DOPO L'ESPERIENZA DEL NAZIFASCISMO: I GOVERNI CONTE E DRAGHI, INSIEME A MATTARELLA E A GUTIERREZ, VDL ECC. ECC., DEVONO ESSERE MESSI IN STATO D'ACCUSA PER TENTARE DI REINSTAURARE UN TOTALITARISMO DEL TUTTO ANALOGO A QUELLO NAZIFASCISTA?

 

I VACCINI ANTI-COVID ALTERANO IL DNA: L’ORDINANZA DEL TRIBUNALE DI FIRENZE

“Una persona non può essere costretta, per sostentarsi, a sottoporsi a trattamenti iniettivi sperimentali talmente invasivi da insinuarsi nel suo DNA alterandolo in un modo che potrebbe essere irreversibile, con effetti ad oggi imprevedibili sulla sua vita e salute”. A metterlo nero su bianco, in una recente ordinanza, non è un complottista o un sedicente ricercatore dell’università della vita, ma il giudice Susanna Zanda della seconda sezione civile del tribunale di Firenze.

Con un pronunciamento pubblicato lo scorso 6 luglio ha disposto il reintegro di una psicologa sospesa dal lavoro perché non ha aderito alla campagna vaccinale contro il Covid19.
Un dispositivo denso di evidenze e molto netto nei toni, che si conclude con l’autorizzazione “dell’esercizio della professione – si legge – senza sottoposizione al trattamento iniettivo lavorando in qualunque modalità (in presenza o da remoto) alla stregua dei colleghi vaccinati“.

I contenuti dell’ordinanza

Gli elementi che hanno portato a questa decisione sono esplicitati nelle tre pagine del documento: innanzitutto un riferimento alla dignità, che nella Costituzione italiana è legata al riconoscimento dei diritti fondamentali del cittadino, primo su tutti il lavoro. “La sospensione – scrive il giudice – rischia di compromettere i beni primari dell’individuo quali il diritto al sostentamento e al lavoro inteso come espressione della libertà della persona e della sua dignità”.

Ma le affermazioni più forti arrivano nelle righe successive: la legge n. 71/2021, che obbliga al vaccino il personale sanitario, “propone lo scopo di impedire la malattia e assicurare condizioni di sicurezza in ambito sanitario”, scopo irraggiungibile – secondo il giudice – come evidente dai report dell’ente di farmacovigilanza italiano AIFA. Si legge nell’ordinanza che i dati ufficiali italiani ed europei (pubblicati da Eudravigilance ed Euromomo), riportano “un fenomeno opposto a quello che si voleva raggiungere con la vaccinazione ovvero un dilagare del contagio con la formazione di molteplici varianti virali e il prevalere numerico di infezioni e decessi proprio tra soggetti vaccinati con tre dosi”. Per questo secondo il magistrato Susanna Zanda si riscontra nella legge una mancanza di benefici per la collettività.

Scrive ancora il giudice civile: “La Costituzione, dopo l’esperienza del nazi-fascismo, non consente di sacrificare il singolo individuo per un interesse collettivo vero o supposto e tantomeno consente a sottoporlo a sperimentazioni mediche invasive senza consenso libero e informato”. E a questo proposito si legge: “Un consenso libero e informato non è possibile allorquando i componenti dei sieri e i meccanismi sul loro funzionamento sono coperti non solo da segreto industriale ma anche, incomprensibilmente, da segreto militare”.

Tra i considerata del pronunciamento anche il fatto che oggi, dopo due anni, ancora non si conoscono componenti ed effetti a medio e lungo termine ma nel breve termine i vaccini anti-Covid hanno già causato migliaia di decessi ed eventi avversi gravi. Il magistrato rileva che “l’ordinamento italiano e i trattati internazionali vietano qualsiasi sperimentazione sugli esseri umani” e che il regolamento europeo che disciplina il green pass vieta la discriminazione delle persone non vaccinate contro il Covid19.

L’ordinanza firmata da Susanna Zanda mette nero su bianco che sotto un profilo epidemiologico la condizione del soggetto vaccinato non è dissimile da quello del non vaccinato perché “entrambi possono infettarsi, sviluppare la malattia e trasmettere il contagio“. Alla luce di questo, dei rischi ormai espliciti nei documenti ufficiali dei sieri sulla salute e dell’impossibilità di firmare un consenso realmente informato visto il segreto militare sui preparati, viene disposto il reintegro della professionista sul luogo di lavoro alle stesse condizioni dei colleghi vaccinati.

Sentenze sulla stessa lunghezza d’onda, citate nel dispositivo del 6 luglio, sono già arrivate da TAR e tribunali di Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto e Sardegna. Ricorso dopo ricorso qualcosa si muove per i lavoratori ingiustamente sospesi: quando non possiamo contare sulla speranza, se è scritta con la S maiuscola, forse possiamo ancora contare sulla Giustizia.

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