull’andamento demografico in Italia non è dunque dei più incoraggianti. E lo stesso vale per le previsioni future. Nel report Il futuro demografico del Paese – pubblicato il 3 maggio 2018 – l’Istat stima che nel 2045 la popolazione residente in Italia sarà pari a 59 milioni, e poco più di 54 milioni nel 2065. Nei prossimi 25 anni, rispetto al numero attuale di cittadini, il calo sarebbe di quasi un milione e mezzo e di quasi 6 milioni e mezzo nei prossimi 45 anni.

A un primo esame, la dichiarazione di Prodi appare dunque esagerata: dal momento che al 1° gennaio 2019 in Emilia-Romagna vivevano quasi 4,5 milioni di persone, il calo stimato dall’ex presidente del Consiglio sembra essere tre volte maggiore di quanto previsto dall’Istat. In realtà le cose sono un po’ più complicate di come sembra.

Prevedere il futuro

Come spiega la Nota metodologica del rapporto Istat, fare previsioni sul futuro non è mai semplice, per di più in ambito demografico. I fattori da prendere in considerazione sono infatti molti e diversi tra loro, passando dai tassi di mortalità e di fertilità agli andamenti dei movimenti migratori. Per questo motivo, le stime fornite hanno sempre un grado di incertezza e non sono mai sicure al 100 per 100.

La metodologia alla base delle previsioni Istat – ideata da un gruppo di lavoro dell’istituto, in collaborazione con l’Università Bocconi di Milano e quella di Oxford nel Regno Unito – fornisce dunque diversi scenari. Quello mediano è considerato il più probabile, ed è in questo che l’Istat stima un calo di quasi un milione e mezzo di abitanti da oggi ai prossimi 25 anni.

I risultati però diventano tanto più incerti quanto più ci si allontana dal presente in cui ci troviamo. Se si guardano le stime nel dettaglio, si scopre quindi che per il 2045 le previsioni Istat sono comprese* in una forbice che varia da una popolazione residente di quasi 55 milioni e 300 mila cittadini a una di quasi 62 milioni e 900 mila.

In uno scenario più incerto e meno probabile è dunque possibile che la popolazione in Italia cali nei prossimi 25 anni di quasi 5 milioni di unità, un numero persino maggiore della popolazione attuale dell’Emilia-Romagna.

Conclusione

L’ex presidente del Consiglio Romano Prodi ha ragione a sottolineare che i dati demografici dell’Italia sono preoccupanti, ma esagera quando dice che in 25 anni la popolazione del nostro Paese diminuirà di quasi 4,5 milioni di abitanti, ossia il numero di quelli che oggi vivono in Emilia-Romagna.

Secondo lo scenario più probabile previsto dall’Istat, entro il 2045 il calo sarà più contenuto (-1,4 milioni) mentre raggiungerà la stima fatta da Prodi nel 2065. È comunque vero che queste stime hanno diversi gradi di incertezza: secondo uno scenario meno probabile, è possibile che nei prossimi 25 anni la diminuzione della popolazione sia più marcata, arrivando addirittura alla cifra citata dall’ex Presidente del Consiglio.

*Parametri: Anno 2045 > Tavola

IN ITALIA INSEGNA SOLO CHI E' CONFORME ALLE CORRENTI POLITICHE DOMINANTI: LA SCUOLA E' COME IL CSM

 

Scuola, Recovery fund e l’idea di pagare di più i prof che fanno carriera

Nel Piano messo a punto dal governo con le voci di spesa per scuola università ricerca (poco meno di 30 miliardi) prevista la possibilità di una retribuzione mensile maggiore per gli insegnanti più «dinamici e capaci di assumere responsabilità»

Scuola, Recovery fund e l'idea di pagare di più i prof che fanno carrieraScuola, Recovery fund e l'idea di pagare di più i prof che fanno carriera
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Sindacati (capeggiati dalla Uil) e associazioni di genitori e prof come Priorità alla scuola hanno deciso di scendere di nuovo in piazza oggi per chiedere al governo di cogliere al volo l’occasione del Recovery Fund per una stabilizzazione di massa dei docenti precari (si presume senza nemmeno uno straccio di prova concorsuale) in modo da risolvere una volta per tutte l’emergenza classi pollaio (limitata in verità soprattutto ai primi anni delle scuole superiori delle grandi aree metropolitane). Forse farebbero bene a buttare un occhio anche alle bozze in circolazione del cosiddetto PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che il governo ha messo a punto dettagliando le linee di spesa principali del Next Generation Italia. Dei 208 miliardi che la Commissione europea ha messo a disposizione dell’Italia, poco meno di 30 (28,5) sono quelli destinati al capitolo Istruzione e Ricerca, una ventina di pagine incentrate su tre obiettivi principali: migliorare le competenze degli studenti italiani, agevolarne l’accesso all’università investendo sul diritto allo studio, far dialogare in modo più efficace mondo della ricerca e imprese.

Dai prof più meritevoli ai più dinamici

La prima voce è quella che riguarda più da vicino il mondo della scuola. Partendo dagli arcinoti risultati dei nostri ragazzi nei test Ocse-Pisa (in cui i 15enni italiani ottengono risultati molto inferiori a quelli dei loro colleghi francesi, tedeschi e inglesi sia in italiano che in matematica e scienze, per di più con enormi disparità fra Nord e Sud, centro e periferie), il PNRR evidenzia la necessità di intervenire senza ulteriori indugi sul recupero di questo svantaggio facendo leva sul potenziamento dell’insegnamento delle Stem, cioè delle discipline tecnico-scientifiche (chissà poi perché non dell’italiano in cui invece negli ultimi anni – a fronte dei miglioramenti fatti in matematica - siamo rimasti fermi al palo) e sulla formazione degli insegnanti. Come? Qui viene la parte che dovrebbe interessare i sindacati. Perché apparentemente la proposta del governo riprende quella – a suo tempo avanzata da Matteo Renzi con la contestatissima riforma della Buona Scuola – di introdurre una forma di carriera per i docenti con stipendi modulati in base al merito (calcolato come non si sa) e al rango raggiunto. «Formare il futuro è un lavoro difficilissimo con alte responsabilità che deve essere accompagnato e valorizzato nel tempo», si legge nel testo. Valorizzato come? «Si deve quindi costruire una carriera docente dando l’opportunità ai docenti più dinamici e capaci di assumere responsabilità all’interno della scuola, accompagnata alla possibilità di crescere in ruolo. Potranno avere funzioni di coordinamento, progettazione o formazione dei loro colleghi, ricevendo per le loro mansioni aggiuntive e per la qualifica raggiunta una retribuzione mensile maggiore». Torna a fare capolino, insomma, l’ipotesi – già prevista dalla Buona Scuola ma a suo tempo travolta dalle proteste insieme al sistema di valutazione premiale degli insegnanti delegato ai presidi – di un differente trattamento economico per i docenti più «meritevoli». Nella versione renziana si trattava dei più esperti (scelti da chi e su quali basi?, era stata la replica unanime dei sindacati), qui – aggirando il problema - diventano i più «dinamici e capaci di assumere responsabilità», cioè - sembrerebbe di capire - quelli che adottano metodologie didattiche più innovative, ai quali andrebbe affidato il compito di fare da mentori ai colleghi (più pigri?) aiutandoli a uscire dal sistema a senso unico della lezione frontale (sempre ammesso che ci sia ancora qualcuno che si limita a quella) .

