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23/08/21

GLI EMIGRATI ITALIANI? GIA' APOLIDI, DOPPIAMENTE APOLIDI: ABBANDONATI A SE' STESSI DA UN'ECONOMIA DI PARASSITI BENESTANTI, DEPRIVATI DI QUALSIASI ASSISTENZA ANCHE NELL'EMERGENZA EPIDEMICA


Creato da luger2 il 29/01/2008
I vantaggi dell'unità d'Italia

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Chi sente che nella data del 17 marzo non c'è nulla da festeggiare

Post n°1572 pubblicato il 15 Marzo 2011 da luger2
 

E’ scoppiata le f...ebbre della “festa” per il 150° dell’Unità, e mi compiaccio per questa lodevole iniziativa che tra gli amministratori è divenuta una gara per farne un evento “altamente patriottico”.
Al fine di rendere questa festa più completa e più ricca di nozioni, auspico che gli organizzatori (amministratori, docenti, comitati cittadini, presidenti di Enti, etc) abbiano inserito anche importanti documenti dell’epoca, tipo i “bandi” emanati dagli ufficiali piemontesi, o le “istruzioni” per “educare il popolo meridionale”, in particolare quello emanato da un ufficiale (Mag.re Fumel, lo si trova su internet) che operava in Calabria, in cui ordinava di fucilare la nostra gente per un nonnulla ; oltre ai dati “ufficiali” che ci raccontano che solo nel primo anno di “liberazione” fucilarono 8968 meridionali, 10.804 feriti; 6.112 prigionieri; 64 preti, 22 frati, 62 giovani e 63 donne uccise; 13.529 arrestati; 1.000 case distrutte; 6 paesi incendiati; 12 chiese saccheggiate; 1.428 comuni depredati. Auspico che qualche amministratore abbia persino inserito brani di corrispondenza dell’epoca tra i vari Primi ministri, Senatori e Onorevoli dell’appena nato Regno D’Italia, in cui si evince, senza tanti complimenti, tutto lo sdegno ed il ribrezzo verso il popolo meridionale (caffoni e affricani con 2 f ). Spero che qualcuno abbia inserito anche documenti o foto dello “scienziato” piemontese Cesare Lombroso, quello che definì i meridionali (quindi noi) “… biologicamente inferiore, semi barbari o barbari completi, per destino naturale”, i cui “studi” venivano fatti sulle teste decapitate dei meridionali (si possono ancora vedere, sono esposte nel Museo che Torino gli ha dedicato nel 2009, o sul sito internet). Spero inoltre che qualche illuminato professore inserisca anche la cospicua documentazione sui “lager” ove i “padri della Patria” (quelli che oggi stiamo festeggiando) deportarono oltre 80.000 soldati meridionali per farli morire di stenti e di freddo : Fenestrelle è ancora lì, incastonata a 2000 metri sulle Alpi che sovrastano Torino, e vi può trovare ancora la vasca in cui, con la calce, scioglievano i corpi dei nostri conterranei, (morti senza tomba, senza nome e senza onore) oltre alla “mitica” scritta “Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce" (un accenno, giusto per fare un parallelo con la scritta dei lager nazisti : “Il lavoro rende liberi”). 
Spero che qualcuno abbia inserito, in una di queste innumerevoli manifestazioni, i dati economici delle Due Sicilie, che fino al 1860 la vedevano terza potenza del mondo per industrializzazione, per riserve auree delle banche, per politiche sociali, per capitale circolante, per scuole, ospedali, università, arte, cultura, lavoro, per la flotta mercantile e militare, per teatri e giornali e per tanto ancora, e spero ancora che qualcuno voglia riportare i dati economici dopo il 1861 (scritti da Francesco Saverio Nitti nel 1910 circa), dai quali si evince che dopo il 17 Marzo 1861, la gente del sud ha iniziato ad emigrare, non prima, ed i nostri figli, che ancora oggi lasciano la nostra terra in massa, appartengono all’ultima generazione dei 25 Milioni di onesti e laboriosi meridionali emigrati dopo la data che stiamo festeggiando. Spero che qualcuno esponga i dati della spartizione, tra nord e sud, dei soldi pubblici dal 1861 ad oggi, con i quali si potrebbe meglio spiegare ai nostri giovani figli perché siamo diventati “terroni, sudici e pezzenti” e soprattutto extracomunitari in patria. Si potrebbe anche spiegare come hanno cancellato la nostra storia e la nostra memoria, sostituendola con una loro fiaba romantica che tende a sottolineare l’inferiorità del popolo meridionale, lo stesso popolo che voi invitate, con una retorica anche falsamente ed interessatamente romantica, a festeggiare i loro aguzzini. Se nessuno dei nostri amministratori ha pensato di esporre quanto sopra elencato, bhé può farlo velocemente: basta andare su internet per trovare tutto quanto ho scritto sopra: foto, atti, bandi, lettere e quanto altro necessita per una migliore riuscita della “festa”, e soprattutto per non raccontare più menzogne ai nostri figli, ma per dare loro quella dignità che alla mia generazione è stata negata: siamo stati educati dalla scuola a sentirci gli italiani poveri e “terroni”, mai abbastanza grati verso i generosi fratelli del nord che, con “sacrificio e abnegazione” ci salvavano dalla tirannia……..per renderci loro schiavi ed una loro colonia!
Ma non mi si fraintenda, io sono orgoglioso e felice di essere italiano, ma questa Italia Unita l’avrei preferita “madre di tutti” e non “matrigna” del Sud, e da buon italiano sono felice di celebrare questo evento, ma festeggiarlo no, significherebbe mentire a me stesso, alla storia, al milione di morti che non hanno tombe, ai miei figli e alle generazioni future.Francamente non posso!.
Michele Bisceglie da FB

 
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Il 17 marzo 2011 ricordiamo i crimini dello Stato occupante italiano

Post n°1571 pubblicato il 15 Marzo 2011 da luger2
 

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Chi festeggia l’unità d’italia (che sia Veneto di nascita o di altra provenienza) si ricordi bene che sta festeggiando la barbara repressione attuata nella Sicilia e nella Napolitania da parte dei terroristi garibaldini; i campi di concentramento italiani realizzati per rinchiudere i militari duosiciliani; la tassa sul macinato che ha causato un’emigrazione biblica dei Veneti in ogni angolo del mondo; la comparsa della pellagra (malattia che non era mai stata presente prima in Veneto); le guerre coloniali italiane con le repressioni più feroci nei confronti delle popolazioni civili (uso dei gas, impiccagioni, stupri, razzie, eccidi, ecc.); la prima guerra mondiale (con il massacro delle giovani generazioni italiane mandate a morire nelle trincee, e trucidate con decimazioni e fucilazioni per chi si rifiutava di combattere); le leggi razziali e la complicità nella Shoah; la repressione dei dissidenti politici; i campi di concentramento per civili croati e sloveni; la seconda guerra mondiale e la conseguente guerra civile; una seconda emigrazione dei Veneti e degli altri Popoli della penisola a causa della fame portata dalla guerra; un etnocidio culturale di tutte le tradizioni e storie dei Popoli della penisola; il crimine del Vajont; i crimini ambientali; e l’elenco delle atrocità potrebbe continuare perché il cosiddetto genio italiano in questo campo non ha confini...

Cosa significa festeggiare l’unità d’italia? Significa festeggiare tutti i crimini commessi dall’italia in 150 anni della sua cosiddetta storia unitaria. Non dobbiamo stare ad ascoltare i vari tromboni del culturame italiano, ma aprire gli occhi su quelle che sono le reali cronache dell’occupazione italiota nella penisola. Chi festeggia l’unità d’italia (che sia Veneto di nascita o di altra provenienza) si ricordi bene che sta festeggiando la barbara repressione attuata nella Sicilia e nella Napolitania da parte dei terroristi garibaldini; i campi di concentramento italiani realizzati per rinchiudere i militari duosiciliani; la tassa sul macinato che ha causato un’emigrazione biblica dei Veneti in ogni angolo del mondo; la comparsa della pellagra (malattia che non era mai stata presente prima in Veneto); le guerre coloniali italiane con le repressioni più feroci nei confronti delle popolazioni civili (uso dei gas, impiccagioni, stupri, razzie, eccidi, ecc.); la prima guerra mondiale (con il massacro delle giovani generazioni italiane mandate a morire nelle trincee, e trucidate con decimazioni e fucilazioni per chi si rifiutava di combattere); le leggi razziali e la complicità nella Shoah; la repressione dei dissidenti politici; i campi di concentramento per civili croati e sloveni; la seconda guerra mondiale e la conseguente guerra civile; una seconda emigrazione dei Veneti e degli altri Popoli della penisola a causa della fame portata dalla guerra; un etnocidio culturale di tutte le tradizioni e storie dei Popoli della penisola; il crimine del Vajont; i crimini ambientali; e l’elenco delle atrocità potrebbe continuare perché il cosiddetto genio italiano in questo campo non ha confini.
Quindi possiamo senza tema di smentita affermare che chi festeggia l’unità d’italia, potrebbe essere tranquillamente paragonato ai tedeschi che rimpiangono il nazismo, ai russi vetero stalinisti, ai nord americani che giustificano lo sterminio dei nativi americani, ai cambogiani che hanno sostenuto Pol Pot, ai sostenitori del regime criminale iraniano.
I morti causati dall’italia sono milioni e milioni e sinceramente non ho letto nessuna autocritica rispetto a ciò da parte dei rappresentanti dello Stato occupante italiano, evinco quindi che i governanti italiani si ritengono eredi di tutti questi crimini. A fronte di ciò come Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica, invitiamo la comunità internazionale a prendere, ad ogni livello, provvedimenti rispetto a questi crimini. Il diritto all’autodeterminazione e alla libertà di un Popolo non cade in prescrizione, gli esempi del nord africa devono essere da guida alla comunità internazionale. L’ultimo Stato coloniale è l’italia, è necessario un intervento internazionale perché le violazioni dei trattati internazionali siano sanate e sia riportato il diritto tra le genti.
Popolo Veneto, che risiedi in Patria o della diaspora, affianca il Veneto Serenissimo Governo nella sua lotta per l’autodeterminazione delle Venete comunità. Il Veneto Serenissimo Governo sta combattendo per riottenere il rifacimento del referendum truffa del 1866, che illegalmente unì il Veneto all’italia al di fuori dei trattati internazionali (Armistizio di Cormons, Convenzione per le Venezia e Pace di Vienna),  un referendum sotto l’egida internazionale per stabilire se i Veneti vogliono essere indipendenti o sottomessi all’italia. Uno Stato, come quello italiano, che si ritiene democratico non dovrebbe avere paura del Popolo….o forse sì.
Veneti, in ogni luogo voi siate, esponete il 17 marzo il glorioso gonfalone della nostra amata Veneta Serenissima Repubblica, riaffermando così voi stessi e la vostra voglia di libertà.

Viva San Marco! Viva la Libertà dei Popoli!


Per il Veneto Serenissimo Governo
Il Vicepresidente
Demetrio Serraglia
 
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CONTROMANIFESTAZIONI AL 150ARIO DELL'UNITA' D'ITALIA

Post n°1570 pubblicato il 15 Marzo 2011 da luger2
 

Il volantino che sarà distribuito alla manifestazione di piazza dei martiri a Napoli il 17 Marzo. Appuntamento ore 10,30 tutti con le bandiere al vento, chi non la ha potrà comprarla stesso in piazza per manifestare il nostro dissenso alla retorica ed alle falsità propagandate dalla storiografia ufficiale sul risorgimento, l’evento storico che ha dato il via a molti dei mali che ancora oggi affliggono il Sud. Lasciamo a chi ha giovato questa manovra festeggiare la data in cui il Sud fu dichiarato occupato dai Savoia, noi gridiamo NO! Durante il raduno si svolgerà un FLASHMOB, ovvero i manifestanti al segnale degli organizzatori si stenderanno per terra e rimarranno immobili sino al segnale fine (pochi minuti in tutto). Questa rappresentazione simboleggerà un omaggio a tutti i martiri del Sud che ancora devono venir riconosciuti come martiri dello stato Italiano. Contemporaneamente saranno distribuiti VOLANTINI ai passanti per spiegare il senso dell’iniziativa, inoltre saranno ESPOSTE LE FOTO dei “briganti” prima massacrati e poi fotografati dagli stessi carnefici al tempo dell’occupazione. Divieto assoluto di portare bandiere di partiti Le associazioni culturali aderenti sono invitate a portare non più di un simbolo di rappresentanza sottoforma di o bandiera o manifesto o cartellone o striscione. I quattro gruppi meridionalisti Insieme per la Rinascita, Rinascita del Sud, Neoborbonici e V.a.n.t.o. stanno portando avanti l’organizzazione di una serie di eventi in omaggio alla verità sul Risorgimento in contrapposizione alla retorica dei festeggiamenti in occasione del centocinquantenario dell’ “unità d’Italia”.
Si lancerà una pacifica controffensiva alle menzogne ed alle omissioni che impediscono alla gente del Sud di prendere consapevolezza di cosa ha generato la questione meridionale, del credito che abbiamo nei confronti di questo stato che da sempre, invertendo la verità, ci obbliga fin da piccoli a sentirci debitori nei confronti della “locomotiva” settentrionale. L’evento ha lo scopo di divulgare all’opinione pubblica le verità sul risorgimento che sono state volutamente nascoste durante questi 150 anni di “unità nazionale” rendendo noi meridionali inconsapevoli delle manovre che hanno condotto il Sud da terra motivo di orgoglio e di primati a discarica di fiuti tossici, mafie e degrado. Avanti Briganti! Coloriamo piazza dei Martiri di bianco!!!

Hanno aderito le associazioni:
Insieme per la Rinascita – Rinascita del Sud – Ass. Neoborbonici – V.a.n.to.

Stesso presso il luogo dell’appuntamento potrete acquistare le bandiere del Regno delle Due Sicilie a soli 5€

Ricordiamo altri 2 eventi:

Martedì 15 marzo ore 17.00
Sala della Loggia nel Maschio Angioino, Napoli,
Presentazione del LIBRO-VERITA’ sui 150 anni
“MALAUNITA’. 150 ANNI PORTATI MALE”

Mercoledì 16 marzo ore 17.00
Piazza e Chiesa di San Ferdinando, Napoli,
VEGLIA DELLA VERITA’ STORICA:
RADUNO con una Bandiera storica a lutto ed un cero acceso
MEMENTO per i caduti – lettura/preghiera simbolica dei nomi dei soldati, dei briganti e degli emigranti
ONORE ALLA MEMORIA – Largo di Palazzo: Deposizione CORONA di fiori per coloro che hanno dato la vita per il SUD ITALIA.

Non mancate!!

Evento Facebook:

http://www.facebook.com/event.php?eid=104533129622092

 
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"Terroni" sul Corriere dell' Alto Adige...

Post n°1569 pubblicato il 14 Marzo 2011 da luger2
 


Lettera pubblicata sul Corriere dell' Alto Adige:

Ho letto "Terroni" del giornalista Pino Aprile. Seicentomila copie vendute l'autunno scorso, recensioni su quotidiani e riviste varie. Un grosso successo anche all'estero. Della storia del Sud, mia terra d'origine, sapevo quello che riportavano i testi scolastici: antica grandezza, lunga serie di dominazioni e, infine, elogio alla magnanimità di chi ci aveva "liberati", Garibaldi e annessi Savoia. In realtà, nella vita quotidiana, di storie ne conoscevo altre: emigrazioni continue, povertà in una terra pur rigogliosa, rassegnazione e diffidenza verso uno Stato sentito estraneo e sanguisuga. Ma, come tanti miei conterranei, preferivo sorvolare, guardare altrove. Ebbene, dopo aver letto il libro, ho pianto. Di rabbia. Ed è cominciata la mia ricerca. Ho trovato una infinità di testimonianze, documenti, ancora libri e libri . . .

