BRUNO FREY, ALOIS STUTZER: DEMOCRAZIA DIRETTA, OVVERO: COME DISEGNARE UNA COSTITUZIONE VIVENTE


Institute of Empirical Research in Economics Working Papers No. 167,
September 2003


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1. Introduzione

La proposta di Trattato Costituzionale Europeo elaborata dalla
Convenzione nel giugno 2003 ha colto un'occasione irripetibile per
scrivere una costituzione per questo secolo e per quelli a venire
Essa ha rappresentato una rara opportunità per disegnare la
costituzione di una delle entità politiche più importanti al mondo.
È improbabile che nel futuro prossimo possano essere scritte regole
dalla rilevanza fondamentale come questa. La Convenzione ovviamente
non è potuta partire da zero, nessuna assemblea costituente lo può
mai fare. Nell'Unione Europea ci sono vari trattati precedenti, come
quelli di Maastricht, di Nizza e di Amsterdam e il trattato
fondativo di Roma del 1956, di occorreva tenere conto. Tuttavia
l'entrata di 10 nuovi paesi nell'Unione nel 2004 e l'imminenza
dell'entrata di nuovi membri avrebbe doovuto consentire alla
Convenzione di elaborare regole che avessero aperto un nuovo
sentiero di sviluppo per il futuro dell'Unione Europea.

Quest'opportunità è stata sprecata.. La Convenzione ha inteso il
proprio compito in modo diverso, quasi come un esercizio in materia
di compromessi. Bisogna ammettere che il compito da assolvere non
era facile. Bisognava ottenere il sostegno di quindici Stati Membri
dell'Unione e della qunidicina che si sarebbero aggiunti nel 2004 o
nel prossimo futuro. Non è un compito da poco, tenuto conto che i
trenta stati sono notevolmente diversi tra loro. Più rilevante è
tuttavia che ci sono due interpretazioni dell'Unione Europea che si
scontrano tra loro. La prima interpreta l'impresa europea
essenzialmente come un fatto economico. L'Unione Europea è concepita
come una garanzia di libero scambio in termini di beni, di servizi,
lavoro e di capitali. Ogni intervezionismo politico deve essere
volto a mantenere aperte le frontiere, a prevenire le distorsioni
del commercio internazionale attraverso sovvenzioni e altri
interventi atti a distorcere i prezzi relativi. La seconda vede
nell'impresa europea uno scopo politico. L'Europa deve andare nella
direzione di un'unione sempre più intensa (come soleva dire l'ex
presidente della Commissione Jacques Delors) e trasformarsi in
qualcosa come gli "Stati Uniti d'Europa".

Pur ammettendo la necessità di un compromesso, fin da oggi si
dovrebbe pensate a come fare sviluppare la Costituzione Europea in
futuro, cioè porsi il problema dell'emendamento della costituzione
europea. Questo è l'aspetto principale su cui si concentra il
presente articolo.

Noi partiamo dall'analisi dei vari interessi che concorrono al
controllo dello stato, inlcuso il potere di cambiarne la legge
fondamentale. Quindi passiamo a valutare dal punto di vista
comparato referendum e iniziative popolari come meccanismi per il
cambiamento istituzionale. Lo standard a cui ci riferiamo è un
sistema democratico puramente rappresentativo (che predomina nella
maggior parte degli stati), in cui i parlamenti decidono su
questioni costituzionali come i diritti individuali, la natura delle
decisioni democratiche e il rapporto con lo scambio di mercato,
l'organizzazione del potere giudiziario e la struttura federale del
paese. Nella seconda sezione descriviamo in generale le modalità di
decisione collettiva basate sulla democrazia diretta e dove queste
sono state applicate. Nella terza sezione analizziamo gli effetti
dell'intervento dei cittadini attraverso iniziative popolari e
referendum. Ci concentriamo su tre aspetti principali: (i) le
differenze indotte nella relazione tra principali e agenti che
intercorre tra cittadini e politici quando i cittadini possono
controllare la formazione dell'agenda politica attraverso iniziative
popolari e quando possono richiedere referendum su nuove leggi; (ii)
il processo decisionale stesso della democrazia diretta e, (iii),
come proteggere la capacità di influire dei referendum contro il
rischio di eccessiva centralizzazione dei processi di decisione
politica. Nella quarta sezione presentiamo l'evidenza empirica a
favore di queste analisi. La quinta sezione discute argomenti pro e
contro la democrazia diretta. La sesta discute la problematica di
come disegnare una costituzione che consenta la partecipazione
diretta dei cittadini, in particolare nel contesto dell'Unione
Europea. La settima sezione contiene osservazioni conclusive.


2. La democrazia diretta e la sua diffusione

Esistono molte concezioni diverse della democrazia diretta e anche
vari modi di fraintendere la stessa. I due sensi in cui il termine
democrazia diretta viene utilizzato nelle osservazioni che seguono
sono di importanza cruciale .

2.1 Referendum e iniziative popolari come diritti in più

La democrazia diretta (o, più precisamente, la democrazia semi-
diretta), non sostituisce il parlameno, il governo, i tribunali e
tutte le altre caratteristiche delle democrazie rappresentative
contemporanee. Piuttosto sposta il diritto di prendere delle
decisioni definitive in direzione dei cittadini. L'estensione di
questo diritto di partecipazione può variare, ma includerà sempre e
in ogni caso quello della modifica della costituzione, normalmente
per mezzo di referendum obbligatori. Referendum opzionali e
iniziative popolari opzionali (che consentano ai cittadini di
influire sull'agenda politica) richiedono un certo numero di firme
dei cittadini prima che possano aver luogo.

Dal punto di vista storico si possono distinguere tre stadi di
sviluppo della democrazia:

• La democrazia classica, che si è sviluppata ad Atene e in altre
città stato greche. I diritti di partecipazione erano ristretti ai
maschi liberi, quindi escludevano una vasta proporzione della
popolazione e si estendevano solo all'area stessa della città. I
principi democratici ancora oggi in uso hanno avuto origine da qui.

• La rivoluzione francese ha esteso la democrazia su una vaste aree
geografiche. Il principio rappresentativo ha consentito di
introdurre una partecipazione indiretta nella dimensione dei grandi
stati nazionali.

• La democrazia (semi-)diretta ha combinato queste due forme di
democrazia consentendo a tutti i cittadini il diritto di decidere
direttamente su certe questioni. La forma estrema (classica) di far
decidere ai cittadini tutto non viene più praticata da nessuna parte
e il numero di questioni su cui si consente ai cittadini di
partecipare varia notevolmente da paese a paese.

Dal 1990 al 2000 si contano 405 referendum popolari a livello
nazionale (cfr. Gross e Kaufmann 2002, Butler e Ranney 1994). Più
della metà, 248 di essi, hanno avuto luogo in Europa (e a loro volta
la metà di questi in Svizzera). In America se ne contano 78, in
Africa 36, in Asia 26 e 16 in Oceania . Nel decennio dal 1980 al
1990 ci sono stati in tutto 129 referendum. Le questioni
dell'integrazione Europea hanno condotto fino all'agosto 2002 a 30
referendum nazionali . C'è stato un gran numero di referendum
popolari a livelli inferiori di governo. Nello stato tedesco della
Baviera si contano più di 500 referendum dall'adozione di questo
istituto. In Svizzera si contano migliaia di referendum lungo tutti
i livelli di governo: locale, cantonale e federale.

La maggior parte delle democrazie non consente all'elettorato di
prendere direttamente decisioni su questioni importanti. Da nessuna
parte, eccetto che in Svizzera e in Liechtenstein, l'istituto del
referendum viene utilizzato sistematicamente a livello nazionale.
Negli USA non esistono referendum a livello federale, anche se sono
frequenti in certi stati come la California e l'Oregon. Molte
decisioni che influenzano in modo decisivo il futuro di un paese per
decenni non vengono sottoposte a referendum popolare. Un esempio
illuminante è quello tedesco. I cittadini tedeschi per esempio non
hanno avuto nessuna possibilità di influire sulle modalità di
integrazione dell'ex RDT o sull'adozione dell'euro al posto del
marco. In molti casi decisioni di democrazia diretta non vengono
tenute in seria considerazione dai politici al potere. Un esempio
illuminante è il voto degli Irlandesi sul Trattato di Nizza. I
cittadini nel giugno 2001 lo hanno respinto. Prima del secondo voto
dell'agosto 2002 i politici dell'Unione Europea dissero che
sarebbero andati avanti con il programma del Trattato
indipendentemente dall'esito del voto referendario (benchè a livello
europeo di solito sia richiesta l'unanimità).


2.2 Referendum e altre forme di consultazione dei cittadini

Il referendum è un diritto costituzionalmente garantito. I governi e
i parlamenti di solito sono obbligati a rispettare le decisioni
referendarie, non hanno il diritto di richiedere l'opinione dei
cittadini solamente quando fa loro comodo. In questo modo i
referendum si distinguono dai plebisciti, con cui dei governi di
solito legittimano ex post decisioni politiche già prese. Con i
plebisciti ai cittadini non viene consentito di esprimersi in modo
decisivo, ma solo di sostenere o di non sostenere il governo. I
referendum sono anche sostanzialmente diversi da sondaggi di
opinione, che rappresentano l'opinione dei cittadini in un dato
momento, ma che non sono affatto vincolanti per un governo: un
governo può decidere di tenerne conto oppure di ignorarli. Per
contro, una volta che i cittadini hanno preso una decisione in un
referendum, la costituzione obbliga il governo ad attuare la
decisione politica presa.

3. Il funzionamento del processo di democrazia diretta

3.1 Contro il cartello dei politici la democrazia diretta

Politici contro elettori
Le persone che agiscono dentro le strettoie di un sistema politico
hanno incentivi a sfruttarle a proprio vantaggio. I politici non
sono "cattivi" o peggio di altre persone, tendono solamente a fare i
propri interessi, come chiunque. I propri interessi li coltivano
aumentando la propria ricchezza, ma anche il proprio prestigio e
riconoscimento.

In democrazia i politici dispongono di tre metodi principali per
acquisire vantaggi a spese dei cittadini, ovvero sfruttando il
popolo in generale:

(a) I politici possono prendere decisioni di cui essi sanno che
deviano dalle preferenze dei propri elettori. Ciò può accedere
perchè essi perseguono fini ideologici propri, perchè da ciò essi
possono ottenere vantaggi materiali o immateriali, oppure perchè
dispongono di informazioni insufficienti. Ad esempio i politici
preferiscono intervenire direttamente nell'economia invece di
servirsi del sistema dei prezzi, in quanto le regolamentazioni in
genere consentono loro di creare e di appropriarsi di rendite di
mercato più grandi.