Colpo all’Invalsi

Neanche una parola invece sulla possibilità di migliorare la formazione iniziale degli insegnanti prevedendo almeno un corso di specializzazione universitario per i neo laureati che vogliono intraprendere la carriera docente. Mentre viene fatto riferimento esplicito alla possibilità di premiare le scuole che ottengono dei miglioramenti nei parametri più critici, «inclusi gli apprendimenti certificati nei test Invalsi»: un passaggio alquanto generico che sembrerebbe però alludere alla possibilità di dare più fondi alle scuole che nel tempo raggiungono risultati migliori nelle prove standardizzate. Un’ipotesi che se portata avanti rischierebbe di fornire un’arma letale nelle mani di chi da anni lavora contro l’Invalsi stesso: nei Paesi come gli Stati Uniti dove le scuole vengono già premiate in base ai risultati dei ragazzi nei test, si è prodotto col tempo l’effetto distorsivo di dirottare tutte le energie sul miglioramento dei punteggi nelle prove a crocette, mortificando altri insegnamenti ritenuti non essenziali a questo scopo. Col risultato ultimo e paradossale di non migliorare affatto, o almeno non in profondità, le competenze dei ragazzi.

TORNIAMO A VOTARE: CI SONO PROBLEMI PIU' URGENTI DEL COVID SIA IN ITALIA SIA NEL RESTO DEL MONDO

 

Malattie dimenticate, rapporto MSF: mai sentite Noma e Kala Azar?

La lista dell’Oms su venti patologie tropicali neglette (compreso il veleno dei serpenti): 1,7 miliardi di persone colpite, centinaia di migliaia di vittime. Eppure si possono curare

Malattie dimenticate, rapporto MSF: mai sentite Noma e Kala Azar?Malattie dimenticate, rapporto MSF: mai sentite Noma e Kala Azar? Un bambino affetto da Noma nel ritratto di un artista per MSF
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C’è quella che ti uccide nel giro di quattro ore e quella invece che preferisce rosolarti per anni (come la Chagas in Sudamerica). E se anche una sembra battere in ritirata (la malattia del sonno, meno di mille casi registrati nel 2019), le altre se la passano molto bene, grazie. Protette dal loro mortale anonimato, senza un mandato di cattura internazionale, vanno in giro abbastanza impunemente e uccidono alla faccia dell’umanità. Sono le Neglected Tropical Diseases, note con un acronimo che ha la forza di un esplosivo: NTD. Sono le cosiddette «malattie tropicali neglette». E domani, sabato 30 gennaio, si è stabilito che sia il loro giorno di quasi celebrità: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ora ne conta venti, ma alcune sono così dimenticate da non essere nemmeno inserite nella lista.

Le cause del silenzio

Dimenticate da chi? Non certo da quel miliardo e 700 mila persone che ne vengono colpite, o dalle famiglie che piangono ogni anno centinaia di migliaia di vittime. Dimenticate perché? «Perché riguardano soprattutto persone povere nel Sud del mondo, e non rappresentano un buon mercato per gli investimenti in ricerca e sviluppo di farmaci»: a denunciarlo è un rapporto di Medici Senza Frontiere (MSF) che il Corriere ha letto in anteprima. Il titolo suona come un impegno: «Overcoming Neglect – Mai più dimenticate». Il contenuto è di quelli che valgono una lettura appassionata, e magari un piccolo esame di coscienza collettivo (qui l’intervento del presidente internazionale di MSF, il dottor Christos Christou).

Chi manca all’appello

Lo sappiamo, a proposito di malattie dimenticate c’è l’imbarazzo della scelta (anche senza andare ai Tropici). E la pandemia di Covid-19 ha allargato il cerchio. Non si tratta di stilare classifiche. Ma c’è un motto che deve valere anche per la salute pubblica a ogni latitudine, che si parli di vaccini per il coronavirus o della piaga nascosta della «febbre nera»: «Leaving no one behind», non lasciare indietro nessuno.

Anche i serpenti nella lista dei killer nascosti

I «nessuno» di questa storia marginale sono affetti da malattie che hanno nomi più o meno sconosciuti: Kala Azar (leishmaniosi viscerale), Chagas, Noma. Ma se leggiamo «mamba nero», forse più o meno tutti ne abbiamo sentito parlare: è un serpente, una delle 3 mila specie che popolano la Terra, una delle 200 considerate velenose. Nel piano aggiornato dell’Oms 2021-2030, tra le new entry nella lista delle NTD ci sono gli avvelenamenti causati dal morso dei serpenti. «Seppure esistano trattamenti efficaci — denuncia il rapporto di MSF — ogni anno il loro veleno uccide più di 100.000 persone nel mondo, più di qualsiasi altra malattia tropicale negletta. Se ti lascia in vita, il veleno di un serpente può lasciare disabilità permanenti come cecità o amputazioni. Trattamenti clinici adeguati e tempestivi possono salvare vite ma la maggior parte delle persone non arriva in tempo alle cure. Per molti pazienti gli antidoti non sono disponibili o accessibili».

La febbre nera

Fattore tempo e accessibilità sono cruciali anche per guarire le persone colpite da Kala Azar (febbre nera in hindi) o leishmaniosi viscerale. «È quasi del tutto debellata in Asia meridionale mentre in Africa orientale non è nemmeno lontanamente sotto controllo», denuncia Medici Senza Frontiere, che ha curato finora 150 mila pazienti con questa patologia. Ogni anno si registrano un milione di nuovi casi. La «febbre nera» non è trasmissibile da persona a persona. Si può contrarre a causa della puntura di alcuni moscerini tropicali, detti pappataci, ed è endemica in 76 Paesi. Anche in questo caso, per la maggior parte dei pazienti è difficile accedere alle cure. MSF chiede test rapidi più efficaci e cicli di trattamento brevi per via orale. A detenere i diritti dell’unico farmaco per bocca attualmente disponibile, la miltefosina (nome commerciale Impavido) è una piccola azienda americana, la Knight Therapeutics, che però lo vende pavidamente in quantità fisse che spesso superano il fabbisogno di un Paese o di un’organizzazione. Il risultato è doppiamente dannoso: mancanza di farmaci (troppo costosi) e sprechi. Un caso emblematico.