La retorica dei testi scolastici è miseramente caduta, per far posto alle astuzie di una conquista, alle uccisioni di massa, alla miseria più nera che i "liberatori" ci regalavano, alla diaspora dei meridionali nel mondo. E alla nostalgia che ogni tanto si fa insopportabile. Il 26 agosto scorso ero a Mola di Bari, mio paese d'origine. La sala era colma di gente. Pino Aprile parlava. E' stato in una manciata di minuti che ho pensato alla terra dove vivo attualmente, alla sua gente che ho imparato ad amare e apprezzare. Ne ho dedotto che un sottile filo potesse accomunare due popolazioni che vivono a mille e più chilometri di distanza.

Conoscevo quasi niente dei Sudtirolesi, quando vivevo in Puglia. La parola
"Sudtirolo" era abbinata a "terroristi". Ancora adesso queste sono le
allusioni più facili da sentire quando scendo giù per l'Italia. La storia
scolastica trasmette ciò che fa più clamore. Di conseguenza prevalgono luoghi comuni e verità di parte.
Altri luoghi comuni hanno accompagnato noi meridionali quando, sparsi per il mondo, abbiamo cominciato ad essere così fastidiosi e, nello stesso tempo,
utili. 
Dunque, popolazioni lontane mille e più chilometri, portate a far parte dello stesso Stato; così sconosciute l'una all'altra, eppure così vicine per vicende subite. Perchè è così, Meridionali e Sudtirolesi sono entrambi, anche se in modo diverso, dei conquistati. Messi a vivere in confini che non volevano per strategie decise da altri, intorno ad un tavolo. Che importanza hanno le armonie spezzate, le ferite, le conseguenze devastanti? Penso a quei soldati borbonici, che riusciti a scappare dai lager dei Savoia, si rifugiarono in Tirolo. Qui, arruolatisi nell'esercito Austro-ungarico, combatterono contro l'usurpatore Vittorio Emanuele.   Riesco ancora a cogliere qualcosa che accomuna se penso a due popoli messi di fronte alla scelta drammatica di esodi dolorosi.

I Sudtirolesi furono stranieri in casa propria; tradizioni derise, lingua
madre da nascondere. Fu dittatura e burocrazia che calavano da lontano.
Dovette somigliarsi anche la rabbia e l'impotenza per la violenza subita che a
loro volta generarono la forte risposta di "terroristi sudtirolesi" e "briganti
meridionali". 
Il Sudtirolo trovò la sua strada grazie anche a tutele internazionali. Ma fu la presenza di "patriarchi" a conservare l'anima della sua gente.

La tragedia dei meridionali fu dieci volte quella tirolese. Per la gente del
Sud non ci furono tutele: fu un genocidio, fu autentico furto, fu esodo. Fu
dittatura e burocrazia che calavano da lontano. E fu anche l'inizio
dell'alleanza dei Piemontesi con i furbi e i delinquenti locali. Ebbe inizio
così la mafia, la camorra, la 'ndrangheta che svilupparono il controllo del
territorio con la tacita, compiacente e interessata tolleranza dello Stato
Sabaudo. Adesso si vuole festeggiare. Si deve celebrare. Che martellamento di retorica! 
Anche chi volle credere in un progetto unitario, vedi Giustino Fortunato, pianse amaramente dopo l'evidente scempio perpetrato ai danni di luoghi e popolazioni. Dall'Unità d'Italia il Sud è uscito a pezzi per arricchire altri. Per quanto riguarda i Sudtirolesi, inglobati a forza nei nostri confini, che senso hanno per loro, centocinquanta anni di Unità d'Italia? L' autonomia in Sudtirolo ha portato una invidiabile posizione ma ritengo che il "sentire" di un popolo non abbia niente a che vedere con la ricchezza raggiunta. Io mi sento cittadina del mondo ma ho innanzitutto bisogno di una identità mia, fondamentale. E' necessità basilare di ogni persona.

Più che dare bacchettate è bene rispettare i sentimenti altrui e attendere
che i nostri figli e nipoti formino un popolo nuovo.
La vita e le storie vanno avanti, nessuno vuole rimanere abbarbicato al
passato anche se, purtroppo, il passato, nel mio Sud, è stato determinante per lo stato attuale delle cose. Ed è per questo che io, Meridionale, di fronte ai festeggiamenti di questa Unità, sorriderò e tirerò avanti.
Celebriamo piuttosto il buon senso di tutti quegli uomini e donne che,
nonostante le forzature subite, le migrazioni sopportate, ogni giorno creano
unione e cammino comune attraverso i problemi che la vita quotidiana pone o attraverso relazioni di solidarietà che si intrecciano e creano speranze.

E' questa l'Unità.
Ogni popolo ha una terra-madre a cui non può essere sottratto per arbitrio
altrui.
E si impari a scrivere verità sui libri di scuola perchè io, solo ora ho
saputo cos'hanno dovuto subire i miei avi dai cari "fratelli d'Italia"!

Margherita Gaudiuso

Bolzano, 13 febbraio 2011
 
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Noi siamo la nostra storia

Post n°1568 pubblicato il 14 Marzo 2011 da luger2
 

Noi siamo la nostra storia
Non vi è futuro senza memoria. Ogni comunità, piccola o grande che sia, ogni regione del mondo, ogni persona, ha il diritto e il dovere di ricercare le proprie radici là dove erano piantate secoli fa. ognuno di noi ha un albero secolare alle spalle, piantato nel paese da dove proviene, i rami che si sono allontanati dal tronco, hanno dato vita a fiori e frutti, all’ombra dei quali sono cresciute le generazoni che hanno scritto, col loro lavoro, la loro sofferenza, la loro creatività, con le gioie e i dolori, le carestie e le guerre le fortune e le disgrazie individuali, il percorso storico della nostra piccola o grande comunità, nata e cresciuta contadina, come altre nel territorio circostante. Siamo partiti contadini e siamo diventati ogni cosa: avvocati e medici, architetti e artisti, operai e datori di lavoro. Abbiamo scritto e letto, ma niente ci incanta come ascoltare una storia del paese raccontata da qualcuno più vecchio di noi ed ogni volta che abbiamo sentito una storia, ci è parso di conoscere meglio le persone che facevano parte del nostro passato, del nostro paese. Abbiamo solo un luogo da cui proveniamo, esso é nsostituibile, se dimentichiamo quello, recidendo per sempre le nostre radici, non abbiamo più nessun luogo di origine e non si può essere senza essere stati. Non si può provenire da nessun luogo. Noi siamo nati siciliani, calabresi, pugliesi e campani; molisani e Abbruzzesi, laziali e Toscani, ma ci hanno detto che eravamo italiani,. Italiani come gli altri che non erano nati in queste nostre regioni. Abbiamo dovuto imparare la nostra storia sui libri di storia scritti da loro, siamo venuti ad impararli nelle loro scuole, dove ci hanno educati che noi eravamo nati per emigrare al nord, per lavorare nelle loro fabbriche, costruire le loro città e curare i loro malati. Ma noi siamo emigranti, mai stati cittadini nella nostra terra, mai cittadini alla pari in quella che dicono la loro.ora abbiamo capito. Abbiamo saputo. Ora noi abbiamo la possibilità di comprendere e di costruire un’Italia diversa da quella che ci hanno imposto, oppure distruggere questa creata a loro misura su 150 anni di bugie. Io penso che loro e noi siamo italiani di una unica Nazione che ha la forza di imparare la verità e, su questa, costruire la Nuova Italia e i nuovi italiani.

tratto da http://italianuova2011.altervista.org

 
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Manifestazione contro l'omaggio al re Vittorio Emanuele II

Post n°1567 pubblicato il 14 Marzo 2011 da luger2
 

Giovedì 17 marzo · 9.30 - 11.30 al Pantheon - Piazza della Rotonda - Roma: MANIFESTAZIONE MERIDIONALISTA PER L'OMAGGIO DEL PRESIDENTE NAPOLITANO AL RE MACELLAIO VITTORIO EMANUELE II, RESPONSABILE DI CENTINAIA DI MIGLIAIA DI MORTI MERIDIONALI TRA IL 1860 ED il 1870.NON E' CONTRO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NE' CONTRO LE SUE LEGGI...MA L'ARTICOLO 21 DELLA COSTITUZIONE GARANTISCE LIBERTA' DI PENSIERO E DI MANIFESTAZIONE DELLO STESSO, QUINDI PROTESTIAMO CIVILMENTE E DEMOCRATICAMENTE CONTRO QUESTO 17 MARZO E QUESTO MODO DI FESTEGGIARE L'ITALIA CHE E' SECONDO NOI OFFENSIVO PER IL POPOLO MERIDIONALE.                                                   Fosco di sinistra luce, e lordo di umano sangue spunta questo giorno nefasto…La miseria, la fame, ed il delitto intrecciano al riverbero del suo lume l’infernale ridda, mentre un popolo oppresso, ingannato, tradito, aggiogato, lacero, famelico, agonizzante alza il grido della vendetta – e chiama dal Cielo i fulmini, sullo esecrabile tuo capo, sulla iniqua tua razza…e maledice ed impreca a questo dì, in cui le furie ed il vizio ti cacciaro dall’alvo materno a punizione e sterminio dei popoli, ad oltraggio e disonore della umanità, a vituperio e vergogna dei Re...Mostro, vestito delle forme umane – tu in un sozzo carname serri un’anima impastata nella colpa, nella infamia, nel delitto. Nato da padre perverso, codardo, fedifrago – crescesti mortifero frutto di velenosa pianta, brutale e feroce per istinto, ambizioso e crudele, turpe e lascivo, ed anco ladro domestico tu compendi in te quanto di tristo e di inumano fuvvi nei tiranni della terra. Godi, godi iniquo, or che n’hai tempo – tuffa l’anima vile nelle orge e nei saturnali – briaco di vino di lascivia, di sangue…soffoca la voce di un popolo affamato col suono degli strumenti, col canto delle frine…cingiti d’armi ed armati , irridi ai nostri dolori, sfida tracotante l’ira celeste. Nuovo Nerone, canta sulle ceneri di uomini e città, e gufo maledetto ulula al desiderio della nostra morte!!! Ma trema o misero! L’ora tua sta per suonare… l’Angelo della Collera di Dio s’avanza inesorabile …stringe in pugno la folgore temprata nel sangue di migliaja d’innocenti uccisi da te e per te… e questo sangue lorda il tuo trono, segna la perversa tua fronte col marchio dello assassino… Godi – scialacqua- sciupa a tua posta questo avanzo di carni che ci riveste… mesci nei calici del tuo vino, l’ultima lagrima, e l’ultima gocciola del sangue nostro… innesta alle carole ed alle moine dei cortigiani e delle baldracche, l’affannoso nostro sospiro, strappatoci dal petto dai castighi del Cielo che ci procurasti con lo scandalo, l’immoralità, il delitto, a piene mani riversati da te e dai tuoi, su questa terra sventurata, asilo una volta di felicità e di pace; rigurgitante d’oro, e dovizie… Và maledetto – và lungi da noi … corri a confinarti novellamente nelle selve di Moncalieri e l’aura di questo giorno pesi su te qual massa di bollente piombo, la terra che pesti, sia fuoco che ti brugi, e la maledizione di Dio e degli uomini colpisca e distrugga fin la memoria di te e dei tuoi. Và sciagurato, noi dal fondo delle nostre anime fra gli strazii della fame, malediciamo questo giorno di nazionale calamità e sventura, poiché ci diede te - NEGAZIONE DI DIO – INSULTO DELLA UMANITA’ – OLTRAGGIO DELLA NATURA – ABBOMINIO DI EUROPA – FLAGELLO DI TUTTO UN POPOLO – LUTTO – PIANTO- E VERGOGNA DELLE TERRE D’ITALIA…

 
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150°, festa il 17 marzo. Ciano attacca Napolitano

Post n°1566 pubblicato il 14 Marzo 2011 da luger2
 

Nel programma per i 150 anni spicca l'omaggio del Presidente a Vittorio Emanuele II. Da Gaeta l'ira dell'assessore sudista.

 L'Italia unita che compie 150 anni vedrà le sue celebrazioni - lunghe un anno e dense di migliaia di eventi, restauri, mostre - iniziare con un gesto simbolico e denso di significato: l'attuale Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, renderà omaggio al primo Capo dello Stato unitario, il re Vittorio Emanuele II «padre della patria». Ieri mattina, presso la sede della Stampa Estera a Roma, è stato annunciato il fitto calendario che scandirà quest'anno di memoria e di riflessione sull'identità e l'appartenenza nazionali: c'erano il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il presidente del Comitato dei garanti per le celebrazioni, Giuliano Amato, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, il presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta e quello della Regione Piemonte, Roberto Cota.Quando Amato ha dato l'annuncio della visita alla tomba del primo Re, nella sala c'è stato un fremito di sorpresa: «Sia chiaro - ha allora spiegato l'ex premier -, questo non prelude a nulla. Il fatto che il Capo dello Stato vada al Pantheon non significa che altri, che vi aspirano, potranno essere lì sepolti (il riferimento è agli ultimi due re d'Italia, ndr). È semplicemente l'omaggio al sovrano che, insieme con Cavour, Mazzini e Garibaldi, ha fatto l'Italia». E tuttavia il gesto c'è e ha il sapore di una riappacificazione definitiva tra l'Italia repubblicana e la sua origine monarchica.Il fatto avverrà il 17 marzo, anniversario della proclamazione del Regno d'Italia e - solo per quest'anno - festa nazionale. In quella medesima data il Presidente Napolitano si recherà all'Altare della Patria, dove è sepolto il milite ignoto. Sarà quella - nell'intenzione del comitato - la data emblematica di tutto il centocinquantenario, e per questo sarà preceduta da una «notte tricolore», una veglia cioè - organizzata secondo modalità diverse in molte città - sul modello delle notti bianche, ma con una serie di manifestazioni centrate sull'evento che si va a ricordare.Una seconda data avrà particolare enfasi: il 2 giugno, festa della Repubblica. In quella circostanza - ha spiegato il sottosegretario Letta - il Capo dello Stato e il presidente del Consiglio inviteranno a Roma tutti i 26 capi di Stato dell'Unione Europea, più il presidente degli Stati Uniti e quello della Russia, a cui si aggiungeranno (ma l'elenco non è ancora definito) i capi di tutti gli Stati in cui vi sia una significativa presenza italiana. Questi illustri ospiti presenzieranno alla tradizionale parata militare, che avrà quest'anno un carattere storico rievocativo. Saranno poi ospiti al Quirinale per colazione e nel pomeriggio, in Campidoglio, parleranno loro stessi dell'Italia e dei rapporti con i rispettivi Paesi.«L'unità d'Italia - ha detto ancora Letta - è stato un fenomeno nazionale, ma è indubbio che Torino e il Piemonte hanno avuto un ruolo principe in questo processo», da qui il focus che le celebrazioni avranno in questa città e in questa regione. Il sindaco Chiamparino e il presidente della Provincia Saitta hanno parlato delle mostre alla Venaria Reale e di quelle alle Officine Grandi Riparazioni, ricordando che Torino sarà la città di partenza del Giro d'Italia e ospiterà tutti i grandi raduni d'arma, da quello degli Alpini a quello dei Bersaglieri. Defilato il governatore Cota: «L'importante è guardare avanti. Il futuro è il federalismo». E chi vuole le celebrazioni se le faccia. [La Stampa]

