Governo, la trattativa si complica
Il nodo delle nuove condizioni di Renzi
Il bivio che apre l’ultimo anno di Mattarella (che non vuole il bis)
Con l’intesa sul programma via a un Conte ter, altrimenti governo «del presidente» o uno elettorale. Nell’incertezza generale, mandato senza altre consultazioni
Il proprio autoritratto da presidente della Repubblica, Sergio Mattarella lo affidò anni fa a uno studente in visita sul Colle. Il liceale gli aveva chiesto quanto fosse difficile il suo lavoro e lui rispose così: «La storia insegna che l’esercizio del potere può provocare il rischio di far inebriare le persone, di perdere il senso del servizio e acquisire invece il senso del dominio... Come si evita questo pericolo? Ci sono due antidoti. Il primo è personale: una capacità di autodisciplina e senso del limite, del proprio limite come persona e come ruolo che si esercita, un senso di autocontrollo e — perché no? — di autoironia che è sempre utile a tutti. C’è poi l’altro antidoto, quello dei meccanismi di equilibrio che distribuiscono le funzioni e i compiti del potere tra più soggetti, in maniera che nessuno da solo ne abbia troppo». Più chiaro e, nella propria semplicità, autorevole non avrebbe potuto essere, sintetizzando come interpretava il ruolo. Chiamiamolo «canone Mattarella», anche se in realtà fu adottato da quasi tutti i suoi predecessori che agirono con trasparenza tale da smentire lo stereotipo del Quirinale come sede dei segreti del potere: gli Arcana Imperii. No, applicare a quel palazzo un simile paradigma non funziona, soprattutto durante la stagione del dodicesimo capo dello Stato. Stagione che, a sei anni da quando fu eletto, si avvia ora al traguardo del settimo e ultimo.
Il passaggio chiave
Saranno mesi difficili per lui, specie gli ultimi sei (il cosiddetto «semestre bianco»), quando a norma di Costituzione si affievoliranno le sue prerogative? Dipende da parecchie incognite, ma anzitutto da come si risolverà la crisi in cui la politica si è avvitata da venti giorni in qua. Un passaggio chiave finirà entro stasera, dopo che l’«esploratore» Roberto Fico tirerà le somme sulla squadra e sul programma dell’ipotetico Conte ter (negoziato dal quale il presidente della Repubblica si tiene lontano, anche se ovviamente preferirebbe forme di continuità in quei ministeri dove già si conoscono i dossier più delicati). Nell’incertezza generale, un punto fermo: se Fico confermerà il perimetro della vecchia maggioranza e «un accordo contrattuale» tra gli ex alleati, Mattarella potrebbe affidare senza altre consultazioni l’incarico al premier dimissionario. Se invece un’intesa non ci fosse e si profilassero nuove tensioni e inconcludenze, dovrebbe assumere «un’iniziativa in prima persona», formula traducibile in un esecutivo elettorale, per accompagnare il Paese alle urne, o in uno istituzionale, definibile anche come «governo del presidente».
«L’ultimo anno di questo mandato»
Un travaglio che comunque si concluderà presto. Per il resto, sul futuro prossimo del capo dello Stato, una cosa si può anticipare: il tormentone di una sua ricandidatura, in corso da tempo senza molto buongusto, può essere azzerato. È stato Mattarella stesso a mettere le mani avanti, e in modo netto, nel messaggio di Capodanno: «Quello che inizia sarà il mio ultimo anno da presidente». Si badi, considerando che le parole per lui pesano: non ha detto «l’ultimo anno di questo mandato», che avrebbe potuto sottintendere lo scenario di un mandato successivo, sulla base del precedente di Giorgio Napolitano. In ogni caso, Mattarella vorrà riprendere il proprio lavoro in coerenza con le linee guida del settennato. Quelle che potrebbero essere il suo lascito ereditario. Su tutte, l’idea di Stato-comunità, intesa più nel significato laico che in quello cattolico dell’espressione, e che ha declinato con continui richiami all’unità e alla solidarietà dei cittadini. Con un particolare occhio di riguardo verso i disabili. E poi l’idea della mediazione ma intesa in senso alto, come «fatica necessaria della democrazia». Certo, seguirà «con attenzione», come ha promesso, la ripartenza dell’Italia. Sperando che le ferite della pandemia e i guasti dell’imbarbarimento della nostra politica così «liquida» e instabile, si affievoliscano e gli permettano di riprendere «da vicino» alcuni rapporti con Paesi come Stati Uniti, Germania e Francia nei quali la sua veste di garante del sistema italiano si è rivelata cruciale. Basta ricordare il legame con Parigi, stressato dalla sortita dei 5 Stelle al fianco dei gilet gialli e da lui recuperato in extremis.
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