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25/04/13

Un padre ignorato: Thomas Paine

When Bill Clinton and Al Gore stopped off at Monticello en route to Washington for their inauguration, Gore pointed to two portraits hanging in Mr. Jefferson's home and asked the guide, "Who are those two guys?" "Jefferson and Madison," the stunned historian answered. (Da un articolo di giornale americano)


Contrariamente a Tremonti, Berlusconi e tanti altri italiani, esistono americani, come nientemeno che Robert Dahl (sì, proprio quello del “pluralismo”), che si interrogano sulla questione “How Democratic is the American Constitution?” (Yale University Press, 2002).

Negli USA si tratta di un dibattito puramente accademico, l’”opinione di massa” si limita a rifiutarsi di farsi registrare alle elezioni, votando “by their feet”. Quest’ultimo è un sistema elettorale legittimo, riconosciuto e molto praticato in America, sin dalla fondazione.

La costituzione federale americana è vecchia di 219 anni, FORMALMENTE è ancora immutata, malgrado innumerevoli proposte e tentativi di emendamento, tutti finiti nel nulla. Le costituzioni degli Stati dell’Unione sono invece state sottoposte a processi di emendamento travolgenti, non di rado sono state innovate totalmente già tre, quattro, cinque volte in molti stati. I cambiamenti principali della costituzione federale sono dovuti a tre fonti: la costituzione materiale, il sistema giudiziario, le entità amministrative federali (“big government”).

La paternità della costituzione americana è stata sostanzialmente attribuita a Alexander Hamilton, John Madison e John Jay, autori anche dei Federalist Papers, che alcuni professori di politologia in Italia ancora prescrivono come medicina ai loro poveri studenti, non pochi dei quali a seguito della lettura si convincono che gli stessi possano essere utilizzati come commentario alla costituzione federale stessa. Ma non è proprio così. I Federalisti dei Federalist Papers nelle discussioni della Convenzione hanno imposto UNA costituzione formale ed una costituzione materiale, che sono entrate in conflitto in molti momenti vitali del primo stato di diritto al mondo, conflitti che si sono dimostrati risolvibili con nessun altro mezzo che una guerra civile durata sette anni, altrettanti quanti è durata la rivoluzione.

Come in Italia, anche per quanto riguarda l’America Robert Dahl ammette che esistono almeno due costituzioni, una formale, quella scritta che conosciamo, e quella materiale, che scaturisce dallo spirito della guerra di indipendenza. Tuttavia anche nel libro di Dahl il nome di Thomas Paine si cerca invano. Thomas Paine non ha monumenti né in America né in Europa lontanamente confrontabili con quelli di altri grandi personaggi storici americani. Di lui non parlano tanto né gli specialisti né i non specialisti di cose americane.

La guerra di indipendenza americana e il costituzionalismo americani hanno avuto trai loro promotori principali anche Thomas Paine, un ex impiegato doganale inglese emigrato nel nuovo mondo a seguito di un incontro con Benjamin Franklin in una loggia massonica di Londra. Thomas Paine tuttavia è stato molto, ma molto più che un soldato semplice in un esercito rivoluzionario, un costituzionalista della prima ora, un acutissimo e instancabile analista politico, un filosofo e un teologo ispirato da una salda educazione quacchera, è stato anche un inventore, un ingegnere e un matematico. E’ stato il primo ad usare la locuzione “United States of America”. Il concetto di repubblica costituzionale e la sua applicazione al caso concreto dell’indipendenza degli Stati Uniti dal giogo monarchico inglese, sono “sue invenzioni”, è stata la sua mente a crearle. Non dal nulla, in quanto molto del pensiero politico di Paine è rintracciabile nella storia dei Levellers inglesi (non in John Locke, come si sente dire spesso in Italia).

In varie fonti si tramanda che l’opera principale di Paine, “Common Sense”, sia stata venduta tra le 500,000 e le 600,000 volte nelle colonie inglesi d’America. Esiste anche una storiografia americana che attribuisce a Thomas Paine la paternità della prima versione della Dichiarazione di Indipendenza come anche della costituzione della Pennsylvania del 1776. In momenti bui della guerra rivoluzionaria, Washington ha fatto leggere ad alta voce scritti di Thomas Paine alle truppe. La risonanza delle idee di Paine fu inaudita, specialmente se si tiene presente che si sta parlando di un paese in cui i tre quarti della popolazione erano schiavi, non solo neri, ma anche bianchi, che andavano nel nuovo mondo con “contratti” di schiavitù “volontaria” noti come “indenture”. La maggior parte di loro ovviamente non sapeva né leggere né scrivere. Non ci sono tuttavia motivi seri per mettere in dubbio la diffusione di Common Sense, come anche non ci sono motivi per togliere a Thomas Paine una quota alla paternità del costituzionalismo americano. Ma di quale? Di quello scritto o di quello materiale? Perché poi di Paine si è cominciato a parlare sempre di meno?

