Stiamo per diventare un Paese del Terzo Mondo
di Radio Radio TV – “Delinquenti”: così veniva definita l’Italia poco tempo addietro dalla testata economica più accredita a livello mondiale, il Financial Times. Solo l’ultima delle ingiurie che il nostro Paese ha dovuto subire in questi anni. Sembravano ormai superati i tempi in cui la lettera iniziale dello Stivale andava a comporre l’acronimo “P.I.I.G.S”, per indicare quegli Stati dell’eurozona come il nostro (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) a maggior rischio di default.
Invece la retorica europeista è sempre pronta a riemergere, nonostante la paventata solidarietà che sarebbe espressa nel meccanismo che sta dando vita al Recovery Fund. Il culmine di un disegno che ha visto l’Italia essere descritta sempre come la peggiore, la “sprecona”. Ma è andata effettivamente così?
Per scoprirlo alcuni finanzialisti hanno realizzato “Le ragioni della stagnazione italiana”, ricerca prodotta da un gruppo di esperti che ha seguito il corso Masterbank del Prof. Malvezzi. L’economista intervenuto in diretta con Fabio Duranti e Francesco Vergovich ha mostrato i risultati di questo lavoro, spiegando nel dettaglio cosa ne emerge.
“Perché andiamo male? Partiamo subito con un concetto: si chiama ‘Italia sprecona’. Ci sono luoghi comuni che sono stati ripetuti talmente tante volte, attraverso tecniche di comunicazione applicate perfettamente nel XXI secolo, che il risultato è stato convincere gli #italiani che noi siamo cattivi.
Guardate ragazzi che ci trattano da Fantozzi. Perché? Ve lo spiego con il grafico. L’Italia è l’unico, porca pu***na, l’unico Paese tra questi (Francia, Spagna, Uk) che ha fatto avanzo primario ininterrottamente dal 2001 al 2019. Vuol dire che ha speso meno di quanto tassato. L’avanzo primario va a finire per pagare gli interessi speculativi non dovuti a un sistema di banche private. Tra l’altro io ricordo che è dal 1991: sono trent’anni che noi distruggiamo la spesa pubblica e ammazziamo le #imprese e, attenzione, anche le persone fisiche di tasse.
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