Bruno
Frey, Reiner Eichenberger: The New Democratic Federalism for Europe,
Edward Elgar, Cheltenham 1999 - ISBN 1 84064 004 9
Prefazione
Lo scopo dello stato
consiste nel soddisfare nel miglior modo possibile i bisogni dei
cittadini e di tutta la popolazione in generale. Un buon sistema di
governo rispecchia la diversità delle preferenze e le differenze di
domanda per beni e servizi pubblici dei cittadini in varie aree
geografiche.
Due sono le
istituzioni che hanno dimostrato di essere in grado di soddisfare
questi requisiti in modo eccellente: il federalismo e la democrazia
diretta. Tuttavia attualmente in molti paesi queste istituzioni
positive trovano applicazione scarsa o nulla. Questo vale anche per i
paesi emergenti dell'Europa orientale. L'Unione Europa può a
malapena essere considerata democratica (si ricordi la discussione
sul deficit democratico) e certamente è ben poco decentralizzata.
In questo libro
proponiamo la teoria normativa e positiva di un sistema istituzionale
che rinforza aspetti del federalismo e della democrazia diretta, che
è in grado di risolvere in modo migliore i problemi futuri
dell'Europa. La abbreviamo con l'acronimo FOCJ (functional,
overlapping, competing
jurisdictions), ovvero: giurisdizioni funzionali
sovrapposte e in concorrenza tra loro.
La prima parte di
questo libro presenta le idee base del sistema FOCJ. Il primo
capitolo descrive i termini di base. Nel secondo capitolo esponiamo i
vantaggi di questo sistema. Il terzo capitolo si occupa della sua
attuazione. Nel quarto capitolo il sistema FOCJ viene comparato con
tipi tradizionali di federalismo. Il quinto capitolo compara il
sistema FOCJ con proposte teorie e con istituzioni del passato e con
istituzioni contemporanee.
Nella seconda parte
il sistema FOCJ viene applicato al processo di unificazione politica
europeo. Nel sesto capitolo compariamo il sistema FOCJ con la
struttura istituzionale odierna dell'Unione Europea e con altre
proposte costituzionali. Nel settimo capitolo spieghiamo i vantaggi
dell'applicazione del sistema FOCJ rispetto al federalismo e alle
politiche regionali attuali dell'Unione Europea e come possa essere
istituzionalizzato nell'Unione.
La terza parte
estende i principi del sistema FOCJ oltre l'Unione Europea. Il
sistema FOCJ contiene meccanismi che favoriscono l'integrazione
dell'Unione Europea nella politica internazionale e che consentono di
integrare efficacemente i paesi che si trovano sulle frontiere est e
sud dell'Unione (capitolo ottavo). Nel nono capitolo il sistema FOCJ
viene applicato ai paesi in via di sviluppo e si dimostra come esso
possa contribuire anche a risolvere molti dei loro problemi. Nel
capitolo dieci riassumiamo brevemente le nostre argomentazioni.
Per mantenere la
facilità di lettura del libro abbiamo evitato di aggiungere note a
piè di pagina e abbiamo invece scelto di fornire suggerimenti di
lettura sugli argomenti che menzioniamo.
Le idee presentate
in questo libro sono state presentate in un gran numero di workshops
e di conferenze in tutto il mondo. Abbiamo beneficiato di discussioni
intensive e ripetute con i nostri amici, Charles Beat Blankart, Lars
Feld, Gebhard Kirchgässner, Friedrich Schneider e Hannelore
Weck-Hannemann. Abbiamo ricevuto molti suggerimenti da economisti
europei, che si occupano di questioni costituzionali come Peter
Bernholz, Renè Frey, Jürgen von Hagen, Henner Kleinewefers, Dennis
Mueller, Dieter Schmidtchen, Hans-Werner Sinn e Roland Vaubel.
Abbiamo avuto modo di approfondire le nostre opinioni misurandoci con
il Network on Enlargement and New Membership of the European Union
(NEMEU, Rete sull'allargamento e i nuovi membri dell'Unione Europea).
Gli 'spettatori imparziali' dagli Stati Uniti si sono rivelati di
grande aiuto nella precisazione delle nostre idee: Gordon Tullock,
James Buchanan, Bob Cooter e Daniel Rubinfeld. Infine ringraziamo i
nostri collaboratori Iris Bohnet, Felix Oberholzer-Gee e Juerg de
Spindler. Margaret Ho si è occupata della redazione del manuscritto
e del miglioramento stilistico. Siamo grati a tutti loro.
PARTE I: LE IDEE FONDAMENTALI
1. Giurisdizioni funzionali e sovrapposte in concorrenza tra loro
1.1 Il concetto
di base
Ogni tentativo di
informare politici e governi su come intraprendere le politiche
'giuste' è destinato a fallire: fin troppo spesso gli interessi dei
governi (che sono composti da individui che perseguono i propri
interessi) sono in conflitto con gli interessi dei cittadini. I
politici hanno pochi motivi per tenere indietro i propri interessi.
Elezioni che hanno luogo una volta ogni quattro anni non sono
sufficienti per imporre vincoli sui comportamenti egoistici dei
politici. Quindi è necessario che le istituzioni politiche siano
concepite in modo tale da fornire incentivi più forti ai politici e
ai governi a comportarsi in modo da soddisfare le preferenze dei
cittadini. Ciò può essere raggiunto solamente rafforzando la
concorrenza politica a tutti i livelli di governo. Una forte
concorrenza politica induce i governi a fornire politiche che tengono
conto della domanda dei cittadini e in tal modo accrescono il
benessere - esattamente come la concorrenza economica induce chi
fornisce beni e servizi a rispettare le preferenze dei consumatori.
Cionondimeno la funzione della concorrenza politica è stata spesso
trascurata, specie nell'Unione Europea. Si può ovviare a questo
difetto e può produrre notevoli incrementi di benessere per i
cittadini aprendo la fornitura di beni e di servizi dei governi alla
concorrenza tra le giurisdizioni pubbliche, che si occupano della
fornitura di servizi invece che mantenendo il monopolio del potere su
dati territori.
Definiamo il tipo di
federalismo da noi proposto con l'acronimo FOCJ (giurisdizioni
funzionali sovrapposte e in concorrenza tra loro). Il suo obiettivo
fondamentale è di fare emergere delle istituzioni politiche la cui
dimensione corrisponde alle funzioni che essi sono chiamati ad
espletare. Esempi di tali funzioni sono la formazione, i trasporti
pubblici, il trattamento di acque di scarico, la sicurezza pubblica e
la difesa. L'estensione geografica di un FOCUS (che è il termine con
cui definiamo una singola unità all'interno di una rete di FOCJ) è
definita dalle dimensioni presenti e future del problema da risolvere
piuttosto che dai confini amministrativi formatisi storicamente in
modo più o meno casuale.
Un sistema FOCJ
possiede quattro caratteristiche fondamentali:
1. Ogni FOCUS è
determinato sulla base della funzione che deve espletare o dello
scopo che deve raggiungere. La sua dimensione deve essere tale da
poter espletare tale funzione in modo efficiente.
2. Le FOCJ si
possono sovrapporre tra loro, ovvero per ogni funzione esiste
un'estensione geografica corrispondente.
3. Le FOCJ sono in
concorrenza tra di loro per attrarre municipalità e cittadini e sono
sottoposte a una concorrenza politica democratica. A tale scopo
vengono istituiti referendum popolari e possibilmente anche assemblee
di cittadini in aggiunta alle istituzioni politiche rappresentative
tradizionali.
4. Le FOCJ hanno
poteri fiscali autonomi e impongono le imposte con cui finanziano le
spese necessarie all'espletazione delle loro funzioni.
Le FOCJ nascono in
quanto risultano dalle preferenze e dai bisogni dei cittadini e in
quanto possono essere monitorate e controllate dai cittadini stessi.
Il concetto ha le sue radici nella public choice, nella
constitutional economics e in vari aspetti della 'teoria
economica del federalismo'. Il risultato è qualcosa di completamente
diverso dal tipo di federalismo dell'Unione Europea, in particolare
di quello basato sul concetto di sussidiarietà. Il concetto di FOCJ
è piuttosto imparentato con il concetto di integrazione a 'geometria
variabile', in cui il processo di integrazione viene attuato in modo
differenziato - un concetto vigorosamente respinto dalla maggior
parte dei politici europei.
Nella teoria
economica tradizionale del federalismo l'estensione geografica di una
giurisdizione viene vista come data. L'analisi economica si occupa
dell'allocazione delle varie attività sui vari livelli di governo;
viene dato per scontato che esista un livello ottimale di
accentramento. Il nostro approccio si distingue nettamente da tutto
questo. Per noi il livello ottimale di accentramento dipende dalle
funzioni della giurisdizione e può mutare nel tempo. Inoltre esso
tiene conto del fatto che le decisioni politico-economiche nel nostro
tempo tendono sistematicamente a un livello di centralizzazione
eccessivo in quanto troppi agenti politici hanno un interesse
personale a uno stato fortemente centralizzato. Il sistema di governo
FOCJ è invece orientato al processo. Le FOCJ formano una rete di
unità di governo federali adattabili, che dipendono strettamente
dalle preferenze dei cittadini e che si ritagliano sulla geografia
dei problemi - almeno nella misura in cui sono i cittadini a poter
dominare il processo di formazione delle FOCJ.
La quinta libertà
di cui noi parliamo in questo libro si va ad aggiungere alle quattro
libertà economiche garantite dal mercato unico (libertà di
movimento dei beni, servizi, lavoro e capitale) ed è fondata su una
decisione costituzionale. La Costituzione Europea o un trattato
costituzionali ad essa equivalente dovrebbe dare alle unità di
governo più basse, le municipalità, e possibilmente anche ai
singoli cittadini presi individualmente, garanzie di libertà di
partecipazione alle FOCJ. I cittadini dovrebbero essere liberi di
decidere a quale FOCUS devono appartenere le loro municipalità e
devono poter decidere liberamente di darsi una loro costituzione.
Allo stesso tempo ai cittadini deve poter essere garantito di
lasciare la propria giurisdizione in modo totale o parziale, ovvero
solo per quanto riguarda certe funzioni. Quando dei cittadini o delle
municipalità decidono di uscire da una data giurisdizione per
entrare in un'altra, la costituzione deve garantire loro di ricevere
una compensazione fiscale proporzionata ai servizi e ai beni pubblici
che essi non consumano più. Alle istituzioni politiche esistenti la
costituzione deve vietare di poter bloccare discrezionalmente la
formazione di nuove FOCJ. Qualsiasi cittadino e municipalità
dovrebbero poter adire la Corte Costituzionale Europea quando si
accorgono che viene impedita la formazione o il funzionamento di una
FOCJ.
Nel paragrafo
successivo discutiamo più dettagliatamente le quattro
caratteristiche delle FOCJ menzionate sopra.
1.1 Le FOCJ sono
enti funzionali
Più è forte la
corrispondenza tra la domanda dei consumatori di beni e di servizi
pubblici e coloro che pagano per gli stessi, più una giurisdizione
espleta le sue funzioni in modo efficiente. Minori sono gli
spillovers e più queste unità sono in grado di sfruttare le
economie di scala nella produzione dei servizi e dei beni pubblici.
In questo modo l'offerta di servizi pubblici viene ad essere
ritagliata sulle preferenze dei cittadini. I vari servizi pubblici
sono caratterizzati da estensioni geografiche molto diverse tra loro
(si pensi ai parchi pubblici, alle scuole, agli impianti di
depurazione delle acque, alla difesa nazionale ecc.) e quindi
esperiscono economie (o diseconomie) di scala differenti. La domanda
di servizi e di beni pubblici può variare notevolmente nello spazio
geografico in quanto può dipendere da fattori differenti a seconda
delle località. Ne consegue che è più efficiente non fare produrre
tutti i servizi dallo stesso ente di governo, ma da varie
giurisdizioni specializzate funzionalmente e adatte dimensionalmente
a svolgere compiti ben specificati. Le funzioni delle FOCJ non sono
definite in senso strettamente tecnico, ma dalla rilevanza che esse
hanno per i cittadini. Quindi un FOCUS di vigili del fuoco non è
detto che si limiti, diciamo, a fornire servizi di pura vigilanza in
senso stretto.. Piuttosto perseguirà un approccio integrativo che
combina la prevenzione degli incendi (ad esempio per mezzo di
regolamentazioni) con un servizio di spegnimento (una brigata di
vigili del fuoco) e con la riduzione delle perdite di benessere
dovute agli incendi (assicurazioni contro gli incendi pubbliche e
private).
1.1.2 Le FOCJ si
sovrappongono tra loro
FOCJ che svolgono
funzioni diverse si sovrappongono tra loro. Il singolo cittadino
quindi può essere membro di diverse giurisdizioni. Inoltre le FOCJ
non devono necessariamente possedere un monopolio territoriale nello
svolgimento di una data funzione. In una data area geografica possono
offrire i propri servizi diverse FOCJ che hanno più o meno le stesse
funzioni, come più ditte che offrono servizi e beni simili sullo
stesso mercato. Questo tipo di sovrapposizione amplia le alternative
di scelta dei cittadini e conseguentemente rinforza la concorrenza
tra chi fornisce servizi pubblici. Giurisdizioni che si sovrappongono
e che non sono contigue sono in contrasto con le concezioni
tradizionali sia del federalismo sia dello stato nazionale, in quanto
entrambe presuppongono il dogma dell'unità dello stato. I due tipi
di sovrapposizione ora menzionati si rinforzano a vicenda.
1.1.3 Le FOCJ
sono concorrenziali
In un sistema di
governo FOCJ i governi sono soggetti a due meccanismi, che li
costringono a servire le preferenze dei loro cittadini: l'opzione di
uscire dalla FOCJ a disposizione di cittadini e di municipalità
stabilisce una concorrenza simile a quella sui mercati. I diritti di
voto dei cittadini inducono una intensa concorrenza politica.
L'uscita da una FOCJ non richiede necessariamente la mobilità
geografica, i cittadini e le municipalità possono cambiare la loro
appartenenza anche solo legalmente, senza muoversi fisicamente. La
minaccia dell'uscita sui governi quindi è molto efficace.
L'importanza data dal sistema FOCJ alla possibilità di uscita
contrasta con l'approccio tradizionale nello stato nazionale e
federale, che proibisce l'uscita. La secessione nei fatti è quasi
sempre accompagnata dalla violenza, come è dimostrato dai casi della
guerra civile americana (1861-1865) o dalla guerra del Sonderbund
svizzero1.
I trattati europei
attualmente non contengono regole esplicite per l'uscita dall'Unione
Europea e non specificano la suddivisione di governi nelle
giurisdizioni a livelli inferiori (stato nazionale, Land, province,
regioni e così via). Il sistema di governo FOCJ e la quinta libertà
possono rimediare a questi difetti, che saanno presenti anche nella
futura Costituzione Europea. La possibilità di uscire da una
giurisdizione dovrebbe essere limitata il meno possibile in modo da
rafforzare il più possibile la concorrenza tra governi. I dettagli
delle condizioni di uscita vanno certamente regolamentati in forma
contrattuale trai membri dei FOCUS. Un tale contratto assumerebbe il
carattere di una vera e propria costituzione. A ciascun FOCUS
dovrebbe essere consentito costituzionalmente di richiedere un prezzo
d'entrata. Come nel caso dei 'clubs', un prezzo di entrata
rappresenta una ricompensa per la possibilità di utilizzare beni e
servizi pubblici a cui non si è contribuito e per internalizzare i
costi della migrazione esterna. Prezzi espliciti di questo tipo sono
più efficienti di restrizioni alla mobilità e a forme di
regolamentazione come i piani regolatori, che inducono aumenti
artificiali dei prezzi degli immobili e degli affitti. Dei prezzi
espliciti di entrata sarebbero anche in grado di catturare le rendite
di consumo di cittadini e di municipalità che entrano a far parte di
nuovi FOCUS. Ai governi dei FOCUS forniscono l'incentivo di offrire
servizi che possano essere eventualmente attrattivi anche per membri
potenziali. Non c'è da temere che i prezzi di entrata vengano
fissati strategicamente a livelli troppo alti, in quanto la
concorrenza esistente tra le FOCJ indurrebbe i prezzi di entrata a
scendere fino al livello, in cui sono in linea con il valore dei
servizi pubblici corrispondenti.
In certe condizioni
reali l'uscita può non essere sufficiente ad assicurare l'efficienza
dei governi. Quando i cittadini non dispongono di diritti politici
efficaci, i governi si possono servire dei loro notevoli poteri
discrezionali sui cittadini e perseguire politiche che si distaccano
anche notevolmente dalle loro preferenze. La concorrenza politica tra
le FOCJ quindi viene garantita anche dalle istituzioni di democrazia
diretta. I cittadini possono scegliere a quale potere legislativo ed
esecutivo delle varie FOCJ assoggettarsi. Inoltre devono avere
accesso a strumenti di democrazia diretta per poter controllare
efficacemente il governo. Ciò che consente loro di contribuire a
formare l'agenda del processo politico è il diritto di iniziativa,
mentre il referendum consente loro di far mettere al voto le
decisioni prese dai governi. Questi diritti politici conducono a
livelli superiori di soddisfazione delle preferenze dei cittadini nel
processo politico. Quando i cittadini possiedono il diritto di
iniziativa legislativa, i dettagli istituzionali dei FOCUS non devono
più essere predeterminati dai livelli di governo superiori. Sono i
cittadini stessi che possono creare le istituzioni politiche
democratiche delle varie FOCJ a cui essi vogliono appartenere.
1.1.4 Le FOCJ
sono giurisdizioni
Un FOCUS è un ente
politico di diritto pubblico dotato di poteri autonomi di
regolamentazione e di imposizione. L'appartenenza a un FOCUS può
essere definita in due modi diversi. Nel primo caso i membri
costituenti possono essere le unità politiche più piccole, di
solito le municipalità. In questo modo i cittadini delle
municipalità automaticamente diventano anche cittadini delle FOCJ a
cui appartiene la loro municipalità. L'uscita è possibile solamente
andando in un'altra municipalità. Il secondo caso si presenta quando
sono i cittadini che decidono liberamente se diventare o meno membri
di un certo FOCUS. Ad esempio prendiamo delle FOCJ per la fornitura
di servizi educativi di base, che possono avere come membri
costitutivi degli individui. Se è più conveniente avere come membri
costitutivi i cittadini o le municipalità, dipenderà in concreto
dalle funzioni da espletare. Ovviamente possibilità di scelta
individuale veramente forti possono rendere più difficili decisioni
redistributive pubbliche. Se desiderate, forme di redistribuzione e
livelli minimi di servizio pubblico possono essere garantiti da enti
politici superiori. Si può pensare di prescrivere obbligatoriamente
l'appartenenza a un dato FOCUS, che offre un dato servizio pubblico e
il livello qualitativo può essere predeterminato in qualche modo. Ai
cittadini si può lasciare scegliere il FOCUS scolastico ma, per
imporre a persone che non hanno figli di pagare le tasse scolastiche,
bisognerà che ogni cittadino sia obbligatoriamente membro di un
FOCUS scolastico. Onde evitare che si formino delle FOCJ scolastiche
'vuote', che non offrono veramente servizi educativi e che chiedono
tasse scolastiche troppo basse (per cittadini senza figli), si
possono pre-stabilire livelli minimi di servizio che questo tipo di
FOCUS devono soddisfare.
1.2 I vantaggi di
un sistema di governo FOCJ
Le quattro
caratteristiche sopra menzionate forniscono al sistema di governo
FOCJ vari vantaggi rispetto a forme tradizionali di organizzazione
pubblica.
Il rafforzamento
degli strumenti democratici diretti e delle opzioni di uscita
consente ai cittadini di esprimere liberamente le loro preferenze per
i servizi ed i beni pubblici e di controllare effettivamente i
governi. La concentrazione su un solo servizio o su molto pochi tra
loro collegati consente al cittadino di un FOCUS di valutare
accuratamente l'efficienza istituzionale e di confrontarla con quella
di altre FOCJ. Poichè molti servizi pubblici hanno numeri di utenti
limitati, la maggior parte delle FOCJ saranno più piccole di molte
delle giurisdizioni attuali, il che riduce ulteriormente il problema
dell'informazione del cittadino. Quanto più è facile per i
cittadini uscire da una giurisdizione, più l'informazione politica
si trasforma da un bene pubblico in un bene privato e maggiori
diventano gli incentivi dei cittadini ad acquisire informazioni sui
problemi politici.Ciò a sua volta migliora il funzionamento e
l'efficienza delle istituzioni democratiche.
Il sistema FOCJ
rinforza le capacità dei politici di soddisfare le preferenze dei
cittadini da parte dei governi. Grazie alla loro flessibilità
geografica, le FOCJ sono in grado di sfruttare economie di scala e di
minimizzare gli spillovers interregionali, ovvero la quantità
di servizi non pagati dagli utenti. I servizi pubblici relativi
quindi possono essere forniti a costi particolarmente bassi. Se i
benefici dei beni e dei servizi pubblici si espandono su aree
geografiche grandi e su di esse prevalgono costi medi in calo, una
FOCJ può essere adattata dimensionalmente a queste circostanze. Ad
esempio una FOCJ per la difesa può comprendere vaste aree
dell'Europa, ma anche paesi al di fuori di essa.
L'autonomia fiscale
delle FOCJ fornisce ai politici incentivi forti ad utilizzare le
risorse finanziarie in modo economico. Le FOCJ quindi non tenderanno
automaticamente a produrre tutti i servizi in proprio, ma si
concentreranno sulla fornitura e sulla distribuzione. Se è meno
costoso fare produrre i servizi in outsourcing, le FOCJ
tenderanno ad acquistarli dal produttore che ha i costi minimi. In
tal modo le FOCJ consentono di rafforzare la funzione del mercato
economico e di adattare le dimensioni totali del settore pubblico.
Tuttavia il sistema di governo FOCJ non è sinonimo di
privatizzazione. Nel caso delle FOCJ la decisione di produrre
privatamente si sviluppa in modo endogeno alle istituzioni, è il
risultato degli incentivi istituzionali con cui vengono confrontati i
governi. La privatizzazione non viene imposta dall'esterno o
dall'alto, e quindi è meno inficiata da fattori ideologici casuali.
Il fatto che i FOCUS
si specializzino sulla fornitura di un solo servizio pubblico non si
traduce solo nel godimento da parte dei cittadini dei vantaggi della
specializzazione. Le FOCJ sono degli strumenti per aprire i mercati
della politica, che altrimenti verrebbero egemonizzati dai cartelli
politici e dalla classe politique. Invece in questo modo si
offre a degli outsiders competenti la possibilità di offrire
i propri servizi. Oggi i politici di professione sono dei generalisti
che offrono simultaneamente una molteplicità di servizi. Un FOCUS
tenderà invece ad essere gestito da degli specialisti in una data
funzione. Poichè i compiti da svolgere sono molto ben definiti, essi
possono essere svolti anche da volontari e su base part-time,
il che apre ancora di più i mercati politici. La specializzazione
funzionale consente inoltre che si inseriscano nel processo politico
anche gruppi che si sono specializzati su un solo tema. Essi non sono
più costretti a tentare di ottenere potere politico giocando su
molti temi diversi, ma potendosi dedicare ai pochi temi che veramente
li interessano. I partiti ecologici ad esempio non si dovrebbero
sentire costretti a prendere posizione sulla politica estera, ma si
potrebbero dedicare a FOCUS che si occupano solo di attività
pubbliche ecologiche. Una minoranza o un gruppo etnico che non è
d'accordo sulla soluzione di un problema particolare per essi molto
rilevante, ad esempio, può uscire dalla giurisdizione e fondare un
FOCUS dedito esclusivamente a quell'attività pubblica. Un vantaggio
particolare di questa possibilità di uscita funzionale parziale è
che vengono stabilite minori restrizioni allo scambio che non nel
caso di una sola giurisdizione che si occupa di tutto. Le FOCJ sono
istituzioni che fondano un federalismo che 'preserva i mercati'2.
La quinta libertà
politica muta notevolmente la natura degli stati nazionali. Il
sistema FOCJ non li distrugge, ma li apre a nuove alternative. Le
FOCJ soddisferanno solamente quelle funzioni pubbliche che vengono
loro esplicitamente delegate da parte dei cittadini in quanto esse
sono in grado di fornirle a costi più bassi e in modo più consono
alle preferenze dei cittadini. Gli stati nazionali continueranno a
svolgere le funzioni in cui sono più efficienti loro. Ciò che
tuttavia ha fine è l'egemonia oppressiva dello stato centrale sui
livelli di governo inferiori (province, Länder, regioni,
municipalità).
1.3 Gli svantaggi
paventati
Finora abbiamo
parlato dei punti di forza del sistema FOCJ. Ora parliamo delle
(presunte) debolezze.
1.3.1 L'uscita ha
un costo
Quando dei cittadini
o intere municipalità escono da un FOCUS, non ha luogo solamente un
effetto allocativo benefico per il benessere generale, ma ne possono
risultate anche effetti sulla distribuzione del reddito, forse in
modo negativo. Sull'uscita quindi non ci potrà mai essere un accordo
completo tra tutte le persone coinvolte. In alcuni casi possono
risultare conflitti politici seri, addirittura anche militari. È
quindi necessario stabilire regole procedurali per l'uscita al
momento della fondazione di una FOCJ. Contrariamente a quanto spesso
si paventa, le esperienze di uscita, di nuova fondazione e di fusione
di municipalità e di interi cantoni in Svizzera e di vari altri tipi
di giurisdizioni negli Stati Uniti dimostrano che nella maggior parte
dei casi questi cambiamenti possono aver luogo in modo democratico e
pacifico. Questi cambiamenti giurisdizionali ovviamente sono
preceduti da lunghi negoziati, la cui efficienza è basata sulle
regole legali e sulle istituzioni preesistenti. La quinta libertà di
cui noi parliamo potrà essere esercitata efficacemente solo nella
misura si riconoscono norme costituzionali che obbligano le
giurisdizioni a rendere pubblici i propri 'menu fiscali'. È questa
informazione che consente ai cittadini di valutare ragionevolmente
quante entrate sono necessarie per far espletare a una giurisdizione
una data funzione pubblica. I relativi prezzi fiscali possono essere
utilizzati per quantificare gli sconti da accordare ai cittadini o
alle municipalità che attuano decisioni di uscita.
1.3.2 I cittadini
si devono accollare troppe responsibilità
In una rete federale
di FOCJ ogni cittadino è simultaneamente membro di molte
giurisdizioni. Si potrebbe ritenere che il gran numero di elezioni e
di referendum nelle varie FOCJ potrebbero costringere i cittadini a
farsi carico di troppe responsabilità e che essi potrebbero
cominciare a reagire astenendosi. Si tratta di un timore assurdo. La
bassa partecipazione al voto di per sè non è un problema. Per i
cittadini è razionale non votare nella misura in cui sono
soddisfatti dei servizi forniti dal governo delle loro FOCJ. Lo
stesso vale quando non hanno preferenze ben definite riguardo le
alternative con cui si trovano confrontati. I cittadini con
preferenze forti o particolarmente insoddisfatti dei servizi pubblici
hanno maggiori incentivi a partecipare. Ciò che conta è che i
cittadini reagiscano quando non sono soddisfatti di quello che fanno
le persone incaricate di gestire i governi delle FOCJ.
Secondariamente, in
una rete di FOCJ per i cittadini è più facile valutare la gestione
dei servizi forniti dai governi. Oggi è praticamente impossibile
confrontare i servizi offerti in varie giurisdizioni in quanto
esistono troppe sovvenzioni intergiurisdizionali tra i vari uffici
coinvolti nella fornitura dei servizi e di beni pubblici e in quanto
la contabilità pubblica è troppo intrasparente. Per contro in un
sistema di FOCJ i cittadini vengono a conoscere automaticamente i
prezzi relativi dei beni pubblici espressi nelle imposte. Terzo,
l'ambito di partecipazione del cittadino in un sistema FOCJ va
confrontato con la sua astinenza implicita nei sistemi tradizionali.
In un sistema FOCJ molte dimensioni di valutazione dei servizi sono
ben visibili e possono essere valutare facilmente, invece nelle
giurisdizioni attuali sono tenute nascoste e ai cittadini viene
chiesto di valutare simultaneamente tutte le dimensioni solo al
momento delle elezioni. Infine, il compito di prendere decisioni
politiche può essere semplificato da nuove istituzioni che nascono
appunto per tale scopo. Ad esempio il timing delle elezioni
nelle varie FOCJ potrebbe essere sincronizzato. I rappresentanti dei
cittadini potrebbero essere attivi in varie FOCJ e nei referendum i
cittadini possono seguire le raccomandazioni di voto dei partiti e
delle associazioni di cui si fidano.