Rischi e progressi

Non bisogna allargare le braccia, con quel senso di impotenza/insofferenza che spesso ci coglie davanti a questi scenari. Fare molto si può. Il rapporto di MSF prova che l’incidenza di alcune NTD è calata significativamente grazie a piani integrati: donazione di farmaci, sponsor, collaborazioni. Ma già molti obiettivi del piano 2012-2020 non sono stati raggiunti. «Per mancanza di volontà politica e fondi insufficienti. Nel 2015 l’Oms stimava in 18 miliardi di dollari il bilancio necessario per centrare gli obiettivi. Le cifre raccolte sono lontanissime da quel traguardo». E il futuro è pieno di nuovi ostacoli: «Crisi umanitarie, disastri naturali, la stessa pandemia Covid-19» sono fattori che rischiano di rendere ancora più dimenticate le NTD e ancora più vuote le tasche di chi cerca di combatterle. Occorre alzare la testa, e anche l’asticella. Act big, come promette la nuova amministrazione americana.

La piccola Bilya

Alzare l’asticella, anche aggiungendo un nome alla lista. Così Medici Senza Frontiere chiede ad esempio che tra le 20 malattie tropicali neglette ne venga inserita una particolarmente dimenticata che risponde al nome di Noma (in greco, ulcera), alias stomatite gangrenosa. Noma, ironia della sorte, si chiama anche un ristorante di Copenaghen che è considerato tra i migliori al mondo e che probabilmente è più famoso della malattia stessa. Sempre questione di palato, da una prospettiva opposta e tragica: Noma colpisce soprattutto i bambini sotto i 5 anni nei Paesi poveri e denutriti. Comincia con quella che sembra una banale gengivite e in pochi giorni distrugge ossa e tessuti della bocca. Nel giro di due settimane, se non curata, Noma porta alla morte nel 90% dei casi. Oppure gli antibiotici, nello stesso lasso di tempo, possono guarirla. Spesso i sopravvissuti rimangono gravemente offesi e sfigurati nel volto, con difficoltà a mangiare, parlare o respirare. Bilya aveva un anno quando è stata colpita da Noma in Sud Sudan. Le cure non sono state tempestive, ma Bilya è stata salvata, vive. «Le persone scappavano quando vedevano la mia faccia scavata, pensavano che non fossi umana. Poi sono andata all’ospedale e ho visto altri nella mia situazione: è stato un sollievo».

IL NEOFEUDALESIMO ITALIANO ... E TUTTI GLI ALTRI? CONCORSI (TRUFFATI) PREGO ...

 

Rinnovi strategiciNomine di Stato: 550 posti da riempire

Oltre alle società con i board prorogati, con il via libera ai bilanci del 2020 finiranno il mandato esponenti di molte partecipate centrali: da Cdp a Invimit, da Anas a Fs

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Il conto lo fa il quotidiano Milano Finanza in apertura: «Un cenone da 550 posti». Da qui a fine primavera, nelle società pubbliche si libereranno più di 550 posti, tra organi già scaduti e quelli che termineranno il mandato con l’approvazione dei bilanci 2020.

Come calcolato dal centro studi Comar, tra cda e collegi sindacali già scaduti da mesi ci sono più di 360 incarichi da assegnare, a cui si aggiungono 190 posti nei consigli di amministrazione che si libereranno la prossima primavera, con l’approvazione del bilancio 2020. Si tratta di molte importanti controllate dirette dal ministero dell’Economia. A partire da Cassa depositi e prestiti, ma anche anche diverse controllate di Enel, Eni e Leonardo.

Cdp, con un consiglio di 14 membri, per la sua strategicità è di gran lunga la più importante. Ma ci sono da rinnovare anche i cda di Ferrovie, Anas e Invimit. E poi anche la Rai, Sogei, il Gse (Gestore servizi energetici). Tra i cda già scaduti, da segnale anche quelli di Trenitalia e Rfi: nei giorni scorsi si è avuta l’ennesima fumata sui nuovi vertici e domani si ritenterà con un nuovo consiglio di Ferrovie.

Poi ci sono le controllate delle controllate del Mef, tra Enel, Poste e Leonardo, ma anche Invitalia e Sport e Salute. Tra queste anche Saipem, ad esempio. Solo per Eni, tra le controllate ce ne sono in scadenza ben 70.

Un lungo elenco di incarichi che dovranno essere spartiti tra Pd, Italia Viva, Movimento Cinque Stelle e LeU. Allora perché far cadere il governo? – si chiede Milano Finanza. Un motivo in più per Conte per restare a Palazzo Chigi.

IL NEOFEUDALESIMO ITALIANO: IL CHIODO APPESO ALL'INNOMINATO

LaPresse
LaPresse

Beppe Grillo, il fondatore del Movimento 5 stelle, questa mattina ha fatto appello ai responsabili per non far cadere Giueseppe Conte e chiede «il patto tra tutti i partiti». Grillo si è fatto avanti ancora una volta tramite internet, più esattamente ha condiviso una lettera aperta a maggioranza e opposizine di Giorgio Trizzino, il deputato del Movimento 5 stelle pro Mes: «Non può esistere in questo momento una distinzione tra maggioranza ed opposizione perché tutti i rappresentanti del popolo devono contribuire uniti a sostenere, in uno dei momenti più bui della sua storia, il paese». Trizzino ha scritto: «Stiliamo insieme un patto tra tutti i partiti e lavoriamo per la ricerca di un obiettivo condiviso che altro non può essere che la ricerca del bene comune per il paese e colmiamo quel vuoto e la disaffezione che la politica ha lasciato in questi anni nell’animo degli italiani». Con l’invito alla stampa a farsi promotrice di questi accordi: «Affinché riesca a ritrovare se stessa in un ruolo non di partigianeria interessata ma esclusivamente di descrizione delle notizie e di indispensabile ruolo comunicativo». Grillo ha aggiunto: «Sottinteso che il governo è di Conte».

Anche gli italiani per loro devono aderire: «E su questo patto convergano e lo sottoscrivano idealmente tutti i cittadini Italiani nella certezza che le Istituzioni lavoreranno per loro e con loro ma che del loro singolo contributo avranno bisogno per far funzionare ogni più elementare meccanismo di quella macchina complessa che dovrà chiamarsi “ripresa”».

L’ex leader del Movimento 5 stelle e ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha chiesto di non andare verso la crisi: «Servono serietà e responsabilità in questo momento storico.
Tutti facciano un passo indietro per amore del Paese», la «vera crisi la stanno vivendo gli italiani, non la politica».

Il Pd ci spera ancora

Dopo i vertici di emergenza, il Pd continua a sostenere il dialogo e non si arrende alla determinazione di Matteo Renzi. Dopo il vertice del segretario Nicola Zingaretti con il vice Andrea Orlando, il capo delegazione, Dario Franceschini, e i capigruppo, l’ex presidente del Pd Matteo Orfini ha scritto su Facebook che il Pd sta lavorando per ricomporre la maggioranza: «Le crisi - persino le più dure - si risolvono col dialogo. Non con gli ultimatum, gli scontri, le sfide a duello. Il Pd sta lavorando per ricomporre, per riallacciare il filo del dialogo e per individuare le soluzioni migliori». Una «classe dirigente all'altezza della funzione che svolge oggi ha il dovere di chiudere questa crisi. E di rimettersi subito al lavoro per risolvere i problemi (che ci sono) e correggere gli errori (che ci sono stati)».

