AIUTO, AIUTO, UN ALTRO LUPO? E CHE VI ASPETTAVATE? UN BANCHIERE PECORA? DURERA' POCO, POCHISSIMO, MENO DI MONTI ... E ALLA FINE DELLA DISTRUZIONE COMPLETA DELL'ITALIA C'E' LA SEGUENTE ALTERNATIVA: O TROIKA O ASSEMBLEA COSTITUENTE PERMANENTE SENZA PARTITI DI ALCUN TIPO. A VOI LA SCELTA.

 

Il programma di Draghi è troppo conforme all’ordoliberismo di Von Hayek

di Paolo Maddalena

Mario Draghi, nella replica di ieri, ha confermato che le sue idee non sono affatto coerenti con la realtà che viviamo.

Egli concepisce l'Europa come la panacea di tutti i mali e afferma con forza che l'Italia sarà europeista e atlantista. Sfugge, al nostro Capo del governo, che i mali italiani derivano soprattutto dalle diseguaglianze economiche fra i Paesi europei, tra cui primeggiano Francia e Germania, con i quali Draghi intende stringere più stretti rapporti, dimenticando che questi due Paesi si sono impossessati di gran parte delle fonti di produzione di ricchezza italiana.

L'Europa così com'è non funziona e deve essere riformata. Occorre mettere su un piano di parità economica e sociale tutti gli Stati membri e realizzare un effettivo mercato interno dove non ci siano paradisi fiscali, come Olanda e Lussemburgo, e solo allora si potrà parlare di condizione di parità tra gli Stati membri, come prescrive l'articolo 11 Cost.

Questa fideistica affermazione di europeismo italiano non ha senso con gli attuali manovratori d'Europa, tra i quali, purtroppo, dobbiamo inserire il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri. In questo modo Draghi ci porta alla rovina e non alla salvezza dell'Italia.

Sono belle le sue parole sull'unità del Paese, sugli sforzi comuni dei partiti, sull'impegno dei cittadini, per ricostruire la nostra economia, ma sono parole vuote di significato, parole al vento, che sanno solo di retorica, perché non affrontano il problema centrale che affligge L'Italia. E il problema centrale è il sistema predatorio, patologico del neoliberismo di cui Mario Draghi è il massimo esponente.

Un sistema che distrugge i deboli e rafforza i forti. Lo dice espressamente, nel suo discorso, il nostro Presidente, quando afferma che le imprese decotte non devono essere aiutate.

Non si accorge, Mario Draghi, che in questo modo egli fa saltare la più grande fonte di ricchezza nazionale e cioè l'artigianato, che è un patrimonio di sapienza proprio del nostro Paese e che è saldamente tutelato dall'articolo 45 della Costituzione, secondo il quale: "la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato". Ma Draghi pensa soltanto ai soldi, segue l'ordoliberismo di Von Hayek e non tutela affatto i valori del lavoro artigianale che ha avuto origine e sviluppo, da secoli, inserendosi nelle tradizioni stesse del nostro Paese.

Ma c'è di più, Mario Draghi non ha la minima concezione giuridica del concetto di sovranità e arriva ad affermare che l'euro è irreversibile.

Dobbiamo chiederci a quale soggetto è stata trasferita la nostra sovranità monetaria in base alla quale è possibile creare una moneta dal nulla conferendogli corso legale nell'ambito dell'intera Unione. Certamente la sovranità non può essere stata trasferita alle banche centrali dei vari Paesi, che sono private e indipendenti dai relativi Stati, e tantomeno nella Bce, che come le banche centrali, formate da banche private, è anche essa una banca privata. Insomma si tratta di singoli soggetti che non possono essere considerati titolari di sovranità.

E allora a chi è stata trasferita la sovranità monetaria italiana che avremmo perduta? Forse alle potenze finanziarie straniere? No! Si tratta solo di limitazioni di sovranità e quest'ultima è rimasta negli Stati membri dell'Unione.

E si tenga presente che, ai sensi dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona, ogni Stato può recedere dall'Unione e far venir meno, per quanto di competenza, quella parte di sovranità su cui poggia l'euro.

La verità è che Mario Draghi punta il suo sguardo sul successo della finanza e dimentica che il lavoro degli italiani e degli europei può avere la sua tutela non dalla finanza, che non crea occupazione e ricchezza, ma solo la trasferisce dai lavoratori agli speculatori, gettando i primi sulla strada e arricchendo i secondi, ma dalla tutela delle fonti di produzione di ricchezza nazionale, attraverso il suo affidamento a Enti pubblici (art. 43 Cost.), e non alle S.p.A., le quali possono essere acquistate a prezzi stracciati da chicchessia.

