Il
programma del governo Draghi sta muovendo i suoi primi passi, e
conferma, come avevo detto, di voler procedere su un binario sbagliato,
che non porta al benessere dell'Italia, ma alla rovina sua e di tutti i
lavoratori.
Oggi
al Ministero dello Sviluppo Economico sono presenti i lavoratori della
Whirlpool, mentre sul tavolo del neo Ministro Giorgetti si discute della
questione Ilva.
Le
parole di Giorgetti riguardano entrambi i casi e promettono aiuti alle
attuali imprese e comunque uno slittamento del blocco dei licenziamenti a
data da destinarsi.
Ci
troviamo di fronte a una politica assistenziale, che proroga la
situazione di disagio economico italiana, puntando tutto sull'iniziativa
privata, e dimenticando che i problemi attuali, come sta avvenendo in
tutti i Paesi del mondo, si risolvono soltanto con l'intervento dello
Stato nell'economia.
Dare
concessioni ai privati non assicura che questi impiegano i fondi loro
concessi in attività economica, e non c'è strumento giuridico che li
possa obbligare.
Soltanto
l'iniziativa pubblica, in un momento di crisi come questa, che ricorda
da vicino la grande crisi degli anni '30 e la sofferta crisi del secondo
dopo guerra, è in grado di avviare l'economia sulla via dello sviluppo e
della piena occupazione.
Ma,
come abbiamo sentito, nel discorso di Draghi la parola pubblico non
appare neppure una volta, come non appare neppure una volta il nome
Costituzione, sui cui principi si fondano i diritti fondamentali dei
lavoratori.
Draghi
ci spinge nel baratro, perché nella sua mente è svanito del tutto
l'insegnamento del suo maestro Federico Caffè, ed egli è rimasto un
convinto neoliberista, che vuole la potenza dei ricchi e l'annientamento
dei deboli.
Sarà
pure convinto, e non sono certo io a negare che egli agisca in buona
fede, ma la sua grande intelligenza dovrebbe avvertirlo che si è posto
su una strada completamente sbagliata: quella di aiutare i potenti, ai
quali egli è molto simpatico (specialmente se si tratta di potenti
stranieri) e non difendere il fondamento della Repubblica italiana e
cioè il lavoro.
Lo
afferma l'articolo 1, che Draghi non vuol tenere in mente, secondo il
quale: "l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e la
sovranità appartiene al Popolo che la esercita nelle forme e nei limiti
della Costituzione".
Sorprende
e spaventa l'unanime consenso che in Parlamento ha avuto questo suo
programma e mi chiedo che significato ha appoggiare un governo che si
dichiara contrario alle proposte che i singoli partiti avevano avanzato
sino al giorno prima.
Una
spiegazione veramente balorda a questo interrogativo l'ha data Matteo
Renzi, il quale, dopo essere stato strenuo sostenitore del Mes, diceva
lui nell'interesse del Popolo italiano, ha poi cambiato idea quando ha
visto compiuta la sua opera di destabilizzazione del governo Conte due.
Egli ha detto che rinunciava al Mes, perché il suo Mes era Mario Draghi,
una vera e propria confessione.
Concludo
con le parole di chi ha unito l'Italia nella lingua, il sommo Poeta:
"ahi serva italia di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran
tempesta".
Professor
Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e
Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
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