L’ex grillino Giovanni Favia: «I 5S sono la più grande truffa della storia»
20 febbraio 2020 Federico Gonzato
M5s
«I Cinquestelle sono morti. Il governo con il Pd ne è la prova. Bonaccini? Un galleggiatore». Giovanni Favia non le manda a dire. Nemmeno nel giorno del suo trentanovesimo compleanno. Già consigliere regionale, Favia è stato il primo illustre espulso dal Movimento 5 stelle. Era il dicembre 2012 quando Grillo lo cacciò. Oggi è il titolare di due locali nella sua Bologna, poco lontani da piazza Verdi: Va mo là e A Balùs. È qui che lo abbiamo incontrato.
Il governo giallorosso Pd-M5s sembra in crisi. Da ex del Movimento come giudica questa alleanza di governo?
«Con questo accordo il M5s è diventata la più grossa truffa politica della storia repubblicana. Mai si è vista tanta violenza da parte di una forza politica contro chi rappresentava il sistema, quindi il Partito Democratico, e penso sia qualcosa di vergognoso che ora siano al governo con loro».
Cosa pensa accadrà ora nei Cinquestelle?
«I Cinquestelle non esistono più. Questa è un’associazione privata di miracolati, di sorteggiati a sorte. I più scaltri e furbastri hanno fatto carriera. Ora loro cercano di salvare la loro “vita dorata” con il compromesso. Adesso si sono inventati il mandato zero. Poi, quando finirà questo mandato, i loro assistenti che diventeranno parlamentari li assumeranno. Sono diventati parte del sistema».
In che senso?
«Una volta il Movimento era una piramide con tanti attivisti e pochissimi eletti. Questi ultimi erano i terminali di un mondo appassionato e disinteressato di attivismo. Oggi sono diventati il contrario».
Ovvero?
«Adesso è la struttura, il vertice, che mantiene in vita il Movimento. E quindi i milioni di euro dei finanziamenti del gruppo parlamentare, le assunzioni, le nomine nei consigli regionali e comunali. Loro adesso puntano alla sopravvivenza».
Resta il fatto che Luigi Di Maio si è dimesso da capo politico. E si parla di nomi come quello della sindaca di Torino Chiara Appendino per la guida del movimento. Potrà cambiare qualcosa?
«No, assolutamente. Il M5s è finito. Anche i Verdi europei non li hanno voluti. Finché c’è questa opacità sulla proprietà del logo, sul ruolo della Casaleggio Associati, il Movimento non è democratico. Basti pensare che il brand e la comunicazione sono tutti privatizzati».
Parliamo delle Regionali in Emilia-Romagna. Si aspettava il calo dei grillini?
«Sì, lo prevedevo e ci avevo scommesso. Il risultato è stato inferiore a quello mio di dieci anni fa. Si semina quello che si raccoglie».
E di Stefano Bonaccini cosa pensa?
«Bonaccini lo conosco. Non lo ritengo un buon amministratore, lo ritengo un buon politico. È un grande “galleggiatore”, un uomo fortunato che ha avuto un avversario che non poteva vincere qui. Il movimento delle sardine in questo lo ha aiutato. Hanno spostato il dibattito sul pericolo fascista e questo ha fatto sì che non si parlasse veramente dei problemi della regione».
Quali?
«Sono stato cinque anni in Consiglio regionale. Manca trasparenza e qualità, indipendentemente che sia una regione ricca e che quindi alla fine si stia bene. L’Emilia-Romagna è stata una regione grigia sul tema delle politiche ambientali; una regione con tantissimi sprechi, ed è una regione in cui le clientele sono incrostate da decenni».
Si sta già parlando del nuovo sindaco di Bologna. Come giudica l’operato di Virginio Merola?
«Bologna è una città governata male. Le opposizioni hanno regalato due vittorie di seguito a Merola, candidando persone che non avrebbero mai vinto. Bisogna capire che a Bologna la destra non può vincere e che c’è bisogno di battere questa sinistra, questo sistema amicale di potere senza una visione. Servirebbe un “candidato civico”, anche se non mi piace il termine».
E i Cinquestelle come si muoveranno?
«I cinquestelle devono sopravvivere, devono vivacchiare, ormai sono il partito del compromesso».
Lei ha subito una condanna di primo grado per diffamazione nei confronti di Davide Casaleggio e della Casaleggio Associati.
«Sì, ma conto di essere assolto in appello. Avevo scritto un editoriale su Il Tempo dal titolo “Il blog, una macchina di soldi e potere”. Titolo, per altro, non scelto da me. Era un editoriale del tutto civile, che diceva cose vere. Sono stato condannato, conto che in appello saranno valutate diversamente le dichiarazioni di Beppe Grillo».
E dunque perché è stato condannato?
«Sono stato condannato non tanto perché ho diffamato ma perché secondo il giudice io non dovevo citare la Casaleggio Associati, perché questa non centrerebbe nulla con il M5s, essendo una semplice srl. Tra l’altro, l’articolo è ancora online, non c’è stata richiesta di eliminarlo. Quella della Casaleggio fu una semplice querela intimidatoria».
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