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IL NEOFEUDALESIMO ITALIANO ... E' OVVIO CHE NESSUNO VOGLIA MAI LE ELEZIONI

 

Politica al tempo del Covid: la nuova amministrazione di Chieti assume amici e parenti. E aumenta gli stipendi

Nov 12, 2020
Politica al tempo del Covid: la nuova amministrazione di Chieti assume amici e parenti. E aumenta gli stipendi

Mentre l’Italia sta vivendo gli effetti negativi di una pandemia che distrugge aziende e genera nuove sacche di povertà, la nuova amministrazione di Chieti si occupa di sistemare gente a lei gradita.

Eppure fino a qualche settimana fa gli attuali assessori e il sindaco parlavano di addirittura di rischio commissariamento per il Comune visti i debiti contratti. “La situazione economica, occupazionale e sociale della nostra città è stata drammaticamente aggravata dalla pandemia – tuonava l’attuale vicesindaco Paolo De Cesare – . La disoccupazione è continuata a salire, raggiungendo livelli record, diverse attività commerciali non hanno neanche riaperto, addirittura la Caritas ha triplicato il numero dei pasti serviti e dei beni di prima necessità consegnati”. E ancora: “Ora più che mai c’è bisogno che la politica metta in campo soluzioni concrete, efficaci e durature. Noi ci stiamo impegnando e stiamo lavorando per questo, mentre attorno vediamo solo attività propagandistiche da parte di molti”.



Evidentemente hanno lavorato talmente tanto bene che i frutti, a pochi giorni dalla formazione del nuovo governo cittadino, non sono tardati a palesarsi.

L’infornata nello staff

Così accade che il sindaco Diego Ferrara nomina la sua squadra insieme al suo vice De Cesare. I nominati dello staff sono 6 in totale e supporteranno il primo cittadino nei prossimi 5 anni. Quattro i contratti full time mentre due vengono assunti con contratto part time.

Il capo dello staff è Luciano Iezzi, 73 anni, giù direttore generale di Teateservizi dal 2006 al 2016 ed ex dipendente del Comune di Chieti. Poi c’è l’addetto stampa Monica Di Fabio. La giornalista ha avuto lo stesso incarico nello staff del sindaco di Pescara, Marco Alessandrini. L’amministrativo contabile è Lucia Lara Di Marzio.

Le nomine: amici e parenti

Il dato interessante è che nello staff di Ferrara entra anche suo cognato, Mario Antonio De Gregorio Porta. L’abilità politica, però, sta nel fatto che a nominarlo è stato il vice sindaco Paolo De Cesare. De Gregorio Porta avrà il compito di svolgere “attività di supporto in particolare delle funzioni relative alle attività di rappresentanza e onorificenze pubbliche, cerimoniale di manifestazioni civili, religiose e culturali”.

Sempre De Cesare ha infornato, come istruttori amministrativo contabili part-time, Livio Di Bartolomeo e il fondatore del gruppo “Chieti su Facebook” Fabio Di Pasquale. Il compito, per loro, sarà quello di offrire supporto alla “promozione e attuazione del programma di mandato”.

L’aumento degli stipendi

Evidentemente le casse del Comune di Chieti non sono vuote in quanto i nuovi amministratori hanno anche pensato di aumentarsi gli stipendi. Viene intanto abolita la rinuncia al 7% dell’indennità precedentemente introdotta dall’ex sindaco, Umberto Di Primio. Ferrara, però, va oltre: si aumenta lo stipendio di ben 331 euro in più al mese. Agli assessori, come se non bastasse, vanno 200 euro in più al mese. Dunque, a Ferrara vanno 4734 euro mensili e al vicesindaco De Cesare 3550. Agli assessori 2540 euro.

A deciderlo una delibera di Giunta che, guarda caso, ha messo tutti d’accordo all’amministrazione di Chieti.

IL NEOFEUDALESIMO ITALIANO

 

Nomine ad amici e parenti: quello strano cerchio magico di Di Maio

Le Iene indagano sul caso: perché chi ha studiato al liceo di Pomigliano d'Arco ricopre ruoli importanti? Un attivista grillino accusa: "Così entrano nei Cda e nei Ministeri"

Una strana coincidenza o sotto c'è qualcosa di architettato? Sembrerà strano, ma evidentemente il liceo classico Imbriani di Pomigliano d'Arco - nel Napoletano - pare sfornare continuamente dei veri e propri talenti.

Da quella stessa scuola superiore proviene Luigi Di Maio, che può vantare un riconoscimento personale notevole: a 27 anni è diventato il più giovane vicepresidente della Camera di tutta la storia repubblicana. Fino a pochi mesi fa era il capo politico del Movimento 5 Stelle, da sempre contrario al fatto di assumere parenti e amici. Ma cosa penseranno ora gli stessi grillini?

La situazione che emerge da un'inchiesta portata avanti da Roberta Rei è chiara: diverse persone che hanno studiato presso il liceo in questione ora svolgono ruoli istituzionali importanti. E molti, che sarebbero ex compagni del ministro degli Esteri, hanno fatto davvero grandi carriere pubbliche. Un esempio? Dario De Falco, che nel corso delle manifestazioni studentesche marciava al fianco dell'ex capo politico del M5S, ora è il capo della segreteria della Farnesina. Ma c'è chi non ha studiato a Pomigliano e ora se ne rammarica: "Qua abbiamo sbagliato tutti liceo: dovevamo andare a Pomigliano!".

"Fatto fuori dal M5S"

La giornalista de Le Iene ha contattato Aniello Nazaria, detto Nello: "Noi battevamo tanto sul fatto di non assumere parenti e amici, fidanzati, mariti, e invece lo abbiamo fatto anche noi e peggio pure". L'attivista pentastellato ora è amareggiato: racconta che alle Politiche del 2018 era stato scelto per la Camera dei Deputati, ma qualcosa è andato storto: "Tutti mi hanno detto che secondo la legge e i calcoli ero stato eletto, ma loro dicono di no". Effettivamente, come si evince dallo speciale elezioni del sito La Repubblica, l'uomo risulta eletto. È mai andato in Parlamento? La risposta è negativa, e non perché sia un assenteista. Piuttosto che applicare l'articolo 84 della legge elettorale per l'assegnazione dei seggi avanzati in altre circoscrizioni, sarebbero stati applicati altri articoli e criteri con il benestare del Movimento.

Tra i candidati che sarebbero stati favori al suo posto figurerebbe Lucia Azzolina, l'attuale ministro dell'Istruzione finito al centro dell'ennesima bufera: "Dal Movimento risposte, chiarimenti, umanità e solidarietà zero". Nello non si abbatte e perciò ci riprova in occasione delle Europee, ricevendo 925 voti dagli iscritti sulla piattaforma Rousseau e classificandosi come primo in Campania: "Mi sono preparato per le elezioni, ho fatto anche la fotografia ufficiale ma il giorno prima vengo escluso con una email, mandata dallo staff che non si sa chi sia". Nella mail gli viene contestata una sorta di incoerenza sulla candidatura: lui chiede immediatamente spiegazioni, che però non sarebbero mai arrivate. "Nessuna risposta, sono stato fatto fuori senza nemmeno una spiegazione", ha aggiunto.