(b) I politici si possono assicurare privilegi personali eccessivi
in forma di redditi diretti per sè stessi o per i propri partiti,
pensioni e benefici come abitazioni o automobili.

(c) Lo sfruttamento dei cittadini può assumere la forma della
corruzione, ovvero il pagamento diretto per servizi speciali resi a
certi elettori invece che ad altri.

Normalmente i politici hanno interesse a proteggere e a espandere
questi tipi di rendite il più possibile. Ciò significa che essi
hanno un incentivo a formare un cartello che controlla gli ordinari
cittadini. C'è un problema di escludibilità derivante da beni
pubblici: singoli politici hanno un incentivo a rompere il cartello,
se in ciò possono venire sanzionati positivamente dall'elettorato.
Questo tipo di azioni può essere osservata regolarmente in tutte le
democrazie, ma di solito non ha conseguenze pesanti sul cartello dei
politici. In molti paesi i politici costituiscono un gruppo omogeneo
di persone che si distinguono nettamente dal resto della
popolazione. I loro contatti più importanti sono con i membri del
gruppo stesso. La disapprovazione dei pochi che osano uscire dal
cartello si fa sentire in modo intenso e importa notevoli costi. Il
cartello è amministrato dai leader dei partiti, quindi, nella
maggior parte dei casi e per la maggior parte del tempo il numero di
coloro che rompono il cartello è esiguo, chi esce viene rapidamente
sanzionato dagli altri membri del cartello, ad esempio restringendo
le condizioni di accesso ai seggi parlamentari (in particolare in
posizioni di commissioni parlamentari particolarmente influenti) o
riducendo il sostegno economico dello stato ai loro partiti. Ogni
singolo politico si sente svantaggiato a non far parte del cartello,
in quanto i leader del suo partito dispongono di molti mezzi per
controllarlo a loro convenienza, incluso a obbligarlo a dare le
dimissioni.

Regole costituzionali contro il cartello dei politici
Tutti gli attori coinvolti, in particolare gli elettori, si rendono
conto che esistono incentivi forti e onnipresenti alla formazione di
cartelli da parte dei politici per sfruttare gli elettori. La
risposta a questo sono varie norme costituzionali il cui obiettivo è
tenere sotto controllo tali tendenze:

(a) Regole che proibiscono l'appropriazione di rendite eccessive da
parte dei politici, tra le quali le più severe riguardano la
corruzione. Naturalmente tali regole sono efficaci solo nella misura
in cui non possono essere aggirate e se vengono imposte in modo
conseguente. Sono inutili contro il primo tipo di sfruttamento di
cui si parlava sopra, ovvero la deviazione sistematica dalle
preferenze dei cittadini. Poichè i privilegi dei politici sono molto
variagati e difficili da identificare (come ad esempio per quanto
riguarda i loro trattamenti pensionistici), l'esperienza dimostra
che la capacità dei politici di generare rendite per sè stessi può
difficilmente essere tenuta sotto controllo. Per quanto riguarda la
corruzione, solo i casi più evidenti vengono scoperti. Concludendo,
tali norme hanno una certa efficacia, ma non sono in grado di
prevenire lo sfruttamento dei cittadini da parte dei politici.

(b) La costituzione di tribunali speciali che abbiano la funzione
specifica di prevenire lo sfruttamento dei cittadini da parte dei
politici. Tutti i paesi democratici conoscono l'istituzione delle
corti dei conti, ma è facile dimostrare che queste sono in grado di
svolgere le loro funzioni solo in modo limitato. Esse sono tanto
meno effettive quanto più dipendono dai politici che si suppone che
da esse vengano controllati. A questo fine non cambierebbe molto se
i giudici contabili fossero eletti direttamente e rispondessero ai
parlamenti (invece che ai governi), in quanto il cartello dei
politici si estende ugualmente dentro e fuori del governo. Anche le
corti dei conti formalmente indipendenti da governi e da parlamenti
hanno pochi incentivi e possibilità di tenere sotto controllo
efficacemente le possibilità di sfruttamento dei cittadini da parte
dei politici. Ciò vale soprattutto per la deviazione sistematica
dalle preferenze dei cittadini: è dimostrabile che le corti dei
conti che si devono limitare a giudicare il comporamento formale di
politici e di amministratori e addirittura possono contribuire a
allargare la distanza tra ciò che i cittadini vogliono e ciò che i
politici forniscono.

(c) La concorrenza tra partiti è l'istituzione classica che nelle
democrazie rappresentative che dovrebbe impedire ai politici di
perseguire scopi propri a spese dei cittadini in generale. Le
costituzioni contengono varie norme volte a mantenere la concorrenza
tra partiti e che rendono più difficili le coalizioni. Una di queste
norme è la divisione dei poteri in esecutivo, legislativo e
giudiziario. Un'altra è il bicameralismo. A causa del grande numero
di interazioni e dei guadagni certi realizzabili, queste norme si
dimostrano piuttosto inefficaci nel tenere sotto controllo gli
interessi della classe politique.

Un importante strumento di controllo per mantenere e stimolare la
concorrenza tra partiti è quello di garantire l'entrata di nuovi
politici e di nuovi partiti nel sistema politico. Ciò certamente
contribuisce a costringere i partiti già stabiliti a prendere in
maggior considerazione le preferenze dei cittadini per quanto
riguarda privilegi e corruzione, ma gli effetti tendono ad essere di
breve periodo. Gli outsiders si rendono conto rapidamente dei
vantaggi derivanti dalla tolleranza del cartello, anzi dalla
partecipazione ad esso. Un esempio di ciò è costitutito dai
partiti "verdi", che all'inizio hanno combattuto l'establishment
politico, ma in breve tempo hanno imparato ad avvantaggiarsi dei
soldi dei contribuenti per i propri scopi.

Sulla base di questi argomenti si può concludere che nè norme
costituzionali, nè corti speciali, nè la concorrenza tra partiti
sono strumenti efficaci per ridurre lo sfruttamento dei cittadini da
parte dei politici. Ciò non vuol dire che questi fattori
costituzionali sono inutili, ma che non prevengono a sufficienza la
formazione di rendite di cui i politici si vogliono appropriare.
Occorrerà quindi cercare e considerare seriamente altre norme
costituzionali per combattere il cartello dei politici.

I referendum come misure costituzionali contro il cartello dei
politici
L'istituzione di referendum a cui possano partecipare tutti i
cittadini consente di affidare potere decisionale a persone al di
fuori del cartello dei politici. Gli individui che decidono non sono
membri della classe politique e si sottraggono al controllo da parte
dei politici. L'istituzione dell'iniziativa popolare consente loro
di fare richieste dirette contro l'establishment politico
rappresentato in parlamento e nel governo. I referendum possono
essere obbligatori o opzionali e costituiscono degli strumenti di
controllo ancora più efficaci in quanto, in caso di successo,
consentono di rovesciare le decisioni prese dall'esecutivo o da
assemblee legislative.

Un referendum popolare (nel senso più generale del termine) può
raggiungere il suo scopo solamente se la classe politique non è in
grado di bloccarlo. In molti paesi le corti costituzionali, o,
peggio ancora, i parlamenti hanno il potere di decidere quali
referendum sono ammissibili e quali no. Il criterio potrebbe
sembrare puramente formale, ma in effetti consente ai membri della
classe politique di avere un controllo sulle possibilità e sugli
incentivi per proibire referendum che mettano in questione la
posizione del cartello dei politici. Spesso vengono applicati
concetti piuttosto vaghi su ciò che essi ritengano sia la ragion di
stato. In paesi come la Svizzera questa possibilità non esiste e
quindi può capitare che all'attenzione dell'elettore vengano
sottoposte questioni indesiderate, talora fortemente avversate dai
politici.

L'evidenza empirica disponibile dimostra che i referendum sono dei
mezzi atti a rompere il cartello dei politici passando attraverso le
norme costituzionali e e le leggi anche in modo totalmente contrario
agli interessi della classe politique . I seguenti casi si
riferiscono alla Svizzera, che viene considerato il paese del
referendum per eccellenza. I primi due hanno soprattutto interesse
storico (Blankart 1992).

(a) Durante il 19° secolo il parlamento federale (Nationalrat)
veniva eletto con un metodo maggioritario. Ne beneficiava ampiamente
il partito più grande. Il Partito Radicaldemocratico in tal modo si
è assicurato la maggioranza dei seggi per sette decenni di fila.
Quando venne proposto di introdurre il metodo proporzionale per
consentire anche a partiti più piccoli di entrare in parlamento, la
classe politique di allora nell'esecutivo e nel giudiziario avversò
fortemente il progetto motivata dall'ovvio interesse della propria
posizione. Nel 1918 una proposta di riforma elettorale referendaria
fu approvata da una maggioranza di cittadini e di cantoni e nelle
elezioni successive il partito radicaldemocratico perse il 40 % dei
suoi seggi.

(b) Fino alla seconda guerra mondiale leggi federali caratterizzate
come urgenti (dringliche Bundesbeschlüsse) non erano soggette a
referendum opzionale. Per evitare di dover cercare il sostegno
popolare e per continuare a perseguire i propri interessi la classe
politique di governo e parlamento federali spesso dichiaravano
urgenti provvedimenti che in effetti non lo erano. Nel 1946 venne
introdotta un'iniziativa popolare volta a prevenire che gli
interessi dei cittadini venissero ignorati. L'esecutivo e il
parlamento federali dissero agli elettori di respingere tale
iniziativa, per evidenti motivi di interesse proprio. Invece
l'iniziativa popolare fu accettata dagli elettori e ora gli organi
federali sono costretti a tenere conto degli interessi dei cittadini
quando fanno leggi federali.

La storia elettorale svizzera offre molti esempi di scontro tra i
leader del cartello politico e i cittadini. I politici devono fare
sforzi notevoli per adattarsi il più presto possibile ai movimenti
di opinione al di fuori del cartello. Di solito sono i partiti
stessi (alle ali estreme del cartello) o gruppi di interesse ad essi
associati che si fanno promotori di referendum. Per avere almeno
successi parziali tali iniziative devono tenere conto delle
preferenze dei cittadini e quindi diminuiscono la capacità dei
politici di generare rendite. L'istituzione del referendum in questo
caso conduce al fatto che il risultato desiderato dal cartello
politico ha minori possibilità di essere realizzato .