Guardando da oggi alla storia del costituzionalismo democratico, sarà facile rendersi conto che Paine ha realizzato concretamente qualcosa che, per cento anni e più, è appartenuto al regno della più pura utopia politica in Europa ed è stato fatto oggetto di persecuzioni feroci da parte dell’”establishment”, non solo quello di inglese. Thomas Paine ha posto le fondazioni giuridiche, pratiche ed ideali del costituzionalismo democratico moderno, di tutti i costituzionalismi. Ancor di più: ha anche posto le fondamenta del superamento del costituzionalismo democratico e del suo passaggio in qualcos’altro, in qualcosa che si potrebbe chiamare lo “stato umano”.

Paine, contrariamente a Washington, a Hamilton, a Madison e a Jay, non apparteneva al notabilato inglese delle colonie, all’elite terriera o mercantile, non era proprietario di schiavi, ma un “popolano”, senza altri mezzi che una buona vena scrittoria, che non poteva mettere a buon frutto in patria, in quanto la monarchia inglese non digeriva affatto certe idee, che risalgono all’Inghilterra della Glorious Revolution, in particolare al movimento dei Levellers. Dopo aver ricevuto una formazione religiosa in una comunità quacchera e tecnica come meccanico, Paine era diventato un “impiegato dello stato” a tempo determinato, come diremmo oggi, che aveva imparato ad odiare lo stato (ovvero la monarchia inglese). Non è difficile immaginare i motivi: licenziato per due volte senza motivo, ovvero in quanto aveva scritto e presentato una petizione in parlamento per alzare lo stipendio da fame dei doganieri, costretto a sopravvivere con una one-man-band che lavorava tabacco, senza alcuna prospettiva, la persecuzione del quaccherismo da parte della monarchia, la sua origine irlandese. Bisogna prendere tutti questi elementi come fatti iniziali per capire la natura del suo contributo alla paternità della costituzione materiale americana, di cui troppi preferiscono non parlare. I motivi possibili per non parlare di questa paternità e di tanti altri particolari della vita di Thomas Paine, che sono veramente sorprendenti, sono ovviamente molti. Questo antimonarchico sfegatato infatti, sarebbe potuto diventare uno dei tanti monarcomachi della tradizione inglese. La vita invece, dopo averlo reso uno dei protagonisti della guerra di indipendenza americana, nel 1787 lo condusse a tornare in Europa e a trovarsi a Parigi nel bel mezzo della rivoluzione francese, non come uno qualsiasi, ma come membro a pieno titolo dell’Assemblea Nazionale, la prima delle assemblee costituenti francesi.

Paine arriva a Filadelfia nel novembre del 1774, diventa membro della Philosophical Society fondata da Franklin e continua ad auto-formarsi mentre riesce a vivere come editore-scrittore del Pennsylvania Magazine. Alcuni dei suoi articoli li firma, altri li firma con pseudonimi (Vox Populi, Atlanticus, Aesop) per dare l’impressione che la rivista si serva di più autori. Subito va giù pesante su temi sociali di grande rilevanza. Ad appena tre mesi dal suo arrivo, pubblica un saggio contro la schiavitù, seguono numerosi saggi sui diritti delle donne e sul divorzio, sui diritti degli animali, contro i titoli nobiliari e numerosi saggi che hanno di mira la monarchia in quanto tale, non solo quella inglese. Ovviamente attira su di sé attenzioni che lo perseguiteranno per il resto della sua vita. Filadelfia è una città a maggioranza “Tory”, filoinglese e filomonarchica. E’ la citta di Alexander Hamilton e di John Quincy Adams, il secondo presidente degli Stati Uniti.

Paine scrive nell’autunno del 1775 Common Sense, che pubblica nel gennaio del 1776. George Washington, che fino ad allora nel conflitto tra la corona inglese e le colonie aveva sostenuto la parte di chi pensava di poter trovare un compromesso con la corona inglese, a seguito della lettura del pamphlet di Paine, si convince che l’indipendenza è un fatto di “buon senso”.

Il linguaggio di Paine è secco, diretto e quasi epigrammatico, ma, contrariamente a tanti altri pamphlet rivoluzionari, l’argomento di Paine non è fondato su valutazioni giuridiche volte a dimostrare l’incostituzionalità delle leggi tributarie del parlamento e della monarchia inglesi sulle colonie americane. Per Paine la causa dell’indipendenza delle colonie dall’Inhilterra è una causa che riguarda l’intera umanità, in cui la ribellione contro le leggi tributarie si trasfigura nel diritto all’autodifesa da parte di chi subisce i soprusi dei governi monarchici sugli “human rights”, sui diritti umani. Sul diritto umano all’autodifesa di fronte all’abuso del potere politico, Paine fonda tutti gli altri diritti, derivati dai diritti “naturali” degli inglesi per tradizione, diritti civili quali il diritto alla costituzione e il diritto alla rivoluzione. Se in ciò Paine non si discosta di molto dalla tradizione inglese dei Levellers, si discosta completamente da quella tradizione attribuendo il valore di unica fonte possibile della legittimazione costituzionale al “People”, al popolo. Sapendo chi era e che cosa aveva scritto Paine fino al 1776, la possibilità che egli utilizzando quella parola Paine pensasse al “popolo” astrattamente inteso come i futuri rivoluzionari francesi la “nazione”, è piuttosto ridotta. Partendo dal presupposto che il sistema di governo monarchico era un sistema di governo degenerato, Paine legittimava gli obiettivi costituzionali della guerra di indipendenza sul diritto umano individuale di ogni uomo di essere governato da un sistema di governo fondato sui diritti umani individuali. L’affermazione di principio non poteva restare senza strumenti procedurali: dieci anni prima della convocazione della Convenzione di Filadelfia, alla fine di “Common Sense” Paine descrive una procedura di formazione di un’assemblea costituente popolare di 26 membri, due per ciascuna “provincia”, che avrebbero scritto una “Continental Charter” o “Charter of the United Colonies”, che si sarebbe poi dissolta e avrebbe dato i poteri conferiti a quell’assemblea agli organi legislativi ed esecutivi di ciascuna “provincia”. Il funzionamento del tutto era condizionato sulla possibilità di quello che Paine chiamava “large and equal representation”. Paine tuttavia non è né trai firmatari della Dichiarazione di Indipendenza né sarà trai delegati, che nel 1787 a Filadelfia scriveranno la costituzione federale. Paine ha proposto una Dichiarazione di Indipendenza in cui ovviamente veniva abolita la schiavitù. Come sappiamo quella approvata, non contiene alcuna affermazione in merito alla schiavitù.