Antonio Ciano: Presidente Napolitano, il 17 marzo non festeggi la Monarchia, è un tradimento «L'archivio storico dello stato maggiore - lo conferma la sciocca laconicità alla quale ha costretto lei, il governo italiano! - è l'armadio nel quale la setta tricolore custodisce e protegge i suoi risorgimentali scheletri infami; custodisce e protegge le prove delle sue gloriosità sempre abiette; custodisce e protegge le prove che nel 1860 l'esercito piemontese calò a tradimento nel Regno di Napoli e si comportò, secondo il naturale dei suoi bersaglieri e dei suoi carabinieri, da orda barbarica; custodisce e protegge le prove che Vittorio Emanuele II di Savoia, ladro, usurpatore, assassino (e perciò galantuomo) nonché il suo protobeccaio Benso Camillo, porco di stato (e perciò statista sommo) ordinarono ai propri sadici chianchieri (traduco per i toschi: ai propri sadici macellai) di mettere a ferro e fuoco l'invaso Reame, libero, indipendente e sovrano, e di annetterlo quindi al Piemonte grazie ad un plebiscito che fu soltanto una truffa schifosa, combinata da garibaldesi, da guardie nazionali, da soldati allobrogici, e da camorristi...» (Interpellanza parlamentare di Angelo Manna).Il presidente della repubblica Napolitano, tradendo la sua funzione istituzionale, festeggerà il 17 marzo i 150 anni della Monarchia sabauda. Un affronto alla nostra Repubblica. Trattasi di tradimento alla Resistenza, a quanti si sono immolati, a quanti sono morti per darci la libertà, morti per questa Repubblica diventata un puttanaio.Sig Presidente, ci ripensi, il 17 marzo non può recarsi a rendere omaggio a Vittorio Emanuele II, uno dei più grandi criminali della storia. Invase il Regno delle Due Sicilie senza dichiarazione di guerra, massacrò un milione di meridionali, fece smantellare fabbriche, fece smembrare il tesoro delle Due Sicilie, fece emigrare milioni di italiani. Come ha scritto Manna, Vittorio Emanuele II era un ladro, un usurpatore,un assassino, un massone, un monarca. La Repubblica italiana è nata sulle ceneri di casa Savoia; il presidente di una repubblica non può festeggiare la monarchia perdente, feroce, che massacrò una parte d'Italia per arricchire l'altra. L'Italia fu riunita il 25 aprile del 1945, dopo che fu divisa in tre tronconi dalla fufga di un altro Savoia l'8 settembre del 1943. L'Italia nord-orientale fu accorpata il 10 settembre del 1943 al Terzo Reich con un decreto di Hitler; l'Italia nord -occidentale era amministrata da Mussolini con la RSI; il sud era amministrato dagli Alleati.Gli storici di regime e la massoneria, sig Presidente, la stanno guidando verso il baratro istituzionale. I ragazzi non capiscono, non si può confondere l'Unità d'Italia con il Regno d'Italia. La Francia festeggia la repubblica e non la Monarchia. Gli israeliani festeggiano il loro stato e non Hitler che li massacrò. Il re fellone Vittorio Emanuele II, dopo aver promulgato le leggi razziste contro gli ebrei, ha ancora strade e piazze intitolate, faccia un decreto presidenziale; bisogna cancellarlo dalla storia, dalle strade, dalle piazze italiane. Gliene saranno grati gli ebrei, gli italiani e il mondo intero. Questo è il gesto che un presidente della Repubblica nata dalla resistenza deve compiere.

[Antonio Ciano] da http://www.telefree.it

 
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BOSSI E TREMONTI CHIEDONO LA BANCA DEL SUD!

Post n°1565 pubblicato il 14 Marzo 2011 da luger2
 

«La soluzione per lo Sviluppo economico del Meridione è vicino!»

Un modo anche per completare l'azione che il governo ha già cominciato da tempo (?)  per il rilancio del Mezzogiorno, con l'accelerazione sulla Banca del Sud e la trattativa per il passaggio di Mediocredito centrale sotto il controllo di Poste, Tesoro e Iccrea, la riprogrammazione dei fondi Fas per concentrarli sulle infrastrutture strategiche, il nuovo piano per il Mezzogiorno da 40 miliardi. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, si è spinto fino a richiamare l'azione storica della migliore Cassa per il Mezzogiorno e ha chiesto più Stato nel Sud.  Il completamento della riforma che liberalizza i servizi pubblici locali, da lui promossa, ha già le deleghe di Berlusconi per il piano di rilancio del Mezzogiorno (uno dei 5 punti della mozione parlamentare di fine mese) e per la riprogrammazione dei fondi Fas, che sono la vera leva per rilanciare le politiche per il sud. Al suo asse con Tremonti si deve il rilancio dell'azione "meridionalista" di questi ultimi mesi, contestata ancora duramente ieri dal governatore della Puglia, Nichi Vendola. «Stanno ricolonizzando il Sud», ha detto ieri di Tremonti e Fitto che ha replicato rilanciando «un cammino comune da fare lungo la strada dello sviluppo del Mezzogiorno invocando la necessità di liberarsi dal fardello insostenibile della sterile polemica politica». Insomma sembra assurdo ma  “C’è un progetto di penetrazione politico elettorale nel Mezzogiorno”. Questa è la frase che sta diventando il "leit motiv" di molti parlamentari del meridione riguardo alla possibile presidenza del banchiere leghista Massimo Ponzellini alla Banca del Sud che Umberto Bossi e Giulio Tremonti stanno caldeggiando da tempo. A parte l’aspetto politico che non è da sottovalutare, dal momento che la Banca del Sud erediterebbe nel quadro delle Poste la vecchia struttura del Mediocredito centrale, la cui operatività è stata e continua ad essere orientata per il 60% nelle regioni del Nord d’Italia, i parlamentari del Sud si chiedono se mai è possibile che la Banca del Sud sia presieduta da un uomo della finanza del Settentrione. Forse non vi sono tra venti milioni di meridionali, ivi residenti o operanti nel Nord nel settore finanziario, personalità idonee a presiedere una Banca del Sud con ambiziosi progetti?                                                                          Umberto Bossi e Giulio Tremonti

Fa sorridere che sono cinque anni che il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti parla di questa banca – lamentano i parlamentari – e i tempi sono decisamente incredibili per degli interventi che dovrebbero essere urgenti. E questo mentre nello stesso periodo si è completato il controllo dei flussi di risparmio del Sud, la cui raccolta è in percentuale la più ampia d’Italia rispetto al Pil .

 
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Risorgimento? In realtà un'invasione coloniale barbarica

Post n°1564 pubblicato il 14 Marzo 2011 da luger2
 

Intervista a Francesco Del Vecchio sulla questione meridionale

Spinta dal desiderio di approfondire le tematiche riguardanti il 150° anniversario dell'Unità d'Italia [prepotentemente sortite dopo l'ultima riunione in sala consiliare], e di permettere ai lettori di farsi un'idea attraverso quel contradditorio mancato in occasione della Conferenza celebrativa dello scorso 4 marzo presso la Sala Consiliare del Teatro Curci, la redazione di Barlettalife ha deciso di intervistare Francesco Del Vecchio, scomodo scrittore, protagonista assieme al gruppo dei neoborbonici, delle vivaci proteste di quella serata che il nostro giornale ha già documentato. Il signor Del Vecchio ha analizzato nella sua prossima fatica letteraria, "1860, la stangata" (edito da La Voce Mediterranea, 2011), in uscita tra qualche settimana, proprio i temi legati alla storia risorgimentale. Alle sue dichiarazioni, Barlettalife proporrà un contradditorio a distanza con il relatore della Conferenza celebrativa, il prof. Giuseppe Poli, docente di Storia moderna all'Università di Bari.

Sig. Del Vecchio, ogni occasione pubblica di confronto delle idee è sempre benvenuta. In tal senso è da apprezzare il ciclo di seminari sul tema "Il regno delle Due Sicilie nel periodo preunitario", organizzato dall'Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie presso l'Istituto Tecnologico Panetti a Bari. Ecco, non ritiene che a Barletta si sarebbero potuti organizzare dibattiti pubblici di tal fatta, piuttosto che cercare lo scenico scontro verbale a tutti i costi, come accaduto lo scorso venerdi nella Sala Consiliare del Teatro Curci? O forse c'era la volontà di intervenire a gamba tesa nella prossima contesa elettorale primaverile?
Chi pensa che non si voglia organizzare tali convegni a Barletta? Non sono certo i neoborbonici a non volerli organizzare, ma è il Comune che rifiuta, non mettendo finora mai a disposizione una sede dove poter discutere. Per quanto riguarda lo scontro, non si è trattata di una disfida ma di una disputa verbale. Mi risulta che la mattina di quello stesso giorno sia stato fatto togliere un banchetto del movimento "Insorgenza Civile". Come vede lo scontro non è da parte di chi vuole dire queste cose ripristinando la verità storica ma viene dalle istituzioni locali che evidentemente non offrono alcun supporto. Certamente si è voluti intervenire nella contesa elettorale ma è l'unica possibilità che rimane a chi voglia cercare un minimo di promozione anche con fatti un po' più eclatanti.

Cosa di quello che è stato detto lo scorso venerdi nella Sala Consiliare non l'è proprio andato giù? Cosa è stato sottaciuto?
Mi chiedo perché la gente debba ancora ignorare che cosa siano località come Fenestrelle, Ponte Landolfo o Casalduni, primi lager della storia che hanno fatto da sfondo ai massacri, alle torture, agli stupri legittimati dall'infame legge Pica e compiuti dai "liberatori" sulle popolazioni meridionali. O perché si debba ancora ignorare in quali condizioni reali si trovasse il Sud Italia prima di quell'infausto 1860. Quando si parla di infrastrutture arretrate del Sud. Per quanto riguarda la cultura. Si dice che al Sud eravamo tutti ignoranti e analfabeti. Nella città di Napoli esistevano decine e decine di tipografie, librerie, litografie. Inoltre, le unità linguistiche di cui parlano gli storici istituzionali sono in realtà inesistenti. In Piemonte si parlava solo francese ad esempio. Con i Borbone esisteva a Napoli la raccolta differenziata dei rifiuti: quante persone conoscono queste cose?

Cosa differenzia il suo libro da opere già pubblicate sulla storia risorgimentale?
Gli elementi che differenziano il mio saggio rispetto agli altri sono essenzialmente due. Ho inteso fare una sorta di bignami della controstoria risorgimentale: un libro snello, agevole, molto facile da consultare, in cui riassumo in maniera piuttosto sintetica i fatti dell'epopea – se vogliamo usare un termine agiografico – risorgimentale ma che io definisco meglio invasione coloniale barbarica, una guerra tra l'altro mai dichiarata. In seconda battuta, il libro riguarda l'interpretazione della proposta federale da Sud, che non fu solo di Cattaneo ma anche dei Borbone, che se si fosse attuata nel 1860 oggi non saremmo in presenza di una questione meridionale ma avremmo parlato di questione settentrionale, date le diverse condizioni di partenza. Al termine del libro indico una sterminata bibliografia di svariate pagine che poi ognuno è libero di andare a consultare. 

Secondo Lei, opere come quelle di Pino Aprile, sebbene riportino all'attenzione e documentino alcune verità storiche dimenticate, non rischiano di apparire e di essere strumentali ad un uso pubblico della storia, facendosi cavalcare da chi voglia speculare politicamente, sia a Nord che a Sud, sul tema dell'Unità d'Italia?
Centocinquanta anni fa, i "liberal", i "left" dell'epoca, dissero che il grido, l'anelito, la spinta verso il mondo industriale, verso la modernità era recepita da tutti. Era un falso dimostrato dalle cifre. In Sicilia, nonostante l'imposizione della leva obbligatoria con violenze di ogni genere, la risposta della popolazione e delle masse contadine, come riportato da tutti i grandi meridionalisti e Gramsci compreso, è stata sempre molto bassa. La gente non ha mai sentito questa spinta verso la modernità, che non vi era affatto nel Meridione. Sicuramente si stava molto meglio. Le tasse nel Regno borbonico non sono mai state aumentate in 40 anni. La gente stava bene. Non è vero che tutti fossero analfabeti, del resto sono le cifre che dicono questo, tra cui le quattro università del Sud. Centocinquanta anni fa ci si chiedeva se era opportuno o meno andare contro questo spirito, oggi si fa lo stesso. A me non interessa l'opportunità né l'interpretazione più o meno ideologica dei fatti. A me interessano i fatti, la Storia, che è ciò di cui mi occupo. Oggi è altrettanto artificioso e strumentale dire che non è il momento. È sempre il momento di ripristinare la Storia. I veri nemici del Sud non sono tanto i leghisti quanto i meridionali che hanno accettato lo Stato centralista parassitario e affermano queste cose per interesse e per mantenere le proprie rendite.

Movimenti che rivendicano il primato del Mezzogiorno d'Italia, non le sembrano speculari a certe forze politiche a livello nazionale, che da parte loro rivendicano una superiorità del Nord, disprezzando tutto ciò che è, ed è fatto al Sud, puntando a una divisione del Paese? 
C'è un equivoco da chiarire: lo Stato federale non è affatto contro l'unità del Paese così come non lo è negli altri Stati federali del mondo. Io indico due condizioni per l'applicazione dello Stato federale in Italia: il ripristino della verità storica e un riequilibrio delle posizioni. Ovviamente dopo 150 anni ci muoveremo tardi e male ma è inutile opporsi a questo che è un meccanismo imprescindibile. Oggi ciò che strozza l'Italia ormai da tanti anni è la grande finanza del Nord, che è diventata tale dopo essersi impossessata delle ricchezze del Sud e lo Stato centralizzato parassitario. Oggi ci accorgiamo che il barile non ha più un fondo. 

Gli studi di Francesco Saverio Nitti, Sidney Sonnino, Giustino Fortunato, Antonio Gramsci, Leopoldo Franchetti avevano già affermato che le condizioni economiche preunitarie del Regno delle Due Sicilie non erano così misere come descritte da altri. Lei ritiene che ci sia stata una volontà di non divulgare i risultati di quegli studi al grande pubblico o semplicemente sono prevalse altre interpretazioni storiografiche?
Sicuramente c'è stata una volontà di quel genere da parte delle istituzioni del tempo. Del resto Ippolito Nievo è stato ucciso per questo, essendo il custode di tutta la documentazione dell'impresa dei Mille, conosceva i segreti relativi ai tradimenti, alle ricevute dei pagamenti, ai furti fatti dai garibaldini durante la spedizione ed è stato ucciso. Fin da subito sono stati nascosti i documenti e si è mistificato tutto, del resto i liberatori, quando arrivarono al sud, una volta impossessatisi del Regno, chiusero le scuole provocando l'analfabetizzazione e rovinando generazioni intere di meridionali. È chiaro che c'è stata una volontà mistificatrice, lo vediamo ancora oggi. In parlamento c'è un'interpellanza dell'onorevole Angelo Manna che è qualcosa di raccapricciante, dice delle cose orribili ma vere su quella che è la volontà degli archivi militari, ad esempio, di occultare la verità storica. Ancora oggi noi non conosciamo le carte risorgimentali.