I politici si rendono conto benissimo che i referendum popolari
restringono notevolmente le loro possibilità di sfruttare i
cittadini e i contribuenti e quindi si oppongono strenuamente
all'introduzione anche di elementi dei democrazia diretta.


3.2 Il referendum come procedura

Sarebbe un errore considerare i referendum solo come dei voti.
Esistono due stadi importanti, uno precedente e uno successivo, di
cui occorre tenere conto.

Lo stadio procedurale antecedente il referendum
Il sistema cosstituzionale predetermina largamente quali questioni
vanno a finire sull'agenda politica e a quali viene impedito di
apparirvi. In tutte le democrazie rappresentative i politici sono
spesso molto bravi ad impedire che certe questioni a loro
sconvenienti compaiano sull'agenda politica e che vengano discusse
nelle istituzioni legittimate democraticamente. Come è stato
dimostrato sia teoricamente sia empiricamente, il potere di
influenzare l'agenda ha un effetto significativo sui risultati
elettorali .

Un'importante aspetto dei referendum è il processo di discussione
tra i cittadini stessi e tra i politici e i cittadini . Le
discussioni che precedono il referendum possono essere considerate
come degli scambi di argomentazioni tra eguali che hanno luogo
secondo regole prestabilite. Tali discussioni istituzionalizzate
rispondono alle caratteristiche della "situazione discorsiva ideale"
di cui parla Habermas (1983). La rilevanza della discussione per la
politica induce i cittadini a partecipare o meno, a seconda di
quanto essi ritengano importante la questione. L'esperienza della
Svizzera dimostra che alcuni referendum motivano discussioni intense
ed accese (come il referendum sullo spazio economico europeo, che ha
visto una partecipazione dell'80% rispetto a una media del 40%).
Altri referendum considerati poco importanti generano poche
discussioni nell'elettorato e quindi anche tassi di partecipazione
bassi (talora dell'ordine del 25%). La variabilità dell'intensità
della discussione e della partecipazione sfata alcuni miti sullo
studiatissimo "paradosso del votare" (cfr. Tullock 1967, Riker e
Ordeshook 1973).

La funzione principale della fase che precede un referendum è di
aumentare il livello di informazione dei partecipanti (cfr.
l'evidenza empirica nella sezione seguente). È inoltre ipotizzabile
che lo scambio di argomenti influisca anche sulle preferenze dei
partecipanti. Ciò che più importa è che la formazione di preferenze
può venire influenzata, ma non controllata dalla classe politique.

Un altro aspetto importante della procedura referendaria va al di là
delle considerazioni sul risultato. I cittadini possono trarre
benefici dal processo di per sè, in quanto è un dato di fatto che i
cittadini hanno delle preferenze ben specifiche a favore della loro
partecipazione alle decisioni politiche in quanto questo aumenta la
percezione di autodeterminazione da parte dei cittadini (cfr.
Pateman 1970, per una visione di insieme Lane 2000, cap. 13). Cronin
(1989), ad esempio, con riferimento alla democrazia diretta, nota
che "... dare al cittadino più importanza nel processo di governo
può diminuire l'alienazione e l'apatia" (11). Inoltre la discussione
politica indotta dalle iniziative e dai referendum genera
comprensione per posizioni e opinioni differenti. Ciò rafforza il
contratto sociale basato sul consenso e motiva i cittadini ad agire
oltre il proprio tornaconto personale. Le possibilità di
partecipazione sono un'importante fonte della percezione di
giustizia procedurale, che influiscono sul comportamento individuale.

Aggiustamenti susseguenti al referendum
In un referendum viene presa formalmente una decisione politica, ma
ciò non significa che i politici e l'amministrazione intraprendano
le azioni atte ad implementarla. Più viene tenuta in conto la
costituzione in un sistema politico, maggiori sono i costi
risultanti dal non seguirla. I politici possono essere indotti a
agire in tal senso dalla minaccia di non essere rieletti, ma in
ultimo l'implemenzione di una decisione referendaria dipende dal
fatto se le regole costituzionali vengono seguite volontariamente da
chi è al potere.

Non importa solamente quale parte ottenga la maggioranza in un
processo referendario. Un referendum rivela chiaramente come la
pensano i cittadini in merito a una certa questione e dove sono e
chi sono le minoranze. I gruppi dissenzienti possono emergere, le
loro preferenze possono diventare visibili e entrare a far parte del
processo politico (cfr. Gerber 1997). Ciò rende più probabile che
dei partiti si facciano campioni di tali interessi e che tentino di
ottenere ulteriori consensi e che ci siano altri referendum in certe
regioni invece che in altre.

In Svizzera, per esempio, un'iniziativa popolare nel 1989 ha chiesto
il dissolvimento dell'esercito. Molti svizzeri hanno considerato
questa proposta come un attacco alla più sacra delle istituzioni
nazionali. La classe politique era totalmente contraria alla
proposta. I generali avevano minacciato di dimettersi se l'inziativa
non fosse stata respinta (da almeno l'80-90% a loro dire). Il
risultato è stato una sorpresa per tutti, in quanto un terzo degli
elettori (una maggioranza dei quali era in età di servizio militare)
ha votato per la dissoluzione dell'esercito. Dopo un breve periodo
di shock diversi partiti si sono fatti fautori di riforme nel
settore militare, che sono state realizzate a tempo di record,
cambiamenti che prima del referendum erano considerati impossibili
da chiunque.


3.3 Il referendum e la protezione del federalismo

Le istituzioni della decisione diretta da parte dei cittadini e la
decentralizzazione del potere decisionale sono intimamente connesse.
Il federalismo è uno strumento alternativo per soddisfare meglio le
preferenze dei cittadini: infatti i cittadini tendono ad andarsene
dalle giursdizioni insoddisfacenti verso quelle che sono in grado di
soddisfarli meglio a costi inferiori. La possibilità di votare con i
piedi (cfr. Tiebout 1956, Buchanan 1965, Hirschman 1970) serve a
sfaldare le basi di cartelli regionali di politici.

Il federalismo è però allo stesso tempo un requisito per l'efficacia
dei referendum piuttosto che un sostituto. In comunità sociali
relativamente piccole, molto del sapere necessario per prendere
decisioni politiche informate viene dalla vita quotidiana. I
cittadini sono ben consapevoli dei benefici e dei costi di certi
programmi politici. Come contribuenti essi devono sostenere i costi,
ammesso che ci sia un livello sufficiente di equivalenza fiscale
(Olson 1969, 1986).

Per il funzionamento benefico del federalismo è cruciale che la
costituzione assegni esplicitamete a tutti i vari livelli di
organizzazione statale sia la competenza di spesa sia quella di
imporre tasse.

Ciò tuttavia non è sufficiente, in quanto i politici si oppongono
alla concorrenza federale in quanto essa restringe le loro opzioni
nel perseguire interessi propri. Quindi, i livelli inferiori del
governo tentano di formare dei cartelli fiscali e di spesa sotto la
protezione del governo centrale. Di qui risulta una tendenza al
centralismo superiore al punto in cui il cittadino ne beneficia di
più (cfr. Blankart 2000). Il problema dell'eccesso di
centralizzazione esiste anche per altri motivi (cfr. Eichenberger
1994, Vaubel 1994) ed è difficile da controllare. Invece di
proteggere il sistema federale negli Stati Uniti, la Corte Suprema
ha consentito un'interpretazione larga delle competenze assegnate al
governo federale, che ha condotto a una notevole centralizzazione
del sistema (cfr. Niskanen 1992). Un sistema referendario per contro
è la norma costituzionale migliore per proteggere l'esistena di un
sistema di governo decentralizzato .


4. L'evidenza empirica sulle conseguenze della democrazia diretta

La democrazia diretta rispetto alla democrazia rappresentativa
cambia i processi politici in tre modi rilevanti: (i) restringendo
le opzioni dei politici al potere, consente di ottenere risultati
politici più vicini alle preferenze dei cittadini; (ii) il carattere
partecipativo della democrazia diretta incentiva gli elettori a
informarsi sulle questioni politichee e cambia i loro rapporti con
le autorità e gli altri cittadini. Il processo referendario quindi
può essere una fonte di utilita procedurale; (iii) la democrazia
diretta influenza il cambiamento istituzionale e protegge le regole
che favoriscono i cittadini; in particolare è una garanzia contro
gli eccessi di centralizzazione.

Ci sono molte analisi empiriche che sostanziano queste ipotesi sulla
Svizzera e sugli Stati Uniti (cfr. Bowler e Donovan 1998,
Eichenberger 1999, Kirchgässner, Feld e Savioz 1999, Gerber e Hug
2001, Matsusaka 2003). Questi due paesi sono adatti a essere
confrontati empiricamente in quanto le istituzioni di democrazia
diretta sono sviluppate in modo molto eterogeneo al livello dei
cantoni svizzeri e degli stati americani. Menzioniamo in breve i
principali risultati e andiamo più nel dettaglio di alcuni.


4.1 Gli effetti sui risultati dei processi politici

Il punto naturale di partenza per vedere se e in che modo la
democrazia diretta influisce sui risultati di processi politici è
costituito dall'analisi delle spese e delle entrate. Le decisioni
fiscali costituiscono le decisioni essenziali della maggior parte
dei governi e le priorità politiche si vanno formando nel processo
di bilancio.

Feld e Kirchgässner (2001) hanno analizzato gli effetti dei
referendum fiscali obbligatori sulle spese e sulle entrate aggregate
di 26 cantoni svizzeri dal 1986 al 1997. Delle 312 misurazioni a
disposizione, 217 costituiscono referendum obbligatori, che hanno
luogo quando una nuova spesa supera in dato limite prefissato. Le
spese e le entrate dei cantoni che prevedono referendum obbligatori
sono inferiori rispettivamente del 7% e dell'11% rispetto ai cantoni
che non hanno quest'istituzione . Gli autori hanno replicato i loro
test su un campione delle maggiori 132 città svizzere utilizzando
dati del 1990. A livello delle città dove il deficit di bilancio
deve essere obbligatoriamente approvato dai cittadini in media le
spese e le entrate sono inferiori in media del 20% rispetto alle
città che non hanno quest'istituzione e il debito pubblico in media
è inferiore deel 30%. Feld e Matsusaka (cfr. Feld e Matsusaka in
corso di stampa) hanno preso in esame l'effetto del referendum
obbligatorio sulla spesa con un set di dati più ampio (1980-1998)
tenendo conto dei limiti di spesa. Il risultato è che a un limite di
spesa mediano di 2,5 milioni di franchi svizzeri la spesa pro capite
è inferiore di 1,314 franchi l'anno, mentre la spesa media è di
7,232 franchi, ovvero inferiore del 18% nei cantoni che hanno il
referendum di spesa obbligatorio in confronto ai cantoni che o hanno
un referendum opzionale o che non hanno alcun referendum di spesa
sulle nuove spese . La differenza sulla spesa totale varia
notevolmente da cantone a cantone, partendo da un limite di spesa
basso di 0,5 milioni di franchi (25° percentile) a arrivando fino a
15 milioni di franchi (75° percentile). Nel primo caso la minore
spesa è di 1,389 franchi a testa l'anno, mentre nel secondo è di 845
franchi l'anno. Inoltre gli autori trovano che il referendum fiscale
ha un effetto minore quando è più facile raccogliere le firme
necessarie per lanciare un'iniziativa per cambiare leggi esistenti.
Esiste una relazione sostitutiva tra le due istituzioni per quanto
riguarda le loro conseguenze sui risultati delle politiche fiscali
cantonali.