All’inizio della rivoluzione americana troviamo Thomas Paine come soldato semplice tra le truppe del Flying Camp della Pennsylvania, che intervenivano là dove ce ne era bisogno, poi aiutante di campo volontario del generale Greene. Paine continuava a scrivere pamphlet patriottici seduto vicino ad un fuoco d’accampamento e occasionalmente discuteva problemi matematici con ufficiali del genio di Greene. All’inizio del 1777 Paine viene eletto Secretary of State della Pennsylvania, non senza incontrare forti opposizioni. E’ vicino a Washington durante l’occupazione inglese di Filadelfia e nei momenti più bui della guerra si convince che Washington fosse l’uomo sbagliato per comandare le truppe rivoluzionarie. Nel 1778, diventato membro del Foreign Relations Committee, scopre che Sileas Deane, un agente del Congresso Continentale in Francia, che aveva la missione di procurare risorse finanziarie per la guerra, si era appropriato indebitamente di alcune somme. Accusato ingiustamente di aver rivelato segreti di ufficio, Paine preferì dimettersi e ritirarsi a vita privata, iniziando a lavorare come impiegato in uno studio legale invece che difendersi. Nel Novembre del 1779 Paine viene eletto Clerk dell’Assemblea Legislativa della Pennsylvania, carica che lascia prima della scadenza del termine per dedicarsi alla stesura di una storia della rivoluzione su richiesta di Franklin. Fa a malapena in tempo a mettere insieme dei materiali che invece gli viene affidata una delicata missione segreta in Francia, quella di chiedere al re di Francia aiuti finanziari e di portarli in America. L’accompagnatore di Paine, il colonnello Laurens, rischiò di compromettere tutta l’operazione con la sua inesperienza. Paine riuscì tuttavia a portare gli aiuti in America e a farli avere a Washington. Washington ebbe tutta la gloria risultante dalla riuscita dell’operazione. Paine pagò di tasca sua le spese di viaggio. Malgrado il successo dei suoi scritti, Paine versava continuamente in una situazione finanziaria al limite del collasso, in quanto per motivi religiosi si rifiutava di farsi pagare diritti di autore. Gli emolumenti dalle sue cariche pubbliche erano veramente minimi. Nel 1781 Paine era in condizioni economiche talmente disperate da dover ricordare a Washington che cosa aveva fatto la nazione americana. Paine aveva dato tutto sé stesso e tutto quello che aveva per la causa americana. Washington lo aiutò a fargli avere un piccolo appezzamento di terreno a Bordentown, nei pressi di New York, su cui Paine si costruì una casetta, ma Paine dopo la rivoluzione si andava isolando sempre di più. Washington nel Settembre del 1783 lo invitò a festeggiare la fine della guerra al suo quartier generale di Rocky Hill per ricordare ai membri del Congresso i loro doveri con la sua mera presenza. Cosa che Paine fece e che gli procurò un altro appezzamento di terreno a New Rochelle, con una casa signorile. Paine ovviamente accettò il regalo, ma tornò ad abitare a Bordentown, dove aveva trovato amici sinceri che gli erano stati vicini nel momento del bisogno. Altri due stati mostrarono la loro riconoscenza a Paine, consentendogli una decente indipendenza. Per ultimo toccò al Congresso, che tuttavia si trovò di fronte la vecchia storia di Sileas Deane. Una Commissione del Congresso nel 1784 propose il pagamento di un indennità di 6,000 dollari a favore di Paine, che i suoi nemici riuscirono a fare ridurre a 3,000.

Con quel piccolo capitale Paine si dedicò non a sviluppare la sua carriera letteraria o politica, ma una carriera completamente diversa. Già da anni andava studiando problemi di ingegneria dei ponti e si era messo in testa di costruire un ponte con un telaio di acciaio ad un’unica campata, un’innovazione notevole per quei tempi. Tuttavia continua a pubblicare scritti politici.