Per governare l'Italia Draghi dovrebbe rinunciare al dogma nel quale crede: quello della privatizzazione della ricchezza nazionale, che fraudolentemente viene trasferita dal Popolo a singoli speculatori, togliendo allo Stato i mezzi economici con i quali possa perseguire fini di interesse pubblico generale. Questo dogma di Draghi è contro l'esistenza stessa degli Stati nazionali e annienta il principio indiscusso dell'autodeterminazione dei Popoli, solennemente affermata dalla Carta di Sant'Agata dei Goti, sottoscritta, a suo tempo da Raffaele Coppola e da Pierangelo Catalano e tutt'ora sostenuta dal Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, il Professor Zamagni.

Ripudio pertanto in pieno il programma evanescente di Draghi, che indica i fini, ma non i mezzi per la ricostruzione dell'Italia e lo invito a uniformarsi alla nostra Costituzione, come gli impone l'articolo 54 Cost. quando afferma che tutti devono osservare la Costituzione e che "i cittadini cui sono affidate pubbliche funzioni hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore".

Paolo Maddalena | Feb 18, 2021 alle 5:26 pm | Etichette: draghi | Categorie: Attuare la Costituzione | URL: https://wp.me/p9N6cK-1Rs

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VISTO, PROFESSORE, CHE ERA MEGLIO ANDARE ALLE ELEZIONI? IL BARATRO NON E' (SOLO) DRAGHI, MA CHI LO HA APERTO: SERGIO MATTARELLA ... L'ALTRA COSA, PROFESSORE, E' QUESTA: CON QUESTA UE (OVVERO CON LA MERKEL E CON MACRON) NESSUNA POLITICA KEYNESIANA SI PUO' FARE - BISOGNA USCIRE DALLA UE NON PER FARE SOLO UNA POLITICA ECONOMICA KEYNESIANA, MA PER PULIRE LE STALLE DI AUGIA PUBBLICHE E PRIVATE E PER FARE UNA POLITICA DI RE-INDUSTRIALIZZAZIONE DELL'ITALIA. IMPOSSIBILE? QUESTO LO DICE LEI.

I primi atti del governo confermano la sua natura neoliberista

di Paolo Maddalena

Il programma del governo Draghi sta muovendo i suoi primi passi, e conferma, come avevo detto, di voler procedere su un binario sbagliato, che non porta al benessere dell'Italia, ma alla rovina sua e di tutti i lavoratori.

Oggi al Ministero dello Sviluppo Economico sono presenti i lavoratori della Whirlpool, mentre sul tavolo del neo Ministro Giorgetti si discute della questione Ilva.

Le parole di Giorgetti riguardano entrambi i casi e promettono aiuti alle attuali imprese e comunque uno slittamento del blocco dei licenziamenti a data da destinarsi.

Ci troviamo di fronte a una politica assistenziale, che proroga la situazione di disagio economico italiana, puntando tutto sull'iniziativa privata, e dimenticando che i problemi attuali, come sta avvenendo in tutti i Paesi del mondo, si risolvono soltanto con l'intervento dello Stato nell'economia.

Dare concessioni ai privati non assicura che questi impiegano i fondi loro concessi in attività economica, e non c'è strumento giuridico che li possa obbligare.

Soltanto l'iniziativa pubblica, in un momento di crisi come questa, che ricorda da vicino la grande crisi degli anni '30 e la sofferta crisi del secondo dopo guerra, è in grado di avviare l'economia sulla via dello sviluppo e della piena occupazione.

Ma, come abbiamo sentito, nel discorso di Draghi la parola pubblico non appare neppure una volta, come non appare neppure una volta il nome Costituzione, sui cui principi si fondano i diritti fondamentali dei lavoratori.

Draghi ci spinge nel baratro, perché nella sua mente è svanito del tutto l'insegnamento del suo maestro Federico Caffè, ed egli è rimasto un convinto neoliberista, che vuole la potenza dei ricchi e l'annientamento dei deboli.

Sarà pure convinto, e non sono certo io a negare che egli agisca in buona fede, ma la sua grande intelligenza dovrebbe avvertirlo che si è posto su una strada completamente sbagliata: quella di aiutare i potenti, ai quali egli è molto simpatico (specialmente se si tratta di potenti stranieri) e non difendere il fondamento della Repubblica italiana e cioè il lavoro.

Lo afferma l'articolo 1, che Draghi non vuol tenere in mente, secondo il quale: "l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e la sovranità appartiene al Popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".

Sorprende e spaventa l'unanime consenso che in Parlamento ha avuto questo suo programma e mi chiedo che significato ha appoggiare un governo che si dichiara contrario alle proposte che i singoli partiti avevano avanzato sino al giorno prima.

Una spiegazione veramente balorda a questo interrogativo l'ha data Matteo Renzi, il quale, dopo essere stato strenuo sostenitore del Mes, diceva lui nell'interesse del Popolo italiano, ha poi cambiato idea quando ha visto compiuta la sua opera di destabilizzazione del governo Conte due. Egli ha detto che rinunciava al Mes, perché il suo Mes era Mario Draghi, una vera e propria confessione.

Concludo con le parole di chi ha unito l'Italia nella lingua, il sommo Poeta: "ahi serva italia di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta".