1.3.3 Il
coordinamento è indispensabile
Spesso risulta
conveniente coordinare le attività di varie FOCJ, ma la
coordinazione non è di per sè un bene. Spesso della coordinazione
ne beneficiano governi e politici il cui scopo è stabilire cartelli
e di sfruttare gli elettori. In una rete di FOCJ la necessità di un
coordinamento in grado di accrescere il benessere è ridotta in
quanto le FOCJ emergono per minimizzare gli spillovers e per
sfruttare al meglio le economie di scala. Finchè esistono spillovers
tra FOCJ esisteranno incentivi ad adattare le dimensioni delle FOCJ o
di fondarne altre. Le FOCJ sono già dei meccanismi di coordinamento
democratici e concorrenziali. È vero che i cambiamenti dimensionali
hanno sempre un costo e che le esternalità tra le FOCJ non sempre
potranno essere internalizzate. Dal punto di vista comparativo
tuttavia è facile vedere che le esternalità esistono anche tra le
unità amministrative delle giursidzioni tradizionali tuttofare. Ci
sono ad esempio vari processi di tra il settore dei trasporti
pubblici ed il settore dell'ambiente che devono in qualche modo
essere coordinati. Si pone la domanda quale sistema fornisca
incentivi maggiori a negoziare e in quali circostanze i costi
negoziali siano minori. I funzionari di ministeri hanno incentivi
deboli a negoziare per coordinare le loro attività. A loro non piace
che i loro poteri discrezionali vengano ridotti con processi di
coordinamento efficienti. I burocrati dei ministeri inoltre non
dipendono dalle preferenze dei cittadini. I politici che gestiscono
delle FOCJ per contro hanno forti incentivi a negoziare con altri
governi in quanto le loro possibilità di rielezione e di
approvazione dei referendum di loro iniziativa dipendono direttamente
dalla loro capacità di soddisfare i cittadini con le loro politiche.
Nella misura in cui i cittadini desiderano un coordinamento maggiore,
esso sarà più probabilmente fornito in un sistema FOCJ che non in
altri. Esiste una stretta analogia tra il coordinamento tra le FOCJ e
il coordinamento di imprese sul mercato. Quest'ultimo è un fenomeno
che si verifica ogni giorno e normalmente, come dimostrato da tutta
la letteratura sull'organizzazione industriale. Alcune delle idee
sviluppate in quell'ambito, come ad esempio lo sviluppo di standards
industriali, può essere trasferito analogamente anche sul sistema di
governo FOCJ.
1.3.4 Le
preferenze molto intense sono difficili da rivelare
La separazione
funzionale delle FOCJ rende più difficile lo scambio di voti e di
conseguenza la rivelazione di preferenze molto intense. Nelle
giurisdizioni tradizionali i gruppi sociali con preferenze molto
intense per certi servizi possono scambiare i loro voti con quelli di
altri gruppi interessati in altri servizi pubblici. Tuttavia lo
scambio di voti non accresce necessariamente il benessere dei
cittadini in generale. Si rivela vantaggioso per chi partecipa allo
scambio, ma svantaggioso per i gruppi di cittadini che ne restano
esclusi. Lo scambio di voti produce un paradosso, che consiste nel
fatto che lo scambio di voti può addirittura peggiorare anche il
benessere di tutti i partecipanti allo scambio quando l'attività
pubblica di cui si tratta implica effetti redistributivi (il che è
la regola).
Le preferenze molto
intense possono essere rivelate fino a un certo punto da referendum e
iniziative popolari, nonchè in elezioni dirette per le posizioni di
governo delle FOCJ. Esse di solito si rivelano con l'aumento della
partecipazione e fanno aumentare la probabilità che un cittadino
voti per l'alternativa realmente preferita (ovvero non voti
strategicamente). Inoltre un cittadino può anche tener conto con il
suo voto delle preferenze particolarmente intense di altre persone,
in quanto l'influenza di ognuno sull'esito totale del voto è molto
piccola. Infine, minoranze con preferenze molto intense possono
sempre uscire e crearsi un FOCUS che si prenda cura esclusivamente
dei loro interessi speciali.
1.3.5 La
redistribuzione diventa impossibile
Una critica
importante al sistema di governo FOCJ è che esso renderebbe
impossibile la redistribuzione del reddito in quanto chi ha redditi
relativamente alti può evadere le tasse uscendo da FOCUS con
aliquote basse e poca assistenza per i poveri. Questo argomento vale
anche per il federalismo tradizionale. Ci sono tuttavia ricerche
empiriche che dimostrano che la redistribuzione del reddito è
possibile anche in stati fortemente decentralizzati. Una parte
notevole dello sforzo redistributivo della Svizzera ha luogo a
livello cantonale e talora a livello municipale. Uno dei motivi che
rendono possibile la redistribuzione a questo livello è che
l'identità locale dei cittadini è molto più forte in sistemi
politici fortemente decentralizzati. La forte identità locale
consente di sostenere una redistribuzione nei confronti dei membri
più svantaggiati della società e di sostenere le imposte necessarie
a questo scopo. Comunità dalle dimensioni relativamente piccole
favoriscono il sorgere di comportamenti cooperativi, come dimostrato
da Bowles e Gintis (1998). La mobilità delle persone e delle imprese
quindi è molto inferiore a quanto comunemente non si creda.
Nell'Unione Europea ad esempio la mobilità tra gli stati membri è
piuttosto bassa. Solo il cinque per centro dei cittadini dell'Unione
vive al di fuori del proprio paese di nascita.
Le possibilità di
redistribuzione potrebbero essere considerate troppo basse rispetto a
quanto ritenuto necessario dai cittadini. In tal caso interverrebbe
un livello di governo ancora superiore (come il governo dell'Unione
Europea), al quale dovrebbero essere dati poteri redistributivi
limitati a livello costituzionale. Si può altresì pensare di
assegnare la funzione di redistribuzione del reddito a un FOCUS
specializzato, che, per sopravvivere dovrà necessariamente imporre
barriere all'entrata e all'uscita. Gli attuali stati nazionali e le
giurisdizioni inferiori stanno attualmente eseguendo programmi
redistributivi sulla base di decisioni democratiche da parte dei
cittadini; lo stesso risultato è da aspettarsi nel caso delle FOCJ,
ammesso che l'elettorato sia soddisfatto del modo in cui il processo
redistributivo ha luogo.
1.4 Prosieguo
La nostra proposta
di giurisdizioni funzionali sovrapposte e concorrenti a prima vista
potrebbe sembrare radicale. Le sue possibilità di realizzazione
appaiono piuttosto modeste nelle condizioni attuali dell'Europa. È
certamente vero che esse deviano notevolmente dai modelli di
federalismo praticati oggi, ad esempio in Germania ed in Austria. I
Länder e le municipalità hanno poteri fiscali molto ristretti e in
gran parte dipendono dai governi centrali.
I temi del nostro
studio si svilupperanno come segue. Nel capitolo due descriviamo i
punti di forza del concetto FOCJ in termini di decentralizzazione e
di democratizzazione. Nel capitolo tre discutiamo l'attuazione del
sistema FOCJ. Il capitolo quattro confronta il sistema FOCJ con le
teorie del federalismo e si occupa dei relativi problemi. Il capitolo
cinque si occupa di sistemi FOCJ 'bastardi' esistenti o già esisti,
ovvero di sistemi di governo che posseggono alcune delle
caratteristiche del sistema FOCJ.
La Parte Seconda si
occupa del rapporto tra FOCJ e l'Unione Europea. Il capitolo sesto
discute il federalismo oggi esistente in Europa, mentre il capitolo
sette si occupa di come il sistema FOCJ possa essere applicato
all'Unione Europea.
La Parte Terza si
occupa di estendere il sistema FOCJ al di là dell'Europa. Nel
capitolo otto prendiamo in esame i rapporti tra l'Europa e il resto
del mondo. Nel capitolo nove mostriamo che il sistema FOCJ può
essere applicato con successo nei paesi in via di sviluppo. L'ultimo
capitolo, il decimo, tira le conclusioni generali del nostro studio.
NOTE
1 Nella
guerra del Sonderbund del 1847 i cantoni conservatori cattolici si
sono confrontati con i cantoni progressisti protestanti. Il tentativo
di secessione dei cattolici fu bloccato dall'esercito protestante,
che li vinse in varie battaglie.
2
N.d.t.: Market
preserving federalism è un concetto
introdotto da Barry Weingast, cfr. Weingast, Barry: The Economic Role
of Political Institutions: Market Preserving Federalism and Economic
Development, Journal of Law, Economics and Organization 1, 1995:
1-31.
LETTURE DI
APPROFONDIMENTO
Le istituzioni
dell'Unione Europea vengono descritte in vari libri. Si vedano ad
esempio:
Marks,
Gary; Scharpf, Fritz; Schmitter, Philippe; Streek, Wolfgang:
Governance in the European Union, Sage, London 1996 e Nugent, Neill
(ed.): The European Union, Dartmouth, Aldershot 1997
Per i fatti storici
si veda:
Roney,
Alex: EC/EU Fact Book, 5th ed., London, Kogan Page 1998
Per gli aspetti
economici si vedano:
Artis,
Mike; Lee, Norman: The Economics of the European Union, Oxford
University Press, Oxford 1997
Jones,
Robert: The Politics and Economics of the European Union, Edward
Elgar, Cheltenham, 1996
Tsoukalis,
Loukas: The New European Economy Revisited, Oxford University Press,
Oxford 1997
Per quanto riguarda
il deficit democratico:
Anderse,
Svein; Eliasson, Kjell (eds.): The European Union - How Democratic Is
It?, Sage, London 1995
Fllesdal,
Andreas; Koslowksi, Peter (eds.): Democracy and the European Union,
Springer, Berlin 1998
Per l'analisi del
processo di unificazione europea dal punto di vista della
constitutional economics si vedano:
Mueller,
Dennis: Federalism and the European Union: A Constitutional
Perspective, Public Choice 90, 1997: 255-280
Vibert,
Frank: Europe - A Constitution for the Millennium, Dartmouth,
Aldershot 1995
Altri contributi
dallo stesso punto di vista sono contenuti in:
Vanberg,
Viktor; Wagner, Robert (eds.): Europe - A Constitution for the
Millennium, Constitutional Political Economy, numero speciale, 7,
1996: 253-338
Molto influenzato
dalla posizione di Friedrich August von Hayek è:
Streit,
Manfred; Voigt, Stefan: Towards Ever Closer Union - Or Ever Larger?,
in: Schmidtchen, Dieter; Cooter, Robert (eds.): Constitutional Law
and Economics of the European Union, Edward Elgar, Cheltenham 1997:
223-247
La possibilità di
sostenere simultaneamente concorrenza fiscale, beni pubblici e
obiettivi redistributivi è dimostrata in:
Kirchgässner,
Gebhard; Pommerehne, Werner: Tax Harmonization and Tax Competition in
the European Union: Lessons from Switzerland, Journal of Public
Economics 61, 1996: 66-82
Il sistema FOCJ è
stato presentato per la prima volta in:
Frey,
Bruno; Eichenberger, Reiner: Competition Among Jurisdictions: The
Idea of FOCJ, in: Gerken, Ludger (ed.): Competition Among
Institutions, MacMillan, London 1995: 209-229
Alcuni aspetti del
sistema FOCJ sono stati trattati in:
Casella,
Alessandra; Frey, Bruno: Federalism and Clubs:
Towards an Economic Theory of Overlapping Political Jurisdictions,
European Economic Review 36, 1992: 639-646
I concetti base sono
stati sviluppati in:
Frey,
Bruno; Eichenberger, Reiner: FOCJ: Competitive Governments in Europe,
International Review of Law and Economics 16, 1996: 315-327
2. I vantaggi del sistema FOCJ
2.1 Il
decentramento
2.1.1 I benefici
del federalismo
La teoria economica
del federalismo, come tutta l'economia moderna in generale, è
fondata sull'individualismo metodologico e vede lo scopo di ogni
attività politica ed economica nella soddisfazione più dettagliata
possibile delle preferenze individuali. Ciò vale soprattutto per le
preferenze dei cittadini in quanto consumatori di servizi pubblici e
come contribuenti.
La teoria economica
del federalismo raggiunge una conclusione molto chiara: gli stati
federali, ovvero decentralizzati, sono migliori degli stati
centralizzati. Lo stato federale ha tre vantaggi decisivi rispetto
allo stato unitario, ammesso che le componenti dello stato federale
(province, Länder, cantoni, municipalità e così via) siano dotate
di livelli di autonomia sufficienti e che siano in grado di imporre
autonomamente imposte per finanziare le proprie spese.
(a) Le preferenze
dei cittadini vengono soddisfatte meglio
In qualsiasi società
la domanda di beni e e servizi pubblici si differenzia
geograficamente. Tali differenze risultano da preferenze eterogenee
causate da tradizioni, culture e lingue come anche da condizioni
economiche differenti.
Per soddisfare
queste esigenze divergenti, l'offerta di beni pubblici deve essere
differenziata su base geografica. Gli enti politici a livello più
basso sono in grado di soddisfare meglio queste esigenze. Essi
infatti sono più facilmente informati sulle preferenze locali della
popolazione. Ancora più rilevante è il fatto che i politici a
livello locale posseggono incentivi a fornire beni pubblici in questi
termini in quanto è da ciò che dipendono le loro possibilità di
rielezione e la loro sopravvivenza politica. Negli stati
centralizzati invece tendono a essere imposti dei programmi politici
uniformi che non tengono conto delle differenze di domanda dei
cittadini differenziate geograficamente. Le scuole pubbliche e i
programmi educativi, ad esempio, spesso vengono standardizzati per
l'intero paese. Se le scuole insegnano una sola lingua straniera o
nessuna, le regioni in cui il turismo è un fattore economico
rilevante saranno svantaggiate in quanto i cittadini farebbero meglio
a conoscere almeno un'altra lingua (come l'inglese e il giapponese
per esempio) o diverse lingue straniere. Quando le tendenze
centralistiche sono forti anche i politici a livello locale spesso
non si preoccupano veramente dei problemi locali in quanto le loro
carriere essenzialmente dipendono dai loro rapporti con gli uffici
centrali dei partiti e con i politici della capitale.
(b) I costi di
fornitura dei servizi pubblici sono più bassi
Le attività dei
governi hanno raggiunto proporzioni molto elevate in tutte le
economie altamente sviluppate, un fatto che si riflette nella
proporzione di spesa pubblica sul reddito nazionale, sulla
proporzione degli impiegati dello stato sugli occupati, sulla
dipendenza di quote in aumento della popolazione da politiche
redistributive o dalla quota di reddito che va a finire nella
tassazione. È quindi di importanza fondamentale che i governi si
comportino in modo efficiente. Negli stati federali i meccanismi di
entrata e di uscita nelle e dalle giurisdizioni forniscono incentivi
potenti ai governi a produrre un'offerta di beni pubblici al minor
costo possibile. I cittadini e le imprese che sono insoddisfatti
della rapporto tra offerta e costo dei beni pubblici minacciano i
governi di spostarsi in giurisdizioni con un rapporto più
favorevole. I processi di entrata e di uscita creano una concorrenza
tra i vari fornitori di servizi pubblici e li inducono a comportarsi
efficientemente. La mobilità certamente ha un costo. I meccanismi da
noi menzionati tuttavia non presuppongono fisicamente una mobilità
totale dei cittadini e delle imprese. Già livelli abbastanza bassi
di mobilità bastano a segnalare ai politici che i cittadini li
possono costringere a rispettare le loro preferenze. Come nel caso
dei mercati e delle borse, è chi scambia segnali al margine che
spinge il prezzo verso il livello di equilibrio di mercato.
(c) Esiste una
maggiore innovazione
Le possibilità di
innovazione per vari motivi sono maggiori in stati decentralizzati.
Primo, è più probabile che la maggioranza di giurisdizioni
relativamente piccole adotti innovazioni benefiche piuttosto che
l'intera maggioranza di tutto un paese. Secondo, le innovazioni in
condizioni di decentralizzazione possono avere luogo sotto forma di
esperimenti in quelle giurisdizioni in cui esistono le migliori
precondizioni per il loro successo e dove sono più fortemente
desiderate. Terzo, tali esperimenti hanno tassi di successo maggiori
quando sono volontari invece che imposti dall'alto. Quarto, per una
giurisdizione locale è meno rischioso introdurre nuove idee, che si
riflettono positivamente sulla fornitura e sui costi dei beni
pubblici o sulla tassazione, in quanto le conseguenze sono limitate e
possono essere controllare e gestite più facilmente. Se dei
tentativi di innovazione falliscono, non si perde molto. Quinto, le
innovazioni che hanno successo presto vengono imitate dalle altre
unità locali e quindi nel tempo si diffondono geograficamente
sull'intero paese. Gli iniziatori ovviamente per dare il via a un
processo innovativo di vasta portata, devono avere un vantaggio
sufficientemente grande. Questa precondizione viene soddisfatta da
quelle giurisdizioni locali in cui il successo (o il fallimento) può
facilmente essere attribuito ai rispettivi politici locali.
2.1.2 Sistemi
FOCJ e decentramento
In che relazione sta
il sistema FOCJ con la decentralizzazione? In questo paragrafo
argomenteremo che il sistema FOCJ è estremamente decentralizzato e
che perciò è in grado di sfruttare nel modo più profondo possibile
i vantaggi della decentralizzazione.
(a) La
differenziazione dell'offerta
L'orientamento
funzionale delle FOCJ e la concorrenza politica indotta da processi
di entrata e di uscita come anche i diritti di democrazia diretta
inducono ad una produzione di politiche che rispetta le preferenze
differenziate dei cittadini. Ogni volta che un certo FOCUS si trova
in difficoltà a soddisfare una domanda eterogenea, emergerà un
nuovo FOCUS in grado di soddisfare i nuovi bisogni locali. La
differenziazione dell'offerta non deve necessariamente essere
intrapresa dai fornitori locali di una data giurisdizione, ma può
risultare dalla differenziazione dei fornitori pubblici stessi.
Questo processo può essere compreso analizzando un esempio concreto
di politica scolastica pubblica.
Consideriamo una
situazione in cui alcuni genitori vogliono una educazione generale
vasta mentre alcuni preferiscono un'educazione specializzata
concentrata su poche materie (ad esempio matematica e scienze
naturali). Anche se le concezioni educative divergono, non è
necessario risolvere il problema come questo con un compromesso
insoddisfacente. Piuttosto si può consentire ai genitori
dissenzienti di formare un nuovo FOCUS con funzioni educative più
specializzate. La loro uscita dal predecente FOCUS educativo riduce
il loro carico di imposte scolastiche. Le risorse liberate in questo
modo possono essere utilizzate totalmente o parzialmente per
stabilire un nuovo FOCUS educativo. Di solito i genitori
insoddisfatti non dovranno neanche preoccuparsi di fondare un nuovo
FOCUS, ma ci saranno degli imprenditori politici che assumeranno tale
ruolo. La coesistenza di due FOCUS educativi nella stessa
giurisdizione produce una sana concorrenza. Essa consente ai genitori
(e agli studenti) di osservare la performance dei due FOCUS educativi
locali e di scegliere quello più adatto per le proprie esigenze. Nel
caso di cui stiamo parlando sarebbe anche possibile fondare una
scuola privata. Tuttavia, la concorrenza è da considerarsi giusta
solo se i genitori che escono dal FOCUS preesistente non sono più
obbligati a pagare le tasse scolastiche generali. Ciò oggi
normalmente non succede. In molti paesi i costi dell'educazione
privata non sono deducibili dal reddito imponibile.
(b) La riduzione
dei costi
Le opportunità di
entrata e di uscita e i diritti di partecipazione democratica diretta
trasmettono ai politici potenti incentivi a tenere bassi i costi dei
servizi pubblici. Al confronto con concezioni tradizionali del
federalismo basate sulla mobilità geografica, la concorrenza trai
vari fornitori di servizi pubblici in un sistema di FOCJ è più
intensa. I cittadini e le imprese insoddisfatte si possono unire ad
altri FOCUS senza dover affatto cambiare la propria locazione
geografica. Ciò ovviamente è possibile solo se le condizioni di
produzione consentono la coesistenza di vari fornitori dello stesso
servizio un un'area geografica. Ciò è il caso nell'esempio dei
servizi educativi di cui sopra. Grazie alle economie di scala ciò è
meno probabile che accada in molti altri casi, come ad esempio nel
caso della fornitura di acqua potabile. Tuttavia anche in questi casi
le funzioni del sistema FOCJ restano integre. La libera entrata non è
negativa quando esistono delle grandi economie di scala. Il fatto è
solo che non se ne fa uso abbastanza spesso. Inoltre nuovi sviluppi
tecnologici consentono di creare nuove forme concorrenziali di
fornitura di servizi pubblici. Questo in particolare è il caso
quando la fornitura dell'infrastruttura di un monopolio cosidetto
naturale (per esempio l'acqua potabile o una rete ferroviaria)
vengono separate dalla fornitura del servizio stesso. Quest'ultimo
può essere fornito da varie FOCJ che stanno in concorrenza tra loro.
(c) L'innovazione
Il sistema FOCJ è
equipaggiato meglio dei tradizionali sistemi di governo federale per
concepire e per attuare innovazioni. Prima di tutto le FOCJ sono enti
flessibili che vengono messi in opera quando ce ne è bisogno e
quindi aumentano gli incentivi e le opportunità per i politici
locali di attuare innovazioni. Secondariamente le FOCJ si possono
dismettere quando i loro servizi non sono più richiesti in quanto i
cittadini le lasciano e le loro basi fiscali si riducono. Questo è
un aspetto importante del sistema FOCJ, in quanto in tale modo
vengono liberate risorse da utilizzazioni improduttive. I sistemi
politici tradizionali per contro hanno la sfortunata tendenza a
perpetuare la loro ingerenza anche quando non ce n'è più bisogno.
2.2 La
democratizzazione
2.2.1 I benefici
della democrazia diretta
Esiste una vasta
letteratura che mette a confronto la democrazia diretta con la
democrazia rappresentativa. Nel contesto del sistema FOCJ ci sono due
aspetti di importanza centrale, i referendum come mezzo per vincolare
i cartelli dei politici al potere e il ruolo dell'informazione come
parte essenziale del processo politico.
Il fattore
fondamentale della democrazia diretta sono i referendum popolari,
ovvero il diritto dei cittadini di respingere decisioni adottate dai
politici (per mezzo di referendum obbligatori o opzionali in senso
stretto) e di inserirsi direttamente nella formazione dell'agenda
politica per mezzo di leggi di iniziativa popolare. L'espressione
democrazia diretta viene utilizzata per semplicità, in effetti si
tratta di democrazia semi-diretta, ovvero essa presume l'esistenza di
parlamenti eletti e di governi, che prendono la maggior parte delle
decisioni politiche. Ciò che conta è che queste decisioni non siano
definitive, ma che i cittadini possano intervenire direttamente sulla
scena politica ogniqualvolta ritengono che i loro interessi non
vengano serviti al meglio.
(a) Referendum
contro i cartelli dei politici
La teoria del
rent-seeking afferma che i rappresentanti dei cittadini hanno
un interesse comune a formare cartelli che proteggano e possibilmente
accrescano le rendite politiche. I referendum e le iniziative
popolari costituiscono degli strumenti adatti a rompere le coalizioni
di politici formate contro gli interessi dei cittadini. Le iniziative
popolari richiedono un certo numero di firme e conducono alla
convocazione di un referendum su un dato argomento. Si tratta di
istituzioni particolarmente importanti in quanto esse tolgono il
monopolio sull'agenda da parte dei politici e consentono agli
outsiders di mettere ai voti della proposte che i
rappresentanti preferiscono tenere fuori dall'agenda politica. I
modelli teorici elaborati dalla public choice dimostrano che
il gruppo che è in grado di esercitare un'influenza sulla formazione
dell'agenda e sull'ordine in cui i temi vengono messi al voto
acquisce anche un vantaggio decisivo, in quanto esso ha il potere di
predeterminare di quali argomenti si discuterà e conseguentemente
quali verranno tenuti fuori.
I referendum, siano
essi obbligatori o opzionali, consentono agli elettori di esprimere
direttamente le loro preferenze in modi più efficaci che non la
democrazia rappresentativa. In un sistema rappresentativo le
preferenze devianti possono essere espresse solamente sotto forma di
proteste informali, difficili peraltro da organizzare e da rendere
politicamente rilevanti. Quando non si può agire immediatamente,
bisogna attendere fino alle prossime elezioni. Spesso tuttavia si
rivela impossibile dare risposte specifiche in merito a questioni
importanti. Una volta passate le occasioni, decisioni impopolari non
possono più essere riviste se non incorrendo in costi molto alti.
Inoltre spesso non serve più punire un governo, in quanto
l'opposizione nelle stesse circostanze non avrebbe agito in modo
diverso o migliore. Per contro in una democrazia diretta i cittadini
possono partecipare in modo continuativo alle decisioni e sono più
indipendenti dalle proposte del governo e dell'opposizione.
È dimostrabile che
gli interessi delle élites politiche non coincidono sempre
con le preferenze degli elettori. Un esempio notevole di questo si è
potuto osservare nel 1992, quando in Svizzera i cittadini hanno
respinto due proposte che miravano ad aumentare i salari e il
personale dei parlamentari federali. Ovviamente entrambe le proposte
erano di interesse dei rappresentanti e entrambe sarebbero diventate
legge federale se gli elettori non avessero preso l'iniziativa in un
referendum opzionale.
È ovvio che i
politici tentano di assicurarsi benefici personali e che i
contribuenti non sono sempre disposti a pagarne le spese. I privilegi
tuttavia non prendono sempre l'aspetto di redditi diretti per i
rappresentanti, ma per esempio di status sociale e di prestigio.
Anche in questo campo si potrebbero addurre molti esempi dalla storia
politica Svizzera. Risultano particolarmente interessanti i
referendum riguardanti l'entrata della Svizzera in organizzazioni
internazionali come le Nazioni Unite nel 1986 o l'accesso a trattati
importanti come quello sullo Spazio Economico Europeo nel 1992.
Le élites
politiche erano decisamente a favore: i maggiori partiti politici, le
maggiori associazioni, sia degli imprenditori sia dei sindacati, la
maggioranza del parlamento federale e il governo federale erano tutti
per il sì. Tuttavia gli Svizzeri respinsero con una maggioranza del
76% l'accesso alle Nazioni Unite. Il 50,3% e la maggioranza dei
cantoni (16 su 23) si espressero contro l'accesso allo Spazio
Economico Europeo.
Voti come questi,
radicalmente diversi dai voti dei rappresentanti, non sono affatto
rari in Svizzera: dal 1848 al 1997 hanno avuto luogo 316 referendum e
in 36% dei casi la decisione popolare è stata contraria all'opinione
adottata dal parlamento. Espresso diversamente: in un sistema
puramente rappresentativo le decisioni parlamentari si sarebbero
discostate da quelle popolari nel 36% dei casi.
Analisi
econometriche sulla Svizzera e sugli Stati Uniti dimostrano che le
decisioni politiche riguardanti la fornitura di beni pubblici da
parte di organi statali aderisce meglio alle preferenze degli
elettori quando le istituzioni di democrazia partecipativa sono più
sviluppate. In quanto sono i contribuenti a dover pagare per le
attività dei governi e non i rappresentanti, non è affatto
sorprendente scoprire che la spesa pubblica ceteris paribus è
più bassa in comunità in cui i contribuenti hanno voce in capitolo
su questa materia.
I contribuenti
reagiscono alla performance dei politici adottando una morale
tributaria alta quando sono soddisfatti con le politiche condotte
nella loro comunità. Questo è dimostrabile in tutti i cantoni
svizzeri che offrono varie opzioni istituzionali di partecipazione
politica ai cittadini. In alcuni cantoni i referendum e le iniziative
possono aver luogo praticamente su qualsiasi argomento, mentre altri
offrono queste opzioni solo in certi campi e sotto condizioni
particolari, altri ancora fanno affidamento solamente sulle
istituzioni della democrazia rappresentativa. Ci sono analisi
econometriche che mostano come la morale tributaria migliori al
crescere dello sviluppo delle istituzioni di democrazia diretta.
Rispetto alla media dei cantoni, i cantoni dove i cittadini hanno
maggiori diritti di partecipazione nascondono al fisco quasi l'8%
meno che negli altri cantoni (parliamo di ca. 1,600 SFR all'anno). I
cantoni con istituzioni partecipative meno sviluppate hanno anche una
morale tributaria peggiore, superando di ca. 1,500 SFR la media di
tutti i cantoni di reddito non dichiarato.
Le istituzioni di
democrazia diretta apparentemente non hanno effetti visibili
solamente sui comportamenti dei governi e dei cittadini. È stato
anche dimostrato che il reddito pro capite in Svizzera tende ad
essere più alto in cantoni con maggiori possibilità di
partecipazione democratica, ovvero dove i cittadini hanno più
possibilità di decidere sulle tasse e sui bilanci locali. In media,
mantenendo costanti gli altri possibili influssi sul reddito pro
capite per mezzo di un calcolo di regressione, istituzioni di
democrazia diretta forti migliorano la performance economica tra il
5% e il 18% rispetto ai cantoni a democrazia puramente
rappresentativa in fatto di tasse e di bilanci locali. Utilizzando
varie tecniche econometriche è stato verificato che le istituzioni
di democrazia diretta producono in effetti un reddito pro capite
superiore (e non il contrario, come sarebbe anche potuto essere il
caso).