Risultati molto simili emergono da analisi che si riferiscono agli
USA (Matsusaka 1995, 2003). In un panel di stati dal 1970 al 1999,
che esclude l'Alaska, è stata analizzata l'influenza delle
iniziative popolari sulla spesa e sulle entrate. Il tipo di
iniziativa, sia che fosse una propora di legge o un emendamento
costituzionale, è stato codificato in una variabile dummy.
Controllando per gli effetti del reddito medio dello stato, i
contributi federali, la popolazione e la crescita, la percentuale di
popolazione che vive in città e a seconda che si tratti di stati
dell'est o dell'ovest, l'autore trova che in media gli stati che
adottano l'iniziativa popolare in media hanno sia spese sia entrate
inferiori rispetto agli stati che non l'hanno. Stati con l'inziativa
popolare spendono in media 137 dollari pro capite in meno l'anno
degli altri. Le entrate sono inferiori di 117 dollari a testa
l'anno. Entrambi gli effetti sono dell'ordine del 4% rispetto alla
media di spese e entrate. Gli effetti tuttavia sono sensibilmente
diversi quando nell'analisi vengono incluse le firme necessarie per
lanciare un'iniziativa. Stati che richiedono il 2% degli aventi
diritto al voto impongono 342 dollari di tasse pro capite in meno
(negli stati chi richiedono il 5%, le spese e le entrate sono
inferiori rispettivamente del 6% e del 5%) (Matsusaka 2003, capitolo
3). I risultati sono robusti statisticamente e sono da attribuire al
processo referendario, non, per esempio, all'ideologia
dell'elettorato. Infatti, utilizzando i voti in senato dei senatori
dello stato come approssimazione per misurare il grado di
conservatismo, i risultati non cambiano in modo sostanziale, casomai
crescono gli effetti riflessi sulla variabile istituzionale
(Matsusaka 2003, capitolo 3).

Spesso risultati di questo tipo vengono interpretati nel senso che
la democrazia diretta produce risultati a favore dei cittadini.
Tuttavia essi offrono anche evidenza contro un modello mediano
troppo semplicistico, in cui dei rappresentanti implementano le
preferenze di spesa e di entrata dell'elettore mediano e in cui
referendum e iniziative popolari non avrebbero alcun effetto .
Potrebbe essere che spese e entrate basse favoriscono certi gruppi
della popolazione (ovvero i ricchi), che fanno meno affidamento sui
servizi pubblici. Quindi bisognerebbe analizzare più
dettagliatamente la produzione di beni pubblici.

L'efficienza nell'utilizzazione di fondi pubblici sotto diverse
strutture istituzionali può essere analizzata per il caso di beni
pubblici unici. Nei suoi studi sulla raccolta dei rifiuti Pommerehne
(1983, 1990) ha dimostrato che questo servizio viene offerto a costo
minimo nelle città svizzere che dispongono di vasti diritti di
democrazia diretta e che si servono di un concessionario privato.
Quando il servizio viene fornito dalla città stessa invece che da
una ditta privata, i costi sono superiori in media del 10%. Nelle
città a democrazia rappresentativa le perdite di efficienza sono in
media del 20% rispetto a quelle a democrazia diretta. I costi sono
massimi nelle città che conoscono solo istituzioni rappresentative e
che producono direttamente questo servizio.

Uno studio sulla performance economica dei cantoni svizzeri (Feld e
Savioz 1997) mostra le conseguenze sull'efficienza dei servizi
pubblici. Gli autori stimano una funzione di produzione neoclassica
con dati dal 1984 al 1993, che tiene conto degli addetti in tutti i
settori, le spese cantonali per l'educazione (inclusi gli aiuti
federali) e una variabile proxy per gli investimenti fissi
immobiliari. La funzione di produzione poi viene estesa con una
dummy che identifica i cantoni a democrazia diretta in materia
finanziaria. La produttività totale, misurata dal PIL cantonale pro
capite, è superiore del 5% nei cantoni a democrazia diretta rispetto
a quelli a democrazia rappresentativa.

Blomberg e altri (in corso di stampa) stimano attraverso
un'equazione di crescita aggregata se il capitale pubblico (strade,
educazione, servizi pubblici) viene fornito in modo più o meno
produttivo negli stati stati che hanno l'iniziativa popolare
rispetto a quelli che non l'hanno. Utilizzando dati sul PIL statale,
capitale pubblico e privato, impiego e popolazione per 48 stati dal
1969 al 1986 esso mostrano che gli stati senza iniziativa popolare
sono altrettanto efficienti come gli stati ad iniziativa popolare
solo per l'82%, ovvero che i primi sprecano circa il 20% dei fondi
pubblici rispetto agli stati con iniziativa popolare.

Un altro elemento di evidenza viene da uno studio comparativo dei
prezzi di terreni in 91 municipalità del Connecticut (Santerre
1986). I prezzi dei terreni sono notevolmente più alti in municipi a
democrazia diretta in confronto a quelli a democrazia
rappresentativa.

Nella sezione precedente abbiamo disegnato un processo politico-
economico in cui i politici formano un cartello contro i cittadini.
I risultati precedenti potrebbero essere attribuiti ad imperfezioni
informazionali, che inducono dei rappresentanti benevoli a scegliere
politiche sbagliate, cosa che succede meno spesso in cantoni,
municipalità e in stati a democrazia diretta. Noi non rifiutiamo il
concetto di rappresentanti dalle intenzioni benevole, tuttavia
ipotizziamo differenze di efficienza che possono essere ricondotte a
differenze di controllo sul potere legislativo. Evidenza in questo
senso si trova in uno studio di Alt e Lassen (Alt e Lassen 2003)
sulla corruzione negli stati nel 1998. L'abuso del potere pubblico a
fini privati è stato misurato in un sondaggio sulla percezione della
pubblica corruzione da parte di giornalisti che lavorano nelle
legislature statali. Il risultato, controllato per mezzo di tutta
una serie di variabili, è che esiste un effetto statistico
significante delle iniziative popolari sulla percezione pubblica
della corruzione. Negli stati in cui esiste l'iniziativa popolare la
corruzione è inferiore agli altri stati e quest'effetto è più ampio
minore è il numero di firme richiesto per lanciare un'iniziativa.
L'effetto delle iniziative popolari sulla corruzione è negativo, ma
non nel caso di iniziative popolari che devono essere approvate dai
legislatori.

Oltre che sull'efficienza della produzione dei beni pubblici, la
democrazia diretta ha un'influenza diretta sulla soddisfazione
personale dei cittadini. I cittadini non hanno solo preferenze
materiali, ma anche per aspetti come la libertà, l'uguaglianza di
opportunità, la giustizia sociale e la solidarietà. Che le
preferenze dei cittadini vengano più rispettate in condizioni di
democrazia diretta è una congettura, che non può essere dedotta da
studi come quelli di cui sopra. Una prova del fatto che i cittadini
di democrazie rappresentative sono più soddisfatti della propria
vita può essere evinta solo da sondaggi sulla sensazione di
benessere individuale (cfr. Frey e Stutzer 2002)

Frey e Stutzer agli inizi degli anni '90 hanno analizzato l'effetto
della democrazia diretta sulla sensazione di benessere individuale
per quanto riguarda la Svizzera in più di 6,000 interviste
personali. La misura per la soddisfazione individuale è stata
approssimata dalla risposta alla seguente domanda: "In che misura è
soddisfatto della sua vita oggi?" Gli intervistati hanno risposto su
una scala da uno (totalmente insoddisfatti) a dieci (totalmente
soddisfatti). I diritti di partecipazione politica sono stati
misurati a livello cantonale. Inoltre è stato sviluppato un indice
che misura le varie barriere che impediscono ai cittadini di
prendere parte ai processi di decisione politica tramite iniziative
popolari e referendum nei vari cantoni. Il risultato principale è
che esiste una correlazione positiva notevole tra il livello di
sviluppo della democrazia diretta e il senso di benessere riportato
dagli intervistati (controllando per varie variabili
sociodemografiche e socioeconomiche). Un aumento dell'indice di
democrazia diretta di una deviazione standard aumenta la proporzione
di cittadini che indicano un livell di soddisfazione di vita alto di
ca. 3,4 punti (sulla scala da uno a dieci di ca. 0,14). L'effetto è
superiore di più di un terzo della differenza di soddisfazione di
vita tra la classe di reddito più bassa e quella che dichiara la
soddisfazione di vita più alta. Poichè il miglioramento riguarda
tutti indistintamente, il fattore istituzionale che cattura la
democrazia diretta è importante dal punto di vista aggregato.


4.2 Gli effetti sui processi di decisione politica

La democrazia diretta cambia in modo radicale il processo di
decisione politica. I politici non sono solo costretti a seguire con
maggior attenzione le preferenze dei cittadini, ma il coinvolgimento
stesso dei cittadini nel processi di decisione cambia la loro
motivazione quando entrano in azione nella loro capacità di
contribuenti, elettori o di cittadini (cfr. Frey 1997). Ciò può
spiegare differenze di livello di coscienza politica, se e in che
misura i cittadini sono in grado di costruire un rapporto di fiducia
con le autorità pubbliche e se hanno preferenze di natura puramente
procedurali per la partecipazione diretta alle decisioni politiche
in quanto tali.

