Il piano della ministra Cartabia: “Accelerare i tempi della giustizia senza dividersi in Parlamento”
di Liana Milella"Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide". Alla fine del suo primo speech in Parlamento, in cui non cela l'emozione per il contesto in cui parla, la Guardasigilli Marta Cartabia, che parla in piedi nella sala del Mappamondo davanti ai deputati della commissione Giustizia, giacca nera e foulard intorno al collo, cita le parole che furono dei fondatori del progetto europeo De Gasperi, Adenauer e Schuman. "Ce la faremo - dice adesso Cartabia - se saremo animati dalla stessa convinzione". Un chiaro messaggio a una maggioranza che certo, sulla giustizia, sconta posizioni contrapposte, a partire dal sempre divisivo tema della prescrizione. Cartabia, da subito, non propone soluzioni, le rinvia al momento in cui le commissioni di studio che ha istituito in via Arenula avranno prodotto i primi risultati, ma il suo approccio non è assertivo, bensì punta a un compromesso che abbia come faro la Costituzione. Sulla quale, inevitabilmente, tutti non possono che essere d'accordo. Un "cambio di rotta", secondo Lega e Forza Italia, rispetto alla linea dell'ex ministro Alfonso Bonafede che è presente, prende appunti mentre lei parla, ma ovviamente non interviene.
Tre elementi - il Recovery plan, la pandemia, le riforme di Bonafede già in Parlamento - rappresentano il punto di partenza di Cartabia. Ai quali si aggiunge in anticipo un grazie a magistrati, avvocati e personale amministrativo che "hanno fatto funzionare la macchina della giustizia in tutto quest'anno, con spirito di adattamento e senza sottrarsi a rischi non trascurabili". Cartabia dimensiona il suo programma futuro, nessun "obiettivo inattuabile", ma solo quelli "più urgenti e improcrastinabili", "nella misura in cui ci sarà condivisione e supporto del Parlamento". È il leit motiv dell'intervento di Cartabia, puntare a riforme che siano le più ampiamente condivisibili. Nessuno sgarbo a Bonafede, né a M5S, che fa parte della maggioranza. Tant'è che Cartabia dice: "Il primo compito è verificare il lascito del precedente governo ed esaminare e valutare quanto dell'esistente meriti di essere salvato e, all'occorrenza, modificato e implementato alla luce del carattere così ampio di questa maggioranza di governo, senza peraltro trascurare le proposte dell'opposizione". Sarà questo lo spirito con cui Cartabia, come ha già annunciato ai partiti di governo, alla fine di aprile, presenterà gli emendamenti alle leggi di Bonafede, processo civile e penale, Csm e ordinamento giudiziario.
Ma la giurista che arriva in via Arenula dal vertice della Consulta e dall'università Bocconi insiste sul ruolo delle Camere, il luogo dove intende confrontarsi e portare a maturazione le sue leggi. "ll Parlamento - dice Cartabia - come luogo di sintesi delle varie visioni politiche e culturali, deve tornare a essere centrale in ogni processo di riforma. La mia formazione e la mia storia professionale mi rendono particolarmente sensibile a una corretta impostazione dei rapporti tra governo e Parlamento, troppo spesso piegata alle ragioni dell'urgenza e alle difficoltà politiche".
Ma quale sarà l'obiettivo delle riforme di Cartabia? "Riportare il processo italiano a un modello di efficienza e competitività, così da consentire anche una rinnovata fiducia dei cittadini nell'amministrazione della giustizia e altresì una ripresa degli investimenti". Perché non solo "la Costituzione richiede che il processo sia giusto e breve", ma è anche il Recovery plan, e i 2,7 miliardi di euro concessi all'Italia, a pretenderlo. Per questo, come primo passo, è indispensabile riorganizzare la macchina della giustizia. Ecco, allora, l'ufficio del processo al servizio del magistrato, sul modello dei clerks nei paesi anglosassoni, una struttura ampiamente citata nel progetto italiano sul Recovery, che, come dice Cartabia, lascerebbe al giudice "la fisiologica solitudine del momento decisionale" lasciando al suo staff "la parte conoscitiva e organizzativa preliminare al giudicare".