Gli incarichi agli amici di Di Maio

A dare parere negativo sulla sua candidatura sarebbe stato lo stesso Di Maio. Mai una chiamata, mai un chiarimento: "Il più votato della sua regione viene escluso da lui senza alcun motivo? Questi hanno massacrato anche la democrazia diretta!". Al suo posto, come primo dei non eletti, entra una persona ben precisa: Luigi Napolitano, un altro degli amici di studio dai tempi dell'università. "Non voglio pensare a questo ma mi chiedo perché le cose strane succedano tutte a me. Vengono assunte persone di Pomigliano in consigli di amministrazione un po' ovunque, dappertutto", riflette Aniello.

La lista degli ex compagni di liceo di Di Maio è lunga: Pasquale De Falco, dopo aver ricoperto l'incarico di rappresentante del collegio sindacale dell’Asl di Salerno (scelto dall'ex ministro Giulia Grillo), sarebbe entrato come sindaco nel collegio sindacale di Fincantieri. Il candidato governatore del Movimento 5 Stelle in Campania è Valeria Ciarambino: anche lei ha studiato al liceo classico Imbriani, ma alcuni attivisti sono furiosi perché il marito sarebbe stato assunto al Parlamento europeo da Chiara Gemma (la capolista voluta da Di Maio). Infine Le Iene parlano anche di Carmine America, che pochi giorni fa sarebbe entrato nel Cda del colosso industriale Leonardo per altri 80mila euro annui di compenso. Nel corso del primo governo Conte sarebbe stato portato al Ministero dello Sviluppo economico con un incarico da 70mila euro; successivamente agli Esteri con uno stipendio da 80mila euro.

IL NEOFEUDALESIMO ITALIANO

 

Sergio Battelli, dalla terza media -e con un cv inesistente- alle Commissioni cultura e Affari europei

Ago 3, 2020
Sergio Battelli, dalla terza media -e con un cv inesistente- alle Commissioni cultura e Affari europei

Nei giorni scorsi il governo si è nuovamente preoccupato di riassegnare un po’ di poltrone ai fedelissimi di entrambi i partiti di maggioranza. Partito democratico e Movimento 5 stelle, un tempo acerrimi nemici, oggi, appena ce n’è l’occasione, si spartiscono poltrone. E in perfetto stile “Prima Repubblica” spunta un altro nome: Sergio Battelli.

Amici, parenti, mogli, compagni di scuola e concittadini hanno sempre trovato un ruolo -spesso apicale e ben retribuito- nel “governo del cambiamento”. Ed è notorio, tra l’altro, come i grillini abbiano sconfitto da tempo la povertà. Per i loro amici e parenti, appunto.

Luigi Di Maio in questo è stato uno straordinario fuoriclasse. È riuscito a sistemare vecchi compagni d’università e di liceo. E come dimenticare “L’abbuffata delle partecipate” in cui Carmine America, già compagno di scuola di Di Maio al liceo Imbriani di Pomigliano D’Arco, oggi siede sulla poltrona nel consiglio di Leonardo.

La grande abbuffata delle Partecipate: a Leonardo ci finisce il compagno di scuola di Luigi Di Maio

Luigi Di Maio e lo staff d’oro di oltre 700mila euro. E i suoi amici occupano anche gli altri ministeri

Nel ministero di Di Maio c’è ancora Assia Montanino, 27enne originaria di Pomigliano d’Arco (per caso, eh), chiamata da Luigino come “Segretario particolare del Ministro”. Un salto di carriera fulminante per la giovane laureanda in Economia con esperienza lavorativa pari a zero. Al Mise rimane ben ancorata alla poltrona e con la qualifica di “Capo della Segreteria del Ministro dello sviluppo economico”. Altro giovane, altro campano. Daniel De Vito, classe 1985, da Avellino, già collaboratore del gruppo M5s alla Camera, con Patuanelli è rimasto “Capo della Segreteria tecnica del Ministro”, equiparato a un dirigente di prima fascia con 149mila euro di stipendio. A seguire c’è Enrico Esposito, di Acerra, ex compagno di università di Luigino, chiamato a Roma come capo del legislativo, con stipendio da 150mila euro. Giorgio Chiesa, ha mantenuto il ruolo di “Capo Ufficio Stampa del Ministro” a 100mila euro. Infine Luigi Falco portato al Lavoro come Capo Ufficio Stampa, dove è rimasto con il ministro Nunzia Catalfo (M5s).

 Tutti gli amici (nominati) di Di Maio: quelli dei doppi incarichi e delle poltrone d’oro

Assegnate le poltrone delle Autorità Privacy e Comunicazioni (in gran segreto). Barca, amico di Di Maio, va alla Consap

Poltrone, poltrone, poltrone…

Il mondo grillino, però, è in continua fibrillazione. Dunque, appena si libera qualche poltrona viene subito assegnata a qualche conoscente. E se la poltrona non c’è si crea dal nulla. Così com’è accaduto nel giro di poltrone a Palazzo Madama. La maggioranza, raggiunto l’accordo, ha posizionato i propri uomini nelle presidenze delle commissioni di Camera e Senato. Così 14 presidenti sono andati al M5S, nove al Pd, quattro a Iv e uno a Leu.

Sergio Battelli, mister incarico

Tra i nomi dei nuovi sistemati c’è Sergio Battelli. Il deputato, in realtà, è stato riconfermato alla presidenza della commissione per le politiche dell’Ue alla Camera. “Per me un grande onore” ha detto Battelli in occasione della rinnovata fiducia. “Abbiamo compiuto un lavoro davvero straordinario” dice parlando del suo lavoro. Insomma, si fa i complimenti da solo.

Battelli fa parte della XIV Commissione Politiche dell’Unione Europea. 

Si tratta, insomma, di un ruolo di alto livello come lui stesso spiega: “L’Europa e gli Stati membri hanno davanti a loro una sfida epocale: dalle decisioni prese nei prossimi giorni e mesi dipenderà il futuro delle generazioni a venire e dell’Unione stessa che dovrà ripensarsi completamente elaborando strategie di lungo periodo in grado di assicurare solidità, forza e competitività al progetto europeo nel segno di una rinnovata solidarietà e vera unione. Sono certo, allora che la nostra commissione, sarà in grado di fornire il suo contributo prezioso supportando il Parlamento nella definizione delle priorità programmatiche dell’azione italiana a livello europeo” conclude Battelli.

Battelli è all’altezza di ricoprire quel ruolo?

Sicuramente sì. Ma a me qualche dubbio viene sulla capacità di Battelli di occuparsi di Politiche europee. Il punto è che Battelli ha la terza media e, a quanto ci risulta, non ha mai fatto esperienze in quell’indirizzo politico. Diciamo anche che l’onorevole genovese non ha un curriculum da invidia e che può essere riassunto in poche righe. 