Spesso si sente dire che per far funzionare stabilmente una
democrazia diretta ci devono essere per forza cittadini molto ben
informati. Quando i cittadini non hanno informazioni sufficienti
riguardo le politiche o i candidati per cui votano, possono rimanere
delusi dalle conseguenze delle loro decisioni e ciò può mettere in
forse la legittimità e l'accettazione della democrazia come sistema
di governo. Raccogliere informazioni da utilizzare al seggio
elettorale è un bene pubblico a cui i cittadini sono disposti solo
fino a un certo punto. Da un lato si può discutere se una decisione
a democrazia diretta su una certa questione richieda più o meno
informazioni rispetto alla scelta di un candidato, date le
istituzioni che minimizzano i costi di informazione dei cittadini .
Dall'altro ci si può chiedere se il livello stesso di informazione
dell'elettore dipende dal sistema politico in cui vivono i
cittadini. Nella sezione precedente abbiamo argomentato teoricamente
che un sistema politico che offre più possibilità di partecipazione
al cittadino cambierà non solo la domanda di informazione del
cittadino stesso, ma anche l'offerta. Un esempio illuminante è dato
dalla ratificazione del Trattato di Maastricht in vari paesi
europei. Nei paesi dove i cittadini hanno ricevuto il diritto di
esprimere un voto (ad esempio in Danimarca), i politici si sono
dovuti impegnare di più a spiegare il contenuto del trattato invece
che nei paesi dove tale voto non c'è stato (ovvero in Germania). Gli
incentivi dei cittadini ad essere informati erano maggiori nel primo
caso, in quanto discussioni intense prima del referendum hanno
trasformato l'esigenza di avere un'opinione informata in un bene
privato. E' facile rendersi conto che i cittadini danesi
conseguentemente erano informati piuttosto bene sui contenuti del
Trattato. Questo esempio suggerisce che gli elettori sono più
informati quando sanno di poter influire maggiormente sugli esiti
dei processi politici.

Frey e Benz (in corso di stampa) forniscono prove più sistematiche
di ciò. Essi studiano il livello di informazione degli elettori in
vari contesti. In primo luogo si servono dei dati dell'Eurobarometro
per stimare quale è stato l'impatto dei referendum sul livello di
informazione degli elettori nell'Unione Europea. Il risultato è che
nei paesi che in cui hanno luogo referendum i cittadini sono
obiettivamente meglio informati (sulla base delle 10 domande poste
dall'Eurobarometro) e si sentono soggettivamente più informati
sull'Unione Europea a seguito di un referendum. Secondariamente Frey
e Benz si servono di dati di sondaggi del 1996 tra cittadini
svizzeri che hanno risposto correttamente alla domande: "(i) Quanti
partiti ci sono nel Consiglio Federale?; (ii) Chi era il presidente
del Consiglio Federale nel 1995?; (iii) Quante firme sono necessarie
per un'iniziativa popolare?". Le differenze trai cantoni sono
spiegate da una misura dei diritti di partecipazione diretta dei
cittadini e da una serie di variabili di controllo
sociodemografiche. Viene utilizzato lo stesso indice dello studio
sulla democrazia diretta e la soddisfazione di vita in Svizzera di
cui nella sezione precedente. La correlazione viene rappresentata
nella Figura 1.

/Figura 1: qui/

In media i cittadini che vivono in giurisdizioni a democrazia
diretta sono obiettivamente meglio informati di altri sulla
politica. Il risultato viene confermato in analisi di regressione
multipla, che dimostrano che l'effetto è notevole. L'effetto della
variabile istituzionale è confrontabile con una crescita
dell'educazione obbligatoria generale che termina con un diploma di
scuola media superiore. L'analisi indica anche che le possibilità di
partecipazione politica aumentano l'intensità di discussione, che la
letteratura scientifica sull'argomento considera come un importante
strumento di trasmissione che conduce a una maggiore informazione
dell'elettore.

Il livello di soddisfazione con la produzione di beni pubblici in
situazioni di democrazia diretta può influenzare il comportamento di
raccolta delle informazioni dei cittadini sia come elettori sia come
contribuenti. Tuttavia il processo decisionale può anche cambiare la
fiducia dei cittadini nelle autorità (possiamo parlare di un
contratto psicologico, cfr. Feld e Frey 2002) e la loro motivazione
a osservare le leggi. Ad esempio è stato dimostrato che con maggiori
poteri decisionali i cittadini hanno una morale fiscale migliore e
minori incentivi a evadere le tasse. Sulla base di dati tratti dal
World Values Study Torgler (2003) trova che i cittadini dei cantoni
a democrazia diretta sono più disposti a dichiararsi d'accordo con
l'affermazione "Imbrogliare sulle tasse non è mai giustificabile se
se ne ha la possibilità". Pommerehne e Weck-Hannemann (1996)
studiano direttamente l'evasione fiscale nei cantoni svizzeri e
trovano che essa è sostanzialmente più bassa dove i cittadini hanno
un'impatto diretto sulle politiche di bilancio.

Inoltre è stato accertato che l'esperienza dei cittadini con la
democrazia diretta crea delle attitudini positive sulla capacità dei
cittadini di influenzare ciò che fa il governo (Bowler e Donovan
2002). La democrazia diretta quindi rafforza la sensazione di
efficacia politica dei cittadini.

L'evidenza menzionata in questa sezione conduce all'ipotesi che il
cittadino possa beneficiare della democrazia diretta al di là dei
risultati stessi dei processi politici, dai processi politici
stessi. Frey e Stutzer (2002) hanno esteso l'analisi qui menzionata
sul nesso tra democrazia diretta e soddisfazione di vita per
verificare quest'ipotesi. Per districare gli effetti di risultato da
quelli procedurali sono stati utilizzati degli stranieri come gruppo
di controllo. Gli stranieri beneficiano dei risultati positivi, ma
sono esclusi dai benefici procedurali. I benefici procedurali della
democrazia diretta per i cittadini svizzeri in effetti sono tre
volte superiori rispetto agli stranieri.


4.3 Gli effetti sulla centralizzazione politica

La relazione tra democrazia diretta e federalismo non si limita al
fine comune di soddisfare meglio le preferenze dei cittadini. Le due
istituzioni sono interdipendenti. In particolare i cittadini sono
interessati a un tipo di concorrenza intergiuridsdizionale federale
efficace. Per poter difendere gli interessi dei cittadini
dall'interesse dei politici alla centralizzazione sono
indispensabili forti diritti politici. Blankart (2000) spiega la
maggiore centralizzazione della Germania rispetto alla Svizzera dopo
la Seconda Guerra Mondiale con la mancanza di istituzioni di
democrazia diretta a livello federale in Germania e documenta il
livello di centralizzazione confrontando il Grundgesetz del 1949 con
il quello del 1999. Nel 1999 tutte le imposte sono sottoposte a
legislazione federale e la separazione fiscale è stata sostituita
con la compartecipazione. Le imposte centralizzate nel 1995
corrispondono al 93% contro il 61,2% del 1950. In Svizzera c'è un
parlamento federale bicamerale come quello tedesco, ma c'è una
differenza notevole nel processo di emendamento costituzionale. Per
quanto riguarda le questioni fiscali per esempio i cittadini sono
stati chiamati ad esprimersi in referendum sulle imposte federali
sui redditi non meno di 23 volte dal 1917. Le proposte sono state
respinte tutte al primo tentativo (Blankart 2000). Quindi le tasse
centralizzate in Svizzera nel 1995 sono solo il 47,4%, una
proporzione molto inferiore alla Germania (benchè entrambe siano
partite da livelli intorno al 60% nel 1950).

L'effetto della democrazia diretta sulla centralizzazione
governativa è documentata empiricamente anche per livelli di governo
inferiori. Matsusaka (2004, capitolo 4) in un'estensione
dell'analisi della spesa degli stati negli USA ha analizzato come
l'iniziativa popolare abbia influito sulla divisione tra spesa
locale e statale. Negli stati con iniziativa popolare la spesa pro
capite a livello state è inferiore del 13% rispetto agli stati senza
iniziativa popolare e la spesa locale è risultata in media superiore
del 4%. Il risultato è una spesa più decentralizzata in stati che
hanno l'iniziativa popolare. Risultati simili possono essere
riscontrati in Svizzera. Schaltegger e Feld (2001) in un panel di
cantoni tra il 1980 eil 1998 riscontrano come più che la spesa pro
capite la proporzione della spesa cantonale come percentuale della
spesa statale totale e locale è influenzata dallo sviluppo del
referendum fiscale. Nei cantoni dove è più facile lanciare un
referendum fiscale sia le spese sia le entrate sono meno
centralizzate. L'effetto sulla spesa è dovuto alla spesa
sull'educazione più decentralizzata nei cantoni a democrazia diretta.

La democrazia diretta influisce non solo sul processo di
centralizzazione fiscale, ma anche sulla centralizzazione spaziale.
Martin e Wagner (1978) mostrano che c'è un numero inferiore di
municipi negli stati USA dove la decisione di creare nuovi municipi
implica decisioni dirette da parte dei residenti.


5 Argomenti pro e contro i referendum

Esiste un'evidenza sistematica che mostra come la democrazia diretta
sia un processo che produce risultati più in linea con le preferenze
dei cittadini che un processo politico puramente rappresentativo.
Tuttavia i referendum non possono essere considerati delle
istituzioni popolari nelle democrazie, e tantomeno nei sistemi
autoritari. I membri della classe politique sollevano rapidamente
obiezioni nei confronti di tali processi, in quanto si rendono conto
che i referendum costituiscono una minaccia per la loro posizione in
quanto limitano la loro capacità di generare e di appropriarsi di
rendite. Ci sono anche molti intellettuali che respingono i
referendum, anche coloro che si oppongono al cartello di
sfruttamento dei politici e coloro che sono contro l'establishment
politico. Il motivo essenziale è che essi si considerano dei giudici
migliori di ciò che è bene per i cittadini. Si vedono nel ruolo di
re filosofi in grado di determinare che cosa sia il benessere
sociale. Quindi essi preferiscono dei sistemi in cui essi hanno una
maggiore influenza e si oppongono ai referendum per gli stessi
motivi per cui si oppongono al mercato.

Ora consideriamo 10 argomenti standard contro l'istituzione di
referendum. Oltre che con l'evidenza empirica menzionata nella
sezione precedente, rispondiamo a queste affermazioni con ulteriori
argomenti.


5.1 I cittadini non comprendono questioni complesse

Si afferma che l'elettore medio non è abbastanza informato o educato
a sufficienza per decidere ragionevolmente su questioni politiche,
che sono un compito per un gruppo sociale specializzato, i politici,
che rappresentano gli elettori.