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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Paolo Maddalena | Feb 19, 2021 alle 12:11 pm | Etichette: Giorgetti, neoliberismo | Categorie: Attuare la Costituzione | URL: https://wp.me/p9N6cK-1Rv

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SIGNOR MARMO: PERCHE' NON FA DOMANDA DI ACCESSO DELL'ITALIA AL BUND COME HANNO FATTO I LAENDER DELLA EX DDR? PROPONGA UN REFERENDUM AGLI ITALIANI, VEDIAMO


Dalla crisi può nascere la Cdu italiana

di RAFFAELE MARMO

L'avvitamento della crisi di governo, quale che ne sarà l’esito, per forza di cose più necessitato che voluto, segnala con immediatezza plastica la principale e ormai strutturale anomalia del sistema politico italiano: l’assenza del centro. Per dirla diversamente, al nostro sempre più malandato Paese manca quello che in Germania è rappresentato dalla Cdu, il partito di Angela Merkel. Ci fosse stato negli anni passati e, a maggiore ragione, ci fosse oggi un vero, autonomo e relativamente consistente partito liberal-democratico, che avesse il suo riferimento nel popolarismo europeo, non staremmo nella attuale palude dei veti.

Non dovremmo assistere ai compromessi al ribasso e agli accordicchi senz’anima e senza prospettiva. In realtà, soprattutto nell’evoluzione degli ultimi anni, ci sarebbe Forza Italia a tentare di occupare lo spazio elettorale che chiamiamo centro. Ma, a parte altri nodi tutti da sciogliere (a cominciare dalla mai risolta trasformazione da partito personale a partito in senso classico), il principale ostacolo allo sviluppo indicato per il movimento di Silvio Berlusconi è costituito dall’alleanza ancora organica con la Lega e con Fratelli d’Italia nell’ambito di quello che continuiamo a definire centro-destra.

E’ altrettanto vero che da tempo sia lo stesso leader sia dirigenti come Mara Carfagna e Renato Brunetta sia, dietro le quinte, autorevoli e influenti consiglieri, come Gianni Letta, hanno manifestato e sollecitato a più riprese la spinta verso un partito compiutamente europeista e popolare, lontano dal raggio di azione del sovranismo di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Il punto è che questo processo, nei passaggi-chiave, continua a procedere per stop and go, con aperture sostanziali, ma anche con rapidi rientri nell’alveo della coalizione originaria. Ma è evidente come, prima o poi, qualche forma di strappo sarà inevitabile e sarà anche auspicabile.

A favorirlo potrà essere "anche" e soprattutto la prospettiva del possibile cambio della legge elettorale con il ritorno a un sistema proporzionale, tanto più utile dopo il taglio del numero dei parlamentari per evitare una rappresentanza mutilata.

A quel punto, dentro la ricomposizione del sistema delle forze politiche, non è peregrino immaginare che anche l’Italia possa avere la sua Cdu, costruita attorno alla vecchia Forza Italia (e comunque al suo elettorato) e a quello che si presenta oggi come il ginepraio di iniziative, movimenti e cespugli centristi.

DI MAIO: SERVE UN GOVERNO SENZA DI TE

 

Governo Draghi, incognita M5S (che rischia di spaccarsi). Di Maio: serve governo politico

Grillo ai suoi: "Leali con Conte, no a Draghi". Opzione astensione, ma sono in molti ad annunciare sui social il no, big come Paola Taverna ed esponenti dell'ala ortodossa come Barbara Lezzi e Alessandro Di Battista. Ma c'è chi avverte: "La linea Crimi non è condivisa". Ipotesi voto su Rousseau

M5S, Vito Crimi (Ansa)
M5S, Vito Crimi (Ansa)

Roma, 3 febbraio 2021 - Occhi puntati su M5S e sulla linea che il movimento sceglierà su Mario Draghi, il nome che dovrebbe risolvere la crisi di governo. "Le regole della democrazia sono molto chiare. E credo che la via democratica alla ricostruzione dell'Italia, in virtù anche del lavoro svolto fino ad oggi, dell'impegno profuso, dei risultati ottenuti, sia quella di un governo politico". Così Luigi Di Maio in assemblea M5s. "La volontà popolare è rappresentata dalle forze parlamentari, il cui mandato ricevuto dagli elettori non è stato quello di un governo tecnico ma, lo ribadisco, è stato quello di proporre un governo politico al Paese che rispondesse alle esigenze degli italiani", ha aggiunto. Sono stati  in molti ad annunciare sui social il no a Draghi: big come Paola Taverna ed esponenti dell'ala ortodossa come Barbara Lezzi o Alessandro Di Battista, punto di riferimento degli "ortodossi" sempre in bilico nei mesi scorsi fra appoggio e critica al governo Conte. E comunque anche il capo politico Vito Crimi, durante la riunione con i gruppi parlamentari, ha ribadito che il Movimento 5 stelle punta ad un governo politico, non può appoggiare un esecutivo tecnico guidato da Draghi. Pure Alfonso Bonafede sulla stessa linea: per il M5s ci può essere "solo un governo politico; lo diremo con responsabilità e coerenza spiegando che il paese ha bisogno di questo", avrebbe detto in assemblea, dove avrebbe aggiunto: "Siamo stati compatti su Conte e dobbiamo continuare ad essere compatti. Con Conte il discorso non si chiude qui".