“Dal 2009 partecipa come candidato alle elezioni comunale tenutasi a Varazze senza essere eletto, con lista civica Gente comune certificata dal Movimento 5 Stelle. Si è occupato di tutta la parte digitale, blog e Facebook, collegati all’attività del movimento locale. Suona in una rock band dal nome Red Lips. Commesso in un negozio di animali per 10 anni”.

Tutto qui. Poi inizia il percorso politico.

“È stato candidato alle parlamentarie del Movimento 5 Stelle, venendo candidato come secondo nella lista elettorale. Alle elezioni politiche del 2013 è stato eletto deputato della Repubblica Italiana] Come Deputato, dal 7 maggio 2013 al 23 settembre 2014, fa parte della VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione). Dal 25 settembre 2014 fa parte della XIV Commissione (Politiche dell’Unione Europea). Viene rieletto deputato alle successive elezioni politiche del 2018. Il 21 giugno 2018 viene eletto presidente della 14ª Commissione Affari Europei della Camera dei deputati.”

Dunque, a parte suonare in un gruppo rock ed essersi candidato in qualche lista, Battelli non ha fatto altro. 

Eppure, come si legge sul sito del Senato, l’attività della 14a Commissione permanente  – Politiche dell’Unione europea ha “una composizione particolare: il Regolamento prevede che i suoi componenti siano anche membri di una delle altre tredici Commissioni permanenti”. E per un preciso motivo: “Il meccanismo della doppia appartenenza tende a far sì che nella 14a Commissione trovino espressione, al contempo, una speciale sensibilità per le questioni europee e una conoscenza qualificata delle problematiche degli specifici settori delle Commissioni di appartenenza dei singoli senatori. Si tratta a livello europeo di uno dei pochi organi parlamentari ad avere una tale composizione, cosa che contribuisce allo spessore e all’analiticità dei dibattiti e delle deliberazioni.”

È richiesta, a ragione, una conoscenza delle dinamiche europee specialmente dopo l’approvazione della legge del 24 dicembre 2012, n. 234, recante “norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea” e che ha riformato e sostituito la precedente legge n. 11 del 2005. “Le novità più rilevanti della riforma consistono nelle norme sulla partecipazione del Parlamento alla fase ascendente del diritto europeo e sui relativi obblighi posti in capo al Governo, nonché nella sostituzione della legge comunitaria con la ‘legge di delegazione europea’ e la ‘legge europea’, al fine di assicurare maggiore celerità nel recepimento delle direttive e degli altri obblighi derivanti dall’Unione europea.”

L’altro incarico di Sergio Battelli

Ma per Battelli gli incarichi non finiscono qui. Infatti il deputato è stato anche presidente della VII Commissione – Cultura, Scienza e Istruzione dal 7 maggio 2013  al 23 settembre 2014.

E non è finita…

Battelli ha avuto un altro prestigioso incarico dal Movimento 5 stelle che gli ha affidato la tesoreria e ben 13 milioni annui di fondi pubblici. Nel frattempo Battelli trova anche il tempo per sfornare dischi: a gennaio 2019 ha pubblicato “Fall in Love”. “Un disco -lo ha definito l’onorevole- senza troppe pretese, senza troppi filtri, senza troppa perfezione con qualche stonatura di troppo, con qualche effetto sbagliato”.

Un disco non proprio come la vita politica di Sergio Battelli.

Leggi anche: Mario Pittoni, l’uomo con la terza media che la Lega e M5S misero a capo della Commissione Istruzione

di Antonio Del Furbo

NEL NEOFEUDALESIMO ITALIANO I PIU' PULITI HANNO SEMPRE IN COMUNE LA STESSA COSA: LA ROGNA

 

L'inchiesta in Regione Lazio

Nicola Zingaretti è indagato per abuso d'ufficio

Il centrodestra attacca il Movimento 5 stelle: "Dopo il no a Cesa, ora dovrebbero dire no anche al segretario Pd". La vicenda per le nomine alle Asl della regione Lazio nel 2019

Il segretario del Pd e presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti è indagato dalla Procura di Roma insieme all'assessore alla Sanità Alessio D'Amato, per la vicenda relativa ad alcune nomine di dirigenti Asl avvenute nel 2019. Il reato ipotizzato dagli inquirenti è un presunto abuso d'ufficio.

Come spiega Romatoday l'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, nasce da un esposto presentato da Fratelli d'Italia in cui si chiede di indagare su una nomina in una Asl di un candidato che non avrebbe avuto i requisiti per accedervi, e coinvolge altre 7 persone. Fra gli indagati, come riporta Adnkronos, figurano anche Andrea Tardiola, segretario della giunta della Regione Lazio, Renato Botti, all'epoca dei fatti responsabile della direzione della Salute della Regione Lazio e Vincenzo Panella, direttore generale dell'Umberto I. 

Perchè Zingaretti è indagato 

Sulla vicenda il 12 agosto 2019 Antonio Aurigemma, consigliere regionale Fdi, aveva presentato un'interrogazione. Come scrive il Corriere della Sera, l'assessore D'Amato rispose affermando che l'atto era "pienamente legittimo all'interno del quadro nazionale. La gran parte delle Regioni italiane ha adottato un'analoga metodologia, sia Regioni governate dal centrodestra, sia Regioni governate dal centrosinistra - si legge - Vi è stata un'interpretazione estensiva per dar modo a un'ampia platea di professionisti di partecipare all'Albo dei direttori amministrativi, per poi eventualmente essere presi da quest'Albo".

Il gip di Roma, saputa l'ipotesi di reato, ha disposto una proroga delle indagini su richiesta della Procura. "In merito all'indagine, la Regione Lazio ha espresso massima fiducia nel lavoro della magistratura spiegando, in una nota, come l'amministrazione avrebbe operato "nel rispetto della normativa vigente".

Il centrodestra attacca i 5 stelle: "Dopo il no a Cesa .."

"Il ragionamento del Movimento 5 Stelle sia simmetrico - attaccano da Fratelli d'Italia - se non si governa con Cesa perché indagato, allora il pensiero valga anche per Zingaretti, segretario del PD e presidente della Regione Lazio indagato per abuso d'ufficio. Fermo restando il nostro garantismo, per cui indagato non significa condannato, per coerenza i grillini dovrebbero sciogliere l'alleanza con il Pd e andare al voto, restituendo la voce agli italiani e dando finalmente alla Nazione un governo coeso e autorevole", si legge in una nota di Federico Mollicone e Fabrizio Ghera, rispettivamente deputato eletto nella circoscrizione Lazio 1 e capogruppo di FDI in Regione Lazio. 