Quest'opinione può essere refutata con vari argomenti:

Primo: È illogico ammettere che i cittadini siano in grado di
scegliere candidati a partiti alle elezioni e non tra questioni
alternative in referendum. Se mai la scelta precedente è più
difficile, in quanto presuppone la formazione di aspettative su come
i politici si comporteranno nel futuro dopo le elezioni.

Secondo: Gli elettori non devono avere una conoscenza dettagliata
delle questioni in ballo. Piuttosto devono essere in grado di
cogliere l'essenziale delle questioni. Questi aspetti non sono
strettamente tecnici, ma di principio, si tratta di aspetti su cui
un elettore è in grado di decidere esattamente come un politico.

Terzo: Il livello di intelligenza e le qualificazioni dei politici
non dovrebbero essere sopravvalutati. Non si possono certo
considerare superiori a quelli di altri cittadini. Il deputato medio
non ha tante alternative tra cui scegliere. Normalmente è costretto
da votare quello che i suoi capi politici di partito o pochi
specialisti si sono messi d'accordo di votare in anticipo.

Quarto: Si sono evolute tutta una serie di istituzioni nelle
democrazie dirette che aiutano i cittadini a prendere decisioni
responsabili. I partiti e i gruppi di pressione possono fare
raccomandazioni di voto, di cui i cittadini possono tener conto se
vogliono. Le discussioni pre-referendarie sono più importanti in
quanto fanno emergere gli aspetti principali e li mettono in
prospettiva.

Quindi, come già indicato nell'ultima sezione, il livello di
informazione su questioni politiche è endogeno. La democrazia
diretta fornisce incentivi a raccogliere informazioni provatamente e
agli agenti politici e ai media di fornirle.


5.2 I cittadini non hanno interesse a partecipare

La partecipazione a iniziative popolari e a referendum è bassa.
Talora solo pochi elettori vanno ai seggi. Da ciò si conclude che i
cittadini non sono interessati alle questioni messe al voto.

Quest'argomento è sbagliato per tre motivi:
Primo: La partecipazione non è sempre così bassa. Quando i cittadini
ritengono che una questione sia importante, la partecipazione
aumenta. La Svizzera offre un buon esempio di questa variabilità: la
partecipazione su questioni di rilevanza federale è in media del
45%, ma può cader anche fino al 25%. A volte può andare all'80% e
oltre, come nel 1992 in occasione del referendum sullo Spazio
Economico Europeo.

Secondo: Un'alta partecipazione non è necessariamente una buona
cosa. I cittadini si comportano razionalmente quando non partecipano
a quesiti che non ritengono interessanti o quando sono indecisi. Si
potrebbe ritenere che è socialmente utile non partecipare a tali
condizioni, ma lasciare la decisione a coloro ai quali interessa
realmente. La partecipazione al voto riflette l'intensità delle
preferenze dei cittadini che rendono l'atto del voto socialmente più
apprezzabile.

Terzo: sarebbe ingenuo credere che la partecipazione al voto in
parlamento sia volontaria e che sia qualcosa di sostanzialmente
diverso da quella dei cittadini in un referendum. I deputati di oggi
sono altamente specializzati e valutano i pro e i contro solo di
poche questioni. In tutti gli altri casi si devono attenere al
dettato dei capi di partito, cioè devono rinunciare a esprimere un
voto volontario. Ciò a volte si riflette in una bassa partecipazione
alle sedute parlamentari. I deputati spesso devono essere condotti
come un gregge a votare dalla lobby o dai loro uffici.


5.3 I cittadini possono essere manipolati facilmente

Dei partiti e dei gruppi di pressione ben finanziati sono più capaci
di dare il via a iniziative e a fare propaganda referendaria invece
di interessi finanziariamente non ben dotati e poco organizzati. Non
si può negare questo. Sostenere questa opinione in modo assoluto
tuttavia è sbagliato: è sempre vero che i gruppi ricchi e ben
organizzati sono più potenti. La domanda cruciale è se hanno lo
stesso o meno potere in una democrazia diretta invece che in una
democrazia rappresentativa. È risaputo che interessi ben organizzati
e finanziati esercitano un'influenza notevole sui politici in
parlamento e nel governo. Si può anche affermare che è meno costoso
influenzare un piccolo numero di legislatori e di politici del
governo invece dell'intero elettorato.


5.4 I cittadini possono decidere in modo emotivo

Si ritiene spesso che gli elettori siano influenzati in modo non
conveniente da considerazioni emotive. Quest'accusa va valutata in
modo comparativo. Non c'è motivo di ritenere che i politici non
decidano in modo emotivo. Nei parlamenti hanno luogo dibattiti a
volte altamente emotivi, che a volta sconfinano in risse. Per tale
motivo molti parlamenti conoscono procedure formali per dibattere
una proposta due o tre volte, con considerevole tempo tra una seduta
e un'altra. La stessa cosa vale per i referendum popolari. Ci deve
essere una discussione intensa prima del voto, che consenta di
esaminare tutti gli aspetti della questione. Ciò aumenta le
probabilità di una discussione dominata da aspetti razionali .


5.5 Ci sono troppi referendum che confondono gli elettori

Quando i cittadini devono decidere su troppe questioni
simultaneamente (in California per esempio gli elettori ricevono
fino a 20 proposte referendarie su cui decidere e oltre), si
concentrano solo su quelle essenziali. Le decisioni sulle altre
questioni sono casuali e irrazionali.

Una tale situazione deve ovviamente essere evitata. Il numero di
referendum da mettere al voto può essere suddiviso su diversi fine
settimana lungo tutto l'anno e a seconda del numero di firme
richieste. Se il numero di questioni è troppo ampio, bisognerebbe
aumentare il numero di firme necessarie. Una tale decisione dovrebbe
essere presa in un referendum costituzionale che impedisca che la
classe politique imponga un numero di firme talmente altro che i
referendum diventano improbabili.


5.6 La leadership politica è impossibile

Si ritiene che talvolta i politici debbano prendere decisioni
impopolari. Ad esempio una politica fiscale restrittiva, quando il
deficit diventa troppo alto o quando aumenta l'inflazione. È una
politica che paga solo a medio o a lungo termine. Si ritiene che
tali decisioni impopolari siano impossibili in una democrazia
diretta.

Non si tratta di una conclusione stringente. In una democrazia
diretta i politici sono costretti a spiegare le loro politiche ai
cittadini. Se sono in grado di dare dei buoni motivi, i cittadini
non si opporranno. Nella storia della Svizzera ci sono state molte
situazioni in cui i cittadini hanno consentito a politiche che li
penalizzavano, purchè i politici avessero spiegato perchè quel
sacrificio era necessario per migliorare la situazione nel lungo
termine. L'evidenza empirica menzionata nella sezione precedente
mostra che la stabilità fiscale è maggiore nei cantoni svizzeri e
negli stati degli USA che fanno affidamento a ampi diritti di
partecipazione diretta.


5.7 I referendum non sono adeguati per la maggior parte delle
questioni politiche

Poichè gli elettori non sono informati e non dispongono
dell'educazione necessaria, essi sono emotivi e soggetti a
manipolazioni, quindi i referendum devono essere limitati a
questioni di poca importanza. Le questioni importanti, specie quelle
costituzionali, vanno lasciate alla competenza dei politici di
professione.

A dire la verità dovrebbe essere il contrario. Anche le questioni
importanti si possono ridurre all'essenziale. La valutazione non è
una questione scientifica, ma di giudizi di valore. Sulla base
dell'individualismo metodologico solo i cittadini hanno il diritto
di essere i giudici finali quando si tratta delle loro preferenze.
La sostituzione con i loro rappresentanti nel migliore dei casi è
una soluzione second best. Poichè i politici hanno un incentivo
sistematico a deviare dalle preferenze degli elettori, la
sostituzione conduce a risultati distorti.


5.8 I referendum impediscono il progresso

Si dice che i cittadini spesso respingono proposte nuove in quanto
come persone "ordinarie" a loro non piace il cambiamento in generale
e che essi tendano ad impedire l'adozione di idee nuove e coraggiose.

Può ben succedere che nuove proposte vengano respinte a seguito di
un referendum, ma ciò non rappresenta necessariamente uno
svantaggio. Il fatto stesso che una proposta contenga idee nuove non
è una prova della sua qualità. I cittadini di solito respingono
certe proposte quando vanno a favore della classe politique. Spesso
per soluzioni coraggiose e innovative vengono fatte passare
soluzioni che sono il risultato di una mentalitù pianificatrice e
tecnocratica, che tende a rafforzare la posizione di politici e di
burocrati, ma non è necessariamente nell'interesse degli elettori.

I referendum sono delle procedure ben sperimentate per spezzare
blocchi di decisione politica e quindi sono in questo senso segno di
progresso. Si consideri ad esempio la richiesta di maggiore
indipendenza a livello regionale. A volte tali richieste sono
accompagnate da violenze e spargimenti di sangue. In una democrazia
diretta questioni di questo tipo possono essere decise con soluzioni
accettate da vaste maggioranze. Ad esempio, in Svizzera si è
assististo alla secessione del cantone del Giura dal cantone di
Berna in una serie di referendum popolari. Ci sono stati episodi di
violenza, ma la questione è stata risolta con notevolmente meno
violenza e di spargimento di sangue di quanto si possa osservare in
democrazie rappresentative, per non parlare dei sistemi autocratici.


5.9 I referendum possono distruggere i diritti individuali

Uno dei problemi fondamentali della democrazia è il verificarsi di
un'eventuale tirannia della maggioranza. Questo rischio sembra
essere particolarmente acuto nel caso dei referendum, dove la
volontà della maggioranza non è sottoposta a vincoli. Quindi, è
possibile anche che vengano rovesciati i diritti civili. Non si
tratta ovviamente di un esito inevitabile. Dove ci sono fratture
economiche, sociali e politiche nessun gruppo di cittadini può
rappresentare sempre LA maggioranza e quindi si cercherà di evitare
di non rendere altri gruppi sociali eterni antagonisti.
Empiricamente è stata riscontrata una certa tendenza a compromettere
i diritti individuali in alcune votazioni statali e locali negli USA
(cfr. Gamble 1977), ma esiste anche evidenza conraria proveniente
dalla California e dalla Svizzera (cfr. Cronin 1989, Frey e Goette
1998). Hajnal et al. nella loro analisi di 51 referendum in
California hanno scoperto che i neri, i gli ispanici e gli asiatici
hanno una proabilità del solo un per cento di non trovarsi inclusi
nella maggioranza che vince un referendum.