Pure la posizione di Beppe Grillo, espressa ad alcuni big cinquestelle che lo hanno sentito in queste ore sarebbe quella di restare compatti e leali a Giuseppe Conte, è allineata: no a un governo tecnico guidato dall'ex presidente Bce. Il garante del Movimento, viene spiegato, avrebbe approvato la linea indicata da Crimi. La linea "non voteremo per Mario Draghi", lanciata già ieri sera da Crimi con toni moderati e ringraziamenti di rito al presidente Mattarella, lascia aperti però ampi spiragli, suggeriscono fonti parlamentari M5S, per una astensione che consenta la nascita di un governo tecnico che gestisca i vaccini antiCovid e emergenza e porti a casa l'ok al Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Draghi premier? Cosa succede ora. Tutti gli scenari

Il Pd chiede un incontro con M5S e Leu

La mossa dell'astensione

Con l'astensione il M5S, che raccolse il suo primo grande successo elettorale sull'onda della reazione popolare al governo tecnico guidato da Mario Monti, avrebbe in teoria mani libere per provare a difendere in Parlamento i risultati portati a casa nella legislatura (più il reddito di cittadinanza che la riforma della prescrizione: una sua revisione troverebbe ampi consensi nelle due Camere). E per incunearsi nelle contraddizioni di una maggioranza che in teoria per navigare tranquilla dovrebbe mettere insieme un fronte parlamentare che vada dal Pd alla Lega (altra possibile candidata all'astensione su Draghi, viste le pressioni interne che Matteo Salvini riceve dai suoi "governatori" regionali).

La spaccatura

Su Mario Draghi i cinquestelle rischiano però di andare in frantumi. "E' il momento di pensare al Paese, la linea di Crimi non è condivisa. Non escludiamo la spaccatura", avevano detto in mattinata sempre all'Adnkronos fonti parlamentari di primo piano che non hanno apprezzato la scelta del capo politico pentastellato di chiudere a un eventuale governo presieduto dall'ex numero uno della Bce.

L'ipotesi Rousseau

La situazione di incertezza tra i grillini è evidente. "Bisogna lasciare lavorare il Presidente della Repubblica e nel rispetto attenderei queste ore per ascoltare cosa dirà anche Draghi" dice del resto, interpellata dal Tg1 la deputata M5s e presidente della Commissione banche Carla Ruocco che, rispetto alla possibilità che il M5s possa consultare la base per decidere come votare rispetto ad un governo istituzionale dice: "Questo lo vedremo nelle prossime ore: ora non siamo in grado di rispondere". E Crimi lascia l''opzione consultazione' sul tavolo: "Quella del voto su Rousseau e una ipotesi da non trascurare. Ovviamente dico ipotesi perchè dobbiamo aspettare che prima ci sia un contenuto reale da sottoporre, votare su una persona soltanto mi sembra riduttivo".

Vertice M5s, Pd e LeU

"Dalla riunione di questa sera tra MovimentoPD e Leu emerge la volontà di non disperdere il patrimonio comune costruito con grande impegno, nell'ultimo anno e mezzo. Un patrimonio fatto di temi e interventi già realizzati, di misure sulle quali abbiamo condiviso impostazioni e obiettivi. Nel reciproco rispetto per le rispettive posizioni riguardo alla scelta di appoggiare un eventuale governo tecnico a guida Mario Draghi, abbiamo confermato la volontà di mantenere saldo quel leale rapporto che nel tempo è cresciuto e migliorato", lo affermano in una nota in capo politico politico del Movimento 5 Stelle Vito Crimi al termine del vertice serale con il Partito democratico e Leu.

SPECCHIO SPECCHIO DELLE MIE BRAME, CHI E' IL PIU' GRANDE CENSORE DEL REAME? ALTRO CHE DOUBLE SECURITY, GOOGLE TRACCIA IL TUO CELLULARE PASSO PER PASSO ...

The New Censorship

How did Google become the internet’s censor and master manipulator, blocking access to millions of websites? 

By Robert Epstein ContributorJune 22, 2016, at 9:00 a.m. 

Google, Inc., isn't just the world's biggest purveyor of information; it is also the world's biggest censor.

The company maintains at least nine different blacklists that impact our lives, generally without input or authority from any outside advisory group, industry association or government agency. Google is not the only company suppressing content on the internet. Reddit has frequently been accused of banning postings on specific topics, and a recent report suggests that Facebook has been deleting conservative news stories from its newsfeed, a practice that might have a significant effect on public opinion – even on voting. Google, though, is currently the biggest bully on the block.

