Afghanistan, soldati e droga. La Difesa replica alle "Iene": discredito Forze Armate: TUTTI EROI, LAVIAMOGLI LE VESTI

 

Afghanistan, soldati e droga. La Difesa
replica alle "Iene": discredito Forze Armate

Mercoledì 12 Ottobre 2016 di Ebe Pierini
Afghanistan, soldati e droga. La Difesa replica alle "Iene": discredito Forze Armate

Quanto riportato nel servizio “Droga e militari italiani in Afghanistan”, andato in onda nella puntata dell’11 ottobre delle “Iene” è “frutto di illazioni e notizie false che gettano discredito sulle Forze Armate”. Con queste parole lo Stato Maggiore della Difesa smentisce categoricamente quanto apparso in tv. Nel servizio si fa riferimento ad un presunto traffico di droga tra Afghanistan ed Italia gestito da alcuni soldati e ad un uso di stupefacenti da parte di alcuni dei militari impegnati in missione.

“Quanto dichiarato dal presunto militare è smentito dal fatto che tutto il personale militare, di ogni categoria e grado, in missione e in Patria, viene obbligatoriamente sottoposto a controlli periodici volti ad individuare l'eventuale uso, anche occasionale, di sostanze stupefacenti – si legge in una nota della Difesa - Laddove vi siano stati riscontri positivi, le Forze Armate, ribadendo la propria politica di tolleranza zero, hanno perseguito i singoli, avviando con immediatezza tutte le previste procedure giudiziarie, disciplinari e sanitarie. L’affermazione di supposte connivenze tra commilitoni e comandanti, inoltre, è totalmente infondata: in operazioni ad alto rischio, la sicurezza e l’incolumità di ciascun militare, infatti, dipendono dalla lucidità e dalla pronta reattività di ogni collega e, quindi, nessuno tollererebbe la vicinanza di chi abbia capacità psicofisiche alterate dall’uso di sostanze stupefacenti”. Per quanto riguarda le affermazioni del presunto ufficiale dell’Aeronautica lo Stato Maggiore della Difesa ritiene siano “sconfessate dai controlli obbligatori presso gli aeroporti di partenza e di arrivo, effettuati dall’Arma dei Carabinieri”.

Controlli che sono finalizzati a verificare l’osservanza dei vincoli di sicurezza imposti dall'autorità internazionale per il trasporto aereo e il rispetto delle norme doganali. Ed è proprio grazie a questo monitoraggio che è stato possibile rinvenire, in passato, modesti quantitativi di marijuana nelle canne di una decina di fucili. “Il fatto è stato scoperto grazie a questi controlli e denunciato proprio dalle autorità militari, ma l’autore del servizio, nel riferire l’evento, ha strumentalmente omesso questa informazione” contrattacca la Difesa. Anche il personale civile che lavora all'interno delle basi nazionali all'estero viene quotidianamente sottoposto a stringenti controlli di sicurezza, tanto all’ingresso quanto all’uscita, da parte del personale militare di vigilanza e dei Carabinieri, nonché monitorato da un punto di vista sanitario.

“È fortemente improbabile che sostanze stupefacenti possano essere introdotte con facilità all'interno delle nostre basi – si conclude nella nota - Lo Stato Maggiore della Difesa si riserva pertanto di adire le vie legali nei confronti dell’autore del servizio, al fine di salvaguardare il buon nome e l’immagine di tutti quei militari che, pur tra innumerevoli difficoltà e sacrifici personali, adempiono quotidianamente il loro dovere con onore e disciplina, lontano dalle luci della ribalta”. Va evidenziato inoltre che nel servizio il testimone, che non mostra il volto, dice di aver cominciato a fare uso di droga quando si trovava in Afghanistan, con la Folgore, nel 2007. In quell’anno però la brigata Folgore si trovava in missione in Libano e, ad Herat, operava solo una compagnia di paracadutisti impegnata nella force protection. Chi ha avuto l’opportunità di viaggiare come giornalista embedded al seguito dei vari contingenti italiani che si sono avvicendati negli anni in Afghanistan e quindi di transitare dalla base di Herat può testimoniare come vengano effettuati stringenti controlli ai bagagli in partenza per l’Italia.

È necessario recarsi in aeroporto diverse ore prima della partenza proprio perché le valigie vengono sottoposte a diversi monitoraggi. I passeggeri sono tenuti a presentare una dichiarazione nella quale viene riportato quanto acquistato in quel Paese. I bagagli passano poi al vaglio dei carabinieri che aprono gli stessi e ne verificano il contenuto e ciò vale sia per i militari che per i civili, come i giornalisti ad esempio. I bauli che contengono gli oggetti utilizzati dai militari durante i sei mesi di missione vengono aperti e controllati, sempre dagli uomini dell’Arma, qualche giorno prima dell’imbarco e poi pallettizzati e spediti. Un controllo meticoloso che tra l’altro viene adottato per tutti i bagagli in partenza dai vari teatri operativi che vedono impegnati i soldati italiani e non solo dall’Afghanistan. Inoltre, diversamente da quanto segnalato nel servizio, nella maggior parte dei casi, i militari rientrano in Patria con un volo civile e non militare per cui è difficile ipotizzare connivenze o traffici illeciti concordati tra militari e linee aeree nazionali.

La prima tratta da Herat agli Emirati Arabi viene svolta con un C130 dell’Aeronautica Militare. Da lì uomini e bagagli vengono trasbordati su un normale volo civile che arriva, nella maggior parte dei casi a Fiumicino oppure in altri grandi aeroporti italiani a seconda della provenienza geografica della brigata o del reggimento impiegato all’estero. Quando si arriva in un aeroporto civile inoltre, all’uscita sono presenti cani antidroga della Guardia di Finanza pronti a segnalare anomalie. Anche nei pochi casi di voli diretti su vettori militari, nel caso di atterraggio in aeroporto militare vengono effettuati controlli di dogana. La Difesa starebbe ora cercando di risalire alle due persone intervistate nel servizio per verificare se siano davvero due militari.

Ultimo aggiornamento: 20:20

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