5.10 I referendum sono costosi

L'ultimo argomento contro i referendum sono i costi amministrativi.
Si afferma che le decisioni parlamentari siano molto meno costose e
quindi dovrebbero essere favorite.

Si tratta di un argomento sbagliato per almeno due motivi:
Primo: i referendum non sono troppo costosi quando li si confronta
con i costi di mantenimento di un parlamento di professionisti della
politica con il relativo apparato (cfr. Von Arnin 1988 per quanto
riguarda la Germania). Poichè in una democrazia diretta l'ultima
parola spetta ai cittadini, ci vogliono meno soldi per partiti e per
i parlamenti. Inoltre i costi amministrativi dei referendum non sono
affatto troppo alti, in quanto si possono mettere al voto insieme
vari quesiti in un solo fine settimana e i cittadini potrebbero
anche partecipare attivamente alle operazioni di spoglio e di
conteggio dei voti. I cittadini possono sostenere dei costi di
opportunità, ma ciò ha il vantaggio di renderli più partecipi
diretti nella vita del loro stato, il che tende ad accrescere la
loro sensibilità anche per i doveri civici.

Secondo: i costi amministrativi sono insignificanti rispetto ai loro
vantaggi, derivanti dal fatto che essi riducono la deviazione delle
decisioni politiche dalle preferenze individuali.


6. Aspetti di design costituzionale

6.1 Il caso della Costituzione Europea

I padri della costituzione europea hanno fatto bene a cercare
ispirazione dalla costituzione federale americana, in particolare
dalla sua visione rivoluzionaria, ma avrebbero fatto meglio a non
ripetere gli errori compiuti dai fondatori della repubblica
americana quando hanno affrontato la questione dell'emendamento
della costituzione. La storia costituzionale americana mostra come
in tre occasioni di grande trasformazione le regole di emendamento
sono state infrante (cfr. Ackerman 1998): (i) la Convenzione che ha
scritto la Costituzione americana ha ignorato le regole che
prevedevano l'emendamento degli Articoli di Confederazione; (ii) le
regole che avrebbero consentito di liberare gli schiavi e gli
avrebbero potuto concedere la cittadinanza non sono risultate da una
procedura di emendamento della costituzione; (iii) l'estensione
delle competenze del governo centrale rispetto agli stati è stata
provocata dall'interpretazione della costituzione da parte della
Corte Suprema piuttosto che da emendamenti formali. L'articolo V
della costituzione federale non sembra quindi essere particolarmente
adatto per il cambiamento costituzionale nello stato di diritto. La
prima opzione, quella di convocare una convenzione per emendare o
riscrivere la costituzione, non è mai stata considerata. La seconda
opzione, quella di emendamenti con i due terzi delle camere e la
ratificazione da parte di tre quarti degli stati a volte è stata
applicata, ma è stata ignorata per i cambiamenti più importanti .

La costituzione europea all'articolo IV-7 defnisce una "Procedura
per la revisione del Trattato che stabilisce la costituzione", che
afferma quanto segue:

"(a) Ciascun governo di ogni Stato Membro, il Parlamento Europeo o
la Commissione possono sottoporre al Consiglio dei Ministri proposte
di emendamento del Trattato istitutivo della costituzione.

(b) Qualora il Consiglio, dopo aver consultato il Parlamento Europeo
e la Commissione, adotti a maggioranza semplice una decisione in
favore dell'esame degli emendamenti proposti, il Presidente del
Consiglio Europeo convocherà una Convenzione ... Il Consiglio
Europeo, dopo aver ascoltato il Parlamento, potrà decidere a
maggioranza semplice di non convocare la Convenzione, qualora ciò
non risulti justificato dall'ampiezza degli emendamenti proposti.

(c) La Convenzione esaminerà la proposta di emendamento e adotta
all'unanimità una raccomandazione alla Conferenza dei rappresentanti
dei governi degli Stati Membri ...

(d) La Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati Membri
verrà convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri per
determinare di comune accordo gli emendamenti da fare al Trattato
istitutivo della Costituzione.

(e) Gli emendamenti entreranno in vigore non appena verranno
ratificati dagli Stati Membri in accordo con le rispettive procedure
costituzionali."

Quanto citato è sufficiente per cogliere gli aspetti essenziali
dell'articolo IV-7, che sono due:

(i) I cittadini non hanno assolutamente alcun ruolo nelle decisioni
sulla legge fondamentale alla quale si suppone che essi debbano dare
il proprio consenso.

(ii) Il solo criterio di decisione sugli emendamenti può essere dato
solo dall'unanimità nella Convenzione e nella Conferenza dei
rappresentanti dei governi degli Stati Membri.

Il fatto che la costituzione richiederà il consenso unanime di 25
stati praticamente significa che non potrà essere cambiata in alcun
modo. L'unanimità in questa forma è giustificabile da dietro il velo
di ignoranza. Ma la maggior parte dei paesi membri sono tutt'altro
che all'oscuro sui loro futuri interessi. Il requisito
dell'unanimità significa che non ci saranno adattamenti formali e
emendamenti alla costituzione . Ma tali cambiamenti sono essenziali
per prevenire i'irrigidimento delle regole fondamentali dell'Unione
Europea.

Le preferenze dei cittadini e le condizioni sociali ed economiche
continueranno ad evolversi in futuro. Se la costituzione resterà
immutabile, grazie al divieto di intervento da parte dei cittadini e
al requisito dell'unanimità, i cambiamenti avranno luogo al di fuori
della costituzione come negli Stati Uniti. Tre apparati decisionali
gradualmente adatteranno le regole che governano i processi
politici. Invece di un processo politico volto a soddisfare le
esigenze dei cittadini, questi tre gruppi di agenti cambieranno le
istituzioni e le leggi in modo ancora più rispondente alle proprie
ideologie e ai propri interessi. L'esclusione di tendenze "di
disturbo" diventerà la regola insieme con l'imposizione di
restrizioni della concorrenza dei cittadini e delle regioni
nell'Unione e da ciò risulterà un centralismo.

• La Corte Costituzionale Europea intraprenderà l'intepretazione
della costituzione secondo propri criteri. I rispettivi sviluppi
costituzionali potranno anche essere migliori di un sistema di
regole immutabili. Ma le decisioni prese avranno caratteristiche ben
precise. I membri della Corte Costituzionale verranno nominati da
enti che non rispondono affatto alle preferenze dei cittadini. Anche
se i membri fossero eletti a vita o per periodi molto lunghi, è
improbabile che sviluppino autonomamente tendenze a rispondere alle
preferenze dei cittadini. L'esperienza della Corte Suprema illumina
molto bene questa conclusione. I giudici non proteggono
efficacemente i cittadini dagli interventi dei governi. Per contro,
la Corte tenderà a sostenere la centralizzazione e l'azione di
governo a scapito dei diritti dei cittadini.

• I deputati del Parlamento Europeo sono eletti direttamente, ma
alle elezioni non viene generalmente attribuita molta importanza. I
deputati europei ancora devono convincere i cittadini sul loro
valore. Nondimeno essi si considerano i veri rappresentanti
dell'"Europa". Essi tendono ad identificarsi con gli altri corpi
politici europei e sostengono il processo di centralizzazione, anche
se ciò non corrisponde alle preferenze degli elettori. Combattono
aspramente contro l'erosione delle loro prerogative legislative, in
particolare contro la partecipazione diretta dei cittadini.

• La Commissione Europea e la burocrazia euroea hanno un interesse
immediato e diretto in un'interpretazione della costituzione che
garantisca loro maggiori competenze. La centralizzazione delle
decisioni politiche favorisce la loro importanza e il loro potere.
Quindi, anche questi corpi resistono all'introduzione di procedure
di intervento diretto da parte dei cittadini.

Lo sviluppo di regole al di fuori della costituzione europea
trascura l'interesse dei cittadini e favorisce i corpi che riescono
ad imporre informalmente regole di comportamento vincolanti.

Una costituzione vivente è un fatto importante, ma il suo sviluppo
deve essere basato sullo stato di diritto. Una parte essenziale di
ogni costituzione sono le regole per cambiarla. Le regole per il
cambiamento della costituzione devono attribuire dei diritti ben
definiti ai cittadini a partecipare a tali processi. Un modo
semplice per ottenere questo potrebbe essere il requisito di una
doppia maggioranza semplice, sia tra gli elettori dell'Unione
Europea sia tra gli stati membri . Ovviamente si potrebbero
richiedere anche maggioranze qualificate, o tra gli elettori o tra
gli stati o tra entrambi. Dal nostro punto di vista l'essenziale è
che venga salvaguardato il punto di vista dei cittadini, in
particolare che sono i cittadini (e non il governo federale) che
hanno il potere di assegnare le competenze legislative ad enti e a
stati, ovvero di esercitare la cosidetta Kompetenzkompetenz. Ciò
implica il riconoscimento del diritto di emendamento costituzionale
attraverso iniziare iniziative popolari, sulle quali le corti e i
parlamenti dovrebbero poter influire in modo minimale per quanto
riguarda le proposte che devono venire avanzate. Il diritto
ovviamente deve estendersi anche all'accettazione o al rigetto di
emendamenti costituzionali operati dal parlamento .


6.2 Precondizioni sociali

Ci sono molti ostacoli di carattere politico ed economico
all'introduzione di istituzioni che restringono il campo d'azione e
l'influenza di interessi prestabiliti. Tuttavia, in tempi di crisi
sociale o a seguito di rivoluzioni (come negli ex stati comunisti
dell'Europa orientale), si apre una finestra di opportunità per il
cambiamento e per l'introduzione di nuove regole di base per la
società. Per poter introdurre con successo istituzioni di democrazia
diretta, è necessaria una cultura civica disposta all'uso dello
strumento del referendum e dell'iniziativa popolare. Non è possibile
far funzionare istituzioni di democrazia diretta dove non ci sono le
basi sociali adeguate. Una delle condizioni è l'esistenza di
fratture trasversali (di reddito, die religione, di cultura e di
lingua). Ciò garantisce che non sia sempre lo stesso gruppo di
persone a trovarsi in minoranza e che quindi siano sempre gli stessi
a soccombere. Come già detto, occorre che i cittadini abbiano
sufficiente fiducia nei politici chiamati ad realizzare le decisioni
politiche referendarie e i politici devono potersi fidare che i
cittadini siano in grado di intraprendere decisioni ragionevoli
quando vanno a votare. Questa fiducia non può venire da fuori, ma si
deve sviluppare nel tempo da dentro. Quindi la grande soluzione del
salto dalla democrazia rappresentativa alla democrazia diretta non è
nè realistico nè desiderabile. Piuttosto, i diritti di
partecipazione diretta dei cittadini dovrebbero essere introdotti
gradualmente in modo tale che possa aver luogo un processo che
consenta alla società, al parlamento e al governo di imparare a
gestire correttamente questi strumenti. I referendum e le iniziative
popolari tuttavia sono degli strumenti unici per far crescere la
cultura civica, specialmente sotto forma di fiducia dei cittadini
che essi infondono nei confronti del loro governo. La democrazia
diretta quindi contribuisce anche a creare le condizioni necessarie
per il suo funzionamento, ammesso che il processo di imparare
collettivo di cui sopra abbia luogo.