Non crede che nonostante tutto, bisognerebbe salvaguardare e trasmettere alle nuove generazioni quegli ideali di patria e di eguaglianza dei cittadini propri dell'idealismo del Mazzini, del Cattaneo, del Pisacane e di tutta la generazione protagonista delle lotte risorgimentali? 
Ripeto. Lo Stato federale non è contro l'unità del Paese, anzi lo Stato federale ci avrebbe tutelato da guerre intestine, non avrebbe costituito terreno fertile per le ideologie di destra e di sinistra. Lo Stato federale non è sicuramente contro l'Unità, dobbiamo uscire da questa ulteriore favoletta. Fino a quando questo Stato continuerà a fondare la propria inesistente Unità su falsi storici, e il Risorgimento è un falso storico, noi non verremo mai a capo di nulla, questo Paese continuerà sempre ad essere più lacerato. La Lega Nord non sta aspettando niente, c'è già una spaccatura del Paese, ed è inutile continuare a dire no, in nome di che cosa? Chi si oppone? Chi difende una propria rendita di posizione, perché nello Stato centralizzato molti parassiti vivono bene anche se poi c'è una fetta sempre più consistente di gente fuori da questo meccanismo.

Le leggo un passo della corrispondenza di Gian Pietro Vieusseux: "Non vedo in Italia né spirito nazionale né italiani: vedo napoletani, romani, liguri, lombardi, che si detestano reciprocamente". Non crede che il movimento di unificazione nazionale abbia provato a superare tali sentimenti?
Non c'è stato alcun movimento di unificazione nazionale, questo è il grande equivoco, c'è stata un'invasione coloniale barbarica che ha provocato la spoliazione di tutto il Sud a favore del Nord. La realtà è che il Piemonte era indebitato fino alla cima dei capelli, e che la sua moneta era cartastraccia. Non c'è stata una vera Unità, realizziamola veramente: passando però attraverso il rispetto geografico, culturale, sociale di ogni parte dell'Italia. Solo così potremo arrivare ad una vera Unità passando attraverso la verità della Storia, solo così possiamo "mercanteggiare" – usando questa brutta parola – un riequilibrio della situazione ma se ci opponiamo stupidamente solo per mantenere dei parassiti, a livello locale e nazionale, a cui non ci si oppone mai, come otterremo mai un miglioramento della situazione? È necessario un grande cambiamento che passi per una presa di coscienza di ciò che è stata la Storia.

Secondo Lei cosa ancora tiene assieme gli italiani?
Sicuramente lo sport. Per esperienza di vita ho avuto poi modo di capire che i migliori italiani sono quelli che risiedono all'estero, perché portano dentro un'idea dell'Italia che in realtà qui non esiste. C'è quel "quid" nell'italiano che lo porta ad esprimere il genio che tutti ci apprezzano. Ma non si tratta dell'italiano associato ad altri italiani, può essere piemontese, siciliano, c'è un senso più o meno vago di italianità. In questo senso io parlo di Mediterraneo perché non si è in quanto meridionali o settentrionali di qualcuno. Ciò che lega la Sicilia a Bari o a Genova altro è se non le onde del Mediterraneo, che è ciò che ci lega tutti.

Pasquale Diroma da http://www.barlettalife.it
 
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150 Anni dell'Unità d'Italia – “Garibaldi non è stato un eroe”

 Fanpage intervista Gustavo Rinaldi                                                   Il 17 marzo 2011 ricorrono i 150 anni dell’Unità d’Italia. Una celebrazione che sembra essere balzata agli onori della cronaca più per le polemiche relative alle scuole e agli uffici chiusi che per il reale significato di questa data. Il 17 marzo 1861 venne proclamato infatti il Regno d’Italia e viene ricordata come la data “ufficiale” della nascita della nostra nazione. Ci ha pensato Roberto Benigni con la sua perfomance a Sanremo a riportare la luce dei riflettori sul valore storico dell’Unità d’Italia. L’esibizione del comico toscano al Teatro Ariston, definita da alcuni uno dei momenti più alti che la Tv italiana ricordi, ha spaziato dall’ Inno di Mameli alle figure principali del Risorgimento italiano (Garibaldi su tutti). Proprio all’Eroe dei Due Mondi è dedicato il nuovo volume di Gustavo Rinaldi. Garibaldi – L’avventuriero, il massone, l’opportunista, il titolo dell’opera. Come si può facilmente intuire Rinaldi, scrittore e storico (già autore dei volumi 1799: la Repubblica dei traditori e Il Regno delle Due Sicilie: tutta la verità), analizza in chiave critica il condottiero della spedizione dei Mille. “Sicuramente non è stato un eroe per le popolazioni duosiciliane, prima illuse e poi ingannate”, sostiene Gustavo Rinaldi; “fu lui stesso ad ammetterlo, anni dopo, nel 1868, testualmente:    Gli oltraggi subite dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili…non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate“. Inoltre, tra i temi al centro dell’intervista, le condizioni economiche del Regno delle Due Sicilie e la Questione Meridionale.

A suo giudizio è giusto celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia?  “La celebrazione dell’Unità d’Italia, a distanza di 150 anni, non può prescindere dal riconoscere, ammettere che quell’unità, per quanto riguarda il Regno delle Due Sicilie, fu ottenuta contro la stragrande maggioranza degli abitanti di quel Regno. Fu una vera e propria invasione, garibaldina prima, piemontese poi; un’aggressione militare (da parte piemontese) senza alcun casus belli, senza dichiarazione di guerra, in violazione di tutti i trattati internazionali allora in vigore, calpestando il sacrosanto diritto all’autodeterminazione dei popoli attraverso lo svolgimento di un plebiscito fasullo, una vera e propria farsa, un imbroglio sotto tutti i punti di vista”.                                                  Come descriverebbe il Risorgimento da un punto di vista storico?  “Il Congresso di Vienna del 1815, dopo la definitiva sconfitta di Napoleone Bonaparte, sancì la restaurazione degli Stati italiani quali erano prima delle invasioni francesi, con due importanti eccezioni: la Repubblica di Genova fu annessa al regno di Sardegna e quella di Venezia all’Impero asburgico, sic et simpliciter. I genovesi si ribellarono a quella forzata annessione nel 1849: Genova fu bombardata e saccheggiata. Il Lombardo-Veneto mal tollerava, ovviamente, la sia pur illuminata amministrazione asburgica: gli austriaci erano stranieri, a tutti gli effetti. Non a caso la cosidetta prima guerra d’indipendenza vide la partecipazione di tutti gli Stati italiani contro l’Impero asburgico, compreso il Regno duosiciliano. Italiani contro Austriaci. Così iniziò il Risorgimento: la cacciata dello straniero dalla penisola ne era il collante. Dopo, invece, il Regno di Sardegna, per meri interessi personali, scatenò una guerra fra italiani, quale fu l’invasione del Regno delle Due Sicilie, e non fu più Risorgimento”.                                                                                                           Cosa ne pensa dell’esibizione di Roberto Benigni a Sanremo, dedicata principalmente ai 150 anni dell’Unità d’Italia?          “Benigni è un grande comico. Parlare dell’unità d’Italia è cosa seria”.

Cosa è accaduto in particolare a Pontelandolfo e Casalduni durante il Risorgimento?  “Le Marzabotto delle Due Sicilie. Truppe regolari dell’esercito piemontese, da poco italiano, commisero crimini orrendi contro l’umanità. Un esempio per tutti: le stragi di Pontelandolfo e Casalduni del 1861. Il maggior responsabile di quegli eccidi, il generale Enrico Cialdini, dovrebbe essere etichettato, riconosciuto, condannato quale criminale di guerra e, invece, il suo nome campeggia ancora sulle facciate delle caserme dell’esercito italiano come se fosse stato un eroe”.                      Lei ha da poco pubblicato un volume dedicato a Giuseppe Garibaldi. Come descriverebbe in estrema sintesi la figura di colui che è passato alla storia come l’Eroe dei Due Mondi?      “Avventuriero, massone, opportunista come nel titolo del mio ultimo libro. Di eroico, poco o niente, come si dimostra, a parer mio, leggendo il testo. Sicuramente non è stato un eroe per le popolazioni duosiciliane, prima illuse e poi ingannate. Fu lui stesso ad ammetterlo, anni dopo, nel 1868, testualmente: Gli oltraggi subite dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili…non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate. In sintesi, fu un burattino nelle mani del prestigiatore Cavour”.                                                                                       Quello del Regno delle Due Sicilie era “inquadrabile” come un dominio straniero del Sud Italia? “Il Regno delle Due Sicilie era uno Stato autonomo, indipendente, retto da una monarchia diventata autoctona ben prima del 1860. Duosiciliani erano i componenti del Governo, della Magistratura, delle Forze Armate e di Polizia, della P.A., delle Università ecc. ecc. Stranieri erano i turisti e gli imprenditori stranieri che trovavano remunerativo investire in quelle province, senza alcun incentivo statale! Stranieri anche i Reggimenti svizzeri, sciolti nel 1859, che erano solo una piccola componente dell’Esercito. Truppe mercenarie, certo, come la legione ungherese nel Regno di Sardegna”.                                                                                               Quali erano le condizioni economiche, culturali e sociali del Regno delle Due Sicilie e in particolare di Napoli nell’Ottocento?    “Il Regno delle Due Sicilie era, a tutti gli effetti, lo Stato più ricco fra quelli italiani. Numerosi furono i primati nel settore agricolo, industriale e, perfino, in quello della sanità. Modesto il debito pubblico, poche, semplici e moderate le imposte. I Borbone svilupparono un sistema economico basato sulla piena occupazione, incredibile a dirsi; per questo elevarono alte barriere doganali per scoraggiare l’importazione di merci e manufatti che venivano prodotti nel Regno. Non si conosceva la parola emigrazione, già molto nota, invece, nel Nord Italia. Fu un atto criminale l’abolizione, sic et simpliciter, di quelle misure, ad opera di Garibaldi prima e confermate dai piemontesi dopo”.                                                      I libri di storia diffusi nelle scuole raccontano tutto del Risorgimento?  “Assolutamente no! Ma non solo quelli delle scuole (elementari, medie, superiori), la cosa più aberrante è che le falsità raccontate nelle scuole trovano, poi, conferma nelle Università, cancellando, così, generazione dopo generazione, la memoria storica delle popolazioni duosiciliane. Era ed è proprio nella memoria storica il senso dell’esistenza stessa e della storia di un popolo”.                                                                                 La Questione Meridionale nasce con l’Unità d’Italia?                                    “Decisamente. Senza alcun dubbio. Già Garibaldi da dittatore e poi il neo Parlamento italiano sancirono l’immedita applicazione dello Statuto Albertino nei territori duosiciliani. Abolizione immedita di tutta la legislazione preesistente, abolizione delle dogane, introduzione della moneta piemontese, anche l’unificazione dei pesi e delle misure. Tutto con un solo tratto di penna. Poi la spietata repressione piemontese nei confronti dei ribelli, definiti dispregiativamente briganti, durata ben più di 10 anni, unitamente al saccheggio vero e proprio delle industrie, del Tesoro, delle banche e la drastica riduzione degli investimenti pubblici costrinsero milioni di duosiciliani ad emigrare pe’ terre assaje luntane. Fu una vera e propria diaspora che tuttora perdura. Prima del 1860 non emigrava nessuno!"                                                                                                                                                                   Prima dell’Unità d’Italia esisteva la criminalità organizzata nel Sud Italia?          "La criminalità era ovviamente presente nel regno delle Due Sicilie, così come ovunque. Erano contrastate e non erano così bene organizzate come lo saranno dopo il 1860. Fu Garibaldi a sdoganarle, alleandosi con la mafia in Sicilia e con la camorra a Napoli. Al suo ingresso nella Capitale del Regno aveva al proprio fianco il capo della camorra alla quale elargì numerose e consistenti prebende, come ho ampiamente dimostrato nel mio testo”.  Quali sono le maggiori fonti che ha utilizzato per la sua ricerca storica?        “Tante, tutte quelle che è stato possibile reperire nelle Biblioteche di tanta parte d’Italia, favorito dagli spostamenti legati alla mia professione e attraverso il prestito interbibliotecario”.

L’Unità d’Italia sarebbe stato un processo comunque inevitabile da un punto di vista storico?

“Che gli Antichi Stati presenti nella penisola italiana dovessero, prima o poi, trovare un’intesa per addivenire ad accordi commerciali e poi anche politici era, probabilmente, inevitabile. Fu Ferdinando II, nel lontano 1833, a farsi promotore di una iniziativa politica di eccezionale importanza: la creazione di una Lega italica tra il Regno delle Due Sicilie, lo Stato Pontificio ed il regno di Sardegna al fine di contrastare qualsiasi influenza straniera, Francia ed Austria in particolare. A tale iniziativa, si sarebbero poi uniti, necessariamente, il Granducato di Toscana e i Ducati del Centro Nord costituendo, di fatto, una Federazione di Stati. Sia il Papa che il Regno di Sardegna (Carlo Alberto) fecero, come si suol dire, orecchie da mercanti. Una Confederazione di Stati fu auspicata, poi, da don Antonio Rosmini nel 1839, dal Gioberti nel 1843, da Cesare Balbo nel 1845 e dal più famoso Cattaneo nel 1848. Era prevista anche negli accordi di Plombières del 1858 stipulati tra Napoleone III e Cavour, ma costui preferì l’uso della forza militare unitamente ad una subdola ed ignominosa azione politica e diplomatica. Così non fu per la Confederazione germanica che si costituì nel 1870/71 senza alcun spargimento di sangue. Attuare, oggi, un federalismo solo fiscale è pura follia, oltre ad essere una beffa per gli ex duosiciliani, considerando, non solo i fatti storici che portarono alla conquista piemontese, ma stante un enorme divario economico ed infrastrutturale fra il CentroNord ed il Sud della penisola”. Nonostante le numerose differenze tra Nord e Sud Italia, ci sono degli indiscutibili tratti in comune molto importanti (cultura, lingua, religione). Immaginerebbe un’Italia divisa da un punto di vista politico, oggi?                    “Oggi che si sta costruendo un’Europa di popoli più che di Stati, tutto può essere possibile. La Storia insegna: Stati costruiti artificialmente o con l’imposizione delle armi (vd. Unione Sovietica, Jugoslavia, Cecoslovacchia) si sono dissolti come neve al sole. Ora forse anche il Belgio, chissà. E’ paradossale, però, che la spinta ad una ipotetica spartizione dell’Italia venga dal Nord mentre il Sud continua a subire e a sonnecchiare. Fino a quando? Forse fino a quando i meridionali d’Italia, già duosiciliani, non sapranno recuperare pienamente la loro memoria storica, l’orgoglio dimenticato di avere avuto, solo appena 150 anni fa, un proprio Stato, una propria bandiera, un proprio Re, cioè una piena autonomia, un’indipendenza vera e propria che la cosidetta Padania non può assolutamente rivendicare. E’ inconfutabile che il Regno delle Due Sicilie, se fosse sopravvissuto, oggi assicurerebbe un futuro migliore ai suoi abitanti, sicuramente migliore di quanto ha saputo fare l’Italia unita in questi ultimi 150 anni”.

http://www.fanpage.it/150-anni-dellunita-ditalia-garibaldi-non-e-stato-un-eroe-fanpage-intervista-gustavo-rinaldi/#ixzz1GZXUszWa 
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Il 17 marzo noi non festeggiamo anzi manifestiamo!