When Google's employees or algorithms decide to block our access to information about a news item, political candidate or business, opinions and votes can shift, reputations can be ruined and businesses can crash and burn. Because online censorship is entirely unregulated at the moment, victims have little or no recourse when they have been harmed. Eventually, authorities will almost certainly have to step in, just as they did when credit bureaus were regulated in 1970. The alternative would be to allow a large corporation to wield an especially destructive kind of power that should be exercised with great restraint and should belong only to the public: the power to shame or exclude.

If Google were just another mom-and-pop shop with a sign saying "we reserve the right to refuse service to anyone," that would be one thing. But as the golden gateway to all knowledge, Google has rapidly become an essential in people's lives – nearly as essential as air or water. We don't let public utilities make arbitrary and secretive decisions about denying people services; we shouldn't let Google do so either.

Let's start with the most trivial blacklist and work our way up. I'll save the biggest and baddest – one the public knows virtually nothing about but that gives Google an almost obscene amount of power over our economic well-being – until last.

1. The autocomplete blacklist. This is a list of words and phrases that are excluded from the autocomplete feature in Google's search bar. The search bar instantly suggests multiple search options when you type words such as "democracy" or "watermelon," but it freezes when you type profanities, and, at times, it has frozen when people typed words like "torrent," "bisexual" and "penis." At this writing, it's freezing when I type "clitoris." The autocomplete blacklist can also be used to protect or discredit political candidates. As recently reported, at the moment autocomplete shows you "Ted" (for former GOP presidential candidate Ted Cruz) when you type "lying," but it will not show you "Hillary" when you type "crooked" – not even, on my computer, anyway, when you type "crooked hill." (The nicknames for Clinton and Cruz coined by Donald Trump, of course.) If you add the "a," so you've got "crooked hilla," you get the very odd suggestion "crooked Hillary Bernie." When you type "crooked" on Bing, "crooked Hillary" pops up instantly. Google's list of forbidden terms varies by region and individual, so "clitoris" might work for you. (Can you resist checking?)

2. The Google Maps blacklist. This list is a little more creepy, and if you are concerned about your privacy, it might be a good list to be on. The cameras of Google Earth and Google Maps have photographed your home for all to see. If you don't like that, "just move," Google's former CEO Eric Schmidt said. Google also maintains a list of properties it either blacks out or blurs out in its images. Some are probably military installations, some the residences of wealthy people, and some – well, who knows? Martian pre-invasion enclaves? Google doesn't say.

3. The YouTube blacklist. YouTube, which is owned by Google, allows users to flag inappropriate videos, at which point Google censors weigh in and sometimes remove them, but not, according to a recent report by Gizmodo, with any great consistency – except perhaps when it comes to politics. Consistent with the company's strong and open support for liberal political candidates, Google employees seem far more apt to ban politically conservative videos than liberal ones. In December 2015, singer Joyce Bartholomew sued YouTube for removing her openly pro-life music video, but I can find no instances of pro-choice music being removed. YouTube also sometimes acquiesces to the censorship demands of foreign governments. Most recently, in return for overturning a three-year ban on YouTube in Pakistan, it agreed to allow Pakistan's government to determine which videos it can and cannot post.

4. The Google account blacklist. A couple of years ago, Google consolidated a number of its products – Gmail, Google Docs, Google+, YouTube, Google Wallet and others – so you can access all of them through your one Google account. If you somehow violate Google's vague and intimidating terms of service agreement, you will join the ever-growing list of people who are shut out of their accounts, which means you'll lose access to all of these interconnected products. Because virtually no one has ever read this lengthy, legalistic agreement, however, people are shocked when they're shut out, in part because Google reserves the right to "stop providing Services to you … at any time." And because Google, one of the largest and richest companies in the world, has no customer service department, getting reinstated can be difficult. (Given, however, that all of these services gather personal information about you to sell to advertisers, losing one's Google account has been judged by some to be a blessing in disguise.)

5. The Google News blacklist. If a librarian were caught trashing all the liberal newspapers before people could read them, he or she might get in a heap o' trouble. What happens when most of the librarians in the world have been replaced by a single company? Google is now the largest news aggregator in the world, tracking tens of thousands of news sources in more than thirty languages and recently adding thousands of small, local news sources to its inventory. It also selectively bans news sources as it pleases. In 2006, Google was accused of excluding conservative news sources that generated stories critical of Islam, and the company has also been accused of banning individual columnists and competing companies from its news feed. In December 2014, facing a new law in Spain that would have charged Google for scraping content from Spanish news sources (which, after all, have to pay to prepare their news), Google suddenly withdrew its news service from Spain, which led to an immediate drop in traffic to Spanish new stories. That drop in traffic is the problem: When a large aggregator bans you from its service, fewer people find your news stories, which means opinions will shift away from those you support. Selective blacklisting of news sources is a powerful way of promoting a political, religious or moral agenda, with no one the wiser.