I referendum non
servono solamente a rompere le coalizioni dei politici distruggendo
il loro monopolio sull'agenda politica, ma inducono anche livelli
superiori di concorrenza in fatto di informazione e di comunicazione.
(b) Referendum
contro le asimmetrie informative
L'economia è la
scienza delle scelte alternative tra alternative note. Le alternative
tuttavia vengono ridefinite e trasformate continuamente in un
processo di scambio verbale. I discorsi politici mettono nuovi temi
sull'agenda politica dei cittadini, migliorano le loro percezioni
politiche e comunicano le varie argomentazioni attraverso i media.
L'informazione è gratis ed è pertinente non solo al tema in
questione, ma anche alla performance dei politici, dei partiti
e dei gruppi di pressione.
Oltre che
l'informazione anche la comunicazione può migliorare la
disponibilità ad accettare le decisioni prese in un referendum
popolare. I cittadini si sentono più responsabili del risultato del
referendum, qualunque esso sia, in quanto sia il processo sia le
regole li hanno resi parte della decisione. Per contro in sistemi
puramente rappresentativi è piuttosto facile scaricare la
responsabilità sui decisori, sui politici. Più essi sono distanti
dai cittadini, più è facile per loro scaricare la responsabilità a
loro volta su qualcun altro. Per esempio, il sistema estremamente
indiretto dell'Unione Europea rende facile fare della Commissione il
capro espiatorio per ogni decisione che minacci le possibilità di
rielezione dei politici. Ciò significa in concreto che i politici
dei paesi membri dell'Unione Europea possono prendere decisioni
ancora più devianti dalle preferenze dei cittadini che non nei paesi
non membri dell'Unione.
Il mercato è un
meccanismo di scoperta. La stessa cosa può essere detta del
discorso. Parlando tra di loro i cittadini scoprono strumenti per
soddisfare le proprie preferenze. Confrontandosi con le posizioni di
altri, essi scoprono la loro stessa posizione. In termini economici
si potrebbe dire che il discorso modifica la funzione di produzione
che soddisfa le preferenze individuali dei cittadini.
L'esperienza
svizzera mostra che la domanda di discussione dei cittadini varia a
seconda dell'importanza del tema di discussione. Alcuni referendum
fanno sorgere discussioni intense e ampie che conducono a loro volta
a una partecipazione maggiore (per esempio il referendum sullo Spazio
Economico Europeo ha visto una partecipazione del 79%, contro una
partecipazione media dal 1985 al 1992 del 42%). I referendum a cui
viene attribuita una rilevanza inferiore producono anche meno
discussioni e una partecipazione inferiore (che in Svizzera è anche
stata del solo 25%).
Anche se un
referendum prende una decisione definitiva su un tema, la questione
di solito non sparisce completamente dal discorso pubblico dopo il
voto. Il referendum mostra chiaramente le preferenze dei cittadini e
quanto sono grandi le minoranze. Vengono identificati gruppi
dissenzienti dalla maggioranza. Le loro preferenze diventano visibili
e possono entrare a far parte del processo politico. Spesso si può
osservare un aggiustamento post-referendario che tiene conto dei
perdenti.
In Svizzera si hanno
esempi notevoli di questo. Nel 1989 ad esempio è stato indetto un
referendum per l'abolizione dell'esercito svizzero. Per molti
cittadini si trattava di un attacco aperto ad una delle istituzioni
più essenziali e sacre del paese. La classe politique era
unita contro la proposta, alcuni generali addirittura avevano
minacciato di ritirarsi a vita privata se il referendum non fosse
stato respinto a larga maggioranza (si aspettavano circa il 90% dei
no).
Il risultato del
referendum fu una sorpresa per tutti. Solo un terzo degli elettori
votò a favore della dissoluzione dell'esercito (i giovani in età di
servizio militare costituirono una maggioranza cospicua a favore). A
seguito di un periodo per riprendersi dallo shock, diversi partiti si
fecero iniziatori di riforme dell'esercito per renderlo più
accettabile ai cittadini. Le riforme, prima ritenute impossibili,
vennero attuate in tempi record. Una delle maggiori innovazioni fu
l'introduzione del servizio civile come sostituto del servizio
militare fino ad allora obbligatorio. Questo cambiamento delle
preferenze individuali, della posizione dei partiti e del governo,
nonchè dell'élite militare è stato indotto dalle
discussioni pubbliche che avevano accompagnato il referendum per la
dissoluzione dell'esercito.
2.2.2 Critiche
alla democrazia diretta
La democrazia non
tende a uno stato finale. Le soluzioni di volta in volta adottate non
sono semplicemente adottate, ma fanno parte di un processo di
sviluppo. Il processo democratico produce informazione e forma le
preferenze individuali, ovvero: gli elettori vengono confrontati con
questioni a cui prima non avevano mai pensato e imparano a valutarle
secondo i propri valori. Gli scettici tuttavia sono preoccupati delle
capacità intellettuali dei cittadini quando si tratta di votare su
questioni tecniche e complicate. Si tratta di un compito che è
secondo loro va riservato alle élite.
Dal punto di vista
dell'individualismo metodologico, che considera le preferenze
individuali come basi normative per la valutazione, si tratta di un
argomento inaccettabile. La compatibilità con le preferenze dei
cittadini deve essere valutata di più di qualsiasi idea brillante
elaborata da tecnocrati. Gli elettori non hanno bisogno di possedere
conoscenze così dettagliate sui vari temi, hanno bisogno solo di una
comprensione degli aspetti essenziali. Questi di solito non sono
affatto tecnici, ma implicano dei giudizi di valore, ovvero delle
decisioni essenziali che un elettore è altrettanto qualificato a
prendere quanto un politico. È anche già stato osservato che i
politici non sono affatto un gruppo particolarmente adatto a prendere
decisioni in quanto per loro si tratta di un'attività professionale,
essi passano la loro vita tra sedute in commissioni e riunioni di
partito e feste, e quindi hanno una conoscenza diretta della vita
reale inferiore a quella della gente qualunque.
Quest'argomento
possiede una sua forza solo se agli elettori viene data l'opportunità
di fare le loro scelte seriamente. Ciò non è sempre il caso, come è
stato osservato con riferimento alla California. Nel novembre del
1992 ad ogni elettore di Los Angeles sono stati dati 10 minuti per
decidere su 40 quesiti referendari, da proposte che si riferivano a
questioni politiche riguardanti tutto lo stato alle cariche di
giudici locali. Nel 1990 i quesiti sono diventati più di 100.
In tali condizioni
ovviamente non si intende non solo non consentire alla democrazia
diretta di funzionare, ma impedire che gli elettori facciano delle
scelte elettorali serie e che i risultati quindi divengano peggiori
che in condizioni di pura democrazia rappresentativa. Inoltre non è
chiaro perchè ai cittadini venga riconosciuta la capacità di
scegliere tra due o più partiti e candidati, ma non tra due o più
quesiti referendari. Il primo compito in verità è oiù complicato
in quanto gli elettori si devono anche formare delle aspettative
circa il comportamento futuro dei politici.
Con ciò non si
vuole affermare che non vi sia spazio per un'élite politica,
per il parlamento e per la burocrazia in una democrazia. Tutto ciò è
altrettanto indispensabile per mettere insieme le informazioni,
elaborare i dettagli e valutare le conseguenze delle decisioni
politiche. Ma queste competenze tecniche dei rappresentanti devono
essere ponderate con le competenze dei cittadini. Si tratta di un
processo che di recente ha iniziato un nuovo trend in Europa. Molte
decisioni importanti vengono girate ai cittadini anche nelle
democrazie puramente rappresentative. Prove ne sono i referendum
sull'entrata nell'Unione Europea nei paesi scandinavi, in Austria e
nel Regno Unito o sul trattato di Maastricht in Danimarca, in Francia
e in Irlanda.
Alcuni critici
oppongono anche che gruppi di interesse ben organizzati si possano
servire dei processi di democrazia diretta per i propri interessi
particolari. Non si può certamente negare che partiti e gruppi di
interesse potenti siano in grado di dare il via ad iniziative e a
referendum in modo più efficace che non gruppi meno dotati e più
disorganizzati. Le disparità trai vari gruppi ed individui di
influire sul governo restano intatte. L'obiettivo di costituire una
democrazia totalmente ugualitaria in cui ogni cittadino è un
legislatore non è raggiungibile. È vero che i gruppi più ricchi e
meglio organizzati ottengono maggior potere.
La domanda rilevante
tuttavia non è se ci sono o meno disparità, ma in quali circostanze
istituzionali e con quali regole i vantaggi organizzativi e
finanziari degli uni rispetto agli altri giocano un ruolo maggiore.
L'attività di lobbying ha più successo quanto meno
democratico è un sistema politico, in quanto senza la concorrenza
elettorale, come nelle dittature, alcuni gruppi di pressione hanno
più possibilità di altri. A livello dell'Unione Europea si è
osservato che i gruppi di pressione esercitano un'ingerenza maggiore
che negli stati membri in quanto l'Unione Europea è meno democratica
dei suoi membri, appunto. L'esperienza della Svizzera tuttavia
dimostra che, anche quando alcuni gruppi di pressione e la classe
politica sono particolarmente uniti, essi non possono sempre
affermare le proprie ragioni, in particolare su questioni politiche
veramente importanti, che veramente riguardano tutti.
2.2.3 La
democrazia diretta nel sistema FOCJ
In un sistema
politico FOCJ c'è da aspettarsi che i suoi membri decidano di
tenersi il maggior numero possibile di opportunità di partecipazione
diretta in quanto, accanto ai meccanismi di entrata e di uscita, esse
costituiscono degli strumenti di controllo efficienti dei politici e
delle burocrazie che gestiscono gli affari correnti dell'FOCJ.
Tuttavia l'uso dei referendum subirà delle restrizioni ogniqualvolta
i loro costi risultino eccessivi. Un'altro vincolo ai referendum sarà
di evitare di togliere ai politici e ai burocrati ogni motivazione di
azione intrinseca in quanto i controlli dei cittadini sono troppo
estesi. Tuttavia si tratta solamente di vincoli sull'uso dei
referendum come strumenti di controllo politico, ma non dei diritti
di partecipazione garantiti costituzionalmente come tali.
L'esperienza della Svizzera a vari livelli di governo dimostra che ai
cittadini può essere concesso di avere il buon senso sufficiente per
concepire delle regole che evitino di dover condurre talmente tanti
referendum e talmente tante iniziative popolari che i costi di
transazione divengano veramente rilevanti. Le FOCJ più grandi
possono arrivare ad eleggere parlamenti con la funzione di imporre le
direttive all'esecutivo e di controllarlo. Le FOCJ più piccole
normalmente non avranno propri parlamenti in quanto questa funzione
può essere svolta dagli elettori o in assemblea o al seggio.
Anche in FOCJ
piuttosto piccole tuttavia esiste il pericolo che i politici o i
burocrati formino delle coalizioni contro gli elettori e che
perseguano delle politiche che non siano nell'interesse di questi
ultimi. La formazione di cartelli è favorita dalle conoscenze
personali tra politici in contatto stretto e quotidiano tra di loro.
Lo stesso rischio esiste quando le FOCJ vengono gestite da managers
che tendono ad adottare soluzioni tecnocratiche invece che basate
sulle preferenze dei cittadini.
La partecipazione
democratica diretta sarà tanto più ampia quanto più sarà facile
per i politici deviare dalle preferenze dei cittadini. Ad esempio,
quando i politici hanno dei benefici diretti da certe politiche (come
ad esempio dagli aumenti di tasse e, conseguentemente, dei fondi
disponibili, i compensi dei politici e le decisioni che favoriscono
parenti e amici che contraccambieranno). Politiche devianti sono
tanto più probabili quanto più i problemi da risolvere sono
caricati di valenze ideologiche, come ad esempio nella politica
scolastica. Analogamente questo si verifica quando il costo dei
servizi da fornire è difficile da calcolare o quando i costi possono
essere scaricati su altri (ad esempio ciò avviene nel caso della
manutenzione delle strade, dove il costo visibile è monetario, ma
una parte del costo di opportunità viene scaricato sugli utenti che
devono sopportare lunghe attese e altri inconvenienti).
Una maggiore
partecipazione può essere ottenuta ampliando lo spettro delle
questioni a cui si possono applicare soluzioni di democrazia diretta,
rendendo più decisioni dipendenti da referendum obbligatori e
facilitando referendum opzionali e le iniziative popolari riducendo
il numero di firme necessari per attuarli.
Si potrebbe pensare
che il livello di partecipazione dipenda da quanto siano orientate
tecnicamente le FOCJ. Un esempio potrebbe essere la fornitura di
acqua potabile. In tal caso non è tanto la qualità del servizio a
variare quanto piuttosto il suo costo. Esiste una consistente ricerca
empirica che nel caso della raccolta dei rifiuti dimostra che
l'efficienza di costo è tanto maggiore quanto più è forte la
concorrenza politica ed economica. Quindi anche in FOCJ di carattere
più tecnico è importante stabilire forme di controllo diretto da
parte dei cittadini. Nell'ambito di lingua tedesca si parla di
'Zweckverbände', ovvero di consorzi che tendono a isolarsi sempre di
più dal controllo esterno. Di conseguenza essi risultano efficienti
in senso puramente tecnico ma deviano sempre di più dalle preferenze
dei cittadini.
Ogni FOCJ esplica
una funzione ben definita e quindi le discussioni in regime di
democrazia diretta hanno una natura estremamente mirata. I cittadini
che sono personalmente coinvolti nelle attività di un particolare
FOCUS quindi normalmente saranno molto informati e ciò si riflette
nelle discussioni che precedono le decisioni referendarie. I politici
sono obbligati a comunicare con i cittadini e a convincerli dei
vantaggi delle soluzioni da essi proposte.
Si potrebbe
obiettare che ciò vale per quanto riguarda un dato FOCUS, ma che i
cittadini si potrebbero facilmente confondere in caso ci sia un gran
numero di FOCJ, ma ciò non è inevitabile. Nel caso del consumo
privato, per esempio, i cittadini hanno incentivi sufficienti per
informarsi sui costi e i benefici di molti beni e servizi. Come nel
caso dei beni privati, anche per quelli pubblici non è richiesto che
i cittadini siano informati su tutti i dettagli, ciò che importa è
che facciano effettivamente uso dei loro diritti democratici quando
sono insoddisfatti della fornitura di servizi di un dato FOCUS quando
si verifica il caso. I cittadini possono anche decidere di delegare
virtualmente organizzazioni e persone specializzate che diano loro
consigli e raccomandazioni. Possono essere i partiti politici, ma in
tali condizioni è più probabile che sia il mercato politico stesso
a fare questo.
Ad esempio è
possibile che i giornali quotidiani o delle riviste specializzate
facciano dei confronti tra le FOCJ riportandone i costi e i benefici,
ovvero ne confrontino l'efficienza competitiva. Tali comparazioni
oggi esistono, ma sono di poca utilità per i cittadini in quanto
nella maggior parte dei paesi i cittadini non possono interferire nel
procedimento di fornitura dei servizi stessi. Piuttosto ai cittadini
si richiede di valutare un vasto numero di esperienze e di politiche
proposte in tempo di elezioni. Per contro il flusso di informazione
generato in un sistema FOCJ sull'efficienza relativa della fornitura
di servizi può risultare di importanza decisiva per i cittadini. Ad
esempio, se un rapporto su FOCUS scolastici rivela che un dato FOCUS
è particolarmente efficiente nell'offrire servizi educativi a prezzi
ragionevoli, i genitori con figli in quella fascia di età scolastica
indiranno iniziative popolari e referendum. Se non riescono nei loro
intenti, potranno ragionevolmente decidere di incorrere nel costo di
lasciare il loro FOCUS ed mandare i propri figli nell'altra scuola.
Non è la
partecipazione diretta di per sè a disciplinare i politici, ma la
sola possibilità della stessa, la minaccia di un'iniziativa o di un
referendum popolare li induce a migliorare la fornitura pubblica di
servizi. L'utilità della democrazia diretta pertanto non dovrebber
essere valutata solamente sulla base del numero di iniziative e di
referendum intrapresi, nè dalla partecipazione al voto stesso.
Quando i cittadini sono soddisfatti dei servizi pubblici rispetto
alle alternative possibili, non c'è nessuna necessità di indurli ad
entrare a far parte del processo politico in modo diretto. È quando
che essi ritengono che l'offerta potrebbe essere migliorata che è
importante che i cittadini abbiano il potere di incidere utilizzando
i loro diritti di partecipazione democratica diretta.
LETTURE DI
APPROFONDIMENTO
Per la teoria
economica del federalismo si veda:
Bird,
Richard: Federal Finance in Comparative Perspective, Canadian Tax
Foundation, Toronto 1986
Oates,
Wallace: Studies in Fiscal Federalism, Edward Elgar, Aldershot 1991
Journal
of Economic Perspectives: Symposium on Fiscal Federalism, 11, 1997
Per le analisi della
democrazia diretta:
Budge,
Ian: The New Challenge of Direct Democracy, Polity Press, Cambridge
1996
Cronin,
Thomas: Direct Democracy: The Politics of Initiative, Referendum and
Recall, Harvard University Press, Cambridge 1989
Per gli aspetti
dell'analisi empirica della democrazia diretta:
Butler,
David; Ranney, Austin (eds.): Referendums: A Comparative Study in
Practice and Theory, American Enterprise Institute, Washington 1994
Gallagher, Michael;
Uleri, Pier Vincenzo (eds.): The Referendum Experience in Europe,
MacMillan, London 1996
Per l'importanza
della comunicazione nella democrazia si veda:
Dryzek,
John: Discursive Democracy: Politics, Policy and Political Science,
Cambridge University Press, Cambridge 1990
Elster,
Jon (ed.): Deliberative Democracy, Cambridge University Press,
Cambridge 1998
Per il confronto di
performance tra democrazia diretta e rappresentativa si veda:
Feld,
Lars; Savioz, Marcel: Direct Democracy Matters for Economic
Performance: An Empirical Investigation, Kyklos 4, 1997: 507-538
Kirchgässner,
Gebhard; Feld, Lars; Savioz, Marcel: Modern, erfolgreich,
entwicklungs- und exportfähig: Die direkte Demokratie der Schweiz,
Helbing und Lichtenhahn, Basel 1999
3. L'attuazione del sistema FOCJ
Come si può
realizzare un sistema politico basato sui principi FOCJ? Prima di
poter rispondere a questa domanda occorre specificare la natura di
queste giurisdizioni in modo più dettagliato.
3.1 I membri
delle FOCJ
Se i costituenti
ultimi delle FOCJ debbano essere gli individui o le municipalità, è
un problema che dipende da circostanze specifiche. Poichè delle
giurisdizioni pubbliche servono per fornire servizi di tipo
particolare - siano essi beni pubblici o beni con effetti esterni
notevoli - un punto di partenza abbstanza normale può essere dato
dalle municipalità. Tali FOCJ di natura collettiva possono decidere
se consentire ai loro membri di costituire altre FOCJ. Da una parte
allora si avrebbero FOCJ con molti individui, che forniscono beni e
servizi pubblici ai loro membri; all'altro estremo ci sarebbero FOCJ
costituite da un solo individuo, nel qual caso si avrebbe la
fornitura privata di beni pubblici senza alcun elemento collettivo.
Illustriamo queste
possibilità con un esempio pratico. Prendiamo la previdenza sociale.
Una possibilità consiste nel riunire varie municipalità in modo
tale da sfruttare possibili economie di scala necessarie per
mantenere un sistema pensionistico e quindi stabilire un FOCUS per
fornire una pensione collettiva. I cittadini che vivono in una data
municipalità diventerebbero automaticamente membri del sistema
pensionistico. Infatti essi possono decidere democraticamente di
costringersi a pagare i relativi premi assicurativi.
Un'altra possibilità
consiste nel fatto che le municipalità lascino agli individui la
decisione di aderire a un FOCUS pensionistico. In tal caso
l'appartenenza al sistema può essere obbligatoria o opzionale.
Obbligatorietà significa che deve esistere una norma che obblighi
ogni individuo ad appartenere ad almeno un FOCUS pensionistico,
lasciandolo libero di scegliere a quale. Le FOCJ coinvolte si
troverebbero in una situazione di concorrenza e agirebbero sotto
l'influsso di incentivi a mantenere bassi i costi di amministrazione
per attrarre nuovi membri. Se invece l'appartenenza fosse opzionale,
alcuni individui potrebbero decidere di non unirsi ad alcun FOCJ
previdenziale. Nel caso dell'obbligatorietà si potrebbero avere FOCJ
previdenziali 'vuoti', nel senso che apparentapemente forniscono
servizi di quel tipo, ma richiedono premi troppo bassi. I cittadini
potrebbero quindi imporre loro dei livelli minimi di servizio. Un
sistema senza regolamentazioni verrebbe scelto in una democrazia dove
tutti i cittadini sono convinti di essere in grado di provvedere da
sè stessi per il loro futuro. La stessa cosa varrebbe per la
situazione in cui ogni cittadino stabilisce il proprio FOCUS
pensionistico, ovvero si assicura privatamente e decide anche di fare
i relativi investimenti da sè stesso.
3.2 Esternalità
e FOCJ
Decisioni del tipo
se i membri delle FOCJ possono essere degli individui o delle
municipalità, se l'appartenenza deve essere obbligatoria oppure
opzionale, se e come le FOCJ devono essere regolamentate sono tutte
decisioni da prendere a livello di processo politico. Non è
possibile prefissare ex ante come e dall'esterno come
stabilire una FOCJ. L'approccio costruttivistico produrrebbe effetti
distorti in quanto presume che sia possibile identificare e valutare
tutte le preferenze e tutti i vincoli a cui sono sottoposti gli
agenti nel processo. Quel che è possibile è identificare le
condizioni nelle quali le FOCJ potrebbero emergere da processi
collettivi o in modo privato. Il fattore cruciale è il livello di
'pubblicità' dei beni e dei servizi di cui si tratta, ovvero il
livello delle esternalità che coinvolgono i vari individui e i vari
gruppi destinati a consumarli.
Gli effetti esterni
sono essenzialmente determinate dalla società, ma è possibile anche
definirli formalmente. Per i nostri scopi, la dimensione di
un'esternalità è la misura in cui l'attività di un FOCUS impone
dei costi o dei benefici su persone al di fuori (non appartenenti)
del FOCUS stesso. Più queste esternalità sono grandi, più sono
distorte le decioni all'interno del FOCUS. Nel caso più semplice,
ovvero quando non ci sono reazioni da parte di chi è affetto da un
effetto esterno, un FOCUS produce troppi beni e servizi i cui costi
si riversano su degli outsiders (effetti esterni negativi). In
caso gli outsiders ne beneficiano (effetti esterni positivi),
esso sta producendo troppi beni e servizi.
La domanda
essenziale è che cosa debba essere considerato un'esternalità. Non
si tratta di un problema puramente tecnico, ma dipende da giudizi di
valore delle persone coinvolte. La storia insegna che questi giudizi
possono cambiare notevolmente nel tempo e nello spazio. Si prenda il
rumore per esempio. Ci sono paesi europei in cui il rumore è una
parte essenziale della vita (l'Italia, per esempio), che può perfino
essere gradita. In altri paesi del Nordeuropa il rumore viene invece
considerato un'intrusione nella vita privata e quindi deplorato come
offensivo. Se hanno ragione gli storici (e i romanzieri, si veda
Süskind 1985), tempo fa alcuni odori venivano considerati non come
costi, ma come fenomeni naturali.
La stessa cosa vale
per il fumo. Fino a pochi anni fa l'inquinamento da fumo veniva
considerato un aspetto normale della vita sociale, pare addirittura
che alcuni dei 'rivoluzionari' del '68 e oltre si divertissero
discutendo in ambienti pieni di fumo. Negli ultimi anni le attitudini
sono cambiate radicalmente, non solo a causa delle conseguenze del
fumo sulla salute (che erano ben note anche prima). Si potrebbero
fare molti altri esempi di questo tipo. Questo vale in particolare
per questioni redistributive e di giustizia sociale, che entrambe
sono determinate socialmente. Oggi la vista di poveri e di chi chiede
elemosine viene considerata da molte persone un costo. Invece in
altri tempi e in altre società, dare elemosine veniva considerato
come un'opportunità per fare del bene e per placare gli dei.
Chiedere l'elemosina rappresentava un'esternalità positiva.
Anche la
responsabilità individuale per le esternalità e il grado in cui si
aspetta di proteggersi da esse dipende molto dalle condizioni sociali
prevalenti. Se uno lascia la propria macchina aperta in una città, i
più attriburanno la responsabilità del furto al proprietario. Non è
detto che la stessa cosa avvenga nel contesto di una società
prevalentemente rurale.
Questi esempi
mostrano come le esternalità non siano determinate tecnologicamente,
ma socialmente. Non sono le proprietà intrinseche di un bene o di un
servizio a produrre effetti esterni, sono i cittadini a dover
stabilire per mezzo del processo politico che cosa è un effetto
esterno e cosa non lo è. I diritti di proprietà, in altri termini,
presuppongono una definizione politica. La questione se mai è quali
istituzioni dovrebbero essere preposte a tale funzione e questo è un
problema costituzionale. I principi del sistema FOCJ e più in
generale il principio della decentralizzazione del potere politico
suggeriscono che la definizione delle esternalità debba aver luogo a
livello delle FOCJ. Questo tipi di giurisdizioni infatti sorgono in
modo tale che gli spillover verso altre giurisdizioni vengano
minimizzati determinando la dimensione territoriale che ne minimizza
la percezione.
3.2 La
regolamentazione e la fornitura di servizi pubblici
Quali beni e quali
servizi debbano essere forniti in una data giurisdizione viene
stabilito per mezzo di regolamentazioni pubbliche. La domanda è chi
sia in grado di produrre le regolamentazioni che sono nel migliore
interesse dei cittadini? In questo libro argomentiamo che le FOCJ
siano più adatte dello stato ad assolvere a questa funzione. Le FOCJ
sono soggette a una valutazione e al confronto competitivo con le
altre giurisdizioni. Uno stato centralizzato invece assume una
posizione monopolistica rispetto ai cittadini. Le sue decisioni
possono essere controllate solamente attraverso la 'voce', ovvero
meccanismi democratici. Questa posizione privilegiata consente a
gruppi di interesse speciali di fare pressione su di esso e quindi
condurre attività di rent seeking in modo profittevole. Gli
interessi dei consumatori, dei contribuenti e di altri gruppi
organizzati in modo debole nella lotta per la produzione politica di
rendite tendono ad essere trascurati.
La regolamentazione
implica l'imposizione di standards da parte dei governi.
Contrariamente a quanto si crede comunemente, il coordinamento e
l'armonizzazione di standard non deve necessariamente
procedere dall'alto, in particolare da uno stato centrale. Standards
molto più efficienti possono essere definiti dal basso attraverso
l'attività delle FOCJ. L'idea che a imporre gli standards
debba essere sempre un governo centrale è fondata sull'affermazione
che esso sappia quale standard è il migliore per i cittadini.
Ciò si verifica però solo raramente. In generale gli standards
devono essere imposti in situazioni di incertezza in cui a priori non
si sa quale standard sia il più efficiente. L'imposizione di
uno standard qualsiasi dall'alto si tradurrà in una scelta
inefficiente. Che uno standard scelto da un governo centrale
non deve essere dato per scontato è dimostrato confrontando la
variabilità internazionale degli standard adottati per
risolvere lo stesso tipo di problemi. Mentre le situazioni
all'interno di una nazione possano essere abbastanza variabili,
sembre poco probabile che esse possano variare altrettanto come gli
standards nazionali tra di loro. Si pensi ad esempio alle
differenze da gli standard nazionali in fatto di cambio di
valuta straniera portata con sè dai turisti. È evidente che in
alcuni paesi una transazione molto semplice viene regolamentata in
modo in diverso e molto più costoso che non in altri.
Sarebbe preferibile
lasciare libero spazio all'evoluzione anche in fatto di standards.
L'evoluzione tuttavia presuppone che delle alternative possano essere
comparate in una situazione concorrenziale, come nel caso delle FOCJ,
che adottano standards semplicemente in modo del tutto
provvisorio. Dopo un periodo di ricerca e di sperimentazione si potrà
stabilire quale standard è il più efficiente. Poichè il
federalismo di tipo FOCJ è flessibile, le FOCJ adotteranno per
imitazione questo standard più efficiente. Il coordinamento
in tal caso si verifica dal basso. Ci saranno certamente dei casi in
cui ci si fisserà su dati standards, ma si verificherà
solamente di rado che i costi del cambiamento dell'adozione di
standard più efficienti divengano proibitivi.