Post n°1562 pubblicato il 14 Marzo 2011 da luger2
 

CONTROCELEBRAZIONI DEL 17 MARZO 2011

ROMA: A seguito della vergognosa notizia delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia previste per il 17 marzo con il festaggiamento di una data nefasta per i meridionali tutti, previsto addirittura l'omaggio di Napolitano al Pantheon a Vittorio Emanuele II...la sezione romana "Lucio Barone" del Partito del Sud annuncia che protesterà il 17 marzo con un sit in a Piazza della Rotonda.Ovviamente chiameremo a raccolta tutti i nostri amici e simpatizzanti e vogliamo organizzare una protesta pacifica e gandhiana, senza insulti verso nessuno o grida separatiste, nel rispetto delle regole della nostra repubblica, delle nostre leggi e della nostra Costituzione, ma sottolineando che:1) l'Italia e' una Repubblica e non si può omaggiare un Re...in particolare per i meridionali e' offensivo omaggiare Vittorio Emanuele II2) Vittorio Emanuele II ed i Savoia sono stati una vergogna per l'Italia intera e sono gli artefici ed il simbolo di un Regno piemontese che ha depredato le ricchezze meridionali e massacrato il Sud con centinaia di migliaia di morti in una guerra civile tra il 1860 ed il 1870...il 17 marzo 1861 è stato l'inizio e l'origine della "questione meridionale", purtroppo non ancora risolta...3) l'unità che si festeggia ancora oggi e' solo formale, perchè non siamo affatto un paese unito...e non lo saremo mai fin quando un giovane meridionale non avrà le stesse possibilità di trovare lavoro al Sud rispetto al centro-nord, fin quando non avremo le stesse cure mediche, le stesse infrastrutture, le stesse condizioni per i prestiti bancari...in una parola quando finirà, in un modo o nell'altro, questa colonizzazione del Sud che dura da 150 anni.                                                                                                Il giorno 17 del mese di Marzo dell'anno 1861 il parlamento subalpino proclamò Vittorio Emanuele II non re degli italiani ma «re d'Italia»! L'autoproclamato nuovo Regno d'Italia, costò centinaia di migliaia di morti tra i partigiani meridionali e siciliani (denominati dispregiativamente "briganti"), deportazioni, interi paesi rasi al suolo, torture, stupri, leggi razziali e fame.Gli episodi di violenza contro le popolazioni ...centro-meridionali e siciliane, si verificarono soprattutto durante il cosidetto brigantaggio.Secondo le stime di alcuni giornali stranieri che si affidavano alle informazioni ufficiali del nuovo Regno d'Italia, in un solo anno, dal settembre del 1860 all'agosto del 1861, vi furono nell'ex Regno delle Due Sicilie:8.964 fucilati,10.604 feriti,6.112 prigionieri,64 sacerdoti uccisi,22 frati uccisi,60 ragazzi uccisi,50 donne uccise,13.529 arrestati,918 case incendiate,6 paesi dati a fuoco,3.000 famiglie perquisite,12 chiese saccheggiate,1.428 comuni sollevati;(poiché ufficiali c'è da considerare che come tali queste cifre furono sicuramente sottostimate dal ministero della guerra),Si consumarono diversi eccidi nei territori dell'ormai decaduto regno duosiciliano, di cui i più noti furono quelli di Casalduni e Pontelandolfo, due paesi del Beneventano. In data agosto 1861, il generale Enrico Cialdini ordinò una feroce rappresaglia contro i due comuni, ove i briganti di Cosimo Giordano, durante un'azione di guerriglia, uccisero 45 soldati sabaudi. Cialdini inviò un battaglione di cinquecento bersaglieri a Pontelandolfo, capeggiato dal colonnello Pier Eleonoro Negri, mentre a Casalduni mandò altri soldati capitanati dal maggiore Melegari. I due piccoli centri vennero quasi rasi al suolo, lasciando circa 3.000 persone senza dimora, e il numero ufficiale delle vittime non è stato ancora reso noto; le cifre vanno da un centinaio a più di un migliaio di morti.Altri militari che si distinsero per i loro discutibili provvedimenti contro il brigantaggio furono Alfonso La Marmora, Pietro Fumel, Raffaele Cadorna, Enrico Morozzo Della Rocca e Ferdinando Pinelli. Altre città che subirono una sorte simile furono Montefalcione, Campolattaro e Auletta (Campania), Rignano Garganico (Puglia), Campochiaro e Guardiaregia (Molise), Barile e Lavello (Basilicata), Cotronei (Calabria).Tali provvedimenti suscitarono polemiche, anche da parte della classe liberale. Giovanni Nicotera, intervenne in Parlamento dicendo:« I Proclami di Cialdini e degli altri Capi sono degni di Tamerlano, di Gengis Khan, o piuttosto di Attila. »Lo stesso Nino Bixio (che partecipò alla spedizione dei Mille e fu protagonista del discusso episodio della strage di Bronte) denunciò questi metodi in un discorso alla camera il 28 aprile 1863:« Si è inaugurato nel Mezzogiorno d'italia un sistema di sangue. E il Governo, cominciando da Ricasoli e venendo sino al ministero Rattazzi, ha sempre lasciato esercitare questo sistema »I metodi violenti delle truppe sabaude furono infine applicati anche per la repressione dei moti di protesta operaia per la chiusura progressiva di impianti industriali, ad esempio dello stabilimento siderurgico di Pietrarsa (attualmente sede del Museo Nazionale Ferroviario), dove il 6 Agosto 1863, per reprimere le proteste degli operai, intervennero Guardia Nazionale, Bersaglieri e Carabinieri, lasciando sul terreno tra quattro e sette morti e una ventina di feriti. Al comando delle truppe c'era il Questore Nicola Amore, successivamente divenuto sindaco di Napoli, che nella sua relazione al Prefetto parla di fatali e irresistibili circostanze.Gli anni successivi all'unità d'Italia, a causa della miseria prodotta dal sistematico saccheggio delle risorse dei territori e delle popolazioni occupate dal nuovo regno sabaudo, SEGNANO L'INIZIO DELLA "DIASPORA" DELLE POPOLAZIONI DELLA SICILIA e DELLA NAPOLITANIA; i periodi interessati dal movimento migratorio vanno dal 1876 al 1915 e dal 1920 al 1929 circa. Sebbene il fenomeno fosse già presente fin dai primi anni dell'Unità d'Italia è nel 1876 che viene effettuata la prima statistica sull'emigrazione a cura della Direzione Generali di Statistica. Si stima che solo nel primo periodo partirono circa 14 milioni di persone (con una punta massima nel 1913 di oltre 870.000 partenze), a fronte di una popolazione italiana che nel 1900 giungeva a circa 33 milioni e mezzo di persone.IL 17 MARZO, "giorno della proclamazione di Vittorio Emanuele II re d'Italia", AL FINE DI RICORDARE LO STERMINIO E LE SOFFERENZE INFERTE AL POPOLO SICILIANO E DEL MERIDIONE DELLA PENISOLA ITALIANA, SI PROCLAMI"GIORNO DELLA MEMORIA IN COMMEMORAZIONE DELLE VITTIME DELL'UNITA' D'ITALIA".

Su Facebook: MOBILITAZIONE WEB- 17 marzo 2011: io non festeggio

NAPOLI: Appuntamento ore 10,30 presso PIAZZA DEI MARTIRI, tutti muniti della BANDIERA del regno delle Due Sicilie per manifestare il nostro dissenso alla retorica ed alle falsità propagandate dalla storiografia ufficiale sul risorgimento, l’evento storico che ha dato il via a molti dei mali che ancora oggi affliggono il Sud. Lasciamo a chi ha giovato questa manovra festeggiare la data in cui il Sud fu dichiarato occupato dai Savoia, noi gridiamo NO! Durante il raduno si svolgerà un FLASHMOB, ovvero i manifestanti al segnale degli organizzatori si stenderanno per terra e rimarranno immobili sino al segnale fine (pochi minuti in tutto). Questa rappresentazione simboleggerà un omaggio a tutti i martiri del Sud che ancora devono venir riconosciuti come martiri dello stato Italiano. Contemporaneamente saranno distribuiti VOLANTINI ai passanti per spiegare il senso dell’iniziativa, inoltre saranno ESPOSTE LE FOTO dei “briganti” prima massacrati e poi fotografati dagli stessi carnefici al tempo dell’occupazione. Sarà possibile acquistare in piazza le bandiere a soli 5,50€ Divieto assoluto di portare bandiere di partiti. Le associazioni culturali aderenti sono invitate a portare non più di un simbolo di rappresentanza sottoforma di  bandiera o manifesto o cartellone o striscione. I quattro gruppi meridionalisti Insieme per la Rinascita, Rinascita del Sud, Neoborbonici e V.a.n.t.o. stanno portando avanti l’organizzazione di una serie di eventi in omaggio alla verità sul Risorgimento in contrapposizione alla retorica dei festeggiamenti in occasione del centocinquantenario dell’ “unità d’Italia”. Si lancerà una pacifica controffensiva alle menzogne ed alle omissioni che impediscono alla gente del Sud di prendere consapevolezza di cosa ha generato la questione meridionale, del credito che abbiamo nei confronti di questo stato che da sempre, invertendo la verità, ci obbliga fin da piccoli a sentirci debitori nei confronti della “locomotiva” settentrionale. L’evento ha lo scopo di divulgare all’opinione pubblica le verità sul risorgimento che sono state volutamente nascoste durante questi 150 anni di “unità nazionale” rendendo noi meridionali inconsapevoli delle manovre che hanno condotto il Sud da terra motivo di orgoglio e di primati a discarica di fiuti tossici, mafie e degrado. Avanti Briganti! Coloriamo piazza dei Martiri di bianco!!! Hanno aderito le associazioni:I nsieme per la Rinascita – Rinascita del Sud – Ass. Neoborbonici – V.a.n.to. Ricordiamo altri 2 eventi: Martedì 15 marzo ore 17.00 Sala della Loggia nel Maschio Angioino, Napoli , Presentazione del LIBRO-VERITA’ sui 150 anni  “MALAUNITA’. 150 ANNI PORTATI MALE” Mercoledì 16 marzo ore 17.00 Piazza e Chiesa di San Ferdinando, Napoli, VEGLIA DELLA VERITA’ STORICA: RADUNO con una Bandiera storica a lutto ed un cero acceso MEMENTO per i caduti – lettura/preghiera simbolica dei nomi dei soldati, dei briganti e degli emigranti ONORE ALLA MEMORIA – Largo di Palazzo: Deposizione CORONA di fiori per coloro che hanno dato la vita per il SUD ITALIA. Non mancate!!                                                                                                                        A VILLA SAN GIOVANNI (RC), Piazzale Stazione ferroviaria                     
Perché l’ITALIA, nata 150 anni fa da un tradimento, continua a reggersi sulla menzogna!
Nel 1861 l’Italia fu fatta – si disse – per portare la libertà e migliori condizioni sociali alle “popolazioni oppresse di un Mezzogiorno arretrato”.  NON E’ VERO!
Piuttosto, proprio da allora il Sud Italia ha cominciato a fare i conti, giorno dopo giorno, col dramma più grande della sua storia millenaria, frutto di un singolare intreccio di civiltà e culture avanzatissime. 
Dal 1861 ad oggi l’effetto più evidente dell’unificazione italiana è il lento consumarsi delle energie e delle speranze della gente del Sud: spogliata delle sue industrie; avvilita e mortificata nella sua dignità attraverso l’emigrazione forzata, la cancellazione della sua memoria storica, la negazione dei più elementari diritti, oggi riconosciuti dalla Costituzione italiana ad ogni cittadino (diritto alla salute: al Sud il triste primato della peggiore spesa e qualità di assistenza sanitaria; diritto alla libera circolazione : la A3, autostrada Salerno-Reggio Calabria è un vero e proprio percorso ad ostacoli, accidentato e perennemente in corso d’opera; il trasporto ferroviario è assolutamente inadeguato, la viabilità interna è ancora quella borbonica(!), inesistenti sono i collegamenti marittimi (in regioni, come la Calabria che, da sola ha 700 km di coste!).
L’ Italia unita (e repubblicana) non solo non si è impegnata a “rimuovere gli ostacoli che, di fatto, impediscono lo sviluppo ed il pieno svolgimento delle attività” dei suoi cittadini meridionali (meglio noti come terroni), ma ha cooperato alla distruzione delle tipicità di un territorio che da sempre è stato considerato da colonizzare: c’era una volta la raccolta del gelsomino, la lavorazione del bergamotto, paesi costieri che basavano la loro economia sulla pesca e paesi di montagna che dalle risorse minerarie traevano insospettate fonti di sussistenza.
C’era una volta … Cioè prima.
Poi è stata inventata l’Unità d’Italia, il Sud è diventato una “questione” e l’imprenditorialità dei suoi abitanti mortificata e scoraggiata. 
E’ arrivato Cesare Lombroso ad affermare che i meridionali sono geneticamente predisposti a delinquere: il brigantaggio è l’invenzione di chi non ha voluto riconoscere dignità di resistenza ad un popolo che, in armi, cercò di difendere la propria indipendenza.
Ed è arrivata la Cassa per il Mezzogiorno, per “comprare” il silenzio di molti meridionali, costringendo all’inattività una popolazione che ha sempre saputo esprimere ai massimi livelli i suoi talenti. 
Infine, è arrivata anche … l’autostrada del Sole: dopo i “treni del sole” che, dietro l’immagine incoraggiante e positiva evocata dal nome, furono in realtà mezzi di fuga delle popolazioni affamate ed immiserite per effetto delle leggi punitive del nuovo stato unitario, l’autostrada (del sole: c’è sempre il sole ad “indorare la pillola” alla gente del Sud) si presta oggi, più che mai, a favorire il processo inverso, scoraggiando chiunque dal mettervi piede e, di fatto, rendendo sempre più marginale ed isolato un territorio dalle potenzialità immense e penalizzando settori in espansione, come il turismo. 
Queste verità non solo vengono taciute, ma si afferma ipocritamente che evidenziarle significa far emergere il carattere “piagnone” dei meridionali, ossia riconoscerne la sconfitta, imputata a scarso senso pratico ed incapacità di seguire modelli positivi.
ANCORA MENZOGNE.
NOI NON CI STIAMO!
PERCIO’ NON FESTEGGIAMO!
SAREMO LIBERI DI FARLO SOLO QUANDO L’ITALIA UNITA AVRA’ IL CORAGGIO DI DIRE LA VERITA’ ,
SOLO QUANDO SARA’ RICONOSCIUTA PARI DIGNITA’ AI MERIDIONALI
SOLO QUANDO SARA’ RESTITUITA VERITA’ ALLA STORIA.
GIOVEDI’ 17 MARZO VI ASPETTIAMO A VILLA SAN GIOVANNI (RC), PIAZZALLE DELLA STAZIONE FERROVIARIA, CON INIZIO RADUNO PER IL FLASH MOB E VOLANTINAGGIO ALLE ORE 11,30, PER DIRE TUTTI INSIEME E CON LE NOSTRE BANDIERE LISTATE A LUTTO CHE NON C’E’ NIENTE DA FESTEGGIARE