6. The Google AdWords blacklist. Now things get creepier. More than 70 percent of Google's $80 billion in annual revenue comes from its AdWords advertising service, which it implemented in 2000 by infringing on a similar system already patented by Overture Services. The way it works is simple: Businesses worldwide bid on the right to use certain keywords in short text ads that link to their websites (those text ads are the AdWords); when people click on the links, those businesses pay Google. These ads appear on Google.com and other Google websites and are also interwoven into the content of more than a million non-Google websites – Google's "Display Network." The problem here is that if a Google executive decides your business or industry doesn't meet its moral standards, it bans you from AdWords; these days, with Google's reach so large, that can quickly put you out of business. In 2011, Google blacklisted an Irish political group that defended sex workers but which did not provide them; after a protest, the company eventually backed down.

In May 2016, Google blacklisted an entire industry – companies providing high-interest "payday" loans. As always, the company billed this dramatic move as an exercise in social responsibility, failing to note that it is a major investor in LendUp.com, which is in the same industry; if Google fails to blacklist LendUp (it's too early to tell), the industry ban might turn out to have been more of an anticompetitive move than one of conscience. That kind of hypocrisy has turned up before in AdWords activities. Whereas Google takes a moral stand, for example, in banning ads from companies promising quick weight loss, in 2011, Google forfeited a whopping $500 million to the U.S. Justice Department for having knowingly allowed Canadian drug companies to sell drugs illegally in the U.S. for years through the AdWords system, and several state attorneys general believe that Google has continued to engage in similar practices since 2011; investigations are ongoing.

7. The Google AdSense blacklist. If your website has been approved by AdWords, you are eligible to sign up for Google AdSense, a system in which Google places ads for various products and services on your website. When people click on those ads, Google pays you. If you are good at driving traffic to your website, you can make millions of dollars a year running AdSense ads – all without having any products or services of your own. Meanwhile, Google makes a net profit by charging the companies behind the ads for bringing them customers; this accounts for about 18 percent of Google's income. Here, too, there is scandal: In April 2014, in two posts on PasteBin.com, someone claiming to be a former Google employee working in their AdSense department alleged the department engaged in a regular practice of dumping AdSense customers just before Google was scheduled to pay them. To this day, no one knows whether the person behind the posts was legit, but one thing is clear: Since that time, real lawsuits filed by real companies have, according to WebProNews, been "piling up" against Google, alleging the companies were unaccountably dumped at the last minute by AdSense just before large payments were due, in some cases payments as high as $500,000.

8. The search engine blacklist. Google's ubiquitous search engine has indeed become the gateway to virtually all information, handling 90 percent of search in most countries. It dominates search because its index is so large: Google indexes more than 45 billion web pages; its next-biggest competitor, Microsoft's Bing, indexes a mere 14 billion, which helps to explain the poor quality of Bing's search results.

Google's dominance in search is why businesses large and small live in constant "fear of Google," as Mathias Dopfner, CEO of Axel Springer, the largest publishing conglomerate in Europe, put it in an open letter to Eric Schmidt in 2014. According to Dopfner, when Google made one of its frequent adjustments to its search algorithm, one of his company's subsidiaries dropped dramatically in the search rankings and lost 70 percent of its traffic within a few days. Even worse than the vagaries of the adjustments, however, are the dire consequences that follow when Google employees somehow conclude you have violated their "guidelines": You either get banished to the rarely visited Netherlands of search pages beyond the first page (90 percent of all clicks go to links on that first page) or completely removed from the index. In 2011, Google took a "manual action" of a "corrective" nature against retailer J.C. Penney – punishment for Penney's alleged use of a legal SEO technique called "link building" that many companies employ to try to boost their rankings in Google's search results. Penney was demoted 60 positions or more in the rankings.

Search ranking manipulations of this sort don't just ruin businesses; they also affect people's opinions, attitudes, beliefs and behavior, as my research on the Search Engine Manipulation Effect has demonstrated. Fortunately, definitive information about Google's punishment programs is likely to turn up over the next year or two thanks to legal challenges the company is facing. In 2014, a Florida company called e-Ventures Worldwide filed a lawsuit against Google for "completely removing almost every website" associated with the company from its search rankings. When the company's lawyers tried to get internal documents relevant to Google's actions though typical litigation discovery procedures, Google refused to comply. In July 2015, a judge ruled that Google had to honor e-Ventures' discovery requests, and that case is now moving forward. More significantly, in April 2016, the Fifth Circuit Court of Appeals ruled that the attorney general of Mississippi – supported in his efforts by the attorneys general of 40 other states – has the right to proceed with broad discovery requests in his own investigations into Google's secretive and often arbitrary practices.

This brings me, at last, to the biggest and potentially most dangerous of Google's blacklists – which Google's calls its "quarantine" list.

9. The quarantine list. To get a sense of the scale of this list, I find it helpful to think about an old movie – the classic 1951 film "The Day the Earth Stood Still," which starred a huge metal robot named Gort. He had laser-weapon eyes, zapped terrified humans into oblivion and had the power to destroy the world. Klaatu, Gort's alien master, was trying to deliver an important message to earthlings, but they kept shooting him before he could. Finally, to get the world's attention, Klaatu demonstrated the enormous power of the alien races he represented by shutting down – at noon New York time – all of the electricity on earth for exactly 30 minutes. The earth stood still.