TUTTI AVVOCATI DEL POPOLO, PURCHE' PAGHI LO STIPENDIO E PER IL RESTO SI INFILI UN DITO NEL C...O

 

Da Conte a Conte: breve cronistoria dell'avvocato del popolo

Gli articoli del Foglio per ripercorrere le tappe principali dell'epopea politica del premier dimissionario

Dal gialloverde al giallorosso, due maggioranze e 970 giorni da premier. Questa mattina Giuseppe Conte ha annunciato la proprie dimissioni da capo del governo, poi è salito al Quirinale, aprendo ufficialmente la partita per il Conte ter. In attesa delle consultazioni che inizieranno domani, per l'avvocato in cerca di "responsabili" sono ore frenetiche, in cui si rincorrono voci e dichiarazioni, sponde e attacchi, una giornata politica ad alta intensità che potete seguire momento per momento attraverso il nostro live blog.

TUTTI GRAN SERVITORI DELLA NAZIONE A SPESE DEL CONTRIBUENTE: RISULTATI SEMPRE UGUALI A ZERO, DANNI SEMPRE INCALCOLABILI

 Lettera di Luigi Di Maio a Giuseppe Conte

Caro Giuseppe,

oggi è un giorno molto importante.
Il giorno in cui la Lega dovrà rispondere delle proprie colpe per aver deciso di far crollare tutto, aprendo una crisi di governo in pieno agosto, in spiaggia, solo per rincorrere i sondaggi.

Oggi, al Senato, i ministri M5S saranno al tuo fianco.
Ci presenteremo in aula a testa alta.
Tutti, ognuno di noi, sa di stare dalla parte giusta della storia.
Qualunque cosa accada, volevo dirti che è stato un onore lavorare insieme in questo Governo.

Vorrei sfruttare l’opportunità di questo post per ringraziarti.

Sì, ringraziarti. Quando tutta Italia ha conosciuto Giuseppe Conte, lo ha conosciuto come uno dei membri della squadra di Governo del Movimento 5 Stelle. Era il 2 marzo del 2018, io ero candidato Premier e tu mi avevi dato la disponibilità a ricoprire il ruolo di candidato Ministro della Funzione Pubblica. Sono sicuro lo avresti fatto ai massimi livelli e saresti stato il Ministro più amato d’Italia.
Ma, diciamocelo, saresti stato sprecato.
Allora avevamo ben compreso le tue capacità e competenze, non ancora invece la tua profonda umanità.
Per fortuna, quando è nato questo Governo, a me e Alfonso Bonafede venne l’idea di proporre te come Presidente del Consiglio di garanzia tra le due coalizioni.

In 14 mesi hai salvato l’Italia da due procedure di infrazione, hai rappresentato l’Italia ai tavoli europei ottenendo i margini di bilancio per dare ai cittadini Quota 100 e il Reddito di Cittadinanza. 
Hai saputo farti amare dagli Italiani soprattutto nelle aree più disagiate del Paese.

Qualunque cosa accadrà oggi, sappi che per me e per tutti noi vederti in quel ruolo è stato motivo di orgoglio.
Sei una delle scelte di cui vado più fiero nella mia vita. Sei una perla rara, un servitore della Nazione che l’Italia non può perdere.

Forza amico mio!

QUANTO PRENDE QUESTO GENIO INCOMPRESO DI PENSIONE DAL CONTRIBUENTE ITALIANO?

GRANDI FEUDATARI STROZZANO I CONTADINI - ANCHE IN OLANDA

 Anche il governo del 'frugale' Rutte a rischio, travolto dallo scandalo dei sussidi alle famiglie

Anche il governo del 'frugale' Rutte a rischio, travolto dallo scandalo dei sussidi alle famiglie

In Olanda migliaia di famiglie si sono viste chiedere rimborsi dei contributi ricevuti per anni a causa di errori e di una eccessiva severità nell'analizzare le pratiche, le scuse dell'esecutivo e la promessa di risarcimenti non sono bastati a calmare le acque e ora la coalizione rischia di spaccarsi



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IL NEOFEUDALESIMO ITALIANO

 

Terni, atto della Corte dei Conti, l’opposizione insorge: “Manca trasparenza”

Redazione politica
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TERNI – Una protesta plateale, con dei cartelli esposti a Palazzo Spada o nella seduta telematica del consiglio, con la quale si chiede chiarezza e trasparenza. Così i consiglieri di opposizione in Comune hanno chiesto al sindaco Latini di fare luce sulla missiva inviata dalla Corte dei Conti lo scorso 20 gennaio, atto secretato e non visualizzabile.

I consiglieri si erano già espressi nei giorni scorsi con una nota: “Dal giugno del 2018, non è più possibile, persino per i consiglieri comunali, a differenza del passato, avere accesso a tutti i documenti presenti nel protocollo del comune, ovvero poter approfondire alcuni tipi di atti che vengono riservati, in special modo provenienti dalla Corte dei Conti. Questa prassi – proseguono i consigliere di opposizione –  è stata adottata dal segretario comunale nominato dal sindaco Latini.  Tale prassi, secondo il segretario stesso, è stata adottata nel rispetto della necessità di garantire caratteri di riservatezza, in realtà si sta rilevando uno strumento di censura dell’attività di tutti i consiglieri comunali che hanno una funzione, previsto dal testo unico degli enti locali, di controllo dell’attività politica e amministrativa e in particolare hanno un diritto di accesso esteso agli atti – anche questo previsto per legge – in quanto devono poter svolgere il loro mandato, assumersi le proprie responsabilità, con una piena consapevolezza di informazioni. Al comune di Terni invece  nemmeno i consiglieri comunali riescono più a vedere nessun tipo di comunicazione inviata dalla Corte dei Conti, organo di controllo per le amministrazioni pubbliche.  Persino alle richieste di accesso agli atti non viene dato seguito”.

La protesta. Ora si è passati all’atto formale, con il consigliere di Forza Centro, l’ex leghista Fiorini che ha lanciato la sfida: “Se entro mercoledì non mostrate gli atti secretati, occuperò gli uffici di Giunta”.

La replica del sindaco. Latini, durante la seduta comunale, ha spiegato: “È un’indicazione della procura regionale della Corte dei conti, un atto riservato e personale: l’ho trattato così sulla base di ciò. Questo è a tutela delle indicazioni che provengono dalla magistratura, sapete che il nostro Comune ha avuto un passato un po’ burrascoso e con il segretario verifichiamo le condizioni di legge sulla riservatezza degli atti. Farò ulteriori approfondimenti”

IL NEOFEUDALESIMO ITALIANO

 

Torino, inchiesta Ream bis. Ex sindaco Piero Fassino e altri 3 indagati. L’esponente Pd: “Sempre agito nell’interesse della città”

Torino, inchiesta Ream bis. Ex sindaco Piero Fassino e altri 3 indagati. L’esponente Pd: “Sempre agito nell’interesse della città”

Il caso è quello dell’ex Westinghouse e di una caparra da cinque milioni che la Ream, società partecipata della Fondazione Crt, aveva versato al Comune, ai tempi della giunta Fassino, per avere un diritto di prelazione sull’area interessata da un progetto di rilancio per costruire un centro congressi. Nel 2013 il progetto fu aggiudicato a un’altra società. I cinque milioni dovevano essere restituiti nel 2016