ASSOCIAZIONE DUE SICILIE “NICOLA ZITARA”
www.duesicilie.info

 
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La svastica verde

Post n°1561 pubblicato il 14 Marzo 2011 da luger2
 

Walter Peruzzi Gianluca Paciucci

Tutti ne parlano, ma pochi hanno il coraggio di metterla in discussione. È il perno politico delle alleanze parlamentari italiane e lo spauracchio dei politici nostrani, tutti intenti a corteggiarla e a vezzeggiarla. Senza la Lega non si governa. Ma cos’è veramente la Lega? A questa domanda intende rispondere SVASTICA VERDE. Il lato oscuro del Va’ pensiero leghista, di Walter Peruzzi e Gianluca Paciucci, pubblicato in questi giorni dagli Editori Riuniti. Si tratta di una minuziosa e ruvida antologia del meglio del peggio leghista: notizie inedite, fatti poco noti, testimonianze d’eccezione, l’eversione, la xenofobia, il razzismo; ma anche la corruzione, i rapporti inconfessabili con le banche, le spartizioni di poltrone, i crac finanziari. Un libro che sbugiarda il modo con cui troppo spesso si “abbellisce” e si presenta all’opinione pubblica il fenomeno Lega: una vera e propria casta del settentrione, un gruppo di potere forse anche peggiore di quello romano, un partito che aspira a imporre un nuovo totalitarismo contando anche, come altri totalitarismi, sulle “indulgenze” delle forze democratiche e sulle simpatie del Vaticano. Ne pubblichiamo l’introduzione.IntroduzioneInsieme alla Lega è cresciuta in questi anni la “letteratura sull’argomento”: il dibattito si è arricchito di analisi e saggi, spesso pregevoli, sulle origini del movimento leghista, la sua storia e le sue “svolte”, i fattori di disagio o di crisi che ha sfruttato per affermarsi. Gli esponenti leghisti inoltre, che fino ai primi anni Novanta erano stati piuttosto snobbati da stampa e TV, sono diventati ospiti fissi di molte trasmissioni televisive assai ben disposte verso la Lega e che quindi la “abbelliscono”: vengono accreditati come “radicamento” e attenzione ai problemi del territorio la furbesca capacità di cavalcare le paure e vellicare gli istinti per impossessarsi del potere e arraffare tutte le poltrone disponibili; vengono elogiati gli amministratori leghisti per la “concretezza” nonostante qualche espressione o comportamento ruvido contrabbandato come sano spirito “popolare”; vengono declassati a innocue e scusabili sparate folcloristiche un linguaggio da trivio, gesti teppistici e comportamenti violenti, che apparentano le camicie verdi “padane” alle camicie brune, ai cappucci bianchi del Ku Klux Klan o ad altre camicie verdi di estrema destra forti fra le due guerre, come le “Croci frecciate” ungheresi e la “Guardia di ferro” rumena.Inoltre, mentre ad alcuni rappresentanti politici di altri movimenti o partiti viene applicata una censura immediata e bipartisan, a Bossi e ai suoi viene lasciata piena libertà di parola o, meglio, di insulto: essere politicamente scorretti è vizio in chi fischia o contesta il potere, mentre è virtù nel Senatùr o in qualcuno della sua banda.Lo strumento più semplice e più diretto per confutare il quadretto idilliaco cui si riduce, secondo troppi, la Lega Nord, ci è parso non l’ennesimo saggio ma un’antologia, cioè “la Lega raccontata dalla Lega”, attraverso una raccolta sistematica e ampia, anche se necessariamente incompleta, di opinioni e dichiarazioni dei dirigenti leghisti, articoli de “La Padania”, proposte legislative, iniziative nazionali e locali desunte dalla nuda cronaca o, qualche volta, riflessioni e ricostruzioni giornalistiche particolarmente efficaci. Il materiale raccolto si ferma ai primi giorni del dicembre 2010.Il risultato ci pare eloquente. Il quadro complessivo smentisce tutte le tranquillizzanti rappresentazioni del leghismo come di un movimento pacifico mosso dall’onesto desiderio di garantire ai cittadini legalità, sicurezza, decentramento, federalismo, snellimento della macchina burocratica. E fa invece emergere i lineamenti inconfondibili e brutali di un movimento eversivo, razzista, tendenzialmente totalitario con l’unico obiettivo della conquista e della gestione dispotica del potere, compreso il consistente tasso di accaparramenti, privilegi e corruzione che ciò normalmente si porta dietro. La Lega mira a una doppia occupazione: quella dell’immaginario, mediante una apparentemente forte produzione simbolica, per ora vincente anche a causa del venir meno delle altre grandi narrazioni; e quella del territorio, mediante una lenta penetrazione per via elettorale, o per le vie traverse di alleanze e intese con poteri forti, lobby, centri di potere politico, economico e bancario.Il carattere eversivo del movimento leghista è scritto nel suo nome stesso che suona ancora oggi “Lega Nord per l’indipendenza della Padania”. Un obiettivo riconfermato da Bossi appena qualche mese fa, nel settembre 2010, a Pontida. Il sovvertimento dell’ordine costituzionale, secondo cui la Repubblica è “una e indivisibile” (art. 5), resta lo scopo di un movimento i cui massimi esponenti (Bossi, Calderoli e Maroni) hanno giurato, anzi spergiurato, come ministri, sulla Costituzione. Uno dei tre – reclutatore nel 1996 della Guardia padana e per molto tempo indagato insieme agli altri per banda armata – è lo stesso Ministro degli Interni, che dovrebbe garantire la legalità e la sicurezza dello Stato …Al secessionismo, proclamato in nome della Padania e dei padani, cioè di una nazione e di una “razza” inesistenti, si accompagna un conclamato razzismo contro chi non è padano, dai romani, ai meridionali agli immigrati ai “diversi”, disabili o gay. Tutti “fuori dalla Padania”. O meglio dentro quando e per quanto servano come mano d’opera da sfruttare in nero; poi espunti dalle graduatorie se insegnanti o magistrati meridionali, come la Lega sogna; ancora peggio se rom o migranti: espulsi, “sgomberati”, esclusi dal diritto alla scuola, alla casa o alla salute, oppure respinti in mare, negando loro diritto all’asilo e mandandoli a sicura morte in un Paese come la Libia, che non rispetta i diritti umani (negati del resto anche in Italia ai migranti rinchiusi in zone di non diritto come i CIE).Si tratta di un razzismo su base etnica, come il nazismo della razza “ariana”, accompagnato da un sessismo analogo a quello del loro amico Berlusconi, che si serve delle battute o delle immagini più logore e dei più biechi luoghi comuni per ribadire l’assoluta supremazia del maschio bianco. Tale razzismo si riflette in un’idea proprietaria del territorio (“Padroni a casa nostra”) e del potere, in base a cui chi ha la maggioranza dispone delle istituzioni come di cosa propria marchiando, ad esempio, la scuola pubblica, le strade e i ponti, con i simboli di partito sul modello dei regimi totalitari. Svastica verde, appunto, da Adro a Buguggiate, da San Martino di Lupari a Castronno…Che l’unico obiettivo del ceto politico leghista sia il potere, tanto odiato quanto invidiato, conteso a Roma ladrona solo per rimpiazzarla, è documentato anche dall’opportunismo senza princìpi che portò la Lega prima ad agitare in Parlamento il cappio chiedendo l’intervento della magistratura contro i corrotti o a invocare i rigori della legge contro “il mafioso di Arcore”; poi a solidarizzare con lui e a votare tutte le leggi ad personam necessarie per tenerlo fuori dalla galera insieme ai suoi parlamentari e sodali, indagati per mafia. E’ la stessa disinvoltura di cui la Lega dà prova servendosi strumentalmente della religione a fini di potere, passando dai matrimoni celtici o dal culto pagano del Dio Po alla campagna in favore del crocifisso e del presepio; dall’intesa con monsignor Fisichella e le solitamente compiacenti gerarchie vaticane in “difesa della vita” e contro la pillola RU486, agli insulti contro l’imam Tettamanzi troppo “accogliente” verso i musulmani. Doppia morale, in uno stile a metà strada tra le furbizie ingenue di una maschera popolare (quella bergamasca di Gioppino nata in funzione antinapoleonica, come ricorda la saggista francese Lynda Dematteo) e il più puro berlusconismo (di chi si sente sopra la Legge e intoccabile perché investito di alte missioni); e doppio linguaggio, giustizialista all’opposizione, autogiustificativo al potere: lampante il caso delle campagne a suo tempo condotte dalla Lega contro l’uso delle auto blu o per la soppressione delle provincie, oggi utilizzate e difese, le une e le altre, dai politici leghisti.Naturalmente non sono mancati nel corso dei decenni manifestazioni di dissenso, con l’espulsione o l’uscita dal movimento di esponenti anche significativi, ora contrari alle svolte “moderate” (come i primi e più radicali dirigenti “autonomisti”), ora alle accelerazioni secessioniste (l’ex-presidente della Camera Irene Pivetti o l’ex-sindaco di Milano Mario Formentini), ora contrari, come l’ex-parlamentare ed ex-assessore alla sanità della Regione Lombardia Alessandro Cè, alla deriva affaristica e “poltronista”. Un dissenso sulla linea del partito è stato espresso l’ottobre scorso anche dal vice-sindaco di Abbiategrasso Flavio Lovati, che ha criticato una politica sull’immigrazione ridotta a parlare “alla pancia”, ha definito “fascista” la marchiatura della scuola di Adro e ha denunciato una Lega appiattita sul berlusconismo e sempre più “romana”. Ma né fuoriuscite né manifestazioni di dissenso (duramente represse come quelle di Lovati, subito rimosso dal suo incarico) sono valse finora a cambiare un partito secessionista, anticostituzionale, razzista, affamato di potere e di poltrone, illegale ed eversivo, sotto processo da 14 anni per banda armata, che si è autoassolto cancellando tale reato mentre inventava quello di immigrazione clandestina.La Lega, tuttavia, non sarebbe arrivata a tanto, a prendere col 10% dei voti il 90% delle decisioni di governo, a infettare le istituzioni, a diffondere il razzismo dal nord al sud del Paese trasformandolo in senso comune, se non fosse stata legittimata e coccolata a turno da destra e da sinistra perché, come dice Bossi, “porta voti”; e se non avesse avuto spropositato spazio in talk-show “democratici” perché, usando la cifra linguistica e argomentativa del rutto, alza l’audience. E’ anche responsabilità di politici, conduttori televisivi, giornalisti, intellettuali democratici o di sinistra se, intollerabilmente, siedono nel Parlamento e nel governo gli esponenti di un partito che viola i principi della nostra Costituzione minacciando la secessione e incitando all’odio razziale.L’augurio è che anche queste pagine aiutino a far comprendere meglio cos’è la la Lega e perché rappresenta, al pari degli altri partiti di estrema destra in ascesa in Europa, razzisti e violenti, una minaccia mortale per la convivenza civile. (Tutti i materiali del post sono tratti dal blog di Giuliano Falco)

 
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Supercazzole nucleari

Post n°1560 pubblicato il 14 Marzo 2011 da luger2
 

 Supercazzole nucleari pronunciate in Italia dopo lo tsunami in Giappone. A Fukushima si sta distribuendo iodio tra la popolazione e sono stati accertati i primi casi di contaminazione. Gli sfollati sono 140.000.

"Le centrali nucleari sono sicure. Chi è contrario è fermo a una vecchia mentalità ideologica che si basa su presupposti sbagliati". Umberto Veronesi
"Le fughe radioattive mi sentirei di escluderle. Nella peggiore delle ipotesi si tratta di materiale contaminato da radiazioni, ma non ci sarà il cosiddetto "effetto Chernobyl"". Valerio Rossi Albertini, CNR
"I sistemi di sicurezza si spengono automaticamente (nelle centrali, ndr). E così è accaduto in Giappone Solo in uno, questo meccanismo non ha funzionato a regola d'arte". Paolo Clemente, responsabile laboratorio rischi naturali ENEA
La posizione del governo italiano sul nucleare ''rimane quella che è, non è che si può cambiare idea ogni minuto''. Fabrizio Cicchitto

Zichichi: "I reattori reggono a qualsiasi evento catastrofico!
Quante voci autorevoli.... che ci rassicurano sul nucleare, certo questa esplosione non è andata certo a genio a molti specie agli pseudo scienziati coinvolti in questa crociata pro-nucleare!
Una centrale nucleare in Italia equivale a una pistola puntata contro la Nazione. Questo non è terrorismo, è la verità. Nessuno può prevedere una catastrofe come quella giapponese, ma chiunque sa che può accadere. Tra un giorno o tra mille anni. I reattori della centrale di Fukushima stanno esplodendo uno dopo l'altro, 180.000 persone sono state evacuate in un'area di 30 chilometri. Non è detto che ritorneranno nelle loro case. Le zone contaminate, come quella intorno a Chernobyl, rimangono radioattive per migliaia di anni.
L'Aquila non c'erano centrali nucleari, era una zona sismica, come quasi ovunque in Italia. Molti edifici crollati erano costruiti con la sabbia, gran parte della popolazione sarebbe sopravvissuta se evacuata in tempo. I segnali premonitori c'erano da mesi. Questa è l'Italia che specula sui terremoti e ride come una iena al telefono.
Il nucleare lo vuole l'Italia dei morti, uniti nella scelta del nucleare sicuro, così come per gli inceneritori e l'acqua privatizzata. Se Chernobyl fosse avvenuto in Francia, ad esempio a Chooz, la regione di Champagne-Ardenne situata al centro dell'Europa sarebbe interdetta agli esseri umani per migliaia di anni. Perché correre un rischio così alto? Per difenderci dagli alieni? O da una catastrofe planetaria? O per lucro, il solito miserabile, schifoso, merdoso lucro? Io non voglio che i miei figli corrano questo rischio! Le madri dei nuclearisti, così come quelle degli imbecilli, sono sempre incinte.
L'ambasciata francese a Tokyo ha inviato i connazionali a lasciare la città per il rischio di contaminazione. Siamo degli apprendisti stregoni. Se l'area di Tokyo venisse contaminata, 10 milioni di giapponesi dovrebbero essere sfollati. Come? Dove? Neppure il peggior film antinuclearista ha previsto una simile catastrofe. L'EDF e Sarkozy possono andare a fan... Il nucleare lo facciano sotto la Tour Eiffel. La Francia possiede 500 miliardi di euro di titoli pubblici italiani e ha acquisito, in questo modo, parte della nostra sovranità. Ma io preferisco il default alle centrali.
L'Italia dei vivi ha detto NO con un referendum contro il nucleare nel 1987. L'Italia dei morti, del radioattivo Maroni, non ha accorpato amministrative e referendum per far saltare il quorum. Il referendum è stato spostato nei giorni 12 e 13 giugno, ma noi, che siamo vivi, non andremo al mare. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
 
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La Storia Occulta del Risorgimento Italiano

Post n°1559 pubblicato il 12 Marzo 2011 da luger2
 

QUESTO POST MENZIONA IL RISORGIMENTO ITALIANO DAL PUNTO DI VISTA DEGLI ABITANTI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE. VEDREMO LA CRUDELTA' MAI CITATA NEI LIBRI DI STORIA DELL'ESERCITO DEI SAVOIA AI DANNI DEI POVERI CONTADINI E CITTADINI DEL MERIDIONE. QUESTA STORIA REVISIONISTA MENZIONA INOLTRE I LEGAMI DELLA MASSONERIA CON IL RISORGIMENTO ITALIANO E IN PARTICOLARE CON GIUSEPPE GARIBALDI CHE NON SEMBREREBBE AFFATTO UN EROE MA UN VERO E PROPRIO SANGUINARIO AMBIZIOSO. IL SUD ED IL SUO POPOLO FU COSI' COSTRETTO AD EMIGRARE ALTROVE PERCHE' DERUBATO DI TUTTO IL SUO TESORO ECONOMICO DA CHI VOLLE FARE L'ITALIA. PERCHE' QUESTA SCOMODA STORIA DI COME FU FATTA L'ITALIA NON VIENE MAI RACCONTATA NEI LIBRI DI SCUOLA ? QUESTO DOCUMENTO MIRA A FAR RIFLETTERE SUL PERCHE' IL SUD E' DA SEMPRE STUPRATO E DERISO DAL POPOLO DEL NORD. CON TUTTI I SUOI MISTERI E MEZZE VERITA' LA NOSTRA ITALIA  E' DAVVERO UNA NAZIONE LIBERA DALLA MASSONERIA E DAI MOLTI SEGRETI AMBIGUI E LOSCHI CHE ANCORA OGGI AVVOLGONO IL NOSTRO PAESE ?  