Substitute "ogle" for "rt," and you get "Google," which is every bit as powerful as Gort but with a much better public relations department – so good, in fact, that you are probably unaware that on Jan. 31, 2009, Google blocked access to virtually the entire internet. And, as if not to be outdone by a 1951 science fiction move, it did so for 40 minutes.

Impossible, you say. Why would do-no-evil Google do such an apocalyptic thing, and, for that matter, how, technically, could a single company block access to more than 100 million websites?

The answer has to do with the dark and murky world of website blacklists – ever-changing lists of websites that contain malicious software that might infect or damage people's computers. There are many such lists – even tools, such as blacklistalert.org, that scan multiple blacklists to see if your IP address is on any of them. Some lists are kind of mickey-mouse – repositories where people submit the names or IP addresses of suspect sites. Others, usually maintained by security companies that help protect other companies, are more high-tech, relying on "crawlers" – computer programs that continuously comb the internet.

But the best and longest list of suspect websites is Google's, launched in May 2007. Because Google is crawling the web more extensively than anyone else, it is also in the best position to find malicious websites. In 2012, Google acknowledged that each and every day it adds about 9,500 new websites to its quarantine list and displays malware warnings on the answers it gives to between 12 and 14 million search queries. It won't reveal the exact number of websites on the list, but it is certainly in the millions on any given day.

In 2011, Google blocked an entire subdomain, co.cc, which alone contained 11 million websites, justifying its action by claiming that most of the websites in that domain appeared to be "spammy." According to Matt Cutts, still the leader of Google's web spam team, the company "reserves the right" to take such action when it deems it necessary. (The right? Who gave Google that right?)

And that's nothing: According to The Guardian, on Saturday, Jan. 31, 2009, at 2:40 pm GMT, Google blocked the entire internet for those impressive 40 minutes, supposedly, said the company, because of "human error" by its employees. It would have been 6:40 am in Mountain View, California, where Google is headquartered. Was this time chosen because it is one of the few hours of the week when all of the world's stock markets are closed? Could this have been another of the many pranks for which Google employees are so famous? In 2008, Google invited the public to submit applications to join the "first permanent human colony on Mars." Sorry, Marsophiles; it was just a prank.

When Google's search engine shows you a search result for a site it has quarantined, you see warnings such as, "The site ahead contains malware" or "This site may harm your computer" on the search result. That's useful information if that website actually contains malware, either because the website was set up by bad guys or because a legitimate site was infected with malware by hackers. But Google's crawlers often make mistakes, blacklisting websites that have merely been "hijacked," which means the website itself isn't dangerous but merely that accessing it through the search engine will forward you to a malicious site. My own website, http://drrobertepstein.com, was hijacked in this way in early 2012. Accessing the website directly wasn't dangerous, but trying to access it through the Google search engine forwarded users to a malicious website in Nigeria. When this happens, Google not only warns you about the infected website on its search engine (which makes sense), it also blocks you from accessing the website directly through multiple browsers – even non-Google browsers. (Hmm. Now that's odd. I'll get back to that point shortly.)

The mistakes are just one problem. The bigger problem is that even though it takes only a fraction of a second for a crawler to list you, after your site has been cleaned up Google's crawlers sometimes take days or even weeks to delist you – long enough to threaten the existence of some businesses. This is quite bizarre considering how rapidly automated online systems operate these days. Within seconds after you pay for a plane ticket online, your seat is booked, your credit card is charged, your receipt is displayed and a confirmation email shows up in your inbox – a complex series of events involving multiple computers controlled by at least three or four separate companies. But when you inform Google's automated blacklist system that your website is now clean, you are simply advised to check back occasionally to see if any action has been taken. To get delisted after your website has been repaired, you either have to struggle with the company's online Webmaster tools, which are far from friendly, or you have to hire a security expert to do so – typically for a fee ranging between $1,000 and $10,000. No expert, however, can speed up the mysterious delisting process; the best he or she can do is set it in motion.

So far, all I've told you is that Google's crawlers scan the internet, sometimes find what appear to be suspect websites and put those websites on a quarantine list. That information is then conveyed to users through the search engine. So far so good, except of course for the mistakes and the delisting problem; one might even say that Google is performing a public service, which is how some people who are familiar with the quarantine list defend it. But I also mentioned that Google somehow blocks people from accessing websites directly through multiple browsers. How on earth could it do that? How could Google block you when you are trying to access a website using Safari, an Apple product, or Firefox, a browser maintained by Mozilla, the self-proclaimed "nonprofit defender of the free and open internet"?

The key here is browsers. No browser maker wants to send you to a malicious website, and because Google has the best blacklist, major browsers such as Safari and Firefox – and Chrome, of course, Google's own browser, as well as browsers that load through Android, Google's mobile operating system – check Google's quarantine list before they send you to a website. (In November 2014, Mozilla announced it will no longer list Google as its default search engine, but it also disclosed that it will continue to rely on Google's quarantine list to screen users' search requests.)