Il coordinamento di
regolamentazioni e di standards per mezzo di FOCJ in
concorrenza tra loro riconosce l'incertezza di base che si presenta
ogniqualvolta sorgono dei nuovi problemi. Il periodo di ricerca
durante il quale non esiste uno standard condiviso, in cui
possono sorgere dei problemi di transazione, è un costo solo ex
post facto e non anche ex ante , quando non si sa ancora
quale è lo standard migliore dal punto di vista dei
cittadini.
3.3 Quando si
devono ammettere delle FOCJ?
Le FOCJ decidono in
proprio sulle proprie funzioni. Si può pensare che si formi una rete
di FOCJ di dimensioni diverse che svolgono molte funzioni diverse.
All'inizio tuttavia occorrerà partire dalle condizioni esistenti, in
cui per lo più esistono tre livelli di governo: lo stato centrale,
le regioni (stati, Länder, cantoni) e le municipalità.
Il modo in cui
ammettere le FOCJ è un processo che si può svolgere in tre stadi:
1. Le FOCJ possono
assumere completamente le funzioni che attualmente sono nelle mani di
giurisdizioni che esistono già, ammesso che esse rispettino le
regolamentazioni vigenti in merito alla produzione di beni e di
servizi da parte di istituzioni pubbliche. In questo caso, l'effetto
dell'introduzione delle FOCJ sarà limitato alla riduzione dei costi
di produzione e di fornitura e quindi le limitazioni saranno
abbastanza vincolanti.
2. Nella seconda
fase le FOCJ diventano attive in tutte le loro funzioni e possono
essere vincolate solo da regolamentazioni esistenti a livello
nazionale o a livello dell'Unione Europea. È lo stesso principio
stabilito dalla giurisprudenza Cassis de Dijon, solo che in
questo caso viene applicato ai beni e ai servizi prodotti da
istituzioni pubbliche invece che ai beni e servizi privati. Questa
norma consente di aprire i mercati politici e di introdurre i
maggiori effetti di un sistema basato su FOCJ. Semplificando si
potrebbe consentire, ad esempio, che in Germania i servizi educativi
scolastici vengano forniti sulla base delle leggi vigenti in Francia.
L'ambito di azione potenziale per introdurre FOCJ si ingrandisce
notevolmente in quanto esistono molte regolamentazioni per tutte le
funzioni pubbliche tra le varie componenti di stati federali, ma
ancora più tra vari stati. Estendere il principio della sentenza
Cassis de Dijon adottato dal trattato di Maastricht dalla
sfera privata a quella pubblica è il primo passo per introdurre una
concorrenza politica più intensa. In alcune aree, per quanto ciò
possa sembrare sorprendente, essa esiste già. In molti paesi
stranieri esistono istituzioni educative straniere, che vengono
gestite secondo leggi proprie, che non vengono frequentate solamente
dai cittadini di quei paesi. Esistono licées francesi in
varie città tedesche che seguono un curriculum prettamente francese.
L'insegnamento avviene in francese e conduce al baccalauréat,
non all'Abitur tedesco.
3. L'apertura dei
mercati politici alle FOCJ consente loro di stabilire
regolamentazioni proprie e ai consumatori dei vari servizi di
valutarli. Un FOCUS educativo, ad esempio, può decidere di offrire
un programma educativo che enfatizzi le lingue straniere e le
capacità comunicative, oppore uno speciale metodo di insegnamento.
Questo è esattamente quello che cercano di realizzare le scuole
private (come le scuole Rudolf Steiner e le Montessori). Nel nostro
schema le scuole pubbliche organizzate dalle FOCJ potranno fare la
stessa identica cosa. La dimensione di questo processo può essere
estesa ulteriormente. Ciò che aumenterebbe sarebbe non solo la
concorrenza sia di output sia costi, ma anche la varietà
dell'offerta scolastica pubblica.
3.5 Decisioni
riguardanti la regolamentazione
I rappresentanti
delle giurisdizioni avranno sempre incentivi molto forti a sopprimere
giurisdizioni di tipo FOCJ, come sempre accade sui mercati quando
emergono concorrenti più efficienti. Di conseguenza le decisioni
sulle dimensioni delle FOCJ e sulle regolamentazioni a cui esse si
devono attenere non può essere lasciata ai politici. Essi infatti
preferirebbero o proibirle o sottoporle a vincoli estremamente
stringenti. È facile predire che le FOCJ non andrebbero oltre la
fase 1. di cui sopra.
Le decisioni circa
le dimensioni delle FOCJ devono essere prese al di fuori della classe
politique esistente. La soluzione più appropriata è di affidare
questo tipo di decisioni a referendum e a iniziative popolari. Una
delle caratteristiche principali dei processi di democrazia diretta è
che essi aggirano gli interessi stabiliti dei politici e dei
burocrati che vivono di posizioni di rendita create dai sistemi
politici. I cittadini decidono in referendum costituzionali fino a
che punto liberalizzare i mercati politici e quali siano le regole da
osservare durante questi processi. I politici e i burocrati non solo
devono preparare le operazioni di voto, ma partecipare alle
discussioni che precedono il voto. La differenza è che essi non
hanno più il monopolio in una società libera. Individui e gruppi
sociali che si attendono benefici dalle FOCJ hanno la possibilità di
rendere pubbliche le loro opinioni. Ciò che importa però è che
ogni decisione finale spetti ai cittadini e alle municipalità. Se
l'establishment politico decide di bloccare le opzioni ad esempio
limitando i tipi di quesiti da ammettere al voto, i cittadini
attraverso il ricorso al diritto dell'iniziativa popolare possono
prevenire e correggere tali distorsioni.
L'utilizzazione di
referendum costituzionali è un approccio orientato al processo, non
al risultato. Non è possibile stabilire ex ante i risultati.
Ammettendo che il processo abbia rispettato criteri minimi di
imparzialità e che le regole siano state rispettate, anche i
risultati di referendum costituzionali devono essere rispettati. I
risultati deriveranno da calcoli individuali di costi e benefici dei
cittadini e delle organizzazioni coinvolte nel processo referendario.
Tuttavia è da tenere fermo che regolamentazioni meno differenziate
non conducono all'uniformità, ma piuttosto a un'offerta più
differenziata di servizi pubblici prodotti dalle FOCJ.
I diritti delle
minoranze sono un aspetto di cui i cittadini devono tenere
particolarmente conto. Può succedere ad esempio che una maggioranza
decida di unirsi a un FOCUS, che fornisce certi servizi pubblici che
è sfavorevole o addirittura avversa a una minoranza dei suoi
cittadini. Ovviamente ciò può accadere anche quando il bene
pubblico in questione viene prodotto direttamente a livello
municipale. Si può argomentare che si tratti di una decisione che la
minoranza deve accettare. Tuttavia l'istituzione di una FOCJ può
risultare discriminante per la minoranza anche in un altro senso1.
Onde prevenire l'insorgere di nuove discriminazioni di minoranze, gli
elettori possono decidere di consentire a tali minoranze o a singole
persone di continuare a consumare quel dato bene pubblico alle
condizioni preesistenti all'istituzione della FOCJ e quindi i
cittadini che vogliono continuare a consumare quel bene continuano a
pagare le stesse tasse come prima. Nel nostro contesto in tale
situazione nascerebbe un FOCUS con l'offerta e l'imposizione
tributaria precedenti. La scelta definitiva tra la nuova e la vecchia
situazione rimarrebbe sempre riservata ai cittadini. Se la
concorrenza tra FOCJ funziona, le FOCJ saranno in grado di offrire
servizi migliori o imposte inferiori o entrambe le cose. Nel corso
del tempo i cittadini cambieranno FOCJ ammesso che essa si riveli
effettivamente Pareto-superiore.
Un sistema di
concorrenza tra governi vecchi e nuovi funzionerà solo se ci sono
economie di scala da realizzare nella fornitura di servizi pubblici.
Ciò può però anche condurre al blocco nella situazione
subottimale. L'emergere di FOCJ più efficienti avrà nondimeno
ripercussioni sui sistemi di governo precedenti e c'è da aspettarsi
che sorga un nuovo tipo di equilibrio in cui entrambi i tipi di
istituzioni coesistono e in cui anche la fornitura di servizi da
parte di giurisdizioni tuttofare divenga più efficiente di prima.
NOTE
1 A volte
si afferma che la democrazia diretta, che è più importante in un
sistema FOCJ che nei sistemi politici attuali, tende a sopprimere le
minoranze. L'evidenza empirica dimostra che non si tratta di
argomenti convincenti. Gamble (1997) afferma che ciò vale per i
referendum negli Stati Uniti, ma Frey e Goette (1998) dimostrano che
i diritti civili delle minoranze sono molto rispettati in Svizzera.
LETTURE DI
APPROFONDIMENTO
Sul problema della
esternalità:
Coase,
Ronald: The Problem of Social Cost, Journal of Law and Economics 3,
1960: 31-44
Per gli elementi di
base della teoria della regolamentazione:
Stigler,
George: The Theory of Economic Regulation, Bell Journal of Economics
and Management Science 2, 1971: 3-21
Per gli sviluppi più
recenti della teoria della regolamentazione:
Laffont,
Jacques; Tirole, Jean-Jacques: A Theory of Incentives in Procurement
and Regulation, MIT Press, Cambridge 1993
Hägg,
T.; Goran, P.: Theory on the Economics of Regulation: A Survey of the
Literature from a European Perspective, European Journal of Law and
Economics 4, 1997: 337-370
Sull'evoluzione e
gli obiettivi intesi dagli standards si veda:
Farrell,
Joseph, Saloner, Gart: Coordination Through Committees and Markets,
Rand Journal of Economics 2, 1988: 235-252
Grindley,
Peter: Standards, Strategy and Policy: Cases and Stories, Oxford
University Press, Oxford 1995
4. Le FOCJ a confronto
Nessuna istituzione
può essere considerata ottimale sotto tutti gli aspetti. Ognuna ha
caratteristiche di forza e debolezza. Ciò vale anche per un sistema
FOCJ. Per tale motivo è importante comparare le istituzioni di un
sistema FOCJ con le istituzioni esistenti preposte a risolvere
problemi analoghi e a svolgere funzioni simili piuttosto che
semplicemente identificare i casi di subottimalità e lasciare tutto
come è. Questo modo di procedere, la comparazione istituzionale,
costituisce l'essenza di un metodo applicato in economia già da un
pò di tempo.
Confrontiamo il
sistema FOCJ prima con i modelli di federalismo proposti nella
letteratura (sezione 4.1). Quindi esaminiamo come essi gestiscono
particolari problemi e li confrontiamo con la gestione degli stessi
da parte di istituzioni alternative.
4.1 Confronto con
la teoria del federalismo
La teoria economica
del federalismo ha sviluppato diversi modelli che si occupano di
diversi aspetti del federalismo. In un certo senso la teoria del
sistema FOCJ può essere considerata un suo sviluppo e
un'integrazione ulteriore di questi modelli o di loro componenti.
4.1.1 La
concorrenza nello spazio geografico
Il modello
sviluppato da Tiebout nel 1956 si sviluppa intorno all'idea che la
concorrenza tra giurisdizioni è indotta dalla mobilità dei
cittadini. L'analogia con il processo politico democratico è data
dal fatto che questo processo può essere considerato un procedimento
di voto 'con i piedi'. Il modello di Tiebout si occupa esclusivamente
di un meccanismo di entrata e di uscita. I sistemi politici vengono
considerati come imprese che offono servizi pubblici in cambio del
pagamento di imposte e tasse. I cittadini si muovono tra le
giurisdizioni senza costi alla ricerca della giurisdizione che offre
loro la combinazione preferita di servizi e di benefici. Il risultato
di questo processo di concorrenza è che i governi rispondono
perfettamente alle preferenze dei cittadini e offrono i servizi
pubblici al costo più basso. Si può dimostrare che in queste
condizioni i beni pubblici vengono forniti in modo efficiente.
Il sistema FOCJ
insiste sulla concorrenza delle unità che lo costituiscono, ma
soprattutto sugli incentivi istituzionali che esso fornisce ai
politici e ai burocrati per far loro rispettare le preferenze dei
cittadini. Contrariamente al modello dove i cittadini votano con i
piedi, le FOCJ non hanno il monopolio del potere su una data area
geografica, ci sono diversi fornitori sulla stessa area geografica
che competono gli uni con gli altri. Di conseguenza i cittadini non
si devono muovere fisicamente quando cambiano fornitore. L'ipotesi di
costi di mobilità pari a zero nel modello di Tiebout non è molto
realistica e lo è ancora meno in un sistema FOCJ. Ceteris paribus
la mobilità tuttavia sarà anche maggiore in una rete di FOCJ e la
risultante concorrenza ancora più forte.
Un'altra differenza
rispetto al modello di Tiebout consiste nell'estensione geografica
delle FOCJ, che non è predeterminata, ma variabile a seconda degli
spillovers e delle economie di scala. Questo è un altro
vantaggio del sistema FOCJ rispetto al sistema di Tiebout: ceteris
paribus, un sistema FOCJ è in grado di offrire un dato servizio
pubblico a costo inferiore in quanto ci sono meno inefficienze a
causa della non-identità tra consumatori e contribuenti e in quanto
il livello di produzione può essere determinato in modo tale che si
possano sfruttare le economie di scala e minimizzare i costi medi.
Un'altra differenza
consiste nel fatto che i sistemi politici di Tiebout sono delle
giurisdizioni tuttofare, essi producono tutti i servizi richiesti dai
cittadini, mentre le FOCJ producono solo il servizio particolare a
cui sono preposte. Quindi esse possono sfruttare i vantaggi derivanti
dalla specializzazione e i relativi risparmi di costi.
Infine Tiebout
assume che la concorrenza indotta dalla mobilità sia sufficiente a
far sorgere un'offerta di beni e di servizi pubblici che corrisponde
alle preferenze individuali. La concorrenza politica tramite elezioni
e referendum, che nel sistema FOCJ assume un ruolo cruciale, nel
sistema di Tiebout viene implicitamente considerata superflua. Ciò
può essere il caso in un'economia con costi di mobilità pari a zero
e una concorrenza perfetta tra le giurisdizioni, che vengono
considerate delle scatole nere senza una vita propria. Queste
ipotesi però non sono molto realistiche e quindi sembra opportuno
integrarle l'ipotesi della concorrenza politica indotta dalla
mobilità con quella indotta dalle istituzioni politiche del sistema
FOCJ.
Il sistema FOCJ che
noi proponiamo raggiunge la concorrenza tramite processi che regolano
l'entrata e l'uscita nelle giurisdizioni, ma la inseriscono in un
quadro più realistico. Le FOCJ operano in modo anche più efficiente
delle giurisdizioni di Tiebout senza dover fare ipotesi restrittive
di quel modello.
4.1.2 Uscita e
voce
Il concetto di
concorrenza attraverso la mobilità è stato reintrodotto da
Hirschman (1970), che ha anche coniato il significato particolare che
assumono i termini di entrata e di uscita come è diventato di uso
comune in economia. La 'voce' dispiega il suo effetto all'interno o
all'esterno di un dato sistema costituzionale, nel primo caso ad
esempio in elezioni e referendum, nel secondo in manifestazioni
illegali, rivolte o rivoluzioni. Hirschman originariamente pensava a
entrata e uscita come sostituti. Sull'onda di quanto è successo
nell' ex Germania Orientale ha rivisto la sua opinione (cfr.
Hirschman 1993). Quando un governo viene costretto a tollerare
l'uscita (come nel caso dell'emigrazione dei cittadini della Germania
Orientale verso quella Occidentale attraverso l'Ungheria), i
cittadini che restano lo interpretano come un segno di debolezza. La
voce sotto forma di dimostrazioni allora viene considerata più
efficace e meno pericolosa di prima e ciò induce alla partecipazione
di massa. A sua volta ciò induce la polizia a tollerare le
dimostrazioni (come negli ultimi giorni della Germania Orientale).
Il sistema di
governo FOCJ è basato su processi regolamentati di entrata e di
uscita, ma anche sulla variante istituzionalizzata della voce dei
cittadini. I due tipi di concorrenza si rinforzano a vicenda. Spesso
la minaccia di uscita non è sufficiente per costringere un governo
di una FOCJ a rispettare le preferenze dei cittadini. I cittadini
potrebbero pensarci due volte a lasciare la FOCJ a cui appartengono a
causa dei costi decisionali e di transazione in cui dovrebbero
incorrere. Anche se materialmente è sufficiente l'uscita di pochi
'cittadini marginali', le barriere al cambiamento possono risultare
talmente alte che anche i governi di FOCJ possono mantenere un
notevole potere discrezionale. Ciò in particolare può risultare
quando membri della FOCJ sono le municipalità e non gli individui,
in quanto non si può escludere il formarsi di coalizioni implicite o
esplicite di politici in tali situazioni. La concorrenza politica per
mezzo di referendum e di elezioni allora interviene per ridurre
ulteriormente il potere discrezionale dei politici.
4.1.3 Clubs
Nella teoria
economica del federalismo i clubs sono delle istituzioni
private che forniscono beni pubblici esclusivamente ai loro membri. I
servizi sono disponibili per tutti i membri del club, ma non
per quelli al di fuori e quindi hanno una dimensione puramente
locale. La dimensione ottimale del club in termini di numero
di membri è raggiunta quando il costo marginale di un ulteriore
membro corrisponde all'utilità marginale del consumo reso possibile
dall'aggiunta. Questo modello secondo Buchanan (1965) presuppone che
la dimensione del club corrisponda al livello di produzione
del bene pubblico in oggetto. Il numero di membri è la variabile di
controllo in quanto solamente chi è disposto a pagare il costo
marginale viene ammesso.
Il concetto di club
è imparentato strettamente con il sistema FOCJ. Un FOCUS fornisce
solo un tipo particolare di bene o servizio pubblico, che in
particolare adatta la propria dimensione alle condizioni economiche
rivelate dalle relazioni tra costi e benefici. Essi sono considerati
locali nel senso che i membri della FOCJ possono consumare i servizi,
ma quelli che sono fuori no. Il termine locale tuttavia non significa
necessariamente piccolo in termini di scala. Alcune FOCJ, come ad
esempio quelle che sono preposte alla difesa esterna, si possono
estendere su aree molto grandi (nel caso della difesa certamente
oltre lo stato nazionale e oltre l'Europa, come dimostra la
dimensione della NATO).
Contrariamente ai
club di Buchanan le FOCJ attribuiscono una grande importanza
ai diritti di partecipazione formale da parte dei cittadini. I clubs
sono privati. L'appartenenza è regolata su contratti privati, le
FOCJ sono giurisdizioni pubbliche con il potere costituzionale di
imporre imposte e tasse.
4.1.4
L'equivalenza fiscale
Il concetto di
equivalenza fiscale è basato sul principio che l'allocazione
ottimale delle risorse pubbliche dipende dal presupposto che chi
beneficia di un servizio pubblico lo deve anche pagare. Se i servizi
pubblici possono essere consumati senza pagare o i cittadini possono
essere costretti a pagare per servizi che non consumano, ne risultano
decisioni politiche distorte. Il principio di equivalenza fiscale
(cfr. Olson 1969, 1986; Oates 1972) ha l'obiettivo di minimizzare gli
effetti esterni e gli spillovers nello spazio geografico.
Esiste una dimensione di livello ottimale per ogni bene pubblico in
quanto i benefici e i costi normalmente si estendono su aree
geografiche diverse. Il principio di equivalenza fiscale richiede che
le aree di fornitura dei servizi pubblici si possano sovrapporre le
une alle altre.
Il concetto di
equivalenza fiscale è imparentato con il sistema FOCJ in quanto
conduce a giurisdizioni che si sovrappongono le une alle altre.
Tuttavia il concetto di equivalenza fiscale non incide sulla
concorrenza geografica, sui processi di adattamento dinamico
dell'entrata e dell'uscita, nè sui diritti di partecipazione
politica.
4.2 La capacità
di risoluzione di problemi a confronto
In questa sezione
discutiamo tre aree di problemi in cui le condizioni istituzionali
conducono a una allocazione inefficiente delle risorse. Infine
confrontiamo la soluzione nell'ambito del sistema FOCJ in confronto a
istituzioni alternative.
4.2.1 Gli
spillovers
Cittadini che pagano
imposte per servizi che essi non consumano o che consumano servizi
pubblici per cui pagano imposte a copertura solo parziale, sono un
problema ricorrente dell'organizzazione pubblica di molti paesi. Le
condizioni attuali in cui le unità amministrative emerse durante
processi storici hanno il monopolio nell'offerta di una varietà
notevole di beni e di servizi pubblici tendono a generare notevoli
spill-ins e spill-outs. Anche se in passato le unità
amministrative sono state adattate per minimizzare spillovers,
non è detto che modifiche siano ancora valide , in quanto la
distribuzione dei costi e dei benefici dei beni pubblici è cambiata,
specie nel caso in cui ci siano molti beni pubblici.
Osserviamo l'esempio
dello stato nazionale. Anche se fosse vero che la dimensione di una
nazione fosse ragionevolmente adatta a giustificare i benefici e i
costi della produzione di beni pubblici da parte dello stato, le
condizioni nel tempo cambiano. Si considerino gli esempi della
difesa, dell'ambiente e della politica commerciale, per i quali le
dimensioni dello stato nazionale sono troppo piccole. Le decisioni
prese da un governo centrale in questi campi possono avere spillovers
negativi o positivi su altre nazioni. Non è un caso se in tutte e
tre queste aree sono stati fatti tentativi di raggiungere trattati
collettivi a livello sopranazionale. Per quanto riguarda la difesa,
si è cercata l'intesa ed è stata fondata la NATO, che oggi si
estende al di là dei paesi alle rive dell'Atlantico. Nel tentativo
di prevenire cambiamenti climatici spiacevoli si è cercato di
cooperare internazionalmente in processi internazionali come la
Convenzione di Rio. Il commercio internazionale è stato migliorato
da accordi come l'EFTA, l'Unione Europea e il GATT, poi convertito
nella WTO.
Questo tipo di
processi riducono gli spillovers oltre gli stati nazionali e
sotto vari aspetti riducono la loro sovranità. I vari trattati e
associazioni internazionali si possono considerare come primi passi
verso la formazione di FOCJ in quanto (almeno inizialmente) tendono
ad essere vincolati allo svolgimento di una data funzione, che si
sovrappone a quelle esistenti. Tuttavia alcune di queste
organizzazioni, specialmente l'Unione Europea, sono diventate
multifunzionali e tendono a rendere la concorrenza politica più
difficile reclamando per sè poteri monopolistici e complicando i
processi di entrata e di uscita (anche per questo aspetto l'Unione
Europea è l'esempio pertinente). Inoltre tutte le organizzazioni
internazionali non dispongono di caratteristiche democratiche e di
poteri di imposizione fiscale autonomi.
La storia dimostra
che quando gli spillovers sono troppo forti, le nazioni
tendono a sfaldarsi. Le minoranze sperano spesso di poter risolvere i
loro problemi senza l'intervento dei governi centrali. Esempi
pertinenti in merito sono le ex Jugoslavia, Cecoslavacchia e Unione
Sovietica, ma ne esistono anche altri, come il Belgio, la Spagna
(Provincia Basca e Catalogna), la Francia (Corsica), l'Italia
(Padania) o il Canada (Québec). L'adattamento dimensionale anche in
questi casi va nella direzione di sistemi FOCJ ma i sistemi politici
risultanti ovviamente sono ancora distanti anni luce dai requisiti
normativi del sistema FOCJ: esso non sono specializzati
funzionalmente, le loro giurisdizioni non si sovrappongono e spesso
non sono affatto interessati alla concorrenza.
Il sistema FOCJ è
un metodo istituzionale per adattare la dimensione delle
giurisdizioni pubbliche per minimizzare gli effetti degli spillovers.
Il cambiamento dimensionale è un fatto normale in questo sistema. Le
FOCJ inoltre non sono così lente e spesso inefficaci come le forme
di cooperazione internazionale di cui sopra. Inoltre i loro rapporti
non sono caratterizzati dalla predisposizione alla conflittualità
che emerge quando vengono minacciate secessioni o si verificano
disintegrazioni di stati.
4.2.2 Le economie
di scala
Un sistema
produttivo si adatta dimensionalmente al calare dei costi medi di
produzione (e in tal caso si parla di economie di scala positive)
oppure al crescere di questi ultimi (in tal caso di parla di
diseconomie di scala). Ciò ovviamente non implica che si debba
adattare dimensionalmente anche la giurisdizione sottostante in cui
viene utilizzato quel prodotto. Di solito è sensato separare la
fornitura dalla produzione di un servizio pubblico. Una giurisdizione
si può far carico della produzione in proprio, ma può anche
decidere di darla in outsourcing, ovvero acquistare i beni e i
servizi richiesti da un produttore che ha sede da qualche altra
parte.
Ciò che importa
sono le economie (o le diseconomie) di scala nella fornitura e nella
distribuzione dei servizi pubblici. Molto spesso la questione della
dimensione ottimale si presenta in termini diversi da quella della
dimensionae ottimale nel caso della produzione. Spesso il costo di
produzione rivela economie di scala, ma esistono differenze
geografiche della domanda e i costi causati da spillovers
coinvolgono solo piccole giurisdizioni. Occorre valutare un
bilanciamento in tali casi. A causa dei processi concorrenziali
indotti dall'entrata e dall'uscita nei FOCUS i politici e i burocrati
sono costretti a valutare tali bilanciamenti e a tenere conto dei
rispettivi costi. Per contro, nel caso delle giurisdizioni
tradizionali identificate con il monopolio su un territorio dato i
politici e i burocrati difficilmente riescono a trovare soluzioni per
questo tipo di problemi. Il tentativo di sfruttare le economie di
scala nella produzione formando consorzi funzionali (chiamati in
Svizzera Zweckverbände) è un primo passo in direzione di un
sistema di FOCJ. Tuttavia si tratta di unità puramente
amministrative, ovvero che mancano di legittimazione democratica e
che di solito non possono imporre autonomamente imposte per
finanziare le proprie spese.
4.2.3 Beni
pubblici
Il sistema di
governo FOCJ è basato sull'idea che molti, se non la maggior parte
dei beni pubblici sono di natura locale (in senso geografico). Ciò
significa che si possono delimitare i confini di ogni FOCUS in modo
che non solo chi non vi appartiene, ma anche chi non paga un dato
servizio può essere escluso dal suo consumo. Esistono veramente
pochi beni pubblici in cui tale esclusione non è possibile. Spesso
si afferma anche che la maggior parte dei beni pubblici andrebbe
fornita da unità amministrative relativamente piccole in quanto esse
sono meglio in grado di servire le preferenze eterogenee dei
cittadini. Un gran numero di FOCJ dovrebbero essere di dimensioni
piuttosto ridotte, anche nelle municipalità. Molti dei servizi
pubblici possono essere forniti a livello di quartiere cittadino o di
blocco di case.
All'interno di
ciascun FOCUS l'obiettivo di fornire beni pubblici richiede accordi
collettivi per pagare le imposte necessarie a finanziare questi
servizi. Questa caratteristica distingue le FOCJ dalla fornitura
puramente privata di beni pubblici. Molti servizi pubblici potrebbero
anche essere privatizzati (ad esempio le scuole, l'elettricità e le
compagnie telefoniche), altri hanno caratteristiche 'pubbliche' tali
che anche chi non paga non può essere escluso dal consumo. Ad
esempio i servizi di sicurezza interna forniti dalla polizia. Il
sistema FOCJ quindi si differenzia dalla privatizzazione. Abbiamo
anche già detto che il motivo dei beni pubblici può essere
utilizzato per obbligare un cittadino ad appartenere ad almeno un
FOCUS che fornisce un dato servizio, ma che allo stesso cittadino
deve essere data libertà di scelta tra gli FOCJ attivi nella sua
giurisdizione. Un esempio pertinente è la scuola elementare di cui
beneficiano tutti i cittadini, non solo chi ha figli in quell'età
scolastica.
LETTURE DI
APPROFONDIMENTO
Per ulteriori
discussioni sulle funzioni della concorrenza tra stati, governi e
altre unità amministrative si veda:
Gerken,
Lüder (ed.): Competition Among Jurisdictions, MacMillan, London 1995
Per gli effetti
della concorrenza nello spazio geografico:
Dowding,
Keith; John, Peter; Biggs, Stephen: Tiebout - A Survey of the
Empirical Literature, Urban Studies 31, 1994: 767-797
Il concetto di
uscita e di voce è sviluppato in:
Hirschman,
Albert: Exit, Voice and Loyalty, Harvard University Press, Cambridge
1970
Hirschman,
Albert: Exit, Voice and the Fate of the German Democratic Republic,
World Politics 45, 1993: 173-202
Per il ruolo dei
clubs si veda:
Cornes,
Richard; Sandler, Todd: The Theory of Externalities, Public Goods and
Club
Goods, Cambridge University Press, Cambridge 1996
Per il ruolo delle
economie di scala nella produzione di beni pubblici a livello locale
si veda:
Hochman,
Oded: Cities, Scales Economies and Local Governments, Urban Studies
1, 1990: 45-65
Per il problema
degli spillovers interregionali da un punto di vista teorico:
Wellisch,
Dietmar: Interregional Spillovers in the Presence of Perfect and
Imperfect Household Mobility, Journal of Public Economics 55, 1994:
167-184
5. FOCJ bastarde
Il sistema di
governo FOCJ può sembrare piuttosto radicale quando si prendono come
punti di riferimento la realtà del decentramento politico oggi
esistente o la teoria economica tradizionale del federalismo.