Nel 1787, quando vengono nominati dagli Stati i delegati alla convenzione di Filadelfia, Paine, nonostante fosse una delle personalità politiche più famose d’America, non viene nominato come delegato da nessuno. Eppure aveva anche esperienza. La costituzione della Pennsylvania del 1776, scritta sotto la supervisione di Franklin, porta la sua impronta. L’impronta di Paine è anche sulla legge di liberazione degli schiavi approvata dall’assemblea legislativa della Pennsylvania nel 1780. Il radicalismo delle pubblicazioni di Paine a seguito della fine della guerra avevano certamente contribuito ad una silenziosa levata di scudi dell’establishment contro di lui. Paine frequentava la Society for Political Inquiries fondata da Franklin, in cui si riunivano Washington, Wilson, Robert Morris, il Governatore Morris, Clymer, Rush, Bingham, Bradford, Hare e Rawle, ma non apriva mai bocca. Era diventato un uomo politicamente solo, dalla cui parte stava solo il vecchio Franklin, che non aveva più la forza di discutere a favore del radicalismo della visione del costituzionalismo democratico che aveva fatto volare la rivoluzione. Ad appena qualche anno dalla fine delle ostilità, i tempi stavano cambiando in tutt’altra direzione. Paine era dell’opinione che l’indipendenza era solo un successo parziale, che la vera liberazione poteva venire solo quando la giovane nazione si fosse liberata non solo dell’influenza politica di potenze straniere, ma anche dei propri pregiudizi. Invece questi andavano crescendo giorno dopo giorno. I pregiudizi sono quelli del partito federalista, dietro al quale si nasconde esattamente il contrario del suo nome, come spesso succede in politica. Hamilton e Adams si sono spesi in lungo e in largo per evitare che la costituzione americana includesse politicamente quello che chiamavano dispregiativamente “mob”, gli umili, quegli umili che avevano combattuto al comando di Washington contro la più grande potenza militare del mondo.


Nel 1787 Paine pianifica di tornare in Europa, per vedere i suoi genitori in Irlanda e per presentare la sua invenzione, il suo ponte d’acciaio, in Inghilterra e in Francia. Pensa di rimanere all’estero per almeno un anno. Invece resterà lontano dall’America per quindici anni. Arrivato in America a 38 anni, la lascia all’età di 52. A Thetford, il suo paese natale trova suo padre morto già da un anno. Parla di fronte alla congregazione quacchera, spiegando ad essa che l’idea che l’aveva indotto a partecipare alla rivoluzione era stata quella di stabilire un sistema di governo rappresentativo per dimostrare la possibilità dell’alternativa a quello monarchico, che considerava disumano e che avrebbe fatto la stessa cosa in qualsiasi paese del mondo diverso dall’America. Il manoscritto del saggio contro la schiavitù l’aveva portato con sé al momento della sua partenza da Thetford. Common Sense non era altro che una “testimonianza” contro il levarsi della boria degli ottimati contro la presenza del divino negli umili. Così, mentre a Filadelfia la Convenzione si apprestava a scrivere quella costituzione per la quale Paine aveva dato tutto sé stesso, Paine parlava in una congregazione quacchera di una repubblica universale, della quale quella americana era solo il primo passo.

Nel 1788 Paine è impegnato a far brevettare la sua invenzione in Inghilterra e in Francia e mantiene una corrispondenza intensa con Thomas Jefferson, allora ambasciatore americano americano a Parigi. In autunno del 1789 troviamo Paine a Parigi, dove viene salutato da Lafayette con onori regali come nuovo ambasciatore americano. Paine ovviamente non aveva nessun incarico ufficiale, ufficialmente era in Francia per brevettare il suo ponte. Il rappresentante ufficiale degli Stati Uniti in Francia era il governatore Morris di Filadelfia, uno dei più acerrimi e vecchi nemici di Thomas Paine. Morris faceva di tutto per tenere in disparte Paine, che nondimeno era ricercato e festeggiato nei circoli rivoluzionari parigini, tanto che Lafayette scelse Paine per fare avere in dono a George Washington la chiave della Bastiglia, che ancora oggi si trova in casa di Washington a Mount Vernon. Il progetto del ponte di Paine tuttavia si arena, in quanto la ditta a cui Paine ne aveva commissionato la costruzione fallisce.

Nel Novembre del 1790 Edmund Burke pubblica le sue Reflexions on the Revolution in France. In The Rights of Man, del 1791, Thomas Paine sferra un attacco violentissimo contro Burke, che in Inghilterra solleva un vespaio, in quanto è chiaro che, riproponendo le idee e il linguaggio di Common Sense e smontando completamente le argomentazioni di Burke sulla rivoluzione francese, all’età di 55 anni, Paine aveva intenzione di incitare alla sollevazione contro la monarchia i suoi concittadini irlandesi ed inglesi. Paine aveva una conoscenza diretta e personale delle persone e dei fatti, che avevano condotto alla rivoluzione in Francia. La dedica a George Washington in The Rights of Man contemporaneamente rappresentava un “J’accuse” contro l’esito federalista della rivoluzione americana. Washington è in considerevole imbarazzo di fronte alle reazioni europee alla nuova opera di Paine. Nel 1791 Paine fonda a Parigi la Societè Republicaine, che inizia la sua attività affiggendo un manifesto repubblicano per tutta Parigi, e inizia un sodalizio con Condorcet, che diventerà uno dei suoi punti di riferimento più importanti in Francia. Un altro manifesto repubblicano di Paine viene pubblicato in Inghilterra. Paine diventa una personalità di massimo rilievo politico, del tutto comparabile con quelle dei più famosi giacobini francesi.