Dopo la condanna a sei mesi, lo scorso 21 settembre, della sindaca di Torino Chiara Appendino la procura di Torino ha aperto un fascicolo bis del caso Ream. E nel registro degli indagati, secondo quanto riporta l’Ansa, sono stati iscritto l’ex primo cittadino del capoluogo piemontese, Piero Fassino. Il pm Gianfranco Colace ha iscritto nel registro degli indagati per il reato di turbativa d’asta, oltre all’esponente Pd, anche la dirigente del Comune di Torino Paola Virano, il presidente della Fondazione Crt Giovanni Quaglia e Antonio Miglio, all’epoca in Ream e ora i vertici della Cassa di Fossano. Il caso riguarda la vendita dell’area ex Westinghouse, lanciata nel 2012, quando la città era amministrata dal centrosinistra. La società Ream versò 5 milioni a titolo di prelazione, ma quando venne indetta la gara non partecipò e i soldi non vennero restituiti. “Ricevo oggi una informazione di garanzia relativa all’iter – conclusosi, come è noto, nell’ottobre 2013 – di aggiudicazione dell’area ex Westinghouse di Torino. Come avrò modo di spiegare e documentare, mi sono attenuto, come sempre, al rispetto delle norme in materia, agendo nell’esclusivo interesse della città” fa sapere in una nota Piero Fassino.

Nel primo filone tra gli altri imputati c’erano l’assessore comunale al Bilancio, Sergio Rolando, e l’ex capo di Gabinetto Paolo Giordana. Il giudice per l’udienza preliminare aveva condannato a sei mesi anche Ronaldo, otto mesi, invece, sono stati inflitti a Giordana. L’accusa è di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. Appendino, Giordana e Rolando avevano chiesto il rito abbreviato. Il direttore finanziario del Comune Paolo Lubbia, anche lui imputato, aveva invece, scelto il rito ordinario. Appendino era stata riconosciuta responsabile di una imputazione di falso ideologico, ma erano cadute due accuse di abuso in atti di ufficio e una seconda di falso.

Il caso è appunto quello dell’ex Westinghouse e di una caparra da cinque milioni che la Ream, società partecipata della Fondazione Crt, aveva versato al Comune, ai tempi della precedente giunta, per avere un diritto di prelazione sull’area interessata da un progetto di rilancio per costruire un centro congressi. Nel 2013 il progetto fu aggiudicato a un’altra società. I cinque milioni dovevano essere restituiti nel 2016. Per l’accusa l’amministrazione Appendino non avrebbe inserito nel bilancio 2017 i cinque milioni versati come caparra. Per la sindaca e l’assessore era stato chiesto un anno e due mesi, un anno per l’ex capo di gabinetto. L’indagine era stata aperta dopo un esposto dei capigruppo di opposizione. La somma, secondo l’accusa, non è stata però versata, né iscritta a bilancio ma considerata come un debito fuori bilancio.

L’ipotesi di reato nasceva da una postilla inserita nel primo bilancio firmato dalla giunta a 5 stelle e fa riferimento alla vicenda dell’ex Westinghouse. Il debito era stato ereditato dall’amministrazione di Piero Fassino, ma cancellato dal documento contabile della città. Le difese hanno sempre affermato di avere agito correttamente e nei mesi scorsi avevano consegnato ai magistrati una pronuncia della Corte dei Conti che, a loro giudizio, confortava la tesi dell’amministrazione. Da anni l’area ex Westinghouse era un grattacapo per le amministrazioni di Torino. Vicino alla stazione Porta Susa e al Palazzo di giustizia, quest’area, su cui sorgeva un’azienda di freni e componenti per i treni, doveva essere riqualificata dai primi anni Duemila. Il primo progetto, quello di costruire la sede centrale delle biblioteche civiche, era naufragato per mancanza di soldi. Il piano successivo, un enorme centro congressi, con annessi parcheggi e supermercati, era stato a lungo fermo per un ricorso al Tar. Ed è in questo ambito che nasce la vicenda Ream, per cui la sindaca Chiara Appendino, il capo di gabinetto Paolo Giordana e l’assessore al Bilancio Sergio Rolando erano stati indagati.

Al momento della gara per assegnare la progettazione e la realizzazione del nuovo complesso i concorrenti avevano dovuto lasciare una caparra. Tra questi c’era anche la Real Estate Asset Management (Ream), società di gestione di risparmio i cui azionisti sono le principali fondazioni bancarie piemontesi, che aveva versato cinque milioni di euro al Comune di Torino per il contratto preliminare. Tuttavia nel 2013 la gara viene aggiudicata dalla Amteco & Maiora srl, che firma il contratto preliminare con il Comune. A quel punto l’amministrazione (giunta Fassino) avrebbe dovuto rendere i cinque milioni di euro con gli interessi alla Ream, ma non lo ha mai fatto. La somma, però, viene registrata regolarmente nel bilancio sotto la voce “debiti” e nel 2014 la società chiede la restituzione. Per due volte, nel 2014 e nel 2015, il direttore della Direzione Territorio e Ambiente comunica alla società che i soldi verranno restituiti non appena terminate le procedure per l’aggiudicazione della concessione, ferme per il ricorso del concorrente escluso, la Nova Coop.

Nel 2016, diventata sindaca, Appendino e la sua giunta si trovano a dover affrontare la questione e a far quadrare un bilancio con grosse difficoltà. Innanzitutto deve ammettere che non può fermare il progetto (come promesso in campagna elettorale e come richiesto da alcuni comitati cittadini), pena la perdita di quasi 20 milioni di euro, preziosissimi per le casse civiche. E preziosi sono anche quei 5 milioni di euro, motivo per cui l’amministrazione vuole posticipare la restituzione. Ed è qui che sorgono i problemi. Il 22 novembre il suo capo di gabinetto, Giordana, scrive una mail alla direttrice della direzione finanze Anna Tornoni di non iscrivere nel bilancio i cinque milioni di euro: “Per quanto riguarda il debito Ream lo escluderei al momento dal ragionamento, in quanto con questo soggetto sono aperti tavoli di confronto”. Pochi giorni dopo la sindaca le manda una lettera: “Stante le trattative aperte con la Città, non è prevista la restituzione”. Tuttavia il 6 dicembre il presidente della Ream Giovanni Quaglia, eletto poi presidente della Fondazione Crt, una delle azioniste di Unicredit, torna a chiedere quel denaro, un elemento che per la procura dimostra l’assenza di trattative in corso. Per la procura, inoltre, il perfezionamento dell’aggiudicazione era avvenuto nell’autunno 2016 (il ricorso al Tar è però terminato soltanto pochi giorni fa). Il procuratore aggiunto Marco Gianoglio aveva ipotizzato quindi che a quel punto la Città avrebbe dovuto rendere quei soldi, ma non lo ha atto perché Appendino, Rolando e Giordana avevano sostenuto falsamente – secondo l’ipotesi del pm – di avere quelle trattative in corso.

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