Accelerare la giustizia civile
Per la giustizia civile Cartabia propone un ricorso più massiccio agli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie, la mediazione, la negoziazione, la conciliazione che, come dimostra l'esempio di altri Paesi, "producono effetti virtuosi di alleggerimento dell'amministrazione della giustizia". La sua idea - nell'affrontare il disegno di legge di Bonafede che è fermo al Senato - è che sia ormai tempo "di ripensare il rapporto tra processo davanti al giudice e strumenti di mediazione, offrendo anche al giudice la possibilità di incoraggiare le parti verso soluzioni conciliative specialmente attraverso la previsione di misure premiali". E, secondo Cartabia, "occorre prepararsi per tempo" perché "una giustizia preventiva e consensuale rappresenta una strada necessaria per il contenimento di una possibile esplosione del contenzioso presso gli uffici giudiziari quando cesseranno gli effetti dei provvedimenti che bloccano gli sfratti, le esecuzioni, le procedure concorsuali, i licenziamenti, il contenzioso bancario". Un capitolo a parte spetta al contenzioso tributario, per via dell'arretrato in Cassazione di oltre 52mila ricorsi - dato citato anche nel Recovery plan sulla giustizia - cioè la metà di tutto l'arretrato della stessa Corte.
La giustizia penale
Cartabia ricorda subito che il suo primo impegno assunto, quello sulla prescrizione, "va onorato". E cita l'ordine del giorno da lei stessa proposto e approvato con il decreto Milleproroghe con cui la maggioranza sottoscrive l'impegno "ad adottare le necessarie iniziative di modifica normativa e le opportune misure organizzative volte a migliorare l'efficacia e l'efficienza della giustizia penale assicurando al procedimento una durata media in linea con quella europea, nel pieno rispetto della Costituzione, dei principi del giusto processo, dei diritti fondamentali della persona e della funzione rieducativa della pena". Un passo che ha sminato, al momento, la querelle infinita sulla prescrizione.
Ma il nodo della prescrizione andrà risolto comunque. Secondo Cartabia "un processo dalla durata ragionevole di per sé lo risolverebbe relegandolo a evento eccezionale". Cartabia ricorda l'ultima proposta di Bonafede, il cosiddetto lodo Conte-bis: "Il testo dell'articolo 159 del codice penale all'esame del Parlamento propone una distinzione tra la posizione dell'imputato assolto da quella del condannato nel giudizio di primo grado (l'effetto sospensivo, infatti, riguarderebbe solo quest'ultimo), prevedendo poi un recupero del tempo sospeso, ai fini del calcolo del corso della prescrizione, nel caso di annullamento della sentenza di condanna di primo grado, a seguito di impugnazione". È la proposta sul tavolo che però tuttora divide la politica. E dalle parole di Cartabia si comprende che il suo obiettivo è andare oltre. La commissione che sta studiando la questione guarderà avanti. A soluzioni assunte da Paesi con un sistema simile al nostro con "rimedi di tipo compensativo per le ipotesi in cui si registri una dilatazione eccessiva dei tempi processuali non ascrivibile a responsabilità dell'imputato". Oppure proposte che "distinguono il tempo necessario a prescrivere in due arcate temporali distinte, la prima, il tempo dell'oblio, presidiata dalla prescrizione sostanziale; la seconda, il tempo del processo, presidiata dalla prescrizione processuale". Ma, come dice Cartabia, non è ancora tempo di anticipare una soluzione.
Parole che ovviamente piacciono alle forze garantiste della maggioranza. Soprattutto quando Cartabia cita la direttiva del Parlamento europeo del 2016 sulla presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. Norme che Enrico Costa di Azione ha già chiesto di inserire nella legge di Delegazione europea in discussione alla Camera.