6.3 Un'introduzione graduale

Ci sono vari modi per introdurre istituzioni di democrazia diretta.
La maggior parte di esse implicano la restrizione dei metodi di
decisione basati sulla democrazia diretta e vengono a costituire una
notevole minaccia per essa. Ancora più grave è il fatto che tali
restrizioni finiscono per essere permanenti. In caso di troppi lacci
e lacciuoli, si finisce per annullare l'idea di efficacia
sottostante alla partecipazione diretta dei cittadini ai processi di
decisione politica. Le istituzioni della democrazia diretta
finiscono per non poter dispiegare i loro punti di forza. Il
risultato politico sarebbe che non ci sarebbe una migliore
corrispondenza con le preferenze dei cittadini come con i sistemi
rappresentativi tradizionali. Quindi i cittadini finirebbero anche
per non riuscire ad imparare ad utilizzare in modo appropriato
questi strumenti. Nel seguito ci occupiamo di cinque aspetti
dell'introduzione graduale.

Ampiezza delle maggioranze
Per adottare delle decisioni a democrazia diretta si possono
richiedere delle supermaggioranze, come ad esempio quella dei due
terzi dei partecipanti. Alternativamente si potrebbe richiedere la
maggioranza semplice degli aventi diritto al voto, inclusi gli
astenuti. Tali quorum esistono in Italia e in molti paesi di
transizione. In alcuni di essi si è verificato che i referendum
hanno ricevuto la maggioranza dei voti espressi, ma non degli aventi
diritto. In Italia i quorum hanno condotto alla situazione perversa
che gli oppositori a un referendum invitino i votanti ad astenersi
minacciando in tal modo le istituzioni della democrazia democratica
stessa. Un requisito stringente è il numero di firme richiesto per
un referendum. Bisogna trovare un compromesso tra numero basso di
firme (che ha come conseguenza un maggior numero potenziale di
referendum) e numeri relativamente alti (che tende ad escudere
quindi i cittadini).

Dominio dei quesiti
Ci sono ambiti che vengono esclusi dal voto diretto o che possono
essere protetti richiedendo maggioranze qualificate per il timore di
risultati "irresponsabili" o "incontrollabili". Il dominio dei
quesiti può venire ristretto come segue:

• Alcune parti della costituzione, come quella riguardante i diritti
individuali, può essere esclusa dai referendum .

• Quesiti ritenuti intrinsecamente sensibili come quelli riguardanti
(in Germania ad esempio) particolari minoranze, gruppi etnici o
religiosi o la pena di morte.

• Quesiti che si ritiene siano al di là delle competenze dei
cittadini, come per esempio la tassazione (i referendum introdotti
di recente in Germania escludono esplicitamente la tassazione).

Le restrizioni di questo tipo sono probabilmente le minacce più
gravi per il funzionamento della democrazia diretta, in quanto la
rendono impossibile prima che essa possa iniziare. Se si ammettono
al voto solo quesiti non rilevanti o se il numero di firme richieste
è troppo alto, i cittadini difficilmente potranno beneficiare degli
effetti della democrazia diretta. Dall'altro i politici potranno
sempre dire che hanno dato una possibilità alla democrazia diretta,
ma che purtroppo essa non ha funzionato. In caso di restrizioni
notevoli, sorge un circolo vizioso.Il modo di funzionare della
democrazia diretta conduce a risultati insoddisfacenti e quindi i
suoi oppositori (in particolare i politici al potere) possono
ritenere di dover introdurre a buona ragione ulteriori restrizioni.
Naturalmente in tali circostanze la democrazia diretta non può
funzionare.

Livelli di decisione
La democrazia diretta può essere introdotta restringendola
inizialmente a un solo livello dello stato.

Una possibilità è quella di cominciare dal livello locale, dando il
diritto ai cittadini di organizzare iniziative popolari e referendum
nei comuni. Ciò consente ai cittadini di beneficiare di informazioni
dalla vita quotidiana per formarsi un'opinione ragionata. Questo
modo di procedere ha senso solo se i comuni hanno un livello di
autonomia sufficiente. Dovrebbero essere in grado di decidere
autonomamente sulle tasse e sulle spese. Di recente diritti
referendari abbastanza ampi sono stati introdotti in Germania a
livello del Land (in particolare in Baviera e nei nuovi Laender,
cfr. Luthardt e Waschkuhn 1997) .

Un'altra possibilità è quella di iniziare a livello nazionale, dove
ci possono essere dei quesiti interessanti. Ciò è stato fatto in
diversi paesi europei quando si è trattato di decidere se unirsi
all'Unione Europea o di sottoscrivere uno dei vari trattati. Si
tratta di decisioni di importanza essenziale, i cittadini sono
coscienti di questo e certamente sono stati incentivati a
partecipare.

Il criterio più sensato è di decidere a quale livello introdurre
elementi di democrazia diretta. I diritti di iniziativa popolare e
di referendum andrebbero introdotti prima a livello municipale e
contemporaneamente a livello nazionale, forse solo più tardi a
livello regionale. A livello locale i cittadini in generale saranno
abbastanza ben informati e livello nazionale le questioni da
decidere sono di importanza ovvia. Elementi di democrazia diretta
sono stati introdotti anche in varie economie di transizione, ma
sono piuttosto limitati (Gross e Kaufmann 2000).

Tempo
Un processo referendario può essere organizzato in modo tale che
venga richiesto un certo lasso di tempo tra l'inizio di
un'iniziativa popolare o referendum e il momento del voto, ovvero
del momento in cui la decisione entra in vigore. Quest'idea è simile
a quella di mettere il cittadino dietro il velo dell'ignoranza (cfr.
Mueller 1996) per indurlo a prendere una posizione più obiettiva.
Un modo di procedere più innovativo consiste nel prescrivere una
prima, una seconda e eventualmente una terza lettura, come si fa in
molti parlamenti. In condizioni di democrazia diretta si potrebbero
avere voti informativi e dopo un certo lasso di tempo per discutere
il risultato votare in modo definitivo.

Codeterminazione
La decisione dei cittadini può diventare definitiva solo quando
viene seguita da un voto corrispondente in parlamento (magari in
entrambe le camere). I referendum tuttavia in tal caso si
trasformerebbero in plebisciti. Alternativamente si potrebbe pensare
di assegnare un diritto di veto, ai cittadini o al parlamento,
oppure richiedere delle maggioranze congiunte a livello di elettori
e delle regioni (cantoni e stati). Quest'ultima è la soluzione
adottata in Svizzera per i referendum costituzionali.


7 Considerazioni conclusive

La domanda cruciale è chi governa passo dopo passo l'introduzione di
strumenti di democrazia diretta. Idealmente dovrebbe essere
un'assemblea costituente. I suoi membri non dovrebbero essere troppo
implicati nella politica corrente e quindi prendere posizioni più
imparziali. I membri di un'assemblea costituente non si dovrebbero
preoccupare della perdita di potere una volta che la democrazia
diretta fosse stata realizzata. In realtà tuttavia, di solito i
membri appartengono alla classe politique. Essi o hanno ricoperto
funzioni politiche in passato o attualmente o lo sperano nel
prossimo futuro. In ogni caso tendono ad opporsi a introdurre
elementi di partecipazione diretta da parte dei cittadini nelle
decisioni politiche.

Per queste ragioni la partecipazione attiva del cittadino nel
processo di emendamento costituzionale e in genere ai processi
politici è insostituibile. Affidare ai cittadini il potere di
decidere in processi politici può essere legittimato in due modi
differenti. Per il primo approccio i diritti di partecipazione sono
un valore di per sè stessi, che non hanno bisogno di essere
ulteriormente legittimati. La democrazia diretta viene considerata
come lo sviluppo naturale successivo alla democrazia classica
ateniese che si sta diffondendo in interi stati a seguito della
rivoluzione francese.

Un secondo approccio tiene conto delle conseguenze positive
dell'affidare diritti di partecipazione diretta ai cittadini nelle
decisioni politiche. In questa analisi abbiamo identificato due tipi
di benefici:

(a) Utilità procedurale: La partecipazione accresce il benessere dei
cittadini indipendentemente dai risultati. La ricerca empirica ha
mostrato che ceteris paribus la sensazione di benessere individuale
dei cittadini aumenta al crescere dell'ampiezza dei loro diritti
individuali.

(b) Utilità di risultato: Quando ai cittadini viene consentito di
partecipare alle decisioni politiche, le politiche adottate sono più
a loro favore. L'evidenza empirica disponibile per la Svizzera e per
gli USA (i paesi leader in fatto di democrazia diretta) suggerisce
che la partecipazione diretta per mezzo di iniziative popolari e di
referedum conduce a minori carichi fiscali e a meno spese pubbliche;
più efficienza nella produzione di beni e di servizi pubblici; e
infine a un livello di soddisfazione generale dei cittadini più alto.

L'analisi dei 10 argomenti contro la democrazia diretta esaminati in
questo articolo indica che gli argomenti contrari devono essere
respinti, specie dal punto di vista comparativo, ovvero al confronto
con la democrazia rappresentativa.

Elementi di democrazia diretta si possono introdurre gradualmentee e
con notevoli variazioni in fatto di maggioranze richieste, dominio
dei quesiti, tempi e modalità di codeterminazione dei cittadini e
dei parlamenti, come anche in merito al livello di governo da cui
far partire il processo (locale, nazionale o sopranazionale).

Il nostro articolo conclude che accrescere i diritti di
partecipazione diretta dei cittadini è un passo importante per lo
sviluppo futuro della democrazia. In particolare è un requisito
imprescindibile per una qualsiasi futura costituzione europea che
voglia essere democratica.


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Lettera aperta al signor Luigi di Maio, deputato del Popolo Italiano

ZZZ, 04.07.2020 C.A. deputato Luigi di Maio sia nella sua funzione di deputato sia nella sua funzione di ministro degli esteri ...