Tuttavia, come abbiamo avuto modo di notare già nel capitolo
precedente, l'analisi economica dei vari modelli come quello di
Tiebout, la teoria dei clubs o quella dell'equivalenza fiscale
contengono elementi della teoria del sistema di governo FOCJ. In
questo capitolo prendiamo in esame tre proposte teoriche che
propugnano un decentramento generalizzato (paragrafo 5.1) e quindi
prendiamo in esame le manifestazioni storiche di istituzioni del
passato (paragrafo 5.2) e del presente (paragrafo 5.3) che
assomigliano al sistema FOCJ .
5.1 Concetti
teorici
Gli elementi del
sistema di governo FOCJ si possono rinvenire in varie altre proposte
di riforme istituzionali dello stato e della società. Nel prossimo
paragrafo ne consideriamo tre.
5.1.1
L'integrazione flessibile
Il CEPR di Londra
(CEPR 1993) nel suo opuscolo dal titolo 'Dare un senso alla
sussidiarietà: di quanto centralismo ha bisogno l'Europa?' ha
menzionato l'idea di creare delle giurisdizioni che si sovrappongono,
ma non ha sviluppato l'idea. Ha messo in rilievo l'idea di
istituzionalizzare l'opzione di secessione, un aspetto considerato
anche da Buchanan (1991), dallo European Constitutional Group (1993)
e da Drèze (1993). Nell'opuscolo successivo dal titolo 'Integrazione
flessibile: Verso un'Europa più efficiente e più democratica'
(1995) il CEPR ha distinto tra base comune e partnerships
aperte. Queste ultime sono orientate funzionalmente.
Le proposte del CEPR
sono simili alla proposta FOCJ in quanto sono entrambe orientate
funzionalmente e implicano la possibilità della partecipazione
volontaria. Il concetto di federalismo dal punto di vista FOCJ
stabilisce una base comune che comprende il libero scambio interno, i
diritti politici e civili di base e il diritto di fondare nuove FOCJ.
Programmi di redistribuzione non volontari come quelli condotti
dall'Unione Europea non vengono tuttavia previsti. Tra le FOCJ
possono benissimo sorgere attività volte a ridurre le ineguaglianze
sociali, ma la loro natura e dimensione dovrebbe essere condotta
all'interno di un FOCUS preposto esclusivamente alla redistribuzione.
C'è un altro
aspetto importante in cui il sistema FOCJ e il concetto di
integrazione flessibile si differenziano ed è la concorrenza
politica. Il CEPR è legato a concezioni tradizionali di democrazia
rappresentativa e trascura l'importanza della democrazia diretta
nella rivelazione e nella soddisfazione delle preferenze individuali.
Inoltre non tiene conto debito l'importanza dell'indipendenza
finanziaria delle componenti, ovvero il loro potere di imporre
imposte e tasse. Quindi, il concetto di integrazione flessibile
ancora è molto distante dal sistema di governo FOCJ di cui parliamo
noi.
5.1.2 La
demarchia
Burnheim nel suo
libro 'È possibile la democrazia' (1985) fa due proposte riguardanti
le istituzioni politiche:
1. Autonomia
funzionale. Burnheim afferma che le decisioni che oggi vengono prese
da agenzie multifunzionali sotto un controllo centrale possono essere
anche affidate ad agenzie autonome e specializzate funzionalmente, ma
che solo persone dotate di 'interessi materiali legittimi' dovrebbero
avere il diritto di prendere decisioni. Tali agenzie si possono
coordinare tra di esse tramite processi negoziali. Solo quando tali
negoziati falliscono si dovrebbe ricorrere a corti di arbitrato. Le
agenzie avrebbero competenze molto ben specificate e quindi arebbero
ben diverse dagli stati nazionali e dalle attuali municipalità, che
non sono soggette a tale vincolo.
2. Rappresentazione
statistica. Le elezioni e i referendum secondo Burnheim dovrebbero
essere sostituiti con l'antico principio di selezionare i politici
per in modo casuale. Burnheim si occupa molto di procedimenti di
selezione statistica randomizzata che egli chiama 'demarchia'1.
Gli elementi essenziali dell'autonomia funzionale e della
rappresentazione statistica conducono all'erosione e forse anche
all'eliminazione dello stato. Burnheim giudica un tale risultato
auspicabile in quanto respinge l'idea dominante di uno stato
centralizzato con il monopolio del potere di fatto soggiogato a
interessi di gruppi organizzati. Il desiderio di Burnheim di
eliminare le istituzioni esistenti si rivela nella sua richiesta di
eliminare la proprietà privata della terra e del 'grande' capitale
(cose che tuttavia sono legate solo marginalmente alle riforme
istituzionali da lui auspicate).
Anche il sistema
FOCJ auspica che le unità componenti questo sistema siano
specializzate funzionalmente in un unico campo e che il coordinamento
avvenga per mezzo di negoziati. Tuttavia Burnheim non si occupa di
concorrenza, in particolare per mezzo della mobilità e di altri
processi di entrata e di uscita. Inoltre egli respinge la funzione
dei referendum popolari in quanto istituzione per la partecipazione
diretta dei cittadini. Le sue agenzie indipendenti non possiedono
poteri fiscali indipendenti, ma vengono finanziate dalle istituzioni
di livello superiore. Burnheim si augura la morte dello stato invece
il sistema FOCJ ha l'obiettivo che le FOCJ siano integre finchè i
cittadini ritengono che essere siano in grado di espletare
adeguatamente la funzione per cui sono state create. Lo stato
nazionale non è incompatibile con il sistema politico FOCJ in quanto
esso può affermarsi a sua volta nella libera concorrenza tra le
varie giurisdizioni.
5.1.3 Il
federalismo sociale
Gordon Tullock nel
1994 ha proposto di costituire delle unità amministrative private
per fornire i servizi altrimenti forniti da istituzioni pubbliche
come la sicurezza, l'acqua, l'elettricità e il gas, la raccolta di
rifiuti e l'educazione. Come esempi menziona i condomini e le gated
communities che sorgono negli Stati Uniti, che sono strutture
separate con dei muri da un ambiente giudicato non amichevole e che
sono organizzate completamente in modo privato. Le comunità sono
democratiche nel senso che le decisioni vengono prese dai proprietari
riuniti in assemblea. Esse sono inoltre gestite da un manager eletto
a cui l'incarico può essere tolto in qualsiasi momento. L'uscita
avviene con la vendita della proprietà, l'entrata viene ristretta
con vari vincoli e in particolare dipende dal consenso dei
proprietari preesistenti. Le gated communities sono in
concorrenza tra loro. Un proprietario ha la possibilità di scegliere
tra un numero abbastanza ampio di comunità di questo tipo.
Un aspetto tipico di
queste comunità è l'alto livello di regolamentazione a cui sono
sottoposte. Esistono norme che prescrivono di quale aspetto deve
essere la casa, come si deve parcheggiare la macchina e fino a che
punto si possono produrre rumori. Le varie comunità tendono ad
essere socialmente e razzialmente omogenee e, mentra ciò facilita la
vita all'interno della comunità, accresce le differenze rispetto al
mondo esterno.
Ciò che Tullock
chiama 'federalismo sociale' ha alcuni aspetti in comune con il
concetto di FOCJ. Entrambi stabiliscono delle unità politiche in
competizione tra loro con regole per l'entrata e l'uscita e dei
diritti di partecipazione democratica. Tuttavia le gated
communities sono delle unità multifunzionali e non si
sovrappongono tra di loro. Ciò le distingue dalle FOCJ. Poichè
queste caratteristiche interferiscono con la fornitura di servizi
pubblici, le FOCJ sono giurisdizioni pubbliche i cui membri molto
spesso sono costituiti dalle municipalità. Per evitare
discriminazioni sociali, razziali o religiose la base comune è data
da una struttura costituzionale che garantisce il diritto di entrata
nella FOCJ. Le FOCJ sono più aperte delle gated communities
in quanto si possono sovrapporre le une alle altre per molti aspetti
e non conducono alla segregazione di strati della popolazione sulla
base di caratteristiche socio-economiche.
5.2 Le
istituzioni di tipo FOCJ nella storia
Le istituzioni di
tipo FOCJ allo stato puro non sono ancora state attuate in alcun
paese del mondo, almeno storicamente. Diversi aspetti di questo tipo
particolare di federalismo tuttavia sono stati attuati in passato.
Nei paragrafi seguenti discutiamo alcuni esempi più rilevanti. Il
nostro obiettivo più importante è di dimostrare che le FOCJ non
sono un'idea utopica che non può esistere in realtà. Anzi, esiste
una tradizione viva sulla quale si possono impiantare, che è rimasta
sotterrata in molti paesi durante l'era del nazionalismo e del
centralismo.
5.2.1 L'antichità
Le istituzioni
politiche decentralizzate e sovrapponentesi hanno giocato un ruolo
importante nella storia europea. Una delle tesi più importanti dei
nuovi storici dell'economia (cfr. North e Thomas 1973, North 1981) è
che la grande varietà di istituzioni di tutti i tipi e a tutti i
livelli (religione, lingua, geografia, legge, regioni, economia,
profession, ecc.) sono state responsabili per il grande successo
della civiltà europea. La geografia europea, con i suoi tanti fiumi,
laghi e montagne ha favorito il sorgere un gran numero di stati
indipendenti. Anche se molti non-economisti possono essere sorpresi
da quest'affermazione, molti scienziati sociali e storici (cfr. von
Hayek 1960, Jones 1991, Weede 1993) attribuiscono la nascità di tale
varietà in Europa a questa diversità e alla concorrenza risultante,
che ha causato innovazioni tecniche, economiche e artistiche.
La fioritura della
cultura antica è il frutto di una moltitudine di città stato. Gli
stati della Grecia classica si trovavano in una concorrenza molto
intensa tra loro, ma anche con gli stati fenici e con le loro
colonie, in particolare con Cartagine. Il risultato furono le forme
tipiche della cultura europea come l'epica, la lirica, il teatro, la
filosofia, le scienze naturali e la storiografia. Contrariamente a
quanto si crede, l'impero romano è rimasto imperniato su di un
ordine policentrico fino a ca. il 300 d.C. Fu esso a trasformare il
diritto in un meccanismo di controllo decentrato risultante dalla
distribuzione del potere tra l'imperatore, il senato e le autorità
regionali e locali. A seguito di un lungo processo di maturazione
storica, nelle varie province dell'impero esistevano vari sistemi
legali e i tribunali erano in concorrenza tra loro. I Romani si
preoccuparono di non distruggere le tradizioni locali, si astennero
dal sottoporre i loro sudditi a forme di oppressione superflue e
cercarono di rispettare le forme di libertà e di autonomia delle
popolazioni locali. La tendenza all'unificazione legislativa
osservabile da partire da Severo (193-211 d.C.) fino a Diocleziano
(284-305 d.C.) non fu imposta con la forza, ma fu il risultato di un
processo di competizione in cui il diritto romano aveva dimostrato di
essere più attraente di altri sistemi legali (cfr. Bürge 1995).
5.2.2 Il medioevo
Nel medioevo
l'Europa è caratterizzata dalla presenza di molti centri di potere.
Tra i vari stati medievali è esistita una fiera competizione
politica, economica e militare. I governanti europei furono costretti
a sostenere lo sviluppo economico e a guadagnarsi il sostegno dei
loro sudditi per ottenere imposte sempre più alte, di solito
necessarie per costituire eserciti sempre più forti. La concorrenza
internazionale costrinse i governanti medievali a limitare i propri
poteri e ad ammettere possibilità di variazioni che avrebbero
condotto a innovazioni rilevanti (cfr. Bernholz 1996).
Non di rado la
centralizzazione ha condotto al declino. Essa per esempio ha messo
fine ai vantaggi acquisiti in molti campi dai Cinesi fino a che non
fu stabilito uno stato fortemente accentrato (cfr. Rosenberg e
Birdzell 1986; Pak 1995). L'unificazione della Germania e dell'Italia
nel 19° secolo, spesso salutate come un grande progresso, non hanno
condotto solamente a conseguenze positive (come la creazione di
mercati nazionali liberi), ma anche a conseguenze negative. Alla
concorrenza tra tanti staterelli si sostituirono guerre brutali tra
stati nazionali. Alcuni piccoli stati come il Liechtenstein, il
Lussemburgo, Monaco, San Marino e anche la Svizzera riuscirono a
liberarsi delle tendenze che imponevano l'unificazione e conobbero
una fase di grande sviluppo economico. Oggi essi costituiscono i
paesi trai più ricchi del mondo.
Questa visione del
processo storico enfatizza la varietà e la concorrenza come stimoli
per raggiungere lo sviluppo economico, tecnico e culturale. Questo
illustra un aspetto cruciale del sistema di governo FOCJ. Le entità
storiche che abbiamo osservato non sono state FOCJ ma giurisdizioni
che si sono avvicinate ad aspetti essenziali del sistema di governo
FOCJ. Ad esempio in Polonia le divisioni profonde tra cattolici,
protestanti ed ebrei poterono essere mitigate creando giurisdizioni
sulla base di principi funzionali (religiosi) piuttosto che
geografici (cfr. Rhode 1960; Haumann 1990).
La Lega delle Città
Anseatiche che prosperò dal 12° al 16° secolo non fu un sistema
politico, ma un'unità amministrativa funzionale propria che forniva
regole e istituzioni specializzate per il commercio. Essa era
costituita da membri non contigui geograficamente e si estendeva da
Lubecca fino a Brema e Koeln (oggi tedesche), Stettino e Gdansk (oggi
polacche), Kaliningrad (oggi russa), Riga, Reval e Dorpat (oggi
baltiche), Groningen e Deventer (oggi olandesi). Londra (britannica),
Bruges e Antwerpen (belghe) e Novgorod (russa) erano avamposti della
Lega o suoi membri associati.
5.3 Le
istituzioni di tipo FOCJ contemporanee
In due paesi, in
Svizzera e negli USA, esistono istituzioni politiche che si
avvicinano al sistema di governo FOCJ, ma non sono identiche ad esso.
Queste istituzioni funzionano bene e di nuovo dimostrano che il tipo
di federalismo delle FOCJ può esistere anche nella realtà.
5.3.1 Le
municipalità svizzere
La Svizzera è
caratterizzata da una grande varietà di istituzioni politiche. Oltre
che su 26 cantoni i cittadini svizzeri (ca. sette milioni) sono
distribuiti su ca. 8000 municipalità di diversi tipi (cfr. tabella
5.1 di cui sotto).
Tabella 5.1 - La
tipologia delle municipalità svizzere nel 1996
Tipo di municipalità |
Numero di municipalità |
|
|
Comuni politici |
2,940 |
Comuni di cittadini |
1,519 |
Comuni scolastici |
516 |
Comuni religiosi
Cattolici
Protestanti |
1,455
1,100 |
Corporazioni |
309 |
Frazioni |
78 |
Altri tipi |
73 |
Totale:
|
7,990 |
|
|
(Fonte:
Wohlfartstätter 1996, Tab. 1, pg. 26. In parte si tratta di
stime)
Le 2,940
municipalità politiche costituiscono il gruppo più importante. Esse
sono costituite da tutti i cittadini svizzeri che vivono in un dato
comune e sono delle giurisdizioni tradizionali (tuttofare) su una
data area.
Esse hanno una
notevole autonomia all'interno dei cantoni e hanno saputo mantenere
intatta la loro posizione lungo un notevole arco di tempo (nel 1848
esistevano 3,202 municipalità politiche in Svizzera, ovvero solo il
10% in più di quante non ne esistano oggi). I comuni politici hanno
poteri fiscali notevoli sul proprio territorio, comprese le imposte
sui redditi personali, sui redditi di impresa e sui patrimoni, che
raggiungono gettiti altrettanto notevoli. Il pluralismo delle
municipalità va di pari passo con ca. 5,000 enti municipali
sovrapposti, specializzati funzionalmente come indicato nella tabella
5.1.
Le municipalità di
cittadini sono giurisdizioni legali autoamministrate su base
individuale. Esse concedono la cittadinanza municipale, dalla quale
derivano a loro volta le cittadinanze cantonali e nazionali. Gli
svizzeri sono sempre necessariamente cittadini di una municipalità,
ma non sempre necessariamente di un cantone o della nazione. Le
municipalità di cittadini amministrano proprietà in comune dei
cittadini, che di solito consistono in grandi appezzamenti di
terreno. Le municipalità scolastiche esistono solo in sei cantoni.
Si occupano ovviamente solo di educazione per una o più municipalità
politiche (o parti di municipalità). Esse sono organizzate come
giurisdizioni di diritto pubblico e in alcuni cantoni hanno il potere
di imporre proprie imposte e tasse sui redditi e sui patrimoni. Le
imposte vengono stabilite in assemblee dei cittadini e sono
sufficienti a rendere indipendenti questo tipo di municipalità. Ogni
svizzero diventa automaticamente membro del comune scolastico nel cui
territorio egli vive.
Le chiese cattoliche
e protestanti hanno uno status di diritto pubblico in quasi tutti i
cantoni. L'appartenenza a una chiesa è indipendente dalla
cittadinanza svizzera, ma dipende dal territorio in cui si vive. Le
condizioni di entrata nei comuni religiosi variano, ma l'uscita è
completamente libera.
Le corporazioni
esistono in dieci cantoni e sono organizzazioni simili alle
municipalità, ma molto più antiche. Esse non sono dotate di poteri
fiscali ma possono avere diritti di proprietà su terreni (in
particolare sotto forma di terreni comuni sulle Alpi e sotto forma di
terreni edificabili). Per essere cittadini di corporazioni occorre
esserne membri individuali e la cittadinanza si ottiene per
discendenza, con il matrimonio o per decreto corporativo.
Tra le frazioni ci
sono tutte le municipalità civili del cantone di Zurigo che si
occupano di compiti locali che corrispondono a quelli dei comuni
politici come la distribuzione dell'elettricità, del gas e
dell'acqua o dell'illuminazione urbana. Essi hanno un bilancio
proprio e possono imporre tasse (tariffe).
Nel 1994 e nel 1995
le municipalità svizzere incassavano ca. il 34% delle imposte sui
redditi e sui patrimoni, i cantoni il 44% e il governo federale
(ovvero centrale) solo il 22%, una parte sostanziale del quale va
redistribuito sui cantoni. Le aliquote fiscali sono diverse da
cantone a cantone, ad esempio il cantone di Zug ha la metà
dell'aliquota dei imposta sui redditi del cantone del Giura. Le
aliquote possono altresì variare anche all'interno di ciascun
cantone. Nel 1997, per esempio, il cantone di Zurigo, la città di
Zurigo e alcuni piccoli comuni aggiunevano una sovratassa del 131%
sull'imposta cantonale, mentre i comuni confinanti con Zumikon
aggiungevano solo l'88%. Maur, situato a ca. 10 km da Zurigo, in
confronto con il suo 85% era un 'paradiso fiscale'.
Oltre a tutte queste
municipalità esistono in Svizzera molti consorzi e associazioni
funzionali (Zweck- e Gemeindeverbände). Dal 1980 sono
stati formati più di 216 organismi di questo tipo. Il loro numero
totale attuale non è noto, ma sembra essere piuttosto grande. Il
cantone di Zurigo ad esempio, con i suoi 1,2 milioni di abitanti, nel
1994 aveva 178 consorzi comunali. Il cantone di Argovia (con una
popolazione inferiore a 0,5 milioni di abitanti) ne aveva 159. Il 90%
delle municipalità svizzere appartiene ad almeno un consorzio
comunale di qualche tipo e spesso a diversi di essi. In media ogni
comune è membro di almeno 6 associazioni. Il 40% dei comuni
appartiene ad associazioni per la canalizzazione, per gli ospedali e
i ricoveri e per la raccolta di rifiuti. Le associazioni comunali
sono enti di diritto pubblico orientate funzionalmente su aree
geografiche adatte a fornire i servizi pubblici a cui sono preposte.
I cittadini sono liberi di formare tali associazioni. Le associazioni
tuttavia non hanno il potere di imporre imposte e raramente
permettono la partecipazione diretta dei cittadini alle decisioni.
Questa breve rivista
dimostra che le FOCJ in forma pura non esistono ancora neanche in
Svizzera. Tuttavia le municipalità svizzere ne possiedono varie
caratteristiche (cfr. Wohlfahrtstätter 1996).
(a) Il requisito
funzionale viene soddisfatto da tutte le municipalità ad eccezione
di quelle politiche che sono multifunzionali. Molte di queste
giurisdizioni non possono essere istituite volontariamente dai
cittadini a causa di restrizioni imposte da leggi cantonali.
(b) Alcune
giurisdizioni in alcune municipalità si sovrappongono. Esistono
sovrapposizioni nella stessa funzione nel caso delle municipalità
religiose che forniscono gli stessi servizi pubblici nella stessa
regione geografica.
(c) Quindi esiste un
processo competitivo che viene esercitato anche sulle associazioni di
municipalità che competono con le municipalità politiche. L'uscita
individuale senza mobilità geografica è consentita dalle
municipalità religiose, dalle corporazioni e dalle municipalità di
cittadini. L'uscita collettiva senza mobilità geografica è
consentita nel caso delle associazioni comunali e nella maggior parte
delle municipalità speciali. Esiste una concorrenza molto simile a
quella di mercato nelle municipalità religiose, nelle associazioni
municipali, nelle municipalità di cittadini e in altre municipalità
speciali. La concorrenza politica attraverso istituzioni di
democrazia diretta si verifica nella maggior parte delle municipalità
fatta eccezione delle associazioni di municipalità.
(d) La natura
giurisdizionale pubblicistica derivante dal potere fiscale è
presente in tutte le municipalità ad eccezione delle municipalità
di cittadini, delle corporazioni e delle associazioni municipali. Le
municipalità religiose hanno poteri fiscali estremamente limitati in
quanto l'appartenenza è volontaria.
In poche parole, la
Svizzera presenta una varietà di giurisdizioni pubbliche
eccezionale, ma non è un sistema FOCJ in senso vero e proprio. Le
municipalità scolastiche, civili e speciali sono molto vicine a
delle FOCJ in quanto conoscono una concorrenza derivante da processi
di entrata e di uscita e sono funzionalmente sovrapposte. Le
associazioni municipali sono simili a delle FOCJ in quanto si
concentrano sulla fornitura di un solo servizio e sono in grado di
adattare il loro territorio ai requisiti imposti dall'espletamento
della loro funzione. Tuttavia ad esse mancano le istituzioni
partecipative democratiche e il potere fiscale. Le municipalità
religiose sono gli enti più vicini alle municipalità. Ad esse
tuttavia mancano strumenti per attuare le loro leggi con la forza, se
necessario, e consentono ai cittadini di confrontare i loro servizi
con altri, si trovano in poche parole in una situazione competitiva
simile a quella di mercato (per quanto riguarda la concorrenza
religiosa si veda Ekelund et al. (1996)).
5.3.2 Gli Stati
Uniti
Negli Stati Uniti
esistono 'distretti speciali' che possiedono funzioni specializzate
in fatto di educazione, protezione ambientale, trasporti e polizia.
Essi stanno assumendo un ruolo di importanza crescente nel sistema
federale americano (cfr. ACIR 1982, 1987). Uno studio econometrico di
Zax (1988) ha rivelato che i distretti speciali sono forme di governo
particolarmente efficienti in quanto corrispondono alle funzioni loro
proprie con le loro economie di scala. Esistono varie funzioni (come
la vigilanza sul fuoco e i parchi pubblici) che sono organizzate con
forme di democrazia diretta o rappresentativa proprie e queste ultime
possiedono anche dei poteri fiscali. Esistono anche distretti
speciali dipendenti i cui manager sono delegati dalle municipalità
sottostanti. Mehay (1984) mostra, consistentemente con la nostra
visione, come queste ultime siano molto più efficienti.
5.3.3 Le
esperienze di altri paesi
I consorzi comunali
espletano funzioni particolari anche in altri paesi oltre che in
Svizzera e negli Stati Uniti. In Germania vengono chiamati
coerentemente Zweckverbände. In Italia i consorzi vengono
utilizzati per diversi scopi, particolarmente al nord. Esistono
'consorzi per le acque', per l'università, per le strade ecc.
Tuttavia essi sono fortemente burocratizzati e non possiedono poteri
fiscali di alcun tipo. Sono specializzati funzionalmente come lo sono
le FOCJ, ma per tutti gli altri aspetti si distaccano completamente
dal sistema FOCJ sotto l'aspetto del controllo democratico.
NOTE
1 N.d.t.:
demarchia è anche il nome che Friedrich August von Hayek attribuisce
al sistema di governo delineato in: Hayek, Friedrich A. Von: Law,
Legislation and Liberty - Vol . III: The Political
Order of a Free People, Routledge, London 1979: 38-40
LETTURE DI
APPROFONDIMENTO
Per le proposte
simili alle FOCJ si veda:
Burnheim,
John: Is Democracy Possible? The Alternative to Electoral Politics,
Polity Press Cambridge 1985
Tullock,
Gordon: The New Federalist, Fraser Institute, Vancouver 1994
Per l'importanza
della varietà e della concorrenza per lo sviluppo economico e
l'ascesa dell'Europa si veda:
Bernholz,
Peter; Streit, Manfred; Vaubel, Roland (eds.): Political Competition,
Innovation and Growth - A Historical Analysis, Springer, Berlin 1998
Jones,
Eric: The European Miracle, Cambridge University Press, Cambridge
1981
Jones,
Philip: The Italian City-State - From Comune to Signoria, Clarendon,
Oxford 1997
Rosenberg,
Nathan; Birdzell, L.: How the West Grew Rich - The Economic
Transformation of the Industrial World, IB Tauris, London 1986
Per una rivista del
sistema politico svizzero e delle sue municipalità si veda:
Steinberg,
Jonathan: Why Switzerland, Cambridge University Press, Cambridge 1996
Klöti,
Ulrich; Knöpfe, Peter; Kriesi, Hanspeter; Linder, Wolf;
Papadopoulos, Joannis: Handbuch des politischen Systems der Schweiz,
NZZ Verlag, Zürich 1999
Sui distretti
speciali americani:
Foster,
Kathryn: Specialization in Government: The Uneven Use of Special
Districts in US Metropolitan Areas, Urban Affairs Review 3, 1996:
283-313
Nunn,
Sam; Schoedel, Carl: Special Districts, City Governments and
Infrastructure Spending in 105 US Metropolitan Areas, Journal of
Urban Affairs 1, 1997: 59-72
Zax,
Jeffrey: The Effects of Jurisdiction Types and Numbers on Local
Public Finance, in: Rosen, Harvey (ed.): Fiscal Federalism -
Quantitative Studies, University of Chicago Press, Chicago, 1988:
79-106
PARTE SECONDA: UN SISTEMA FOCJ PER L'EUROPA
6. Il federalismo nell'Europa contemporanea
6.1 L'Unione
Europea
6.1.1 Le tre
istituzioni europee
L'unificazione
dell'Europa in linea di principio è fondata sull'idea di federalismo
e di decentramento, benchè essa contenga forti elementi di uno stato
centralizzato. Ciascun stato membro possiede un numero fisso di seggi
e di voti nelle istituzioni europee, la Commissione, il Consiglio e
il Parlamento (tali quote non sono in vigore per i 15 giudici della
Corte di Giustizia europea eletti per sei anni, ma di fatto esistono
anche per questa istituzione).
Nella tabella 6.1
rappresentiamo il peso politico di ogni stato membro nelle
istituzioni europee.
La Commissione è
un'istituzione sopranazionale i cui membri devono agire
nell'interesse comune dell'Unione Europea. I membri della Commissione
non possono prendere ordini dai governi nazionali. Essi vengono
nominati ed eletti dai governi dei paesi membri e devono essere
confermati dal parlamento europeo. Una volta eletti non possono
essere rimossi. Di fatto tuttavia i membri della Commissione tendono
a seguire gli interessi nazionali che stanno dietro ad essi piuttosto
che l'interesse generale dell'Unione Europea.
I venti membri
attuali della Commissione vengono eletti per un periodo di quattro
anni. I cinque paesi più grandi dell'Unione, la Germania, la Gran
Bretagna, la Francia, l'Italia e la Spagna hanno diritto a due
membri, tutti gli altri ad uno solo. La Commissione agisce
unitariamente. Quando però è necessario votare, per decidere basta
una maggioranza semplice. Il presidente della Commissione è un
primus inter pares e non ha poteri decisionali particolari.