Nel 1792 Paine pubblica la seconda parte di The Rights of Man in Inghilterra e viene incriminato per sedizione. The Rights of Man aveva sino ad allora venduto ca. 200,000 copie. La corona fu costretta a intervenire direttamente sugli editori di Paine vietando loro la stampa e sequestrando le copie di The Rights of Man nei loro magazzini. E’ chiaro che il motivo per intervenire direttamente su Paine derivava dal fatto che la monarchia non veniva più criticata sulla base di un’utopia, ma sulla base della realtà esistente di un governo rappresentativo fondato costituzionalmente negli Stati Uniti, che, come faceva notare Paine, costava al contribuente americano 600,000 sterline l’anno mentre la monarchia inglese 17 milioni di sterline l’anno. Quindi, la monarchia aveva tutte le ragioni per temere che The Rights of Man diventasse in Inghilterra la causa di quello che Common Sense era stato in America. In Francia, la traduzione di The Rights of Man di Lanthenas si dice che fosse “in ogni casa”.

Nell’agosto del 1792 Thomas Paine, insieme al suo compagno di viaggio Anacharsis Cloots e a Washington, Hamilton e un’altra dozzina di americani, ottiene la cittadinanza onoraria francese per decisione della Commissione Straordinaria dell’Assemblea Nazionale. Nel Settembre 1792 ben quattro departements eleggono Paine a delegato all’assemblea costituente francese, che avrebbe steso la prima delle costituzioni rivoluzionarie (che, come tutte le altre, non verrà mai attuata). Paine optò per la delega del dipartimento di Pas de Calais e in assemblea si espresse, lui, il simbolo dell’anti-monarchismo, contro l’esecuzione di re Luigi XIV, per ragioni umanitarie e per ragioni di opportunità politica. Non per ultimo non poteva fare decapitare il re che aveva aiutato finanziariamente la rivoluzione americana. In realtà l’umanismo di Paine gli comandava di combattere l’ancien regime, ma secondo lui la decapitazione del re di Francia e di sua moglie non contribuiva in alcun modo alla causa. Paine chiese all’Assemblea Nazionale che i reali venissero mandati in esilio in America. Per un momento, Paine credette di poter fare in Francia ciò che il suo paese elettivo gli aveva negato e di fare un altro passo per fare avvicinare il mondo all’utopia di una repubblica universale. All’Assemblea Nazionale Paine non era uno dei tanti deputati tra tanti, ma il membro della Commissione dei Sei (tra cui anche l’abate Sieyés), che aveva il compito di scrivere la costituzione. Paine tuttavia non aveva fatto i conti con la possibilità di un esito completamente diverso della rivoluzione francese rispetto a quella americana, ovvero con l’avvento del terrore. Entro il 1792 cinque di quei sei membri della Commissione di cui faceva parte Paine, tra cui l’amico Herault de Seychelles, erano già morti. Alla fine erano rimasti membri della Commissione Paine e Sieyès. Quest’ultimo si veniva riallineando progressivamente su posizioni meno radicali. Così venne risolta la disputa trai rivoluzionari francesi tra quelli che chiedevano l’imitazione delle costituzioni americane e quelli che invece volevano fare di testa loro, tra quelli che erano per il bicameralismo e quelli che invece erano per il monocameralismo invocando l’”unità” assoluta della repubblica. Alla fine del 1792 Paine viene condannato in contumacia in Inghilterra per alto tradimento. Alla sua condanna in Inghilterra segue un’ondata di arresti di radicali democratici e di terrore in tutto il paese. Paine era diventato una preda politica attaccabile da più parti simultaneamente, non per ultimo dai suoi nemici in America.

All’inizio del 1793 la Convenzione considera una proposta di costituzione scritta da Condorcet, ovviamente con il supporto decisivo di Paine. Robespierre e i Montagnardi faranno di tutto per discreditare quel progetto, ma non si limiteranno alle discussioni teoriche. In Aprile il partito costituzionalista di Paine e Condorcet proporrà anche una sua Dichiarazione dei diritti individuali e riuscirà a fare ratificare la costituzione in Agosto. Quando viene il momento di dissolvere la Convenzione, Robespierre riesce a fare sospendere la costituzione con la scusa della guerra tra la Francia e le potenze monarchiche europee. In una lettera di maggio del 1793 Paine confessa a Danton di disperare ormai che la rivoluzione porti alla tanto agognata libertà ed alla repubblica europea, non tanto a causa di interventi esterni o di interventi dalle forze del vecchio regime, ma a causa della confusione e delle rivalità trai rivoluzionari stessi. Robespierre propone alla Convenzione misure legislative per il controllo degli stranieri in Francia. Paine e l’altro americano eletto alla Convenzione, Anacharsis Cloots, capiscono di essere entrati nella mira dei Montagnardi, come Condorcet, che è costretto a fuggire dalla Convenzione e morirà di lì a poco in circostanze oscure.