If the site has been quarantined by Google, you see one of those big, scary images that say things like "Get me out of here!" or "Reported attack site!" At this point, given the default security settings on most browsers, most people will find it impossible to visit the site – but who would want to? If the site is not on Google's quarantine list, you are sent on your way.

OK, that explains how Google blocks you even when you're using a non-Google browser, but why do they block you? In other words, how does blocking you feed the ravenous advertising machine – the sine qua non of Google's existence?

Have you figured it out yet? The scam is as simple as it is brilliant: When a browser queries Google's quarantine list, it has just shared information with Google. With Chrome and Android, you are always giving up information to Google, but you are also doing so even if you are using non-Google browsers. That is where the money is – more information about search activity kindly provided by competing browser companies. How much information is shared will depend on the particular deal the browser company has with Google. In a maximum information deal, Google will learn the identity of the user; in a minimum information deal, Google will still learn which websites people want to visit – valuable data when one is in the business of ranking websites. Google can also charge fees for access to its quarantine list, of course, but that's not where the real gold is.

Chrome, Android, Firefox and Safari currently carry about 92 percent of all browser traffic in the U.S. – 74 percent worldwide – and these numbers are increasing. As of this writing, that means Google is regularly collecting information through its quarantine list from more than 2.5 billion people. Given the recent pact between Microsoft and Google, in coming months we might learn that Microsoft – both to save money and to improve its services – has also started using Google's quarantine list in place of its own much smaller list; this would further increase the volume of information Google is receiving.

To put this another way, Google has grown, and is still growing, on the backs of some of its competitors, with end users oblivious to Google's antics – as usual. It is yet another example of what I have called "Google's Dance" – the remarkable way in which Google puts a false and friendly public face on activities that serve only one purpose for the company: increasing profit. On the surface, Google's quarantine list is yet another way Google helps us, free of charge, breeze through our day safe and well-informed. Beneath the surface, that list is yet another way Google accumulates more information about us to sell to advertisers.

You may disagree, but in my view Google's blacklisting practices put the company into the role of thuggish internet cop – a role that was never authorized by any government, nonprofit organization or industry association. It is as if the biggest bully in town suddenly put on a badge and started patrolling, shuttering businesses as it pleased, while also secretly peeping into windows, taking photos and selling them to the highest bidder.

Consider: Heading into the holiday season in late 2013, an online handbag business suffered a 50 percent drop in business because of blacklisting. In 2009, it took an eco-friendly pest control company 60 days to leap the hurdles required to remove Google's warnings, long enough to nearly go broke. And sometimes the blacklisting process appears to be personal: In May 2013, the highly opinionated PC Magazine columnist John Dvorak wondered "When Did Google Become the Internet Police?" after both his website and podcast site were blacklisted. He also ran into the delisting problem: "It's funny," he wrote, "how the site can be blacklisted in a millisecond by an analysis but I have to wait forever to get cleared by the same analysis doing the same scan. Why is that?"

Could Google really be arrogant enough to mess with a prominent journalist? According to CNN, in 2005 Google "blacklisted all CNET reporters for a year after the popular technology news website published personal information about one of Google's founders" – Eric Schmidt – "in a story about growing privacy concerns." The company declined to comment on CNN's story.

Google's mysterious and self-serving practice of blacklisting is one of many reasons Google should be regulated, just as phone companies and credit bureaus are. The E.U.'s recent antitrust actions against Google, the recently leaked FTC staff report about Google's biased search rankings, President Obama's call for regulating internet service providers – all have merit, but they overlook another danger. No one company, which is accountable to its shareholders but not to the general public, should have the power to instantly put another company out of business or block access to any website in the world. How frequently Google acts irresponsibly is beside the point; it has the ability to do so, which means that in a matter of seconds any of Google's 37,000 employees with the right passwords or skills could laser a business or political candidate into oblivion or even freeze much of the world's economy.

Some degree of censorship and blacklisting is probably necessary; I am not disputing that. But the suppression of information on the internet needs to be managed by, or at least subject to the regulations of, responsible public officials, with every aspect of their operations transparent to all.

Updated on June 23, 2016: Readers have called my attention to a 10th Google blacklist, which the company applies to its shopping service. In 2012, the shopping service banned the sale of weapons-related items, including some items that could still be sold through AdWords. Google's shopping blacklisting policy, while reasonably banning the sale of counterfeit and copyrighted goods, also includes a catch-all category: Google can ban the sale of any product or service its employees deem to be "offensive or inappropriate." No means of recourse is stated.
Corrected on June 23, 2016: An earlier version of this post misidentified singer Joyce Bartholomew.

Lettera aperta al signor Luigi di Maio, deputato del Popolo Italiano

ZZZ, 04.07.2020 C.A. deputato Luigi di Maio sia nella sua funzione di deputato sia nella sua funzione di ministro degli esteri ...