La Commissione deve
garantire l'esecuzione delle leggi e delle decisioni politiche
comunitarie. Essa può iniziare azioni legali nei confronti degli
stati che le violano, e infatti lo fa abbastanza spesso. L'altra
funzione della Commissione è di rafforzare il processo di
integrazione e quindi essa ha il diritto di iniziativa per
intraprendere le attività che ritiene appropriate in merito.
Il Consiglio dei
ministri è l'organo legislativo più importante dell'Unione. Non è
un corpo politico permanente, ma un'assemblea di ministri nazionali
che si occupano rispettivamente delle proprie aree.
Così una decisione
di politica agricola deve essere presa dai ministri dell'agricoltura
degli stati membri. Naturalmente i ministri si occupano dei loro
interessi nazionali più che di quello generale europeo. La
presidenza del consiglio cambia ogni sei mesi per impedire il
predominio di un solo paese.
Il consiglio dei
ministri è un organo intergovernamentale, che si differenzia dalle
assemblee legislative nazionali per due aspetti. I suoi membri
vengono eletti dai governi dei paesi membri e non con il voto
popolare. Secondariamente le decisioni vengono prese all'unanimità a
meno che il trattato europeo non richieda una maggioranza semplice.
Una maggioranza qualificata è costituita da 62 voti su 87; una
maggioranza bloccante quindi consta di almeno 26 voti. Tuttavia un
governo può decidere di applicare il cosidetto Compromesso di
Lussemburgo, dichiarando che un paese ha il diritto di veto per
question che riguardano l'interesse nazionale. Ovviamente non
esistono criteri giuridici di 'interesse nazionale'. Le regole e i
voti quindi sembrano favorire chiaramente i paesi più piccoli (cfr.
tabella 6.1).
Tabella 6.1 - Il
peso politico degli stati membri nelle istituzioni comunitarie, 1998
Paese |
Popolazione
(in milioni, 1995) |
Membri della
Commissione |
Voti al Consiglio
dei Ministri |
Seggi al Parlamento
Europeo |
Germania |
81,9
|
2
|
10
|
99
|
GB |
58,5
|
2
|
10
|
87
|
Francia |
58,1
|
2
|
10
|
87
|
Italia |
57,2
|
2
|
10
|
87
|
Spagna |
39,2
|
2
|
8
|
64
|
Paesi Bassi |
15,5
|
1
|
5
|
31
|
Grecia |
10,5
|
1
|
5
|
25
|
Belgio |
10,1
|
1
|
5
|
25
|
Portogallo |
9,9
|
1
|
5
|
25
|
Svezia |
8,8
|
1
|
4
|
22
|
Austria |
8,1
|
1
|
4
|
21
|
Danimarca |
5,2
|
1
|
3
|
16
|
Finlandia |
5,1
|
1
|
3
|
16
|
Irlanda |
5,1
|
1
|
3
|
15
|
Lussemburgo |
0,4
|
1
|
2
|
6
|
Totale:
|
372,1
|
20
|
87
|
626
|
Fonte: Jones 1996:
64
Il parlamento
europeo viene eletto direttamente per quattro anni dal 1979. I paesi
piccoli appaiono sovrarappresentati. Le decisioni vengono adottate a
maggioranza semplice, solo la rimozione della Commissione richiede
una maggioranza di due terzi. Le competenze del parlamento tuttavia
sono piuttosto ristrette rispetto a quelle della Commissione e quelle
del Consiglio dei ministri.
6.1.2 La
sussidiarietà
Il principio di
sussidiarietà è stato adottato nel Trattato di Maastricht nel 1992
ed è stato meglio definito nel trattato di Amsterdam nel 1997, che è
entrato in vigore nel 1999. Il principio in oggetto afferma che
l'Unione Europea deve attivarsi solo nei campi in cui a paesi membri
da soli non riescano a raggiungere l'obiettivo prefissato. L'Unione
Europea inoltre non dovrebbe estendere le sue attività oltre
l'ambito strettamente necessario per raggiungere gli obiettivi
prefissati nei trattati. Le decisioni politiche vanno prese
possibilmente al livello più basso possibile. Ciò avrebbe dovuto al
contempo restringere il campo di azione e alleviare il carico di
lavoro dell'Unione. Apparentemente quindi il principio di
sussidiarietà sembra rafforzare il federalismo nell'ordinamento
europeo.
Tuttavia la
Commissione ha interpretato il principio di sussidiarietà a proprio
vantaggio, come c'era da aspettarsi, e a rovesciare la sua logica.
Non appena un problema raggiunge le istituzioni europee o un problema
non sembra essere risolto a livello nazionale, la Commissione ha dato
per scontato di dover intervenire. Inoltre non ha accettato che il
principio di sussidiarietà abbia limitato le competenze dell'Unione,
ma che riguardi solamente le competenze comuni o concorrenti che
devono essere ripartite tra l'Unione e gli stati membri.
Legalmente, le
competenze della Commissione sono enumerate in modo conclusivo e sono
limitate alla politica commerciale e alla protezione dei mari. La
Commissione tuttavia si considera responsabile ogniqualvolta siano in
ballo le quattro libertà del mercato unico. Essa considera suo
appannaggio tutte le misure di rimozione di restrizioni in questo
campo derivanti dalle loro connessioni con la politica commerciale
estera, con la politica della concorrenza, con la politica agricola e
con la politica dei trasporti.
È chiaro che la
Commissione rivendica la competenza su un ambito politico vastissimo.
Il principio di sussidiarietà si rivela essere troppo generico per
controbilanciare l'eccessivo centralismo politico a livello europeo.
Il trattato di Amsterdam non incide su questo sviluppo. Si limita a
imporre alla Commissione di dimostrare che le richieste di
allargamento delle competenze da parte della Commissione è
consistente con il principio di sussidiarietà. Non si tratta
ovviamente di un vincolo efficace contro il centralismo. Non esiste
praticamente alcuna attività di un governo della quale non si possa
dire che causi qualche spillover internazionale o che scarichi
troppi oneri su almeno un governo nazionale. Quindi la Commmissione
può sempre affermare che la centralizzazione è compatibile con il
principio di sussidiarietà. Inoltre non esiste alcuna istituzione
che sia in grado di controllare la correttezza delle affermazioni
della Commissione. Anche un'interpretazione più restrittiva del
principio di sussidiarietà non sarebbe in grado di dare all'Europa
una struttura federale in quanto in molti stati membri attuali (e
futuri) i livelli di governo inferiori sono troppo poco evoluti e, in
particolare, non possiedono di solito poteri fiscali per finanziare
la propria spesa.
6.1.3 Le tendenze
centralistiche
L'Unione Europea in
molti campi ha assunto competenze degli stati membri. Le tendenze
centralistiche sono particolarmente evidenti nei seguenti campi:
● commercio
interno e mobilità dei fattori di produzione;
● la politica di
ricerca e innovazione industriale (telecomunicazioni, energia e altri
settori pubblici);
● la politica di
concorrenza (le competenze nazionali sono limitate agli aspetti che
non toccano il commercio interstatale e viene applicata solo ad
attività poco importanti);
● agricoltura (i
prezzi amministrati e i programmi di sovvenzione hanno luogo
all'interno della PAC; di essi beneficiano soprattutto gli
agricoltori del nord Europa e l'agricoltura ancora assorbe il 50%
della spesa del bilancio comunitario);
● ambiente
(l'Unione ha emanato direttive in merito all'inquinamento
atmosferico, alle sostanze chimiche pericolose, l'inquinamento delle
acque, la protezione della flora e della fauna, i rumori e gli
esperimenti con gli animali che vincolano gli stati membri)
● politica
commerciale estera (l'Unione ha la competenza per i trattati, dei
quali molti sono stati ratificati a livello bilaterale e
multilaterale con gli USA, con il Giappone e con l'EFTA, inoltre essa
è competente per l'unione doganale);
● politica dei
trasporti (l'Unione ha fissato prezzi e condizioni per l'entrata in
questo mercato a livello di trasporti stradali e aerei);
● politica
monetaria (l'unione monetaria ed economica è stata decisa
dall'Unione);
● politiche
sociali (la Carta sociale è stata accettata da praticamente tutti
gli stati membri; le regolamentazioni in questo campo sono meno
profonde che nel caso delle leggi nazionali ma esiste un gran numero
di direttive che impongono standards minimi per armonizzare le
condizioni di salute e di sicurezza);
● politiche
redistributive (il fondo strutturale e il fondo di coesione
sovvenzionano le infrastrutture e i progetti di trasporto con
l'obiettivo di migliorare la situazione degli stati più poveri. La
Grecia e l'Irlanda per esempio nel 1993 hanno ricevuto quasi il 3%
del loro PIL da queste sovvenzioni (oltre ai contributi della
politica agricola e del fondo sociale). Nel Portogallo questa quota è
salita al 3,7% (cfr. CEPR 1993: 26).
Come mostrato nella
tabella 6.2 le tendenze centralistiche nell'Unione non si riflettono
tanto nel numero di impiegati pubblici (che tuttavia è triplicato da
5,000 ca. nel 1970 a ca. 17,000 nel 1990) o nel bilancio stesso (che
è cresciuto dallo 0,54% del PIL dei sei membri nel 1975 all'1,28%
dei dodici nel 1994). La centralizzazione si rivela nel numero di
interventi. La tabella 6.2 mostra che il numero delle decisioni della
Corte di Giustizia europea è cresciuta di 8 volte da 240 nel 1970 a
1,780 di venti anni dopo:
Tabella 6.2 - Il
centralismo nell'Unione Europea
|
1970 |
1980 |
1990 |
Addetti alla Commissione |
5,000 |
11,000 |
17,000 |
Giudizi emessi dalla
Corte di Giustizia |
240 |
830 |
1,780 |
Gruppi di interesse
Presso la UE |
309 |
410 |
3,000 |
Fonte: Molle 1994 e
CEPR 1995: 27
C'è un indicatore
indiretto che è molto più significativo. Il numero crescente di
decisioni importanti prese dall'Unione Europea, il numero crescente
di gruppi di interesse che cercano di influenzarle, cresciuto da 300
nel 1970 a circa 3,000 nel 1990. Questo numero è un indice che il
rent seeking a livello europeo ha assunto un valore notevole e
che la sua rapida crescita nell'ultimo decennio riflette lo
spostamento dell'asse del potere a favore dell'Unione Europea.
6.1.4 Il
confronto con il sistema FOCJ
Il 'federalismo'
come viene praticato oggi nell'Unione Europea è notevolmente diverso
dal concetto sottostante il sistema FOCJ. Il trattato di Maastricht
ha stabilito che nessun nuovo paese che accede può rifiutarsi di
accettare l'acquis communautaire o parte di esso, anche se
esistono due aree in cui è prevista una certa flessibilità in
quanto si è dimostrato impossibile raggiungere politiche condivise.
Le eccezioni riguardanti l'UEM, il Protocollo sulla politica sociale
e il trattato di Schengen sono state concesse solo con grande
riluttanza. Il Regno Unito e la Danimarca non sono entrate nella UEM
e anche la Svezia ha deciso di sospendere la questione per il
momento.
Uscire viene visto
sia dall'opinione pubblica sia dai politici europei come un danno per
lo spirito europeistico. I concetti tipici del sistema FOCJ come la
geometria variabile, l'Europa multi-traccia o a velocità variabile,
a due strati, con un nocciolo duro e a cerchi concentrici o à la
carte evocano sempre opposizioni. Per contro in un sistema FOCJ
le unità funzionali che non coprono tutti in generale vengono
considerate come espressioni delle preferenze eterogenee dei
cittadini europei.
Il trattato di
Amsterdam entrato in vigore nel 1999 spesso viene interpretato nel
senso di consentire una maggiore flessibilità agli stati membri.
Tuttavia afferma che l'acquis communautaire resta intoccabile.
Quindi a una maggioranza di paesi disposta ad impegnarsi in un'Unione
più stretta è consentito farlo, ammesso che nessun altro stato
membro imponga il suo veto. Ciò ovviamente è lontano anni luce dal
sistema di governo FOCJ in cui le giurisdizioni che desiderano
cooperare o che in parte desiderano sganciarsi lo possono fare.
6.2 Proposte
costituzionali
Sono state avanzate
varie proposte costituzionali concrete riguardo il futuro dell'Unione
Europea e in cui gli elementi federalistici giocano un ruolo
importante. Essi vanno ben al di là di proposte costituzionali volte
a rafforzare il federalismo dell'Unione Europa eliminando gli
elementi che bloccano il funzionamento propri di istituzioni
federali. Le nuove proposte hanno l'obiettivo di superare la vaghezza
del concetto di sussidiarietà attribuendo esplicitamente e
chiaramente le competenze di ciascun livello di governo. Egualmente
importante è fare luce nella crescente confusione e complicazione
dei rapporti fiscali e dei flussi dei pagamenti.
Buchanan 1991 ha
sviluppato il tema dell'importanza di norme che regolamentino
l'uscita dall'Unione da parte degli stati membri. Il diritto di
secessione dovrebbe garantire che il governo europo si attivi
solamente in quei campi realmente desiderati dai cittadini.
Attualmente l'Unione Europea non contempla esplicitamente l'uscita.
Si dirà che è difficilmente immaginabile che i paesi dell'Unione
possano impedire con la forza a un paese dell'Unione ad uscirne, per
non parlare di un gruppo di paesi. Tuttavia la secessione
infliggerebbe un duro colpo all'Unione e probabilmente anche costi
molto alti in quanto mancano del tutto regole procedurali in merito.
Quindi l'uscita non è molto probabile e non costituisce un vincolo
per la politica dell'Unione. Quando Buchanan si dilunga sulle regole
di uscita dall'Unione stranamente non si ricollega al suo modello dei
beni pubblici in cluba elaborato nel 1965 a questo contesto.
La proposta di Buchanan è molto diversa dal modello di governo FOCJ
che noi proponiamo.
A quanto ci risulta
esiste una sola proposta costituzionale di differenziare
funzionalmente l'Unione Europea. Teutemann nel 1992 ha proposto
piuttosto sorprendentemente che siano singole camere all'interno del
parlamento europeo ad essere responsabili di ogni singola funzione,
che è molto diverso dal modello FOCJ. Le funzioni vengono allocate
da cosidetti esperti o dai governi degli stati membri. I cittadini
non hanno voce in capitolo. La proposta innovativa di Teutemann è
inserita in un contesto costruttivistico e tecnocratico. Non c'è
ragione per aspettarsi che singole camere (commissioni)
funzionalmente differenziate all'interno del parlamento europeo siano
in grado di prendere decisioni che corrispondano alle preferenze
degli elettori sulle varie funzioni.
La proposta
costituzionale di un gruppo di parlamentari europei (rapporto Herman
del parlamento europeo del 1994) ammette le suddivisioni federali e
geografiche attuali dell'Unione e consiglia esclusivamente
cambiamenti alle istituzioni parlamentari. In particolare vorrebbe
che il numero e la struttura delle camere e i diritti di voto
nazionali possano essere adattati a condizioni variabili. Come c'era
da aspettarsi in un rapporto che riflette gli interessi di gruppi
parlamentari vengono proposti solo cambiamenti marginali alle
istituzioni parlamentari esistenti.
Lo European
Constitutional Group costituito tra gli altri da Peter Bernholz,
Roland Vaubel e da Frank Vibert per alcuni aspetti supera la proposta
del rapporto Hermans, insistendo in particolare sull'apertura
economica dell'Unione, sulla rimozione delle barriere interne e sulla
protezione della varietà culturale. Questi obiettivi dovrebbero
essere raggiunti con il sistema concorrenziale di tasse,
regolamentazioni e di sicurezza sociale. L'Unione secondo questi
autori deve essere in grado di raggiungere principalmente due
obiettivi: una politica estera e di difesa comune e la garanzia delle
quattro libertà del mercato unico. Al centro di questa proposta
costituzionale si trova il mantenimento di un livello di concorrenza
economica ma anche in fatto di regolamentazione sociale. Della
stabilità dei prezzi è responsabile una banca centrale
indipendente. Questa proposta costituzionale regolamenta a fondo solo
alcuni aspetti e tende a determinare in questo modo dei risultati,
non delle regole. Ad esempio introduce una regola di pareggio del
bilancio e che le spese dell'Unione non possono superare una
percentuale prefissata del PIL. Ogni stato con un bilancio a credito
nei confronti dell'Unione ha un diritto di veto.
Per quanto riguarda
le istituzioni questa proposta prevede una legislatura bicamerale. La
camera dei deputati è composta di 175 membri e ha il diritto di
controllare nuove leggi, di prendere l'iniziativa legislativa, di
approvare i bilanci e di ratificare i trattati internazionali come
anche con nuovi membri (la maggioranza richiesta è l'80% dei voti).
I membri di questo parlamento vengono eletti dai parlamenti degli
stati membri. La seconda camera possiede anche ieea il diritto di
iniziativa legislativa, di decidere sulle leggi e di approvare il
bilancio e di controllare l'operato dell'esecutivo. I suoi membri
vengono eletti direttamente e al più possono essere eletti per due
volte consecutivamente per un termine di cinque anni.
L'obiettivo della
proposta dello European Constitutional Group è di restringere
l'ambito delle competenze dell'Unione, intende confinarle ad eseguire
e a sostenere le iniziative del Consiglio dei ministri composto dai
capi dei governi degli stati membri.
La proposta è
orientata al risultato (per esempio fissa la dimensione massima del
bilancio), e infine intende limitare le dimensioni dello stato
europeo, ma non intende introdurre la partecipazione popolare per
mezzo di referendum e iniziative popolari. Una delle camere del
parlamento viene eletta indirettamente. Il modello FOCJ invece è
orientato al processo. Solo poche regole istituzionali sono
prefissate. La maggior parte degli aspetti non è regolamentata.
Poichè le decisioni in un sistema FOCJ sono prese in modo
democratico, esse devono essere accettate e non dovrebbero essere
limitate o predeterminate dall'esterno. È difficile rendere
legittima una tale interferenza esterna.
Un'altra importate
proposta è stata presentata dal CEPR (cfr. CEPR 1995) ed è già
stata discussa nel paragrafo 5.2. L'obiettivo principale degli autori
(tra gli altri Mathias Dewatripont, Francesco Giavazzi, Jürgen von
Hagen, Torsten Persson, Andrè Sapir, e Guido Tabellini) era di
combinare una maggiore flessibilità con una maggiore integrazione
politica. Essi propongono un'integrazione che chiamano 'flessibile' a
partite dalle aree politiche invece che dagli stati membri. Esiste
una base comune che deve essere osservata da tutti i paesi. Non è
limitata alla garanzia delle quattro libertà fondamentali e
comprende programmi come le politiche strutturali e la PAC, che
servono a rendere il mercato unico politicamente accettabile. Inoltre
le misure per l'armonizzazione fiscale sui capitali e per coordinare
la politica monetaria in modo appartengono alla base comuneda
includere nella costituzione europea.
Gli stati membri
possono decidere di partecipare in partnerships aperte dalle
quali sperano di trarre benefici. Queste aree includono la moneta
unica e la Carta sociale. Il rapporto non menziona i paesi che
dovrebbero partecipare a questi programmi e quali no, potendo così
co-determinare i dettagli di tali partnerships aperte. Tali
relazioni dovrebbero essere fondate su regole di 'buon comportamento'
nei confronti di altri paesi dell'Unione. Ad esempio, la politica
monetaria non dovrebbe prevedere la svalutazione competitiva di
valute nazionali.
La proposta del CEPR
presenta alcuni aspetti di somiglianza con le FOCJ, in particolare
l'attenzione per singole aree di azione politica. La stessa cosa vale
per la base comune che dovrebbe valere per tutti. Tuttavia il
concetto di FOCJ presume anche un numero di regole molto inferiore da
inserire nella base comune, le libertà del mercato unico e la quinta
libertà, che consiste nella possibilità di stabilire liberamente
FOCJ . I programmi di redistribuzione forzata in generale non sono
consistenti con l'approccio FOCJ. In caso siano i cittadini a
richiedere questi programmi, sorgerà una FOCJ esclusivamente per
questo scopo. Nè il coordinamento nè la redistribuzione devono
essere imposte da autorità superiori. Non è neanche necessario nè
desiderabile che le competenze dei vari livelli di governo siano
fissate una volta per tutte. La proposta del CEPR sembra voler dotare
di un contenuto più certo il principio di sussidiarietà, che si è
rivelato vuoto, ma questo approccio dà un'importanza molto inferiore
ai vantaggi che possono essere raggiunti tramite il decentramento e
la partecipazione diretta dei cittadini proposto da noi nel sistema
di governo FOCJ.
LETTURE DI
APPROFONDIMENTO
Sugli elementi
federalistici dell'Unione Europea e negli stati membri si veda:
Hesse,
Joachim; Wright, Vincent: Federalizing Europe? The Costs, Benefits
and Preconditions of Federal Political Systems, Oxford University
Press, Oxford 1996
Vaubel,
Roland: The Centralization of Western Europe - The Common Market,
Political Integration and Democracy, Institute of Economic Affairs,
London 1995
Per il decentramento
nei vari paesi europei:
Goldsmith,
M.; Klausen, K. (eds.): European Integration and Local Government,
Edward Elgar, Cheltenham 1997
Sul concetto di
sussidiarietà:
Centre
for European Policy Research: Making Sense of Subsidiarity - How much
Centralization for Europe?, London 1993
Feld,
Lars; Kirchgässner, Gebhard: Omne Agens Agendo Perficitur - The
Economic Meaning of Subsidiarity, in: Holzmann, Robert (ed.):
Maastricht - Monetary Constitution Without Fiscal Constitution?,
Nomos, Baden Baden 1996
Hösli,
Madeleine: The Political Economy of Sudsidiarity, in: The Political
Economy of European Integration, European Institute of Public
Administration, Amsterdam 1995: 63-89
Per un'analisi delle
tendenze centralistiche a livello europeo si veda:
The
Political Economy of Centralization and the European Community,
Public Choice 81, 1994: 151-190
Per discussioni
dell'armonizzazione fiscale contro la concorrenza fiscale si veda:
Frey,
Bruno; Eichenberger, Reiner: To Harmonize or Compete? That is not the
Question, Journal of Public Economics 60, 1996: 335-349
Kirchgässner,
Gebhard; Pommerehne, Werner: Institutional Competition vs.
Centralization: Quo Vadis Europe?, Oxford Review of Economic Policy
9, 1996: 15-30
Sinn,
Hans Werner: How Much Europe? Subsidiarity, Centralization and Fiscal
Competition, Scottish Journal of Political Economy 41, 1994: 85-107
Sull'importanza dei
gruppi di pressione si veda:
Andersen,
Svein; Eliasson, Kjell: European Community Lobbying, European Journal
of Political Research 20,1991: 173-187
Mazey,
Sonia; Richardson, Jeremy: Interest Groups in the European Community,
in: Richardson, Jeremy (ed.): Pressure Groups, Oxford University
Press, Oxford 1993
Sulle proposte
costituzionali:
Petersmann,
Ernst Ulrich: Proposals for a New Constitution for the European Union
- Building Blocks for a Constitutional Theory and Constitutional Law
of the EU, Common Market Law Review 32, 1995: 1123-1175
Schmidtchen,
Ernst Dieter; Cooter Robert (eds.): Constitutional Law and Economics
of the European Union, Edward Elgar, Cheltenham 1997
Buchanan,
James: An American Perspective on Europe's Constitutional
Opportunity, Cato Journal 10, 1991: 619-629
CEPR -
Centre for European Policy Research: Flexible Integration: Toward a
More Effective and Democratic Europe, European Policy Forum, London
1993
Herman,
Ferdnand: Zweiter Bericht des institutionellen Ausschusses über die
Verfassung der Europäischen Union, Europäisches Parlament -
Sitzungsdokumente (A3-0064/94)
Teutemann,
Manfred: Rationale Kompetenzverteilung im Rahmen der europäischen
Integration, Duncker & Humblot, Berlin 1992
Weidenfeld,
Werner et al. (eds.): Europe '96 -
Reforming the European Union, Bertelsmann, Gütersloh 1994
Schneider,
Friedrich: The Design of a Minimal European Union: Some Ideas Using
the Public Choice Approach, in: Schneider, Friedrich; Pardo, Jose
(eds.): Current Issues in Public Choice, Edward Elgar, Cheltenham
1996
7. Un sistema di governo FOCJ per l'Europa
In questo capitolo
esaminiamo l'applicazione del sistema di governo FOCJ al caso
dell'Unione Europea. In particolare ci occupiamo di come le politiche
dell'Unione possano migliorare il federalismo specialmente nelle
regioni (paragrafi 7.1) e delle condizioni necessarie per l'emergere
di una rete di FOCJ. Infine esaminiamo le possibilità di un
federalismo più forte, in particolare di un sistema di tipo FOCJ a
livello dell'Unione Europea.
7.1 Federalismo e
regionalismo nell'Unione Europa: la situazione attuale
7.1.1 Le
politiche comunitarie
Quella regionale è
una politica molto importante nell'Unione Europea ed essa viene
intrapresa anche molto attivamente. Il suo maggior obiettivo è di
ridurre le disparità di livelli di reddito tra i paesi membri
dell'Unione e quindi di raggiungere uno sviluppo definito
'armonioso'. Questo obiettivo viene enunciato esplicitamente nel
prambolo al Trattato di Roma, ma fino alla metà degli anni 70 non è
stato fatto molto in materia regionale, soprattutto perchè il Fondo
Agricolo Comunitario ha assorbito una buona parte delle risorse
disponibili. Nel 1975 fu fondato il Fondo Regionale Europeo. Il suo
obiettivo principale era di sostenere i governi nazionali nelle loro
politiche regionali. A seguito della riforma degli anni 80 furono
stabiliti dei criteri di reddito per accedere ai mezzi di questo
fondo. L'obiettivo del Fondo era di complementare le risorse
nazionali per lo sviluppo regionale, non di sostituirle. L'Atto
Singolo Europeo ha rinforzato la richiesta di una politica attiva di
redistribuzione all'interno dell'Unione Europea (art. 130A). Nel 1988
sono stati introdotti i Fondi Strutturali, molti dei quali sono
orientati in senso geografico specifico. L'accesso alle risorse di
questi fondi avviene attraverso la mediazione dei governi nazionali,
ovvero le regioni devono far conto sui loro governi per accerdervi e
non possono quindi perseguire politiche indipendenti. I Fondi
Stutturali sono stati fondati a seguito di trattative dure tra gli
stati membri. La Commissione tuttavia ha cercato di stabilire dei
rapporti diretti con gli organi regionali dei paesi membri. Il
Trattato di Maastricht ha istituito un Comitato delle Regioni che ha
il compito di mantenere le fila dei contatti tra la Commissione e le
regioni.
Diversi dei Fondi
Strutturali sono pensati per regioni che si estendono al di là dei
confini amministrativi. Nel 1990 è partita un'iniziativa per
superare le divisioni amministrative tradizionali nazionali e
sopranazionali e per stabilire una rete di cooperazione più intensa.
Come è evidente, la
politica regionale europea va dall'alto verso il basso e opera per
mezzo di trasferimenti monetari. Non viene contemplata la possibilità
di consentire alle regioni di sviluppare queste politiche dal basso.
Ciò si riflette nel fatto che la ripartizione dei fondi viene decisa
dai governi nazionali mentre gli interessi delle popolazioni locali
non vengono tenuti in gran conto. Le politiche regionali europee non
sono affatto radicate in processi politici democratici e non c'è
nessuna intenzione di far sviluppare strutture politiche decentrate.
Non ci potrebbe essere un conflitto più grande con il sistema di
governo FOCJ da noi proposto.
7.1.2 Le
situazioni regionali
Molte associazioni
hanno chiesto che le regioni potessero partecipare al processo
politico sopranazionale. Ha iniziato nel 1971 l'Associazione delle
Regioni di Frontiera. Nel 1985 è stata fondata l'Assemblea delle
Regioni Europee che oggi conta 300 membri da 23 paesi. Nell'Unione
Europea le regioni hanno trovato riconoscimento dal Trattato di
Maastricht, che ha fondato il Comitato delle Regioni. Si tratta di un
corpo consultivo delle istituzioni sopranazionali che agisce sulle
decisioni comunitarie di interesse regionale. La consultazione è
obbligatoria per decisioni in fatto di formazione, cultura, salute
pubblica, reti transeuropee, la coesione economica e sociale, e, a
partire dal Trattato di Amsterdam, anche in materia di lavoro,
ambiente e politica dei trasporti. Il termine regione non si
riferisce più ad aree geografiche ma ad aree amministrative
preesistenti, che di volta in volta possono essere notevolmente
diverse tra loro, come ad esempio degli stati (Land tedesco o
Bundesland austriaco), regioni (Italia) o regiones autònomas
(Spagna) o dei cantoni (Svizzera). Si tratta di giurisdizioni
estremamente diverse tra loro sono solo per dimensione, ma anche per
tipologia di responsabilità. In particolare i loro poteri fiscali
appaiono pesantemente vincolati da tutte le parti.
