Con la scusa della pandemia, guerra al contante e favori alle banche
di Antonio Amorosi – Viene dato per scontato che tra le regole per la riapertura post lockdown ci sia la guerra senza quartiere all’uso del contante. Bar, ristoranti, empori, cinema e musei dovranno farsi pagare con la moneta elettronica qualunque essa sia, bancomat, carta o smartphone. Un’opzione che viene già descritta come una delle regole maestre per tornare alla normalità. Il pagamento con modalità elettronica al tavolo ci protegge dai pericoli della pandemia come la prenotazione al ristorante e il distanziamento nei locali pubblici. Ma che relazione esista tra il pagamento elettronico e la pandemia resta un mistero.
Del pagamento elettronico, come una delle regole per la riapertura, ha parlato in una recente trasmissione, anche RaiNews24, canale all news del servizio pubblico ovviamente senza sollevare alcun dubbio sul senso del provvedimento. Si sa il servizio pubblico come megafono del governo e dei suoi ripetitori acritici è un’ottima panacea per uscire dalla pandemia.
Il 20 aprile prossimo il governo Draghi valuterà la curva epidemiologica e il 26 aprile scriverà il decreto contenente tutti i protocolli e le regole da adottare, almeno per il mese di maggio. La guerra al contante si fa per evitare l’evasione fiscale, spiegano tutti. Il principio base è il solito: l’evasore è sempre il piccolo risparmiatore come la partita Iva che non rilascia fattura, l’insegnante che fa ripetizioni in “nero”, l’artigiano che non fa ricevute.
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Le banche e la moneta elettronica
Più cresce il meccanismo della moneta elettronica e più denaro si sposta in mano alle banche. Tutti gli esperti di settore conoscono questo meccanismo paradossale che persegue l’evasione ma per finta. Per i grandi numeri sono proprio le banche le principali artefici dell’evasione fiscale. Le effettuano tramite “società fiduciarie” di diritto italiano ed estero (leggi lo specchietto in alto), dove chi ha grandi capitali deposita le sue somme. E qui parliamo di conti di grande entitàn garantiti dall’anonimato nei confronti di terzi e quindi anche del fisco italiano. Parliamo di somme che se recuperate farebbero la differenza per le entrate dello Stato.
Le misure volte ad ostacolare l’evasione fiscale dovrebbero interessarsi principalmente a queste risorse e un po’ meno all’evasione di sopravvivenza. Invece accade il contrario.
Il meccanismo è noto quanto è diffuso anche in ambito europeo dove il tetto del contante varia da Paese a Paese.
Il tetto del contante in Italia è di 2.000 euro, in Francia (tetto di 15.000 euro per i non residenti) e Portogallo è di 1.000 euro, in Spagna 2.500, nella Repubblica Ceca di 14.000 euro, in Croazia e Polonia di 15.000 euro. La tanto esaltata Germania, che del rigore ha fatto una favola, da vendere con successo anche a media e opinioni maker italiani, non ha nessun tetto nell’uso del contante. Altro particolare che media e opinione maker dimenticano e che la Germania svetta per l’economia sommersa per 351 miliardi di euro l’anno (quando in Italia l’economia sommersa si muove tra i 240 e i 333 miliardi di euro). Le regole sull’uso del contante incidono in modo relativo sull’evasione che ha più a che fare con le regole dei meccanismi finanziari e con le regole del mercato del lavoro. Sono infatti tra i 9 e gli 11 i milioni di tedeschi che lavorano occasionalmente in “nero” e 2 milioni esclusivamente, in “nero” ma questo lo scrivono l’Institut der deutschen Wirtschaft (l’Istituto per l’economia tedesca) e giornali tedeschi quali Die Welt, non la Gazzetta dei piccoli.
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