Nel Dicembre 1793 Paine viene fatto imprigionare nel carcere di Lussemburgo da Robespierre. Ad accusarlo in Assemblea era stato Marat con l’accusa di quaccherismo. Dal carcere di Lussemburgo Paine si salvò dalla ghigliottina per puro caso. Uscì stremato solo nel Novembre del 1794, quando ormai Robespierre aveva già lasciato la scena da un pezzo. Oggi sappiamo che Paine, più che di Robespierre, è stato la vittima di una cospirazione orchestrata ai suoi danni dal Governatore Morris, il quale sapeva in anticipo ciò che gli sarebbe accaduto e che ha chiesto al governo di Washington di lasciare la sua vicenda nel silenzio e nel segreto, insinuando che in ogni caso Paine era cittadino francese e che quindi non interessava più gli Stati Uniti. Ovviamente Paine era finito in carcere proprio perché non era francese, per presunte violazioni della legge francese sugli stranieri.

Nel 1794 Paine viene visitato in carcere da Lanthenas e da altri amici francesi. A Lanthenas consegna la prima parte di The Age of Reason, l’opera filosofico-teologica più importante e più sconosciuta di Paine. In agosto di quell’anno il nuovo ambasciatore americano a Parigi, James Monroe, viene a sapere quasi casualmente del destino di Paine e riesce a farlo liberare dal Lussemburgo. Paine, ormai 58enne, è fortemente debilitato, ha un forte ascesso ad un fianco e si salva la vita solamente grazie all’ospitalità della famiglia Monroe. Nel dicembre del 1794 viene richiamato da Thibaudeau alla Convenzione, ma a causa della situazione di salute Paine non può riprendere il suo posto prima di luglio, quando appare di fronte alla Convenzione per un’ultimo discorso. Non porta rancore né nei confronti dei francesi, che l’hanno imprigionato accusandolo di essere americano, né nei confronti degli inglesi. Porta tuttavia una ferita molto più profonda del suo ascesso nei confronti del silenzio di Washington, che secondo Paine non aveva fatto assolutamente nulla per farlo liberare. Il governo americano in effetti era disinformato intenzionalmente dal Governatore Morris sulla reale situazione di Paine. Morris remava con la coalizione dei federalisti contro il mantenimento dell’alleanza pre-rivoluzionaria e rivoluzionaria con la Francia e verso un’alleanza con l’Inghilterra.

La prima parte di The Age of Reason viene pubblicata in America all’inizio del 1795 e causa una sollevazione contro Paine, che viene accusato di ateismo. The Age of Reason contiene un’esposizione della fede religiosa di Paine, il deismo, che non ha nulla a che fare con l’ateismo. Paine applica in modo radicale schemi di ragionamento e di argomentazione sviluppati in Common Sense e in The Rights of Man per dimostrare l’inconsistenza e la disumanità del sistema di governo monarchico all’Antico e al Nuovo Testamento nonché ai Vangeli. La parola più usata da Paine è mitologia. La sua ricerca è volta ad estrarre da quella mitologia un nucleo morale e teologico, in cui il divino viene identificato nell’esistente. Le varie dottrine religiose per Paine non sono altro che “ridondanze” intorno a questo nucleo centrale. Alla fine del 1795 Paine pubblica la seconda parte di The Age of Reason, in cui dimostra che tutte le religioni rivelate sono imposizioni e frodi. Le affermazioni di Paine sulle gerarchie religiose, di qualsiasi religione esse siano, sollevano contro di lui una reazione immediata e compatta. L’America, che aveva vinto la sua rivoluzione contro il pregiudizio monarchico, malgrado la tolleranza nei confronti di tutte le religioni, non era affatto pronta a riflettere fino in fondo su tutti i suoi pregiudizi religiosi.

Nel 1796 Paine pubblica Agrarian Justice, un pamphlet in cui presenta un sistema di welfare fondato sull’idea che l’ereditarietà della proprietà terriera ha creato un sistema sociale ed economico che egli definisce “orrido”, assolutamente ingiusto. Prima dell’avvento del diritto di proprietà la terra era un bene comune dell’umanità. Paine ritiene che i proprietari terrieri dovrebbero indennizzare i non proprietari per la perdita dei loro diritti sulla proprietà comune pagando contributi in un fondo nazionale, che avrebbe erogato 15 sterline ad ogni persona (quindi anche alle donne) all’età di 21 anni e quindi una pensione a vita di 10 sterline l’anno a partire dal 50° anno d’età. L’occasione per questo piano di welfare era la riforma agraria a cui si apprestava il Direttorio. Paine avevà già concepito piani di welfare simili a questo nelle edizioni precedenti di The Rights of Man, anticipando di 150 anni quello che sarebbe avvenuto in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Nello stesso anno Paine fondò a Parigi la Theophilantropic Society, un’associazione dedita alla diffusione di una versione del deismo secondo la quale il miglior modo per diffondere l’amore per Dio è diffondere l’amore per l’uomo e per i suoi diritti individuali.