L'Austria e la
Germania formalmente sono paesi federali, i Länder hanno pieno
potere sulla propria struttura costituzionale. I limiti a cui vengono
sottoposti tuttavia sono piuttosto stringenti. Nel nostro contesto
decisivi sono i poteri fiscali. I Länder austriaci e tedeschi non
hanno una grande autonomia fiscale, dipendono fortemente dai
contributi che essi ricevono dal governo federale. Quindi, i politici
dei Länder sono anche fortemente orientati alla 'centrale', dalla
quale cercano di ottenere quanti più finanziamenti possibili
attraverso attività di lobbying.
In Italia ci sono 20
regioni, due delle quali sono isole, tre regioni regioni di frontiera
sono dotate di un'autonomia speciale. Esiste la richiesta di formare
una 'regione europea' costituita dal Sud Tirolo, dal Trentino e dal
Bundesland austriaco del Tirolo. Le regioni italiane hanno
un'autonomia finanziaria molto limitata. Ci sono continui tentativi
in corso per aumentarla, ma è dubbio se le autorità centrali a Roma
saranno mai disposte a fare un qualsiasi passo decisivo in tale
direzione. Sarebbe un passo notevole di distacco dalla tradizione
dello stato centralistico che è stata propugnata fin
dall'unificazione.
In Francia l'Alsazia
è stata in certi tempi storici francese in altri tedesca. Anche la
Savoia, divisa nei departements di Savoia e di Alta Savoia, ha
recentemente avanzato richieste di maggiore autonomia dal centralismo
parigino. L'annuncio della formazione di uno stato sovrano nel 1996
non è stato preso seriamente, ma ha mostrato come anche qui domande
regionali assumano maggiore importanza. In Corsica, come noto, si è
giunti ad usare il terrorismo per raggiungere l'autonomia regionale.
La Vallonia e le
Fiandre in Belgio sembra che si siano notevolmente divise. Esiste
anche il pericolo che lo stato nazionale stesso si disintegri.
L'iniziativa è stata presa soprattuto dai Fiamminghi. Negli ultimi
25 anni in Belgio è stata raggiunta una notevole regionalizzazione,
ma a seguito di varie revisioni costituzionali le Fiandre, la
Vallonia e Bruxelles hanno assunto lo stati di regioni completamente
autonome, con un governo centrale che si occupa di questioni
economiche, culturali e della politica estera. Bruxelles è la
capitale dell'Europa, ma è anche una enclave all'interno della
comunità fiamminga (il 90% degli abitanti parla però francese). Il
decentramento del Belgio si è verificato soprattutto sulla base di
divisioni 'etiche' e linguistiche.
Anche in Spagna, uno
stato tradizionalmente centralista, le regioni hanno assunto
un'importanza crescente. In Catalogna e in Galizia ciò si è
verificato con mezzi per lo più pacifici, ma il terrorismo continua
a giocare un ruolo importante nel processo di autonomizzazione dei
paesi baschi. Anche in Inghilterra si è assistito a forme di
violenza che hanno accompagnato processi di autonomizzazione, come
nel caso dell'Irlanda del Nord. Non esistono rivendicazioni
regionalistiche nei Paesi Bassi e in Scandinavia.
7.1.3 Il sistema
FOCJ come soluzione
La discussione di
cui sopra ci conduce a quattro conclusioni:
1. Le politiche
regionali dell'Unione Europea consistono essenzialmente nella
ripartizione di sovvenzioni. Ciò non ha molto a che fare con il
principio di riconoscere le preferenze a livello regionale. Non viene
fatto alcuno sforzo concreto di migliorare le possibilità di
partecipazione dei cittadini a livello regionale e non ci sono molte
speranze che questo cambi in futuro in quanto i governi degli stati
membri hanno un interesse ad opporsi a tali sviluppi.
2. Nell'Unione
Europea esistono tre conflitti regionali importanti, quello basco,
quello corso e quello dell'Irlanda del Nord. Durano ormai da anni e
tutte le parti coinvolte fanno uso di violenza. Si potrebbe anche
dire che esistono delle 'guerre' all'interno dell'Unione Europea.
L'Unione non è in grado di fornire una soluzione pacifica per
questi conflitti, neanche di mitigarli.
3. I movimenti
regionalistici pacifici non hanno granchè a che fare con l'Unione
Europea. Essi non comprendono sè stessi come parti del processo
politico dell'Unione Europea, ma intendono perseguire obiettivi
propri. La costituzione esistente dell'Unione Europea non offre loro
granchè in sostegno delle loro richieste di maggiore autonomia.
4. L'Unione Europea
non è indispensabile per formare delle associazioni al di là dei
confini amministrativi. La Svizzera formalmente non fa parte
dell'Unione, ma può dare molti esempi in merito. Dopo il referendum
popolare del 1992 che ha respinto l'entrata nell'EFTA i cantoni ai
confini hanno intrapreso varie iniziative per ovviare al pericolo di
un isolamento. La Svizzera attualmente è collegata con tutti i paesi
confinanti da associazioni transfrontaliere:
● La regione
dell'Oberrhein era un tempo conosciuta come regio basiliensis,
pur comprendendo parti di Germania Francia e Svizzera.
● Alla Conferenza
del Lago di Costanza partecipano il Bundesland austriaco di
Vorarlberg, i Länder tedeschi del Baden-Württemberg e della Baviera
e cinque cantoni svizzeri.
● La Regione dei
Reti riunisce il cantone dei Grigioni con le regioni confinanti
dell'Austria e dell'Italia.
● La Regione
Insubrica comprende Varese, Novara, Como e il cantone italiano del
Ticino.
● Il Conseil du
Léman include l'Alta Savoia, Ain e tra cantoni svizzeri.
● La Communautè
de Travail du Jura comprende la Franche-Comté e quattro cantoni
svizzeri.
L'importanza di
queste associazioni transfrontaliere fino ad ora non è molto grande.
Ciò che conta tuttavia è che sono emerse al di fuori delle
struttura formale imposta dall'alto verso il basso tipica dell'Unione
Europea.
I movimenti
regionali, le associazioni e le giurisdizioni di cui abbiamo parlato,
hanno un denominatore comune: fanno riferimento a dei territori. Le
FOCJ di cui noi parliamo presentano un modo alternativo di costituire
rapporti di cooperazione transfrontalieri. Esse sono basate sulla
cooperazione specializzata funzionalmente. Soprattutto non
presuppongono la secessione da strutture nazionali preesistenti. La
Corsica, ad esempio, non ha bisogno di uscire dallo stato francese
per cooperare meglio con governi regionali italiani o spagnoli in
aree politiche importanti, come ad esempio la cultura e la lingua. La
secessione dalla madrepatria è un passo che evoca molte emozioni non
necessarie e che impedisce soluzioni alternative. Ugualmente le
municipalità dell'Irlanda del Nord si potrebbero associare con
quelle Irlandesi per svolgere in comune qualche funzione particolare
e farne delle altre con municipalità e regioni britanniche, venendo
a formare delle vere e proprie giurisdizioni transfrontaliere.
Non si può predire
come agirebbe una tale FOCJ in un'area di crisi in quanto alla fine
dei conti sono i partecipanti a dover decidere dove andare e il
risultato non può essere predeterminato o imposto dall'esterno o
dall'alto. Ciò che è necessario invece è stabilire le condizioni
adatte per l'emergere di tali FOCJ. Attualmente ciò appare
impossibile in quanto le municipalità non dispongono delle
competenze per intraprendere tali programmi. In particolare non
dispongono delle necessarie competenze fiscali. Solo se queste
condizioni esistono ci si può aspettare che un dato compito (come
per esempio la raccolta dei rifiuti o il trattamento delle acque
inquinate) possa essere assolto con successo da delle FOCJ. È da
aspettarsi che questo tipo di funzioni possono essere svolte meglio
da delle FOCJ che non da istituzioni statali che tendono a mescolare
problemi funzionali con problemi politici, religiosi e con ideologie
etniche. L'analisi dei conflitti militari rivela come i cittadini
coinvolti nei conflitti almeno sarrebero stati in grado di stabilire
una cooperazione su base puramente funzionale. Ad esempio nella prima
guerra mondiale le linee di comunicazione tendevano ad essere
risparmiate in quanto da esse dipendevano in rifornimenti di cibo di
tutti gli eserciti (cfr. Axelrod 1984). Nella maggior parte delle
guerre i prigionieri vengono scambiati (cfr. Frey 1992, cap. 8) e
sorgono mercati neri per lo scambio di beni. Tali tipi di
cooperazione su base puramente funzionale tendono anche a ridurre le
barriere ideologiche in quanto i partecipanti verificano che il loro
livello di benessere migliora a seguito della cooperazione.
Ovviamente tutto dipende dalle aspettative. Non esistono alternative
facili a conflitti violenti. Tuttavia è più promettente proseguire
sulla strada della cooperazione funzionale piuttosto che rimanere
attaccati a schemi statalistici che si sono rivelati totalmente
fallimentari in passato.
Il sistema di
governo FOCJ ovviamente è più utile in condizioni di pace. A priori
tuttavia non si può stabilire in quali aree politiche esso si possa
applicare meglio e in che situazione le giurisdizioni si verranno a
trovare in quanto questo dipende essenzialmente dagli individui e
dalle municipalità che partecipano a processi di questo tipo.
Tuttavia si può pensare a una varietà di FOCJ. Ad esempio potrebbe
esistere un FOCUS che fornisce esclusivamente servizi di educazione
linguistica ai bambini francesi dell'Alsazia e del Baden sia sul lato
sinistro sia su quello destro del Reno. Se un tale FOCJ emergerà o
meno dipenderà dall'esistere o meno delle condizioni necessarie per
la sua fondazione, che è l'argomento di cui ci occupiamo nel
paragrafo successivo.
7.2 Le condizioni
per il sorgere di FOCJ
Il sistema di
governo FOCJ è orientato al processo, quindi è possibile
esclusivamente identificare delle condizioni che ne favoriscano
l'emergere e la possibilità che emergano. A priori non si può
stabilire in quali aree politiche si possano formare delle FOCJ e
come esse espleteranno le loro funzioni. La nostra proposta si
allinea alla teoria economica della costituzione che si concentra sui
processi politici, che a loro volta determinano i risultati.
È utile distinguere
le le condizioni che definiamo base comune dalle condizioni che sono
necessarie per farle emergere.
7.2.1 La base
comune
Le FOCJ
presuppongono un dato livello di concorrenza economica e politica per
espletare correttamente le loro funzioni. Solo se i mercati sono
aperti le FOCJ possono produrre gli effetti benefici di cui abbiamo
parlato sopra, soddisfacendo le preferenze individuali a livello
locale. Come spesso accade, molti individui possiedono incentivi
notevoli a sovvertire il funzionamento dei mercati e cercano di
stabilire posizioni di mercato che danneggiano gli altri cittadini.
Per questo motivo la costituzione deve assicurare che la concorrenza
economica e politica resta a livelli soddisfacenti. È necessaria
un'autorità per la concorrenza che osservi se i due mercati si
mantengono sufficientemente aperti:
(a) I mercati
economici devono consentire l'entrata di nuovi concorrenti. In
particolare devono essere garantite le quattro libertà fondamentali
del libero movimento dei beni e dei servizi, quella del lavoro e del
capitale.
(b) I mercati
politici devono essere basati sulla concorrenza senza vincoli per il
voto dei cittadini; inoltre devono essere garantiti i diritti
democratici. L'agenzia per la concorrenza deve stabilire i prezzi
massimi per l'entrata e per l'uscita nei e dai FOCUS. Se questi
prezzi sono troppo alti, l'entrata nei FOCUS è resa più difficile,
la mobilità viene frenata e sorgono posizioni monopolistiche. Questi
prezzi tuttavia sono necessari per garantire ai cittadini e alle
municipalità che chi entra e chi esce non ottenga dei profitti a
costo di altri, in quanto ciò distruggerebbe le fondamenta delle
FOCJ. Ci devono essere regole che impediscano ai cittadini di
sottrarsi alla partecipazione solidale di produrre certi beni
pubblici. Per esempio chi non ha figli o chi ha figli che non sono
più in età scolastica deve poter essere costretto a partecipare al
finanziamento dei servizi di educazione generale. Non basta però
semplicemente obbligare ciascuno a appartenere a un FOCUS scolastico.
Potrebbero infatti sorgere dei FOCUS che sembrano occuparsi di scuola
e invece non offrono veri servizi di educazione, però impongono
contributi fiscali estremamente bassi. L'appartenenza obbligatoria in
tal caso deve essere accompagnata da standards minimi di
prestazioni. L'autorità della concorrenza dever avere il potere di
potere intervenire quando queste condizioni non vengono soddisfatte.
Si tratta di un compito che deve essere regolamentato a livello
costituzionale. La soluzione di delegare questi compiti ad
istituzioni statali, politiche o amministrative, sarebbe sbagliata.
Esse hanno un interesse a rendere il funzionamento delle FOCJ il più
complicato possibile e quindi anche di prevenirne la fondazione.
L'istituzione preposta a questa funzione dovrebbe essere quanto più
possibile obiettiva. Una possibilità consiste nell'affidare tale
compito alle corti costituzionali (nel caso dell'Unione Europea alla
Corte di Giustizia), anche se questa tende a favorire gli interessi
nazionali rispetto a quelli regionali. Tuttavia una corte è più
adatta ad assolvere i compiti di una autorità per la concorrenza
politica che non istituzioni statali nazionali.
7.2.2 La libertà
di fondare FOCJ
Un sistema di
governo FOCJ può emergere solamente se sono soddisfatte delle
condizioni positive e delle condizioni negative:
(a) La formazione e
il funzionamento del sistema FOCJ devono essere garantiti
costituzionalmente. Alle giurisdizioni deve essere consentito di
strutturarsi come enti di diritto pubblico con poteri (limitati) di
coazione. Il potere impositivo senza dubbio è essenziale per fornire
servizi pubblici. Questo potere troverà sempre degli sfidanti in
altri livelli di governo (nazionale, provinciale ecc.) in quanto
queste giurisdizioni sono costrette a rinunciare a parte delle loro
base fiscali. Quindi è di importanza fondamentale che il potere
fiscale delle FOCJ - sia di quelle esistenti sia di quelle che
verrano create - sia costituzionalmente garantito.
Il potere di
costituire FOCJ deve essere attribuito sia a singoli individui sia a
municipalità. Chi apparterrà o meno alle singole FOCJ dipenderà
invece essenzialmente dalle funzioni che esse sono chiamate ad
espletare. È possibile ad esempio che i cittadini individualmente
costituiscano un FOCUS particolare per la fornitura di servizi
pubblici educativi. In altri campi, come la raccolta delle acque per
esempio, potrebbero essere le municipalità a riunirsi per costituire
un FOCUS. La costituzione tuttavia non dovrebbe stabilire a priori se
le FOCJ debbano essere costituite da individui o da municipalità,
essa dovrebbe semplicemente consentire entrambe le opzioni.
(b) I livelli di
governo esistenti non dovrebbero avere il potere di bloccare la
costituzione di FOCJ. In particolare ciò ha come corollario che i
membri di un FOCUS che fornisce un particolare servizio non possono
essere costretti a pagare le tasse per lo stesso servizio nella
giurisdizione precedente. L'autorità che regolamenta la concorrenza
politica deve poter costringere i fornitori dei servizi a rendere
noti pubblicamente i costi dei servizi e a ridurre in modo
corrispondente il carico fiscale dei membri che escono parzialmente
da una giurisdizione e formano un FOCUS. La concorrenza potenziale
tra le FOCJ fornisce un incentivo sufficiente ai fornitori esistenti
di servizi pubblici di rendere noti i costi esatti dei loro servizi.
Certamente ad essi conviene sottovalutare i propri costi per rendere
meno attraente la prospettiva di uscite parziali. Lo svantaggio è
che servizi alternativi diventano attraenti e quindi inducono a
fenomeni di uscita nella misura in cui le varie imposte di sommano
fino a produrre il carico fiscale totale.
L'autorità per la
concorrenza politica ha il compito di provvedere a che le riduzioni
di imposte degli individui e dei comuni che escono da un FOCUS o da
una FOCJ vengano ridotte in modo corrispondente. Per rendere
trasparente il mercato politico e per rafforzare gli incentivi atti a
rivelare i costi veri delle attività politiche potrebbe essere
opportuno che le imposte applicate ai servizi pubblici vengano rese
note non solo ai cittadini che intendono uscire, ma anche a quelli
che vorrebbero entrare. Ciò limiterebbe l'incentivo ai fornitori
attuali di ammettere sconti impositivi troppo bassi a coloro che
escono in quanto essi rischiano di perdere contributi fiscali sia dai
loro membri presenti sia di quelli futuri. Bisogna ovviamente tenere
conto del fatto che le unità di gestione politiche tendano a
impiegare metodi di contabilità creativa per rendere più
svantaggioso il cambio con nuovi concorrenti. Il compito
dell'autorità della concorrenza quindi non è facile da svolgere.
Di nuovo pare che
una corte costituzionale sia l'entità più appropriata ad assumere
il ruolo di autorità della concorrenza politica. Essendo necessario
monitorare un numero molto grande di imposte, deve fare affidamento
su di un'agenzia specializzata come una corte dei conti, che dispone
delle conoscenze sulle grandezze economiche coinvolte in questo tipo
di valutazioni.
7.3 Le
prospettive del federalismo in Europa
La possibilità che
le FOCJ si concretizzino almeno in parte in una struttura di governo
dipendono fortemente dal futuro del federalismo in Europa, in
particolare nel contesto dell'Unione Europea.
Non si tratta di
sminuire il successo del metodo di integrazione seguito dall'Unione
Europea, specialmente al confronto con l'EFTA. L'Unione Europea
economicamente è stata molto produttiva nell'imporre le quattro
libertà riguardanti la mobilità di beni, servizi, capitale e
lavoro. L'apertura dei mercati ha fatto crescere in modo permanente i
tassi di crescita. Secondo gli studi fatti, che tuttavia non sono
molti, l'integrazione europea ha fatto aumentare il tasso di crescita
tra lo 0,2 e lo 0,5% all'anno. Tuttavia è da notare che
l'appartenere all'Unione Europea o all'EFTA ha avuto all'incirca lo
stesso impatto sulla crescita (cfr. Henrekson et al. 1997). L'impatto
sul tasso di crescita non sembra essere stato molto alto, tuttavia ha
condotto a una crescita rapida dei redditi pro capite nei paesi
membri nel lungo termine.
Per quanto riguarda
l'occupazione i risultati dell'Unione Europa tuttavia sono rimasti
deludenti. Il tasso medio di disoccupazione nel 1997 era dell'11%, ma
in Spagna era al di sopra del 20%, mentre in Finlandia e in Italia
era al 12%. La disoccupazione resta un problema serio anche nei paesi
più importanti: in Francia è intorno al 12%, in Germania
(occidentale) intorno al 9%. Questi tassi di disoccupazione vanno
confrontati con quelli degli USA (intorno al 4,5%) e del Giappone
(intorno al 4%), ma sono piuttosto bassi anche nei paesi membri
dell'EFTA.
Il processo di
integrazione potrebbe essere considerato un successo anche dal punto
di vista politico in quanto senza dubbio ha contribuito a prevenire
nuove guerre tra le nazioni europee. Tuttavia è anche possibile che
il nesso causale vada nella direzione opposta. Potrebbe essere stata
proprio la pace prolungata e l'assenza di conflitti bellici a aver
favorito l'integrazione economica dei paesi europei. Come noto,
l'Unione Europea non ha contribuito direttamente alla prevenzione di
conflitti militari all'interno degli stati membri stessi. I
terrorismi nordirlandese, basco e corso sono stati sempre considerati
dei problemi interni dei rispettivi paesi, un punto di vista che non
è mai stato cambiato da quando esiste la Comunità Europea.
La legittimità
democratica dell'Unione Europea viene universalmente giudicata
insufficiente. L'approvazione dei cittadini per l'Unione Europea è
ben distante dall'essere universale. Nella tabella 7.1 riportiamo i
risultati di un sondaggio dell'Eurobarometro del novembre 1997
Tabella 7.1
Valutazione dell'Unione European nei vari stati membri, nov. 1997
|
Appartenere alla UE
... è un bene (in %) |
... è un male (in %) |
Irlanda |
83
|
3
|
Paesi Bassi |
76
|
9
|
Lussemburgo |
71
|
10
|
Italia |
69
|
6
|
Grecia |
60
|
8
|
Portogallo |
56
|
6
|
Spagna |
53
|
9
|
Danimarca |
53
|
22
|
Francia |
48
|
14
|
Belgio |
42
|
18
|
Finlandia |
39
|
25
|
Germania |
38
|
15
|
Gran Bretagna |
36
|
23
|
Svezia |
31
|
46
|
Austria |
31
|
24
|
Fonte: Eurobarometro
no. 48, 1998
La tabella mostra
come in sette paesi - Francia, Belgio, Finlandia, Germania, Gran
Bretagna e Austria - solo meno della metà degli intervistati
considerano l'Unione Europea una 'cosa buona'. In quasi tutti i paesi
- con l'eccezione della Svezia - esiste una minoranza che considera
l'Unione Europa una 'cosa cattiva'. Dopo il 1991 l'approvazione per
l'Unione Europea è caduta drasticamente, come mostrano entrambi gli
indicatori dell'Eurobarometro. La figura 7.1 mostra l'evolversi
dell'approvazione dell'Unione Europea dal 1973 al 1997.
L'indicatore di
appartenenza è dato dal numero di risposte positive alla domanda 'In
generale, secondo lei l'appartenenza del suo paese all'Unione Europea
è un fatto positivo, negativo o indifferente?'.
L'indicatore dei
benefici è dato dal numero di risposte positive alla domanda
'Considerando tutto, secondo lei il suo paese trae un beneficio netto
dalla sua appartenenza all'Unione Europea?'.
Figura 7.1
L'evoluzione dell'approvazione dell'Unione Europea dal 1973 al 1997
(medie annuali)
/figura qui, non
riproducibile/
Fonte: Eurobarometro
1974-1998
Si vede chiaramente
che a partire dal 1991 l'approvazione ha subito un netto declino. Nel
1997 entrambi gli indicatori hanno raggiunto un minimo storico.
Questo trend è abbastanza allarmante e non si limita affatto ai
nuovi membri ma lo si riscontra in tutti i paesi membri. In Belgio
per esempio, la valutazione positiva dell'appartenenza è cresciuta
dal 1981 al 1991 dal 53% al 73%, ma nel 1997 è caduta al 47%. In
Germania è cresciuta nello stesso arco di tempo dal 54%al 68% per
cadere nel 1997 al 38%; in Francia è cresciutadal 52% al 67% e nel
1997 è caduta la 48%. È probabile che queste tendenze siano
determinate dai problemi di cui abbiamo parlato sopra, che sono stati
resi più acuti dal Trattato di Maastricht.
I sondaggi di
opinione ovviamente sono di utilità limitata. I valori possono
essere influenzati da tendenze di breve periodoe dalla tendenza a
dare risposte superficiali. Alcune delle domande poi non sono
abbastanza concrete e i rispondenti tendono ad interpretarle
diversamente. Ad esempio all'introduzione dell'Euro si discuteva
intensamente sulla moneta unica. In Germania tra il 55% e il 60%
della popolazione era contro l'introduzione dell'Euro. Tuttavia solo
il 10% dei tedeschi credevano che appartenere all'Unione Europea
fosse qualcosa di negativo, benchè l'Euro fosse una conseguenza
quasi inevitabile dell'appartenenza all'Unione Europea (almeno per la
Germania). Inconsistenze di questo tipo sono riscontrabili anche
negli altri paesi europei, la media europea dei contrari alla moneta
comune era di circa il 35%, mentre più del 50% erano in favore (cfr.
Eurobarometro 1992-1995). Esiste anche evidenza che le risposte
all'Eurobarometro sono influenzate dalle conseguenze utilitaristiche
della politica di integrazione.
Oltre al deficit
democratico, sono stati spesso criticati gli sprechi e le inefficenze
dei programmi redistributivi su larga scala dell'Unione Europea. La
stessa cosa vale per il numero crescente di regolamentazioni
dell'Eurocrazia, che talvolta appaiono veramente grottesche. Uno dei
difetti fondamentali dell'Unione Europea è il fatto che sono state
trascurate le istituzioni del federalismo nel suo sviluppo. Come
abbiamo già visto, l'Unione Europea attribuisce la posizione
preminente agli stati membri, mentre non tenta di rafforzare le
strutture decisionali locali e gli interessi regionali. Anche la
stessa politica regionale europea contribuisce poco al miglioramento
di questa situazione, anzi il fatto che essa viene imposta dall'alto
verso il basso accresce la dipendenza dei livelli inferiori di
governo da quello nazionale.
Il sistema di
governo FOCJ rappresenta un'alternativa radicale: esso nasce dal
basso e dal basso autofinanzia ogni sua attività. Quindi le
giurisdizioni inferiori in un sistema di governo FOCJ non dipendono
dalla benevolenza di quelle superiori e possono perseguire gli
interessi propri dei cittadini locali. Come abbiamo visto nel
capitolo 5, i sistemi di tipo FOCJ hanno una trazione anche nella
storia europea. La varietà che da sempre caratterizza l'Europa è da
prendere seriamente. Il sistema di governo FOCJ estende proposte che
vengono discusse sotto le etichette Europa à la carte, a
geografia variabile, a cerchi concentrici o a velocità variabile.
Il sistema di
governo FOCJ è un sistema che promette di raggiungere l'integrazione
politica senza sacrificare la democrazia e la varietà. Si tratta di
un'opzione attuabile per allargare e per approfondire il processo di
integrazione europea. Nel capitolo successivo argomenteremo che i
paesi dell'Europa dell'Est probabilmente non potranno diventare
membri dell'Unione Europea mantenendo intatto e imponendo loro
l'acquis communautaire. Le differenze di reddito sono troppo
grandi. I trasferimenti di risorse necessari per realizzare
l'integrazione appaiono impossibili. L'Unione Europea quindi è di
fronte all'alternativa di continuare a mantenere la sua struttura
attuale oppure di escludere la maggior parte dei paesi dell'Europa
dell'Est. Un'alternativa fattibile consiste invece nell'ammettere un
sistema FOCJ che consenta la realizzazione di un processo di
integrazione flessibile.
Il sistema di
governo FOCJ è anche in grado di approfondire l'integrazione
europea. Contrariamente a quanto comunemente si crede, ciò non
significa l'intensificazione dell'armonizzazione, ovvero
dell'unificazione, delle politiche economiche e sociali, l'obiettivo
deve invece essere una diversificazione crescente. Un sistema di
governo di tipo FOCJ può raggiungere un livello di integrazione
superiore attraversando i confini amministrativi attuali, in
particolare i confini nazionali.
Questo nuovo tipo di
federalismo si fonda sulla partecipazione diretta dei cittadini e su
forti istituzioni di democrazia diretta. Può essere considerato una
terza trasformazione storica del concetto di democrazia. La prima si
è verificata intorno alla prima metà del 500 a.C. Le città stato
autoritarie della Grecia furono trasformate in democrazie dalle
assemblee dei cittadini. La seconda grande trasformazione si è
verificata alla fine del 18° secolo, quando paesi geograficamente
grandi sono diventati democrazie rappresentative attraverso i
parlamenti. Adesso è venuto il momento per una terza trasformazione
che consenta ai cittadini forme di partecipazione democratica
autentiche. Da questo punto di vista l'Unione Europea si sta muovendo
nella direzione sbagliata. La stessa cosa vale per le proposte di
riforma tendenti a rafforzare il Parlamento Europeo e la Corte di
Giustizia Europea. Le FOCJ sono una possibilità concreta di
migliorare le possibilità di partecipazione diretta dei cittadini in
modo efficace trasferendo le decisioni politiche al livello più
appropriato per il problema da risolvere.
