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29/08/21

DIMMI CON CHI VAI E TI DIRO' CHI SEI

IL MINISTRO DEGLI ESTERI CHE E' L'ONORE DELL'ITALIA

US Marines pose with Nazi SS symbol in Afghanistan | The Times of Israel

 

 

 

 

Australian soldiers flew Nazi swastika flag from vehicle in Afghanistan; PM  says diggers' actions 'absolutely wrong' - ABC News 

 

Afghanistan, Luigi Di Maio si inchina davanti al console Tommaso Claudi: "Hai onorato l'Italia"

 "Grazie per tutto quello che hai fatto, hai onorato il Paese". Con queste parole, Luigi Di Maio ha accolto a Fiumicino il console Tommaso Claudi, rientrato stamani 28 agosto con l'ultimo volo da Kabul. "Sei stato il fratello di tutti noi, siamo stati il primo Paese

 dell'Unione europea per evacuazioni, complimenti", ha detto ancora il ministro degli Esteri al console.

 

Australian soldiers flew Nazi swastika flag from vehicle in Afghanistan; PM  says diggers' actions 'absolutely wrong' - ABC News


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Presidente della Repubblica, i giochi aperti (che toccano Palazzo Chigi) tra la «salita» di Draghi e il partito di chi vuole il bis

di Monica Guerzoni

L’elezione di febbraio per il Colle deciderà il destino del governo e della legislatura

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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la sua breve vacanza in Sardegna, ad Alghero

Un intricatissimo rebus, di cui nessuno ha in testa la soluzione. Con l’inizio del semestre bianco è partito anche il grande cruciverba che il Parlamento dovrà risolvere da qui a febbraio: un gioco di nomi, incastri ed equilibri politici da cui uscirà il futuro presidente della Repubblica.Negli ultimi giorni di lavori d’aula era questo l’enigma di cui discutevano deputati e senatori e questo sarà alla ripresa di settembre, quando Montecitorio e Palazzo Madama torneranno ad animarsi. Non solo perché l’elezione del capo dello Stato è l’appuntamento più importante da qui a fine legislatura, ma perché attorno a quel voto, da cui dipendono le sorti del governo, prenderà forma il nuovo assetto politico e istituzionale del Paese.

A scrivere in una ipotetica griglia le parole chiave di questa fase politica, due sono i nomi da cui ragionamenti e calcoli prendono origine, Sergio Mattarella e Mario Draghi. «Ãˆ presto per parlare di Quirinale — osserva l’ex capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda —. Ma senza di loro sarebbe stato molto difficile per l’Italia gestire la fase più delicata degli ultimi decenni».Ora l’enigma che interroga e divide anche trasversalmente i partiti è se Draghi debba, o possa, lasciare Palazzo Chigi per il Quirinale, o se non sia più opportuno che l’ex presidente della Bce concluda la legislatura alla guida dell’esecutivo di unità nazionale.

«Se il presidente Draghi dovesse ricevere una sollecitazione ampia dalle forze che lo sostengono, difficilmente potrebbe sottrarsi», è la tesi di Gianfranco Rotondi, che da vicepresidente del gruppo di Forza Italia alla Camera rilancia anche la candidatura di bandiera di Silvio Berlusconi. L’ex premier pensa di avere qualche chance e non ne fa mistero, tanto che sul Corriere è stato Matteo Salvini a fare il suo nome: «Berlusconi è in gran forma. Sulla carta noi il candidato al Quirinale lo abbiamo già...». Sulla carta, perché il candidato naturale è per molti Draghi, idea che piace a una parte della Lega, a Fratelli d’Italia e all’ala meno governativa del M5S. E Romano Prodi su La Stampa ha detto che «in un passaggio guidato e non traumatico» la salita di Draghi al Quirinale «sarebbe una garanzia importante».

A Palazzo Chigi il tema è quasi tabù. Raccontano che nelle riunioni con i ministri, che ovviamente tifano al pari dei parlamentari perché il governo vada avanti fino al 2023, il premier non abbia mai fatto cenno all’ipotesi di scendere in campo come successore di Mattarella. Ma venerdì scorso, quando i giornalisti parlamentari gli hanno chiesto se andrà al Quirinale o resterà a Chigi fino al 2023, Draghi ha lasciato cadere qualche piccolo indizio: «Sono stato chiamato qui, cerco di farlo al meglio e poi vedremo... L’orizzonte è nelle mani del Parlamento». Parole che nell’entourage di Draghi nessuno autorizza a leggere come un’autocandidatura: «Non è nel suo stile e non lo farà mai».

Il motto del segretario dem Enrico Letta, che non suona troppo diverso dal leitmotiv di Luigi Di Maio, è «Draghi al governo fino al 2023». Ma per il Pd e parte del M5S il teorema regge se Mattarella resta al Quirinale. L’altro grande tema è cosa abbia in animo l’inquilino del Colle, il quale in più occasioni ha manifestato la ferma intenzione di non essere rieletto. La prima ragione è l’ètà. «Io sono vecchio, tra qualche mese potrò riposarmi», ha detto a maggio agli alunni di una scuola romana. La seconda e forse più importante è il rigore con cui Mattarella interpreta il dettato costituzionale, che gli fa ritenere opportuno introdurre nella Carta il principio della «non immediata rieleggibilità».

Eppure in Parlamento tanti pensano che, se tirato energicamente per la giacca da tutti i partiti, Mattarella non potrebbe che «sacrificarsi», visto anche il record di gradimento con cui sta concludendo il settennato. «Ãˆ la figura che più ha saputo dare forza, unità e fiducia agli italiani — spera nel bis Marco Marin, capogruppo di Coraggio Italia —. Ogni ragionamento sulle elezioni per il Quirinale non può che partire da cosa voglia fare Mattarella». Ma con quanto entusiasmo quei leader che hanno fretta di correre alle urne, come Conte, Salvini e Meloni, sosterrebbero la rielezione del capo dello Stato in carica e la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi?

Le incognite sono tante. La drammatica vicenda del siluramento di Prodi nel 2013 insegna quanto, a voto segreto, i franchi tiratori possano rivoluzionare equilibri e decisioni prese. E i 45 voti di Renzi, che proverà a fare il king maker, peseranno sul piatto del centrodestra o su quello del centrosinistra? «Noi abbiamo un ottimo premier che sta facendo bene le cose e un ottimo presidente della Repubblica, il resto lo vedremo a gennaio», lascia spazio ai dubbi il coordinatore di Italia viva Ettore Rosato. La destra è in vantaggio, ma per il capogruppo di Leu Federico Fornaro «nessuno dei due schieramenti ha i numeri per eleggersi un capo dello Stato in contrapposizione con l’altra parte». L’unica via, per molti osservatori, sembra essere quella di un patto di sistema che convinca (suo malgrado) Mattarella a restare al Colle, consentendo a Draghi di governare fino a fine legislatura.

«Il destino di Draghi è nelle mani di Draghi — è la lettura di Maurizio Lupi, presidente di Noi con l’Italia —. Il prossimo capo dello Stato deve essere la persona più autorevole». Eppure il premier sembra convinto che non sia così. Per lui la decisione non è nelle sue mani, ma in quelle dei 1009 grandi elettori e del presidente Mattarella.

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