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Dopo Arcuri un'altra sorpresa, la strage degli scienziati di Conte

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Franco Bechis
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La notizia è arrivata come un fulmine ieri sera poco prima delle otto. Inattesa come tutti i ribaltoni che fin qui zitto zitto ha fatto Mario Draghi. Che ha rivoltato come un calzino il famoso comitato tecnico scientifico, quella struttura roboante messa in piedi da Giuseppe Conte per farsi timbrare tutte le decisioni sulla pandemia.

 

 

C’è stata una sorta di strage di «scienziati» (lui li chiamava così) legati al vecchio premier e anche una opportuna ridefinizione di una struttura che era stata rimpinguata da quote rosa in un secondo momento e che era lievitata a 27 componenti. Ora si riduce a solo 12 di loro, con cinque conferme della vecchia struttura e sette nuovi innesti. Via da lì quindi ben 22 vecchi componenti, senza troppe cerimonie esattamente come è accaduto a Domenico Arcuri, sostituito dalla sera alla mattina dal nuovo commissario straordinario, il generale Francesco Paolo Figliuolo. Come allora pensiamo che sia stato molto opportuno il cambio di passo, ma il giudizio sul nuovo Cts arriverà come è giusto che sia dal lavoro che faranno e dalla trasparenza sulle loro discussioni e decisioni che in quest’anno per lungo tempo non è esistita e poi è arrivata in forma super striminzita.

Per altro il timone di questo comitato finisce in mano a chi già prima ne faceva parte, questa volta con ruoli ben definiti. Il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, ne sarà il portavoce. Il professore Franco Locatelli del Bambin Gesù (uno di quelli che ha più titoli scientifici) ne sarà il coordinatore. Confermati anche il professore Giuseppe Ippolito dello Spallanzani, il professore Giovanni Rezza, ex Iss e ora direttore generale della prevenzione del ministero della Salute e il dirigente medico della polizia, Fabio Ciciliano che però non sarà più il segretario delle riunioni del Cts.

 

 

Fra le sette nuove entrate professionalità interessanti come quella della professoressa Alessia Melegaro che guida il Covid crisis lab della Bocconi e dell’ingegnere Alberto Giovanni Gerli, uno statistico che ha studiato le curve dell’epidemia fin dal primo contagiato di Codogno. Il presidente dell’Aifa, Giorgio Palù sostituisce ora il direttore generale della stessa agenzia, Nicola Magrini che a dire il vero aveva partecipato assai poco alle riunioni del Cts. Anche altri nomi sono interessanti, e li vedremo all’opera. Cosa che non è mai potuto accadere con alcuni membri del vecchio Cts, come Giuseppe Ruocco, segretario generale del ministero della Salute che non si è mai visto una sola volta o come la pur valida professoressa Elisabetta Dejana, inutilmente inserita in quel consesso, perché poi ha disertato la gran parte delle riunioni senza nemmeno collegarsi. Via anche quel dirigente Oms Ranieri Guerra che tanto ha fatto discutere per l’assenza di un piano pandemico quando era dirigente ministeriale e la denunciata censura di un rapporto Oms sulle criticità della risposta italiana alla pandemia. Ottima scelta pure questa.

Le idee e le decisioni camminano sulle gambe degli uomini, e quindi è importante la scelta di questi ultimi. Quel che conta più di tutto però è l’indipendenza di un comitato scientifico dal governo, che ha tutto il diritto poi di ascoltare i consigli degli esperti ed eventualmente di prescinderne adottando decisioni politiche non collimanti per mille buone ragioni. E su questo la svolta non è così netta. Ma c’è stata molta confusione sul vecchio comitato tecnico scientifico che più volte è sembrato esistere solo per dare un finto imprimatur degli «scienziati» a scelte governative già adottate. Anche per questo ne andrebbe ridefinita con chiarezza la missione. E anche l’obbligo di trasparenza, di cui per altro gioverebbero gli stessi membri del comitato.

Ad oggi, e solo grazie a una battaglia politica e giudiziaria condotta dalla Fondazione Einaudi, i verbali dei loro incontri sono stati de-secretati dalla scorsa estate. Ma vengono pubblicati on line 45 giorni dopo la riunione, e solo in forma sommaria. Non c’è traccia di una discussione, di una obiezione sollevata, di un diverso parere poi finito in minoranza su nulla. Non c’è traccia degli interventi di membri del governo che pure risultano dai verbali presenti alle riunioni per verificare poi la reale indipendenza del comitato. Nei 150 verbali stringati pubblicati fin qui c’è il segno di una sola divisione fra gli scienziati, perché qualcuno ha fatto scrivere che la decisione era stata presa a maggioranza: si sono spaccati in due solo sulla chiusura delle sale bingo, e capirete che non è medaglia da mettersi al petto. In altri casi è stata attribuita a loro una scelta che era in realtà del governo, perché gli scienziati avevano altro parere: è accaduto in una fase sulla chiusura dei ristoranti e dei bar, e in un’altra sul divieto di riapertura degli impianti sciistici dopo le ferie natalizie.

Serve quindi questo cambio di passo e di trasparenza. Che deve iniziare da una serietà personale dei 12 componenti: se come molti dei predecessori sanno già che gli impegni di lavoro non consentiranno di partecipare a quelle riunioni, rinuncino subito al mandato. Poi le discussioni svolte abbiano verbale stenografico, pubblicato a una distanza ragionevole per non farlo diventare un reperto storico e consentire una informazione reale sulle scelte prese. Attendiamo questa svolta.

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