LETTURE DI
APPROFONDIMENTO
La politica
regionale dell'Unione Europea è descritta in:
Commission
of the European Communities: The Regions in the 1990es, Office for
Official Publication of the European Community, Luxembourg 1991
Cappelin,
Ricardo; Batey, P. (eds.): Regional Networks, Border Regions and
European Integration, Pion, London 1993
Eskelinen,
Heikki; Snickars, Folke (eds.): Competitive European Peripheries,
Springer, New York 1995
Sulle regioni di
confine si veda:
Association
of European Border Regions: Linkage Assistance and Cooperation for
the European Border Regions - Cross-Border Cooperation in Practice,
Euregio, Gronau 1991
Sulla Corte di
Giustizia Europea si veda:
Rasmussen,
Hjalte: On Law and Policy in the European Court of Justice, Nijhoff,
Dordrecht 1986
Sulle possibilità e
le difficoltà delle corti dei conti si veda:
Frey,
Bruno: Supreme Auditing Institutions: A Politico-Economic Analysis,
European Journal of Law and Economics 1, 1994: 169-176
Sull'abuso dei fondi
pubblici dell'Unione Europea si veda:
David
Hume Institute (ed.): Fraud on the European Budget, Edinburgh
University Press, Edingburgh 1996
Sulle trasformazioni
della democrazia:
Dahl,
Robert: A Democratic Dilemma - System Effectiveness versus Citizen
Participation, Political Science Quaterly 109, 1994: 23-34
PARTE TERZA: OLTRE L'EUROPA
8. L'Europa e il mondo
L'Europa oggi è
divisa in due: paesi dentro l'Unione Europea e paesi al di fuori. Se
si tiene conto dell'Europa occidentale, si nota come tutti i maggiori
paesi sono stati membri, con le eccezioni della Svizzera e della
Norvegia (e i piccoli stati di Monaco e del Liechtenstein). Le
istituzioni concorrenti dell'EFTA e dell'EEA sono diventate
trascurabili. Nell'Europa orientale un tempo dominata dall'Unione
Sovietica per ora non ci sono ancora stati membri dell'Unione
Europea. Tuttavia 10 paesi vogliono entrare nell'Unione: i tre stati
baltici, la Polonia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Romania e
la Bulgaria. Ci sono anche esempi di altri paesi che vorrebbero
diventare membri, come la Turchia, che ha chiesto di diventare membro
diversi anni fa, e anche Cipro e Israele sono interessati. Inoltre ci
sono ex-repubbliche jugoslave e ex sovietiche come la Bielorussia,
l'Ucraina e la Federazione Russa stessa che stanno pensando
seriamente di diventare membri.
È possibile che
l'Unione Europea in futuro si sviluppi al di là dell'Europa
occidentale. Non solo in direzione dell'Asia (Isreaele, Cipro, la
Turchia e parti della ex Russia Sovietica), ma anche molti paesi del
Nordafrica sono da considerare dei membri potenziali. Non è da
escludere neanche che i membri della NAFTA (North American Free Trade
Association) - Canada, USA e Messico - possano diventare membri
dell'Unione Europea.
Il maggior ostacolo
a un tale allargamento è l'acquis communautaire, ovvero il
requisito formale che tutti i membri dell'Unione Europea devono
accettarlo in toto come 'costituzione' dell'Unione. Oggi
appare piuttosto improbabile molti di questi paesi, in particolare
gli USA, possano essere disposti a rinunciare a parti consistenti
della propria costituzione per diventare membri. L'acquis
communautaire diventerà un grandissimo problema anche per i
paesi dell'Europa orientale che hanno buone possibilità di diventare
membri: Estonia, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovenia.
Inoltre anche il problema della redistribuzione è acuto. Se vengono
utilizzati i criteri di redistribuzione attuali, gli oneri sui membri
presenti dell'Unione Europea saranno notevoli, è anche possibile che
si rivelino troppo alti. Alcuni dei paesi che ricevono fondi sulla
base di criteri di 'armonizzazione' potrebbero perdere i loro
privilegi e diventare pagatori netti - una prospettiva certamente
poco attrattiva.
Ovviamente i
politici dell'Unione Europea sono ben coscienti di delle alternative
che hanno di fronte. Se decidono di imporre l'acquis communautaire
ed i flussi redistributivi con esso associati, ben pochi stati
saranno in grado di diventare membri. Senza essere membri della
grande zona di libero scambio in Europa occidentale è difficile
pensare a uno sviluppo economico sostenuto. L'esclusione potrebbe
condurre a problemi di ordine politico in questi paesi e forse anche
il ritorno al totalitarismo. Se invece i politici dell'Unione saranno
disposti ad utilizzare una certa flessibilità nell'applicare
l'acquis communautaire e a ridefinire i criteri di
redistribuzione, l'integrazione dei paesi dell'Europa orientale è
possibile ma la struttura dell'Unione Europea cambierà radicalmente.
I politici dell'Unione Europea si trovano in una situazione molto
difficile. Non sembra infatti che le alternative possano essere
bilanciate in modo soddisfacente.
Il problema più
rilevante sta nel fatto che l'Unione Europea è organizzata per stati
invece che per funzioni. Un'ulteriore effetto integrativo sull'Europa
sarebbe possibile se venisse adottato un sistema di governo federale
flessibile e variabile come quello proposto da noi. In un sistema di
FOCJ ciascuna municipalità avrebbe la possibilità di giocare in
squadra con altre per espletare le funzioni che si pensa che possano
essere svolte meglio insieme. Nel tempo emergerebbe una rete di FOCJ,
che riguarderebbe molte funzioni all'interno dell'Unione Europea,
alcune delle quali si estenderebbero anche al di là del continente.
Ovviamente questo tipo di integrazione è profondamente diverso da
quello finora adottato dall'Unione Europea in quanto trascenderebbe i
confini nazionali in un modo molto più profondo. Tuttavia gli stati
nazionali evolutisi storicamente continuerebbero ad esistere, anche
se in una forma più magra e agile, se espletano funzioni che i
cittadini trovano utili.
Quando si guarda
all'Europa dal punto di vista di questo concetto di federalismo e di
integrazione non si può fare a meno di riconoscere che tali unità
di governo che uniscono l'Europe e oltre già esistono. L'OCSE, per
esempio, ha come membri anche il Canada, gli USA, il Messico, il
Giappone, la Corea e l'Australia. Nel campo della difesa c'è la
NATO. La difesa è un caso in cui la necessità di giurisdizioni
sovrapponentesi diverse è particolarmente visibile. Da un lato
abbiamo i membri dell'Unione Europea (Irlanda, Svezia, Finlandia e
Austria) che non sono membri della NATO nè membri della WEU, che
viene comunemente considerata l'alleanza per la difesa propriamente
'europea'. La Danimarca è membro della NATO ma non della WEU.
Dall'altro abbiamo i membri della NATO che non sono membri della WEU
- USA, Canada, Norwegia, Turchia e Islanda.
Altri esempi vengono
dalla cultura e dallo sport, le cui funzioni vengono espletate da una
miriade di organizzazioni. La UEFA organizza i suoi eventi con club
locali, gli stati nazionali non hanno nessun ruolo in essa. Alcuni
tornei come la Coppa dei Campioni e la Champions' League e la Coppa
UEFA sono diventati molto importanti, talora ancora di più dei
tornei tra team nazionali.
LETTURE DI
APPROFONDIMENTO
Sul rischio della
disintegrazione dell'Europa si veda:
Hama,
Noriko: Disintegrating Europe - The Twilight of the European
Construction, Adamine Press, London 1996
Newhouse,
John: Europe Adrift, Pantheon, London 1997
Per una discussione
sui costi e i benefici dell'allargamento ad est:
Baldwin,
Richard; Francois, Joseph; Portes, Richard: EU Enlargement - Small
Costs for the West, Big Gains for the East, Economic Policy 24, 1997:
125-170
Rodrik,
Dani: Discussion on Baldwin, Francois and Portes, Economic Policy 24,
1997: 170-172
9. Il sistema FOCJ e i paesi in via di sviluppo
Il sistema di
governo FOCJ non è adatto solo per i paesi altamente sviluppati.
Esso può essere applicato con successo anche ai paesi in via di
sviluppo che hanno gradi problemi con istituzioni politiche
inadeguate.
9.1 Troppo e
troppo poco governo
In molti paesi in
via di sviluppo la crescita è bloccata da troppi interventi dello
stato nell'economia. La stato tende ad interferire in quasi tutte le
attività e tenta di regolamentarle fin negli ultimi dettagli. Spesso
il settore pubblico nei paesi in via di sviluppo è piuttosto grande,
ovvero impiega una buona parte della forza lavoro non agricola. Le
amministrazioni tendono ad essere ancora più burocratiche che in
occidente. Inoltre ci sono fenomeni rampanti di rent-seeking
(per esempio gli impiegati pubblici hanno stipendi più alti che non
in quello privato) e gli sprechi sono pervasivi. Molti impiegati
pubblici in verità non lavorano nel senso che non sono affatto
produttivi, ci sono anche fenomeni di assenteismo particolarmente
vistosi. Questa combinazione di interventismo e di burocrazia frena
gli investimenti e l'innovazione nel settore privato.
Nei paesi in via di
sviluppo ne risulta un eccesso di governo. Allo stesso tempo molti
governi non sono in grado di svolgere correttamente le funzioni
necessarie per uno sviluppo sostenuto. I diritti di proprietà non
vengono protetti in modo adeguato, quando invece questi sono
indispensabili per le attività economiche private. Gli investitori
si trovano in un ambiente estremamente incerto e conseguentemente
sono restii a intraprendere iniziative a lungo termine. Invece che
concentrarsi sulla produzione, gli investitori impiegano tempo e
denaro a trovare sostituti per la protezione di diritti di proprietà.
I governi nei paesi
in via di sviluppo sono inadeguati anche in un altro senso. Essi sono
ben lungi dal soddisfare i bisogni dei cittadini; molti di essi sono
o paternalistici o dittatoriali. Anche i cambiamenti di governo non
si orientano ai bisogni dei cittadini. Spesso élite e gruppi
militari vengono sostituiti da altri della stessa specie. Le
preferenze degli abitanti delle capitali il più delle volte vengono
prese in considerazione solo per evitare rivolte, ma la popolazione
rurale viene ignorata completamente. Alcuni paesi del terzo mondo
formalmente sono federali, ma i governi centrali si distanziano dalle
richieste locali frammentate e dai problemi locali, e
conseguentemente tendono ad ignorarli. Spesso le interferenze dei
governi centrali distruggono sistemi di produzione e di distribuzione
rurali tradizionali, ma funzionanti, specialmente quando si tratta di
organizzazioni sociali che si autogovernano.
I paesi in via di
sviluppo si trovano quindi di fronte alla situazione paradossale che
simultaneamente conoscono l'eccesso di governo (sotto forma di un
interventismo che distrugge il progresso economico) e la mancanza di
governo (sotto forma della mancanza di governi che si occupino di
problemi locali estremamente frammentati). Il modello di federalismo
da noi proposto può superare questo paradosso, in quanto è basato
sull'esistenza di un gran numero di governi in concorrenza tra loro
basati sulla democrazia diretta per controllare le attività del
governo e per evitare che questo si sviluppi nel senso di una
burocrazia interventista oppressiva. Certamente l'idea di FOCJ è
notevolmente diversa dai piani di sviluppo ufficiali. È anche da
notare che la letteratura sullo sviluppo praticamente non si occupa
affatto della struttura del governo. I fallimenti politici vengono
elencati dettagliatamente, ma non si fanno proposte concrete per
superare questi problemi. Sperare che le situazioni migliorino da sè
con l'arrivo di uomini politici 'migliori' è ottimismo infondato.
Come ha dimostrato la moderna economia politica, i politici in quanto
tali non sono nè buoni nè cattivi, sono le istituzioni politiche li
possono rendere produttivi o improduttivi e che consentono loro di
comportarsi in certi modi invece che in altri. I governi possono
migliorare solo se si migliorano le istituzioni su cui sono fondati.
Questo è l'obiettivo del presente libro: in un sistema FOCJ le
funzioni sono definite dai bisogni che lo stato deve soddisfare per
consentire lo sviluppo economico. Le nostre giurisdizioni sono basate
sulla 'geografia dei problemi', cioè da cittadini che cercano di
risolvere i problemi con cui vengono confrontati. A differenza di
sistemi federali esistenti, questo tipo di federalismo non viene
imposto dall'alto (talora da poteri ex coloniali), ma si forma dal
basso.
Il potere fiscale
locale è una componente essenziale del sistema di governo FOCJ e si
può dimostrare decisivo anche per i paesi in via di sviluppo. Ogni
volta che un governo centrale alloca dei fondi a governi locali (come
è il caso nei paesi in via di sviluppo 'federali'), i livelli
inferiori di governo dipendono in tutto e per tutto da quelli
superiori e i vantaggi del decentramento si disperdono. In queste
condizioni il decentramento non è necessariamente utile. In un
sistema in cui le finanze vengono imposte dall'alto, i livelli di
governo inferiori diventano fiscalmente irresponsabili. Le autorità
locali tendono a prendere in prestito troppe risorse nell'assunto che
i debiti verranno pagati dai governi a livello superiore. In Brasile
per esempio la regione di São
Paolo ha accumulato 40 miliardi di dollari di debiti, più del 7% del
PIL nazionale (cfr. Tanzi 1995). Le FOCJ hanno il potere di elevare
le proprie imposte, i cittadini devono sostenere direttamente i costi
di scelte politiche sbagliate e quindi i governi hanno incentivi più
forti a osservare i vincoli di bilancio e a comportarsi in modo
fiscalmente responsabile.
9.2 I benefici
del sistema FOCJ per i paesi in via di sviluppo
Il sistema di
governo FOCJ rispetto alle forme di governo attualmente esistenti nei
paesi in via di sviluppo ha i seguenti vantaggi:
(a) Il sistema di
governo FOCJ distrugge i tentativi dei governi di monopolizzare i
processi politici che rischiano di bloccare lo sviluppo economico e
di opprimere i cittadini. Il sistema FOCJ sposta il baricentro del
potere politico alle iniziative che provengono dal basso. Sistemi di
governo efficienti diventano possibili in quanto essi sono dotati di
autorità piena su funzioni particolari e in quanto possono imporre
le proprie imposte per finanziare le loro spese.
(b) Il sistema FOCJ
consente la combinazione di diverse forme di regole politiche. Non
solo fondono la democrazia con il federalismo, ovvero l'uscita con la
voce, ma anche stili di governo moderni e tradizionali come le
assemblee degli anziani del villaggio. Metodi decisionali che hanno
provato storicamente la loro validità storica non vengono
semplicemente scaricati ma vengono riutilizzati e vengono rinforzati
nelle aree in cui dimostrano di essere più efficaci.
(c) Il sistema FOCJ
risolve il 'dilemma organizzativo fondamentale' che esiste nel
rapporto tra un sistema politico aperto e lo sviluppo decentrato a
livello locale: '... una delle condizioni necessarie (ma ancora lungi
dall'essere sufficienti) per lo sviluppo dello stato è il livello di
schermatura che i decisori più propensi allo sviluppo devono avere
contro la mentalità rapace di breve periodo della politica di
spartizione del pork barrel e la loro capacità di utilizzare
la disciplina dei mercati contro le follie predatorie di gruppo'
(Bardhan 1993: 46). Una schermatura di questo tipo nel sistema FOCJ
viene realizzata attraverso giurisdizioni che hanno la funzione
esclusiva di aumentare la crescita economica e che tuttavia restano a
loro volta disciplinate dalla concorrenza politica ed economica.
(d) Il sistema FOCJ
risolve un altro 'dilemma organizzativo fondamentale' (cfr.
Montignola et al. 1995: 54-55). Lo stato deve essere sufficientemente
forte per potersi servire dei suoi poteri di coazione per rendere
effettive le regole giuridiche e specialmente i diritti di proprietà,
che sono requisiti fondamentali per lo sviluppo economico.
Contemporaneamente le istituzioni politiche devono essere 'deboli'
nel senso che non devono poter sfruttare i cittadini, ad esempio
espropriandoli senza compensazione o tassandoli eccessivamente. Un
sistema di governo come il sistema FOCJ è in grado di imporre limiti
credibili a tali tipi di sfruttamento in quanto ogni FOCUS è
autofinanziato e rischia di andare in bancarotta. In questo modo ai
governi vengono imposti vincoli di bilancio rigidi. In un sistema
FOCJ i cittadini e le imprese non si trovano di fronte a un
monopolio, ovvero a uno stato oppressivo e hanno la possibilità di
crearsi alternative politiche.
(e) L'enfasi sta
sulla produzione pubblica a livello locale e sull'organizzazione
efficiente policentrica. Si tratta di un aspetto molto trascurato
dalla letteratura scientifica.
(f) Il decentramento
fiscale indotto dal sistema FOCJ riduce la volatilità macroeconomica
(ad esempio nelle variabili fondamentali del deficit di bilancio e
della crescita del reddito).
(g) Il sistema di
governo FOCJ supera la contrapposizione poco sensata tra stato e
mercato tipica di molti trattati sullo sviluppo economico dei paesi
del terzo mondo (cfr. Ostrom 1990; Klitgaard 1991). Il sistema FOCJ
si distacca nettamente da concezioni tradizionali dello sviluppo
economico, che di solito ha enfatizzato l'importanza di uno stato
centrale forte e di una burocrazia ben organizzata per orientare e
sostenere lo sviluppo economico. Ancora di più si distanziano
dall'enfasi recente sulla proprietà privata e sui mercati liberi
come fattori centrali per lo sviluppo economico. In entrambi i casi
viene trascurato il ruolo centrale dei governi locali nel processo di
sviluppo economico.
9.3 I
contro-argomenti
C'è chi pensa che
ritenere che il sistema di governo FOCJ tanto vantaggioso per i paesi
in via di sviluppo sia un eccesso di ottimismo e di ingenuità, viste
le condizioni predominanti in quei paesi. In questo paragrafo
confutiamo alcune obiezioni che vengono spesso sollevate contro il
sistema FOCJ:
1. Il sistema di
governo FOCJ non si adatta a paesi che non possiedono nè tradizioni
democratiche nè federalistiche. Questa obiezione non è corretta dal
punto di vista storico. I sistemi politici pre-coloniali nei paesi
del terzo mondo erano caratterizzati da vari tipi di autogoverno
benchè, ovviamente, non potessero essere considerati delle
democrazie in senso occidentale. Ancora oggi si possono osservare le
tracce di questi sistemi di governo, che sono stati distrutti
dall'autoritarismo dei goveni coloniali. I sistemi politici
postcoloniali hanno cercato di centralizzare il potere politico il
più possibile e conseguentemente hanno distrutto i sistemi di
governo locali.
2. Il sistema di
governo FOCJ non è adatto per paesi in via di sviluppo. La posizione
'culturalista' sostiene che i paesi in via di sviluppo sono
sostanzialmente diversi dai paesi sviluppati occidentali, e quindi
hanno bisogno di sistemi di governo diversi, presumibilmente più
autoritari. Chi sostiene questa affermazione ritiene che i cittadini
del terzo mondo non hanno la disciplina necessaria per prendere
l'iniziativa necessaria per far crescere un sistema di governo di
tipo FOCJ. L'approccio dell'economia allo stesso problema suggerisce
invece che la direzione causale vada in direzione esattamente
opposta. La mancanza di disciplina e di iniziativa sono piuttosto le
conseguenze (e non la causa) di strutture istituzionali sfavorevoli.
Ci sono tre tipi di osservazioni empiriche che sostengono la tesi
degli economisti:
(i) Quando i
cittadini dei paesi in via di sviluppo riescono a liberarsi dei
vincoli imposti su di essi dalle burocrazie governative, essi
diventano attivi e intraprendenti. Ad esempio De Soto (1989) ha
mostrato che in Peru cittadini che sono passivi dentro il settore
economico ufficiale pesamentemente regolamentato e ad essi
sfavorevole, nel settore informale (ovvero sommerso) diventano attivi
e intraprendenti. Si tratta di un fenomeno osservabile non solo in
Peru, ma anche in molte altre regioni come in Asia, per esempio, dove
è documentata anche nella letteratura scientifica. L'economia
sommersa è estremamente diversificata, ma ovviamente ha dei limiti.
Vengono evase imposte e violate regolamentazioni, ma le persone che
la mandano avanti diventano indipendenti. L'emancipazione dei
cittadini dal governo centrale costituisce un pericolo per le classi
politiche in quanto dimostra che esse sono superflue, almeno per lo
svolgimento di certe funzioni sociali ed economiche. Quindi molti
governi di paesi in via di sviluppo intraprendono sforzi notevoli per
sottomettere l'economia sommersa (ma spesso, per fortuna, senza
successo). Per contro il sistema FOCJ costituisce un modo per
reintegrare le economie sommerse nel settore ufficiale senza
distruggerne la vitalità.
(ii) L'evidenza
empirica dimostra che nella misura in cui l'autogoverno può essere
mantenuto integro, esso funziona piuttosto bene ed è in grado di
risolvere complessi problemi di gestione collettiva di risorse comuni
(cfr. Wade, Ostrom 1990; Ostrom et al. 1993).
(iii) Le esperienze
dei paesi del terzo mondo con forme estreme di democrazia, come i
referendum popolari, sono positive, ammesso che essi siano potuti
essere applicati a problemi rilevanti e non siano stati semplicemente
dei plebisciti in sostegno di governi autoritari e dittatoriali (cfr.
Rourke et al. 1992). Se i cittadini dei paesi in via di sviluppo
vengono presi seriamente, essi sono in grado di partecipare
attivamente alla politica (cfr. Chazon 1994 per quanto riguarda
l'Africa; Oberreuter e Weiland 1994 per il Messico).
3. Il sistema FOCJ
acuisce le disparità. Molte persone sono convinte che i governi
centralistici favoriscano l'eguaglianza mente i sistemi federali
rendono più ricchi i ricchi e più poveri i poveri. I governi
centralistici al più si impegnano formalmente a garantire una
fornitura 'uguale' di servizi pubblici ma in fatto continuano ad
esistere disparità notevoli nella fornitura di beni pubblici (cfr.
Ostrom et al. 1993: 211, che parla del mito dell'uguaglianza). Di
solito viene favorita la popolazione della capitale, con forniture di
alimentari sovvenzionate, mentre le popolazioni rurali più povere
vengono assoggettate alle imposte (cfr. Bates 1988). Un sistema di
governo di tipo FOCJ tende a bilanciare gli squilibri territoriali in
quanto esso è basato sul decentramento decisionale e
conseguentemente garantisce l'accesso a sviluppo regionale e locale
alle risorse umane e naturali necessarie per lo sviluppo.
LETTURE DI
APPROFONDIMENTO
Per
l'interdipendenza tra economia e stato nel processo di sviluppo si
veda:
Diamond,
Larry (ed.): Political Culture and Democracy in Developing Countries,
Lynne Rienner, Boulder 1994
World
Bank: The State in a Changing World - World Development Report 1997,
Oxford University Press, New York 1997
Per l'interazione
tra democratizzazione e crescita economica:
Barro,
Robert: Determinants of Economic Growth - A Cross Country Empirical
Study, MIT Press, Cambridge 1997
Per il ruolo del
federalismo nello sviluppo economico:
Bird,
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Anne: The Political Economy of Agricultural Pricing Policy - Vol 5: A
Synthesis of the Political Economy in Developing Countries, John
Hopkins Press, Baltimore 1992
Per la
contrapposizione tra stato e mercato si ved:
Klitgaard,
Robert: Adjusting to Reality - Beyond 'State vs. Market' in Economic
Development, KS Press, San Francisco 1991
Per un'analisi
teorica ed empirica dettagliata dell'autogoverno si veda:
Ostrom,
Elinor: Governing the Commons - The Evolution of Institutions for
Collective Action, Cambridge University Press, Cambridge 1990
Ostrom,
Elinor; Schroder, Larry; Wynne, Susan: Institutional Incentives and
Sustainable Development, Westview Press, Boulder 1993
Per l'iniziativa
privata nei paesi in via di sviluppo al di fuori del settore
ufficiale si veda:
De
Soto, Hernando: The Other Path - The Invisible Revolution inthe Third
World, Harper & Row, New York 1989
10. Conclusioni
Siamo partiti dalla
convinzione, fondata empiricamente, che il federalismo e la
democrazia diretta sono istituzioni eccellenti per indurre il governo
a soddisfare le preferenze dei cittadini. La soluzione offerta dal
sistema FOCJ è stata concepita in modo da favorire il decentramento
e l'istituzione del referendum (capitolo 1). Il sistema di governo
FOCJ presenta grandi vantaggi rispetto alle istituzioni attuali in
quanto è in grado di minimizzare gli spillovers, che tendono
a distorcere il comportamento dei governi, e a sfruttare meglio le
economie di scala nelle produzione dei beni pubblici e a garantire
una fornitura efficiente degli stessi (capitolo 2).
Il sistema di
governo FOCJ è in grado di risolvere una molteplicità di problemi
strutturali relativi alle funzioni pubbliche, ma nell'ambito di un
approccio orientato al processo, non ai risultati. Specifica cioè
come le decisioni devono essere prese, ma non determina
necessariamente quali funzioni devono essere svolte da quale
giurisdizione. Il concetto base è che per raggiungere la concorrenza
politica tra le giurisdizioni è necessaria una 'quinta libertà',
che vada a completare le quattro libertà del mercato unico, che sono
ben fondate in tutti i paesi membri dell'Unione Europea. La
concorrenza nello spazio geografico è possibile solo con l'entrata e
con l'uscita libera di municipalità e, dove necessario, anche di
singoli cittadini. Questa libertà deve essere garantita per mezzo di
un ordine costituzionale della concorrenza politica simile a quello
che esiste per la concorrenza economica. Ma il sistema di governo
FOCJ fa anche affidamento sulla concorrenza politica indotta dalla
partecipazione diretta dei cittadini sui processi di decisione
politica (capitolo 3).
Il sistema di
governo FOCJ potrà sembrare poco ortodosso, ma è ben fondato sui
principi dell'economia pubblica moderna: la teoria della concorrenza
nello spazio geografico, i processi di entrata e di voce, la teoria
dei clubs e il concetto di equivalenza fiscale (capitolo 4).
Inoltre il nostro approccio ha aspetti in comune con idee come
l'integrazione flessibile, la demarchia e il federalismo sociale. Il
sistema di governo FOCJ è un'idea realizzabile e per alcuni aspetti
è già stato realizzato. Importanti tracce possono essere osservate
storicamente e nella Svizzera e negli Stati Uniti (capitolo 5).
Nel nostro studio
l'approccio FOCJ assume un ruolo particolare per quanto riguarda la
costituzione dell'Unione Europea se non altro per la rilevanza che
assume in questo caso la diversità delle preferenze politiche dei
cittadini e perchè questa unità è ben più grande degli stati
nazionali (capitolo 6). Questo approccio è importante anche per
tutti gli stati nazionali europei che soffrono di eccessi di
accentramento e che non concedono agli elettori locali di prendere
decisioni di una qualche rilevanza. Il 'regionalismo' dell'Unione
Europea non contribuisce al decentramento reale in quanto le
politiche regionali europee sono imposte dall'alto. Soprattutto alle
strutture istituzionali di livello inferiori non vengono attribuiti
poteri impositivi propri, che sono essenziali. Il sistema FOCJ per
contro si organizza dal basso e consente alle entità di livello
inferiore di decidere autonomamente sulle proprie leggi tributarie.
Ciò consente di sviluppare una maggiore varità e diversità sociale
ed economica. Tutto ciò può essere reso operativo senza mettere in
pericolo i grandi successi raggiunti dall'integrazione europea, dalla
libertà di commercio e dalla mobilità dei fattori di produzione
(capitolo 7).
Negli anni che
seguono, l'Unione Europea dovrà decidere sull'allargamento in Europa
orientale. I paesi ex comunisti hanno strutture economiche, bisogni,
tradizioni e istituzioni completamente diversi, tuttavia l'Unione
Europea non sembra molto intenzionata ad accogliere questa sfida.
L'integrazione di questi paesi ovviamente richiede cambiamenti
notevoli nel finanziamento dell'Unione e nel funzionamento delle
istituzioni. Il sistema di governo FOCJ offre strumenti migliori per
accogliere queste sfide. Il sistema è anche adatto per i paesi in
via di sviluppo, che da un lato hanno bisogno di governi forti nel
senso di istituzioni efficienti in grado di fornire beni pubblici,
dall'altro hanno bisogno di meno governo in termini di interventismo
opprimente sull'economia e sulla società. Il sistema FOCJ è in
grado di bilanciare queste esigenze (capitolo 9).
Il sistema di
governo FOCJ non è dettato da esigenze ideologiche, fatta eccezione
per la posizione normativa che impone che le funzioni politiche siano
orientate alla soddisfazione delle preferenze dei cittadini, non
fornisce soluzioni perfette, chiavi in mano. Non richiede neanche
decisioni del tipo o tutto o niente. Può risultare un approccio a
volte soprendente, a volte sbalorditivo, ma è un approccio che in
verità funziona a piccoli passi. I benefici di questo approccio si
rivelano già applicandolo solo a certe funzioni e piccoli numeri di
membri. Ciò non sognifica ovviamente che un sistema FOCJ possa
emergere in modo del tutto spontaneo. Anche se la concorrenza
politica funzionasse bene, i politici che vedono ridotto il loro
potere si impegneranno per bloccare e far fallire questo approccio. È
quindi necessario discutere apertamente e seriamente questa proposta
in modo che i suoi vantaggi vengano fatti conoscere al pubblico più
vasto possibile e che possa essere adottata in qualche modo dai
cittadini. Nelle nostre società democratiche i cittadini hanno i
mezzi in mano per fare funzionare un sistema di governo di tipo FOCJ
in quanto è a essi che spetta il diritto di riscrivere le
costituzioni in modo tale che un sistema di governo di questo tipo
possa emergere.
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