Il dopo Draghi. Il cerino acceso in mano e i militari evocati da Sorgi già un anno fa

 

Se oggi finisce il draghismo (ma finisce davvero?) si possono fare due considerazioni. La meno cupa è la prima, relativa alle terribili condizioni in cui questo Governo lascia l’Italia. Chi vorrà prendere in mano il cerino rischia seriamente di scottarsi.

Tornano inoltre in mente  – ed è la seconda considerazione – autorevoli ipotesi o magari  avvertimenti di un anno fa, quando tirava aria di crisi estiva: se cade Draghi, potremmo avere un governo militare. E la guerra, allora, non c’era neppure.

Una cosa per volta. Il Governo guidato da Draghi ha ridotto l’Italia in uno stato tale che lo stesso Draghi vuole rimanere in carica solo con una maggioranza così ampia da diluire le responsabilità e farle diventare sfumate e fondamentalmente impersonali.

Crisi economica, crisi energetica con la prospettiva di razionamenti a partire dall’autunno, inflazione all’8% (come dicono i dati ufficiali) solo per chi non gestisce le bollette e non va a fare la spesa, aumento delle spese militari, armi inviate all’Ucraina rendendo l’Italia praticamente sua co-belligerante contro la Russia in una guerra che gli italiani non vogliono.

Poi il Covid gestito a suon di green pass e vaccini (ormai quarta dose) acquistati e pagati con modalità faraoniche mentre la sanità è allo sfascio. E ancora: le forche caudine rappresentate dalle terribili condizioni del PNRR, perfino la prospettiva del razionamento idrico…

E’ per annegare le responsabilità in mezzo a quelle di tutti gli altri, probabilmente, che Draghi non vuole restare a Palazzo Chigi se si sfila il M5S. Eppure avrebbe i numeri per rimanere. Potrebbe trovarli persino se lo salutasse anche la Lega. Basterebbe qualche ulteriore transfugo dal M5S verso Di Maio, qualche “responsabile” magari reperito attraverso il “buon rapporto” con la Meloni.

Invece no. Se le condizioni in cui si trova l’Italia non sono addebitabili praticamente a tutte le forze politiche, l’uomo del “Si fa come dico io” se ne va, lasciando il cerino acceso nelle mani di qualcun altro.

Ma se Draghi se ne va, chi al suo posto? Un anno fa, quando c’era odore di crisi di governo estiva, Marcello Sorgi – firma di punta della Stampa e dunque iscritto al Draghi fan club – vergò un editoriale che è giusto riesumare. Si concludeva dicendo che, in caso di dimissioni di Draghi,

al Presidente della Repubblica non resterebbe che mettere su un governo elettorale, forse perfino militare, com’è accaduto con il generale Figliuolo per le vaccinazioni. A mali estremi, estremi rimedi

Più elmetti per tutti – Sorgi oltretutto lo ha scritto quando la guerra non era neanche all’orizzonte – e una prospettiva di ordine e disciplina perché altrimenti l’Italia, così gonfia di crisi, non può che scoppiare. “Non è affatto detto” che si arriverà al governo militare, aggiungeva allora Sorgi. Ma intanto  l’ha detto.

GIULIA BURGAZZI

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