Monroe nel 1797 torna in America. Paine, sessantunenne e completamente povero, va a vivere con la famiglia di Nicolas de Bonneville, l’editore parigino, che aveva stampato il suo manifesto repubblicano nel 1791. Vorrebbe tornare in America, ma teme che la sua nave venga intercettata da qualche nave inglese. Nel 1797 Paine aveva subito in Inghilterra una nuova condanna in contumacia per blasfemia a causa delle idee espresse in The Age of Reason. A Paine viene confiscato il brevetto per il ponte d’acciaio e un migliaio di sterline su un deposito bancario.

Nel 1799 i giornali di Bonneville vengono chiusi dalla controrivoluzione napoleonica. Sia i Bonneville sia Paine si trovano in condizioni disperate.

Nel 1801 Napoleone stringe un concordato con la chiesa cattolica, la cui prima vittima è la società teofilantropica di Paine. Paine contatta Jefferson chiedendogli di farlo tornare in America su una nave “pubblica”. La partenza tuttavia non riesce prima del 1802. Paine fa seguire Madame Bonneville ed i suoi tre figli nel 1803.

Al suo arrivo, Paine si trovò immediatamente confrontato con quella che chiamava “l’inquisizione americana”, che lo attaccava per le idee espresse in The Age of Reason.

Paine viveva nella casa di New Rochelle e aveva ceduto ai Bonneville la sua casa di Bordentown. Tra il 1803 e il 1805 è impegnato, oltre che a coltivare contatti politici e scientifici, ad aiutare i Bonneville, tanto che nel 1806 è costretto a vendere la sua proprietà a Bordentown per aiutarli. L’ambiente religioso ostile e le difficoltà convincono Paine che tornare in America era stato un errore. Sarebbe stato meglio restare nella sua stanzetta a Parigi, con le sue carte e i suoi modelli di invenzioni. Ma non era tutto, aveva problemi di salute seri e lo spettro del Governatore Morris ancora lo perseguitava. Recatosi ad un seggio elettorale in occasione di un’elezione, a Paine venne addirittura impedito di votare con il motivo che non era un cittadino americano, ma francese. Paine muore a New York l’8 giugno 1809 povero, abbandonato dai politici e dai letterati della repubblica, alla cui nascita aveva tanto contribuito, assistito solamente da Madame Bonneville. Una sorte non di molto diversa toccherà ad altri artefici della costituzione federale: il Governatore Morris, non più rieletto, dopo la presidenza di Jefferson cade nell’oblio più completo; sia Hamilton sia Jefferson moriranno in bancarotta. Monticello, la casa di Jefferson, verrà pignorata dai creditori di Jefferson.

Quindi, perché Thomas Paine non viene annoverato volentieri trai padri costituenti né quelli americani e tantomeno di quelle degli stati “sociali” post-totalitari europei?

Ci sono tanti motivi, ovviamente. Il motivo fondamentale tuttavia è uno solo: Paine ha fondato saldamente il potere costituente sui diritti umani individuali, intesi non in senso astratto, non come “subjektiv-oeffentliche Rechte”, che devono essere “concretizzati” e “delimitati” da un potere legislativo onnipotente ed onnivoro, ma come diritti individuali di singoli nei confronti di singoli, che si uniscono in un’associazione di individui politicamente uguali al fine di raggiungere obiettivi di civiltà umana altrimenti non raggiungibili. Se necessario, anche imbracciando le armi. Ha affermato questo sulla base di un corollario: non si tratta di teorie filosofiche, ma Common Sense.

Paine non ha mai affermato che la rivoluzione americana o la rivoluzione francese abbiano prodotto una qualità di civiltà umana insuperabile, ha solamente legittimato le conquiste di civiltà umanitaria dei rivoluzionari nei confronti dei sistemi dell’ancien regime, di tutti i rivoluzionari, non solo dei loro leader “ottimati”. Ha affermato che le conquiste rivoluzionarie, ottenute contro le monarchie e le aristocrazie, hanno portato a livelli qualità di vita politica ed umana prima inimmaginabili persone che prima potevano essere solo oggetto di disprezzo e di sopruso, ma che l’opera della liberazione dell’uomo dal disprezzo e dal sopruso da parte dei poteri costituiti non è mai e non può essere mai finita. Di qui il diritto alla rivoluzione come diritto umano.

Il potere costituente come diritto umano individuale non può che essere l’altra faccia della medaglia del diritto individuale di rivoluzione. Se fosse stato Thomas Paine a scrivere la Dichiarazione di Indipendenza, avrebbe scritto una Dichiarazione di Indipendenza delle ragioni ultime dell’umanità da qualsiasi forma di stato e di governo, in quanto ogni forma di governo legittima non può che essere un costrutto derivato da diritti umani individuali viventi. Paine ha fondato un’idea di autogoverno e di costituzionalismo democratici fondati su un umanismo integrale, che vive di diritti umani individuali e reali.