BRIGANTAGGIO: Per brigantaggio si suole definire una forma di banditismo caratterizzata da azioni violente a scopo di rapina ed estorsione, ma che ha avuto, in altre circostanze, risvolti insurrezionalisti a sfondo politico e sociale. Generalmente ci si riferisce alle bande armate sorte nel Mezzogiorno italiano durante il processo di unificazione d'Italia e il primo decennio del Regno, che vide contrapporsi gruppi di braccianti ed ex militari borbonici contro le truppe del neonato Stato italiano. « Per le plebi meridionali il brigante fu assai spesso il vendicatore e il benefattore: qualche volta fu la giustizia stessa. Le rivolte dei briganti, coscienti o incoscienti, nel maggior numero dei casi ebbero il carattere di vere e selvagge rivolte proletarie. Ciò spiega quello che ad altri e a me e accaduto tante volte di constatare; il popolo delle campagne meridionali non conosce assai spesso nemmeno i nomi dei fondatori dell'unità italiana, ma ricorda con ammirazione i nomi dell'abate Cesare e di Angelo Duca e dei loro più recenti imitatori. » (Francesco Saverio Nitti)

QUESTA E' UNA STORIA SCOMODA CHE NON SOLO DEVE ESSERE RACCONTATA, MA DEVE ANCHE FAR LUCE SULLE MODALITA' LOSCHE CHE SIA LA MALAVITA ORGANIZZATA CHE LA MASSONERIA, ANCORA OGGI, CAVALCANO NELL'OMBRA CON GLORIA!    MICHELE P. da http://arcangeliedemoni.blogspot.com

 
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Terremoto in Giappone: scossa di 8,8 gradi Richter!

Post n°1558 pubblicato il 11 Marzo 2011 da luger2
 

Un terremoto mai visto prima, di intensità 8.9 gradi Richter, ha colpito il Giappone.   Per fortuna e per la precisione maniacale degli ottimi ingegneri giapponesi gli impianti nucleari hanno resistito, altrimenti sarebbe stata una catastrofe da fare impallidire l'olocausto di Hiroshima. Le centrali giapponesi sono state immediatamente fermate. Ricordiamo che «l’Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo [...] In Italia, il rapporto tra i danni prodotti dai terremoti e l’energia rilasciata nel corso degli eventi è molto più alto rispetto a quello che si verifica normalmente in altri Paesi ad elevata sismicità, quali la California o il Giappone»: dato riportato sul sito della Protezione Civile.
L'Italia quindi è una delle zone più sismiche del mondo e vogliono costruirvi cinque centrali nucleari.  Basta con queste pazzie. No al nucleare ora e sempre!.
(mappa sismica italiana)
Cosa mai potrebbe succedere in Italia se speriamo mai avvenisse un disastro del genere? Certo i nostri ingegneri non sono secondi a nessuno, ma siete così convinti della qualità di prim'ordine dei materiali di costruzione? Qualche dubbio sinceramente viene! Di sicuro c`é una cosa che farò quando ci sarà il referendum sul nucleare il prossimo 12 giugno: firmare contro i reattori! Pensiamoci bene, andiamo a votare in massa e per un giorno non andiamo al mare!" 

 
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"IO NON FESTEGGIO! NO A 150 ANNI DI BUGIE!"

Post n°1557 pubblicato il 11 Marzo 2011 da luger2
 

Sarebbe stato normale, ragionando in astratto, sarebbe stato meno offensivo ed irritante per una parte cospicua dei “suoi” cittadini, che, ricorrendo il 150° anno della sua costituzione, questo Stato desse avvio ad una responsabile riflessione su se stesso come struttura politica, sulla sua rispondenza o meno ai bisogni delle popolazioni su cui esercita la sovranita, o su cui, come nel caso del Meridione, si è arrogato di esercitare la sovranità con la violenza delle armi.

 Giuseppe Pino Marinelli

 Invece questo Stato elude tale suo elementare dovere, contrapponendo ad esso, attraverso la celebrazione dell’anno della sua fondazione la celebrazione di se stesso. E questo verosimilmente non solo per il vizio della retorica, che è si vizio “nazionale” ma solo inteso come vizio proprio di questo Stato Nazionale, non finito con il fascismo, ma anche piu concretamente per il timore, da parte di questo Stato, di dover altrimenti attestare, con un bilancio, il proprio fallimento e insieme la propria incapacità, o meglio l’impossibilità, di riformare se stesso.

Peraltro neanche quando e diventato democratico e repubblicano, dopo il disastro della guerra e la connessa liquidazione dei regimi di marca fascista, questo Stato ha avuto una tale capacità, che in definitiva e capacità di rifondarsi. Sarebbe stato necessario a tale fine ripercorrere a ritroso gli anni della propria storia, fino a quelli delle fondazione, e chiedere perdono alle vittime dell’imperialismo su di esse praticato. Decidendo ovviamente di cambiare strada.

Ed invece, adeguandosi rapidamente all’immagine che il nuovo clima del dopoguerra richiedeva, è stato facile a questo nostro Stato rivestito a nuovo, amputare da sè l’imperialismo sabaudo nei confronti dell’Africa e dei “negri” di Africa, snidati dalle loro montagne con i gas asfissianti: ma dell’imperialismo sabaudo nei confronti del regno del Sud, e dei “negri” del Meridione, snidati dalle loro montagne con l’esercito e con l’incendio dei loro paesi e delle loro case, la nuova classe del nuovo Stato democratico non fece scrupolo alcuno: continuò ad incassare i proventi del primo, svuotando e condannando le campagne meridionali per realizzare la ricostruzione delle metropoli del Nord; e quanto a quei “negri”, beh si trattava di gente ostinata, che disturbava la quiete dei signori, in definitiva briganti che se l’erano voluta.

In realtà per ripercorrere umanamente quella storia ci sarebbero voluti ben altro che i paramenti delle celebrazioni: ci sarebbero volute vesti di sacco e abbondanza di ceneri con cui cospargere le nostre teste. Ma queste sono fantasie che non trovano albergo in gente che ha il cuore ben rivestito di grasso.

Noi non abbiamo nulla da celebrare. Abbiamo solo memorie, e molte, da commemorare. Abbiamo bisogno di attrezzarci a farlo senza odio, perchè dalla memoria germinino nuove vie di liberazione. Forse di una tale pasta erano quelle che oscuramente o meno, attendevano i nostri briganti.

 

di Francesco Tassone da http://www.ondadelsud.it/

 
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UN POPOLO DISTRUTTO: OLTRE 150 ANNI DI EMIGRAZIONE

Post n°1556 pubblicato il 11 Marzo 2011 da luger2
 

Il più grande esodo migratorio della storia moderna è stato quello degli Italiani.  Visitate il MEI, il Museo dell'Emigrazione Italiana al Vittoriano sul lato del Campidoglio a Roma. I numeri dell'emigrazione italiana sono impressionanti, quando si parla di esodo biblico non ci rendiamo conto di quello che diciamo eppure l'esodo è la nostra storia. 
Dal 1861 fino al 1985 più di 29 milioni di italiani sono emigrati ma le cifre più sicure si hanno a partire dal 1876, anno in cui si iniziarono a rilevare con regolarità le partenze degli italiani. Da quella data fino al 1985 sono più di 27 milioni gli italiani che hanno lasciato il proprio paese per andare a "cercare fortuna" altrove.
Dal 1876 al 1915 più di 14 milioni di italiani lasciarono l'Italia a fronte di 2,5 milioni di rientri. Nel giro di 30 anni emigrò quasi metà della popolazione italiana che nel 1900 contava circa 33,5 milioni di abitanti.
Gli emigranti disertano il processo di formazione nazionale e mettono in pericolo la nazione, questa era la prima reazione delle istituzioni di fronte all'esodo di massa dell'Italia post unitaria, esodo dettato dalla povertà e dalle condizione di vita insostenibili - “o rubare o emigrare” (al sud o brigante o emigrante) era la risposta secca che mons. Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza, riceveva negli ultimi anni dell'800 dai contadini che incontrava durante le sue visite pastorali. 
L'esodo è tale che vengono approvati provvedimenti per impedire l'emigrazione. In questo modo si accontentano i proprietari terrieri che chiedono misure restrittive contro la fuga dai campi. Se tutti vanno via chi coltiverà i loro latifondi?
«[...] Guardateci in viso, signor barone, le nostre facce pallide e ingiallite, le nostre guance infossate, non vi accusano esse, con la loro muta eloquenza, l’improba fatica e l’assoluta deficienza di nutrimento? La nostra vita tanto è amara che poco più è morte. Coltiviamo il frumento e non sappiamo cosa sia il pane bianco. Coltiviamo viti e non beviamo vino.  Alleviamo bestiame e non mangiamo mai carne..» Questo scrissero - naturalmente nel loro dialetto e scritto dai pochi che a quell'epoca sapevano scrivere.
I provvedimenti restrittivi non possono fermare quel fiume di gente e, per quanto in maniera frammentaria, il fenomeno dell'emigrazione di massa sarà in qualche modo gestito dalle autorità italiane. Dopo una prima fase di ostilità si cominciano a vedere i vantaggi di questo esodo: rimesse economiche, pacificazione sociale (le partenze come valvola di sfogo) e persino penetrazione in mercati ed aree che prima sembravano irraggiungibili.
Tra il 1876 e il 1900 le partenze interessarono prevalentemente le regioni del Nord, soprattutto  il Veneto, Friuli-Venezia Giulia, il Piemonte e la Lombardia.  Dopo il primato migratorio passò alle regioni meridionali come Sicilia, Campania e Calabria (grazie alla forzata unificazione nazionale!), prima del 1861 quasi nessuno emigrava dal Sud! Di questo imponente esodo umano 7,6 milioni vanno nelle Americhe (Argentina, Brasile, Stati Uniti, Canada), 6,1 milioni emigrano in Europa (Francia, Belgio, Germania, Svizzera). Altre destinazioni saranno l'Australia e altri paesi.
Agli inizi del '900 la folla di migranti nei porti suscita pietà nei residenti delle città, ma più spesso il sentimento che quella folla suscita è paura. L'America è il sogno e i migranti aspettano nei porti per essere imbarcati sui “vascelli della morte” per raggiungere quel sogno. I vascelli spesso non potevano contenere più di 700 persone, ma ne caricavano più di 1.000, e partivano, senza la certezza di arrivare a destinazione. Saranno in molti a morire in quei viaggi verso il sogno. Le condizioni di viaggio sono terribili, è facile contrarre una malattia se devi stare stipato per diversi mesi in mezzo al mare insieme ad altra gente senza troppo spazio per muoversi. Non mancano i decessi. Tra i casi più clamorosi di “vascelli fantasma” con decine di morti durante la traversata, il “Matteo Brazzo”, nel 1884, in un viaggio di tre mesi con 1.333 passeggeri ha avuto 20 morti di colera ed è stato respinto a cannonate a Montevideo; il “Carlo Raggio” in un viaggio del 18.12.1888 con 1.851 emigranti ha avuto 18 vittime per fame e in un altro viaggio, del 1894, 206 morti di cui 141 per colera e morbillo; il “Cachar” che partito per il Brasile il 28.12.1888 con 2.000 emigranti ha avuto 34 vittime per asfissia e altri per fame; il “Frisia” in viaggio per il Brasile il 16.11.1889 ha avuto 27 morti per asfissia e più di 300 ammalati; nello stesso anno sul “Parà” un epidemia di morbillo uccide 34 persone; il “Remo”, partito nel 1893 con 1.500 emigranti, ha avuto 96 morti per colera e difterite e fu respinto dal Brasile; l’“Andrea Doria” nel viaggio del 1894 ha contato 159 morti su 1.317 emigranti; sul “Vincenzo Florio” nello stesso anno i morti sono stati 20 su 1.321 passeggeri. Le navi degli emigranti, per tutto l’Ottocento, non avevano infermerie, ambulatori e farmacie, e tra il 1897 e il 1899, più dell’1% degli arrivati a New York è respinto in Italia perché ridotto in pessimo stato dalle sofferenze del viaggio. La sola ricchezza che gli emigrati portavano nel loro viaggio era la forza delle loro braccia. Nei paesi di destinazione svolgevano i lavori più pesanti, quelli rifiutati dagli altri, come le opere stradali o ferroviarie, il piccolo commercio, attività capaci di garantire un guadagno immediato da spedire alla famiglia rimasta in Italia. E tra quei lavori non potevano mancare quelli più pericolosi come nelle miniere e non mancarono le tragedie, come quelle di Monongah del 1907, la "tragedia dimenticata" di Dawson del 1913, quella di Marcinelle del 1956 e via e via che la memoria fatica a trattenere, come la sciagura di Mattmark del 1965 o la strage di operaie a New York il 25.3.1911, quando un incendio devastò gli ultimi piani di un palazzo che ospitava una camiceria dove lavoravano in condizioni disumane, con le porte sbarrate dall’esterno, 500 donne: delle 146 vittime almeno 39 erano italiane riconosciute "da un anello, da un frammento di scarpa", altre 10 furono considerate ufficialmente disperse. Quella stessa strage che forse ha dato origine alla commemorazione dell'8 marzo. La storia dell’emigrazione italiana non è e non può essere solo agiografica. Uno degli aspetti più tragici dell’emigrazione è lo sfruttamento dei minori. Tra Ottocento e Novecento i bambini sono venduti a decine di migliaia per 100 lire l’uno a trafficanti che li rivendevano alle miniere americane, ai cantieri svizzeri, alle vetrerie francesi. Come riporta il sito del MEI, solo negli Stati Uniti, a fine Ottocento si calcolavano 80.000 minori italiani appartenenti a quella categoria di girovaghi da cui escono delinquenti e prostitute. Questi bambini cominciavano raccogliendo legna o carbone negli scarichi, vendendo i giornali per strada, portando il lavoro dalla fabbrica a casa, e vivevano più per strada che a casa o a scuola e molti finivano per compiere lavori poco onesti.
Le condizioni di vita degli emigrati italiani nelle grandi città americane sono insostenibili a causa del malsano affollamento di uomini, donne e bambini stipati nella promiscuità e nel disordine.
Questi emigrati, spesso supersfruttati, venivano considerati dalla società ospitante come “indesiderabile people”. La loro segregazione in ghetti veniva giustificata dall’impossibilità del cafone meridionale di inserirsi in un contesto urbano dinamico e innovativo. In questa atmosfera non potevano non svilupparsi comportamenti di ostilità e la criminalità trovava terreno fertile. Le manifestazioni di autodifesa delle comunità etniche degenerarono, a volte, in forme di banditismo urbano o di delinquenza organizzata. Gli italiani diventano nell’immaginario collettivo criminali incalliti, sporchi, ignoranti, facili al coltello, mafiosi, straccioni, capaci solo di lavori pesanti o, al massimo, di vendere noccioline. 
La xenofobia produce diversi episodi di violenza contro gli italiani in molti paesi fra gli avvenimenti più gravi si ricordano:
- New Orleans (14.3.1891): 11 italiani sono massacrati da 20 mila manifestanti che avevano assaltato il carcere accusandoli di essere colpevoli dell’omicidio del capo della polizia di New Orleans, omicidio dal quale erano stati assolti. Il linciaggio era stato compiuto con una chiara responsabilità delle autorità locali che, pur essendo a conoscenza del progetto delittuoso e nonostante le richieste di protezione del console italiano, non avevano fatto nulla per impedire l’eccidio.
- Aigues-Mortes (17.8.1893): circa 2.000 operai francesi linciano 11 italiani (secondo il processo farsa che assolse tutti gli imputati; più di 200 secondo la stima di studiosi italiani) accusati di rubare il lavoro dei francesi nelle saline della Camargue, alle foci del Rodano.
- Zurigo (8.8.1896): si devono organizzare treni speciali per portare in salvo gli italiani da una spietata caccia all’uomo da parte di cittadini svizzeri.
- Tallulah (21.7.1899): 3 fratelli e 2 amici siciliani sono assassinati dopo una banale lite perché accusati di essere troppo gentili con i neri. (MEI)
Salvo pensare che l'italiano è sempre e solo buono, santo e lavoratore è inutile dire che tra i diversi milioni di emigrati ve ne furono anche di delinquenti, che negli Stati Uniti trovarono nella mafia la scorciatoia per raggiungere il “sogno americano”. «L’America è diventata la terra promessa dei delinquenti italiani» affermava all’inizio del Novecento il capo della polizia di New York (Richard Nixon nel 1973 rincarerà la dose: «Il guaio è che non se ne trova uno onesto»). 
Alla fine della Prima guerra mondiale riprende l'emorragia degli italiani, ma gli Stati Uniti introducono leggi restrittive fin dai primi anni '20 e poi interviene la crisi del 1929 a frenare l'emigrazione. Nonostante le leggi restrittive americane gli espatri dall'Italia fanno registrare cifre spaventose con una media di circa 303.000 l’anno tra il 1921 e il 1925 e in seguito alla crisi del 1929 si riducono a circa 91.600 l’anno. Le restrizioni  americane e la crisi frenano l'emigrazione degli italiani e incanalano i flussi verso nuove mete, principalmente in Europa.
Tra le due guerre partono oltre 4 milioni di italiani a fronte di circa 1,5 milioni di rientri e alla fine del secondo conflitto mondiale l’emigrazione dall’Italia riprende con vigore. Si va via perché non c’è lavoro e il paese è distrutto dalla guerra. Dal 1946 ai primi anni '70 partono circa 7,5 milioni di italiani, ne rientrano circa 4,5 milioni ma già dal 1973 i rientri superano annualmente le partenze. Gente in fuga dalla miseria, un popolo di oltre 27 milioni di anime in poco più di un secolo a partire dal 1876 (oltre 29 milioni se consideriamo il 1861 come anno di inizio dell'esodo), un fiume in piena di quasi 250.000 persone all'anno, con picchi che raggiungono, e spesso superano, i 650.000 emigranti all'anno. Non tutti potevano preoccuparsi di partire regolarmente. La clandestinità è stata per gli emigranti italiani una condizione antica, sono almeno 4 milioni quelli che sono partiti senza documenti dopo il 1876 e considerando che la clandestinità mal si presta a statistiche affidabili è ragionevole pensare che sia una sottostima.
L’emigrazione clandestina attraverso le Alpi verso la Francia era un percorso seguito dagli emigrati italiani, non solo piemontesi, ma anche siciliani. Nel 1962, 87 italiani trovarono la morte al “Passo del diavolo” presso Ventimiglia per recarsi clandestinamente in Francia. Ancora a metà degli anni '70 circa 30 mila bambini italiani erano tenuti nascosti in casa dai loro genitori emigrati in Svizzera che temevano di essere rimpatriati perché il governo elvetico proibiva ai lavoratori stagionali di farsi accompagnare dalla famiglia («non ridere, non piangere, non far rumore», questo dovevano dire i genitori ai «les enfants de l’ombre») . 
La grande emigrazione italiana può dirsi conclusa agli inizi degli anni '80 quando gli espatri sono uguali ai rimpatri. Lo sviluppo sociale ed economico del paese cambia la natura dell'emigrazione, non coinvolge più consistenti fasce di popolazione ma personale qualificato e tecnici, studenti e docenti universitari. Ancora oggi, ogni anno, circa 50.000 italiani cercano lavoro all’estero e secondo il Rapporto Italiani nel mondo del 2009 gli italiani residenti all'estero fino all'aprile del 2009(3.915.767) superavano gli stranieri in Italia (3.891.295).  