Naturalmente è legittimo chiedersi in che misura i movimenti religiosi di destra, che hanno oggi hanno preso il predominio sul sistema politico degli USA, possano essere considerati compatibili con la visione dello sviluppo politico elaborata da Paine e da lui pagata a carissimo prezzo sulla sua stessa pelle. La risposta è semplice: niente affatto, si tratta di una totale perversione delle ragioni e degli obiettivi dei rivoluzionari americani. Una perversione che è segno chiaro del degrado della democrazia americana rispetto alle sue origini. Ancora più perverso è che proprio questa interpretazione perversa della democrazia dei loro padri gli Americani di oggi pretenderebbero di esportare nel mondo.

L’hanno esportata anche in Italia nel 1943, creando una catastrofe, la catastrofe della Prima Repubblika.

Robert Dahl in “How Democratic is the American Constitution?” (2002) conclude che la costituzione federale americana va riformata in senso “più democratico”, ma non affronta il nocciolo fondamentale del problema.

Come si dovrebbe strutturare nel 21° secolo una procedura costituente “giusta”, ovvero rispondente a criteri di fairness? O a quanto acquisito dagli “standard” di procedura costituzionale elaborati dalla storia, dalla dottrina giuridica e dalla politologia? Basterebbe oggi ripetere la Convenzione di Filadelfia? E’ un’esperienza ripetibile? Basta di nuovo nominare 26 delegati ad una convenzione? Si può legittimare una costituzione praticamente non emendabile solo facendola ratificare da una maggioranza di legislature statali? E’ vero che non esistono “standard” per il potere costituente, come volentieri affermano giuristi italiani? Oppure: il fabbisogno nazionale di potere costituente è sorto e si è esaurito con l’Assemblea Costituente del 1947, come alcuni giuristi italiani pretendono di poter affermare legittimamente?

Questi standard esistono e come. Che sono standard non lo sappiamo grazie ad Hamilton, Madison e Jay – il che non toglie niente né alla grandezza né alle debolezze del tutto umane di certi personaggi –, ma grazie alla vita ed alle opere di Thomas Paine.

L’Occidente, dopo aver vinto la Guerra Fredda, si illude di aver garantito la vittoria di un modello politico superiore, certamente in senso economico, ma anche in senso morale e filosofico. Ma quanto è grande e quanto pesa l'insoddisfazione verso i risultati e le procedure politiche della democrazia ritualizzata di massa rispetto agli standard di giustizia politica imposti da un’interpretazione “common sense” dei diritti umani? Le democrazie occidentali sono diventate stati disumanizzati non meno delle monarchie degenerate di cui parlava Paine. I motivi fondamentali sono due: l’uno l'impossibilità di realizzare quella “large and equal representation” su cui Paine tanto faceva conto, l’altro è l’insostenibilità finanziaria dello stato sociale.

La constitution octroyee della Convenzione europea, alias Trattato Costituzionale Europeo, è l’esempio perfetto della degenerazione politica occidentale. Un Trattato puramente intergovernativo e partitocratico scritto da persone che si sono cooptate a vicenda, che non ha più praticamente nulla a che fare con il Trattato di Roma e che, contrariamente a quanto affermato nel suo articolo 1, non ha assolutamente nulla a che fare con una qualche "volontà popolare", è stato spacciato per qualcosa di compatibile con gli standard del costituzionalismo democratico. Là dove il Common Sense si è potuto esprimere in merito, l’ha rispedito al mittente; là dove è stata la Sovranità Parlamentare (alias Potere Politico, alias Partitocrazia) a parlare, l’ha “ratificato”.

Restano intatte le fondazioni del costituzionalismo democratico e l'esperienza storica, che dimostrano che il tentativo di “costruire” per mezzo di costituzioni delle società e delle economie più giuste, non è hybris, se viene fatto bene, può funzionare. Se viene fatto male, alla fine della rivoluzione viene fuori sempre un Napoleone.

L'obiettivo di fondare uno stato più umano è più attuale che mai. Le cosidette democrazie occidentali ne sono ancora distanti anni luce. Non serve a nulla che rimandino a quanto c'è di peggio su questo pianeta e che continuino a fare ignorare Thomas Paine. E' Common Sense, si vede ad occhio nudo. Basta usarlo.

La via verso uno stato più umano passa per costituzioni, scritte, attuate e controllate da chi è l'unico titolare legittimo del potere costituente. Ciò di cui si può discutere sono solo le procedure.

Non si possono più eleggere assemblee costituenti con leggi elettorali proporzionali? Bisognerà inventare procedure di formazione di assemblee costituenti nuove.

Non si possono più fare fare le costituzioni alle assemblee legislative? Bisognerà formare assemblee costituenti elettive, ma permanenti.

Non si possono più fare emendare le costituzioni alle assemblee legislative piuttosto che agli esecutivi? Bisognerà inventare procedure di emendamento puramente referendarie completamente al fuori del controllo degli altri organi costituzionali.

Bisogna che i controllori vengano controllati dai controllati in modo più efficace che con le sole elezioni? Bisognerà radicare le procedure finanziarie e fiscali in controlli e procedure legislative tributarie referendarie trasparenti, aperte, non riservate al Burosaurus Rex.

Su un punto uno stato umano può e deve essere completamente diverso dallo stato sociale: deve essere fondato sulla responsabilità individuale, non mediata da organizzazioni pubbliche fondate sul monopolio della coazione illimitata.

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