  tratto da http://cosechedimentico.blogspot.com

 
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BENIGNI "PINOCCHIO" E LE BUGIE SUL RISORGIMENTO

Post n°1555 pubblicato il 11 Marzo 2011 da luger2
 
-VERITA' CONTRO RETORICA -
 
Questo video nasce dal controverso show di Roberto Benigni al

 festival di Sanremo 2011 dedicato ai 150 anni d'unità d'Italia.

La retorica risorgimentale che ruota attorno alla "esegesi dell'inno di

 Mameli" è sconfessata con l'ausilio di ricostruzioni cinematografiche

 di fatti realmente accaduti e frasi realmente pronunciate.

 Ed è pertanto da ritenersi fondato e istruttivo ascoltate e diffondete
 
 
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Lettera di un Emigrante scritta a G. Lerner conduttore dell'Infedele

Post n°1554 pubblicato il 11 Marzo 2011 da luger2
 

Caro signor Lerner, le scrivo in merito alla puntata dell’Infedele sull’ Unita’ d”Italia.   Ho letto alcuni dei commenti (centinaia) sulla puntata da parte di persone ferite per la “mancata partecipazione” del sig. Aprile alle discussioni ed ho anche letto la sua risposta risentita, giustamente, a pesanti accuse. Ho grande rispetto per lei e sono sicuro non fosse sua intenzione lasciare poco spazio a P.Aprile, lei , d’altronde, e’ l’unico che ha avuto il coraggio di invitarlo e di questo La ringrazio. Devo dire pero’ che anche io non sono stato soddisfatto del come l’episodio sia andato e ne sono rimasto profondamente deluso. Le scrivo convinto che questa lettera , troppo lunga, Lei che ha tanti impegni non riuscira’ probabilmente a leggere, ma la scrivo comunque perche’ sento il BISOGNO di raccontare la mia storia, storia di emigrante Napoletano, la mia storia come centinaia di migliaia di altre, la mia storia di uomo nel Sud. Ho 38 anni , da 8 vivo negli USA. Io, persona legata profondamente alla mia famiglia, alla mia terra, ho sentito che l’unico modo per vivere una vita dignitosa fosse andar via, “alternativa” senza alternative. Facevo l’animatore di villaggio, mi arrangiavo. ho sempre lavorato ma non uno di quei lavori che avrebbero potuto sostenere una famigla ma un lavoro che mi ha permesso di non dire mai le parole ‘sono disoccupato” che mi ha insegnato , grazie ai miei numerosi viaggi all’Estero, che ‘normale” e’ un concetto relativo e conoscere “gli altri” e’ il piu’ grande dono che puoi fare a te stesso. Oggio dopo otto anni in USA, anni, mi creda, a volte difficilissimi, di solitudine, di sacrificio, di lavoro senza sosta (io MERIDIONALE), oggi sono piccolo imprenditore, sposato ad una donna Americana, padre di un bimbo di 11 mesi che si chama come mio Nonno ma non lo ha mai incontrato, che si addormenta ascoltando ninna nanna in Napoletano ma non ha mai visto Napoli. Oggi sono proprietario di casa, datore di lavoro. Io che per vivere questa vita ho dovuto negare a mio figlio quello che ho considerato per me il bene piu’ preziose, la mia famiglia, le mie radici, le commedie di Eduardo, una domenica trascorsa passeggiando al Borgo Marinaro guardando il Castel dell’Ovo, un caffe’ guardando Capri da Posillipo in una giornata piena di sole, una visita a Cappella S. Severo. Mio figlio cresce ad un oceano di distanza dai suoi nonni, da mia sorella, dalla mia Napoli , la Napoli di cui oramai in TV non si parla piu’, quella Napoli che mi ha dato la forza di sopravvivere quegli anni bui , la consapevolezza di far parte di un popolo che ha sempre saputo anche con pochissimo andare avanti senza abbassare la testa. In me c’e’ anche la grande amarezza di una ‘cultura” Italiana che diventa sempre piu’razzista, chiusa ed ignorante. Siamo ogni giorno piu’ Bossi e meno Leonardo Da Vinci signor Lerner. Lo spazio dato alle televisione per massacrare l’immagine di Napoli senza MAI raccontarne le verita’ ,i perche’ e’ sempre piu’ preponderante, quelle verita’ sostituite dalla demente convinzione che a Napoli , al Sud, siamo tutti dei poco di buono che suonano il mandolino e mangiano la pizza seduti su cumuli di munnezza o ladri, delinquenti… e’ veramente inaccettabile e non potrebbe essere piu’ distante dalla realta’. La disinformazione che la TV crea sembra mirata a fare imbestialire tutti, a renderci tutti nemici , a nascondere il VERO nemico, quella politica disonesta ed arruffona che porta l’Italia ad essere un po’ meno Europa ogni giorno che passa.  Nord contro Sud, Sud contro Nord, Sud contro Sud tutti a cercare colpevoli ovunque meno che nell’unico posto dove bisognerebbe veramente guardare, al Parlamento, al Governo e non solo in questa era “Berlusconi” in cui si sta toccando veramente il fondo ma oramai da 50-60 anni perche’ e’ negli anni della Democrazia Cristiana, di Andreotti e Craxi che si e’ seminato il qualunquismo, la sfiducia nella politica che oggi viviamo in maniera cosi’ drammatica con questo governo disastroso. Siamo ignoranti e ci vogliono cosi’ perche’ in un paese piu’ colto lo vedi subito chi sono I ladri, chi sono I responsabili. In questo paese in crisi che deve rinunciare a cose vitali come ricerca ed istruzione LORO non hanno MAI rinunciato a nessuno dei loro privilegi, i soldi per I loro esosi stipendi e “contributi spese” sono sempre disponiibili, intoccabili. La politica Italiana e’ un mostro con tante teste ed uno stomaco solo. C’e’ bisogno di far scoprire a TUTTI la vera storia d’Italia, c’e’ bisogno di far nascere VERAMENTE l’Unita’ . Questa Unione oggi e proprio come un matrimonio basato su una menzogna…semplicemente non funziona. Le chiedo perdono per le parole dure a Lei rivolte, capisca, la prego, che scaturiscono da questo stesso sentimento d’impotenza, dalla rabbia delle falsita’ che come Meridionali siamo costretti ad accettare ogni giorno. Il Sud ha bisogno di verita’, l’Italia ha bisogno di verita’ ed e’ per questo che per noi le parole di P. Aprile rivestono tanta importanza. Grazie per la Sua professionalita’ , capisco che anche essere giornalista in Italia in questo momento Storico non e’per nulla facile.

Adriano Carelli              

 
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GETTA NEL LAGO una riproduzione di re VITTORIO EMANUELE della CASINA VANVITELLIANA

Post n°1553 pubblicato il 11 Marzo 2011 da luger2
 

Un visitatore della CASINA VANVITELLIANA del FUSARO, ieri all’insaputa dei custodi, ha staccato da una parete del CASINO REALE un una riproduzione, raffigurante re VITTORIO EMANUELE III di SAVOIA e lo ha gettato nel LAGO, il motivo forse un antico rancore verso la Monarchia e la casa reale. I custodi non appena si sono accorti di quanto successo in barca hanno recuperato,dopo non poca fatica dai fondali dell’ACHERUSIA PALUS la riproduzione e dopo averla asciugata per bene l’hanno rimessa al suo posto. L’autore del gesto e’ scappato via in macchina e la societa’ amministratrice il PARCO VANVITELLIANO ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine.

La Casina Vanvitelliana del Fusaro fu realizzata nel 1782 su progetto di Carlo Vanvitelli per volontà di Ferdinando IV di Borbone, nell'ambito degli interventi di riqualificazione della zona del Fusaro; quest'area, dopo una fase di crescita e sviluppo in periodo romano, aveva subito una fase di decadenza durante il medioevo. Infatti il lago si era impaludato e così era rimasto fino al Settecento, quando fu inserito nel novero dei Siti Reali Borbonici e fu quindi utilizzato come riserva di caccia e di pesca. Fu individuato un isolotto sulla sponda ovest da utilizzare come sito per questo edificio. Il Vanvitelli consolidò con una fodera di grosse pietre vulcaniche l'isolotto su cui vi era già costruito un vecchio ripostiglio per le attrezzature da pesca e realizzò per il re una delle sue opere più significative. Originariamente era raggiungibile solo in barca ed era il luogo in cui il re andava a riposarsi dopo le battute di caccia. L'edificio, di gusto neoclassico, è a pianta centrale, collocato su di una piattaforma che si sviluppa circolarmente. Si struttura su due livelli mediante corpi di fabbrica sporgenti e terrazzati: il primo livello, a forma di dodecagono, è più ampio perchè dotato di due ambulacri a nord e a sud, ai lati delle arcate frontali. Tra questi due ambienti si trova una stanza centrale e sui lati due vani semicircolari che ospitano le scale ed altri ambienti di servizio. La sala circolare aveva funzioni di rappresentanza ed era utilizzata per le relazioni della famiglia reale. Le decorazioni in stucco sulle facciate appaiono eleganti, con pochi risalti e prive di forme particolarmente ridondanti. Fu adibita come residenza di ospiti illustri, come Francesco II del Sacro Romano Impero, che qui soggiornò nel maggio 1819, Wolfgang Amadeus Mozart, Gioachino Rossini e, più recentemente, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Dal punto di vista architettonico, la Casina si inserisce tra le più raffinate produzioni settecentesche, con alcuni rimandi alla confomazione della Palazzina di caccia di Stupinigi, progettata alcuni anni prima da Filippo Juvarra facendo ricorso a volumi plastici e ampie vetrate. L'edificio voluto dai Borboni presenta infatti una pianta assai articolata, composta da tre corpi ottagonali che si intersecano l'uno alla sommità dell'altro, restringendosi in una sorta di pagoda, con grandi finestre disposte su due livelli; un lungo pontile in legno collega inoltre la Casina alla sponda del lago.

Forse questo visitatore guardando l'immagine di Vittorio Pipppetto in un contesto borbonico gli si sono girate le sfere e ha fatto tale gesto nella stizza di vedere un meridione così ridotto pensando a cosa eravamo!!! (dalle stelle alle stalle)

 
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