La prima raccomandazione alle toghe
Dalla Cartabia arriva la prima rampogna ai pubblici ministeri quando dice che "c'è la necessità che l'avvio delle indagini sia sempre condotto con il dovuto riserbo, lontano da strumenti mediatici per l'effettiva tutela della presunzione di non colpevolezza".
Al lavoro il gruppo penale
Sarà l'ex presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi a presiedere il gruppo di lavoro che in via Arenula si occuperà della riforma della giustizia penale. Come vice presidenti ecco l'ex presidente dells Cassazione Ernesto Lupo e Gian Luigi Gatta, direttore della rivista giuridica Sistema penale e docente alla Statale di Milano. E ancora magistrati come Carlo Citterio, presidente della seconda sezione penale della corte di appello di Venezia, Luigi Orsi, sostituto procuratore generale in Cassazione, Rodolfo Sabelli, procuratore aggiunto a Roma ed ex presidente dell'Anm. Poi l'avvocato milanese Francesco Arata, Fabrizio D'Arcangelo, magistrato assistente alla Consulta, Mitja Gialuz, ordinario di diritto processuale penale a Genova, Luca Luparia Donati, avvocato e docente a Milano, Vittorio Manes, docente di diritto penale a Bologna, Grazia Mannozzi dell'università dell'Insubria, Serena Quattrocolo, docente dell'università del Piemonte orientale e Andrea Simoncini, che insegna diritto costituzionale Firenze.
Il carcere
Le manette non sono certo l'obiettivo di Cartabia, né tantomeno una giustizia che guardi a un carcere dove il condannato sia destinato a "marcire". Tutt'altro. Tant'è che, oltre al ricorso ai riti alternativi, la Guardasigilli cita la sospensione del procedimento con la messa alla prova dell'imputato e la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Ed è un passaggio pregnante quello in cui Cartabia parla "del superamento dell'idea del carcere come unica effettiva risposta al reato". "La certezza della pena - dice la ministra - non è la certezza del carcere, che per gli effetti desocializzanti che comporta dev'essere invocato quale extrema ratio. Occorre valorizzare piuttosto le alternative al carcere, già quali pene principali". E qui Cartabia prende l'impegno "di intraprendere ogni azione utile per restituire effettività alle pene pecuniarie, che in larga parte oggi, quando vengono inflitte, non sono eseguite. In prospettiva sarà opportuno dedicare una riflessione anche alle misure sospensive e di probation, nonché alle pene sostitutive delle pene detentive brevi, che pure scontano ampi margini di ineffettività, con l'eccezione del lavoro di pubblica utilità". E infine Cartabia sostiene che sia ormai maturo il tempo "per sviluppare e mettere a sistema le esperienze di giustizia riparativa". Conclude così questo capitolo: "Perseguire lo scopo rieducativo della pena non costituisce soltanto un dovere morale e costituzionale - come si legge inequivocabilmente nell'art. 27 della Costituzione - ma è anche il modo più effettivo ed efficace per prevenire la recidiva e, quindi, in ultima analisi, per irrobustire la sicurezza della vita sociale".
La riforma del Csm
Battezzato come "non commendevole" il caso Palamara, Cartabia considera "improcrastinabile" la riforma del Csm "per rispondere alle giuste attese dei cittadini verso un ordine giudiziario che recuperi prestigio e credibilità". E anticipa il suo giudizio favorevole sull'esigenza "di disciplinare la procedura di conferimento degli incarichi direttivi e semi-direttivi secondo criteri di trasparenza ed efficienza". Ugualmente Cartabia condivide la scelta di prevedere "un periodo di permanenza minima (quadriennale) nell'esercizio delle funzioni direttive, corrispondente al tempo necessario per consentire al dirigente di acquisire consapevolezza profonda delle caratteristiche e criticità di funzionamento dell'ufficio, elaborare scelte linee di innovazione organizzativa, sperimentarne l'efficacia, approntare i necessari correttivi".
Quanto alla legge elettorale Cartabia si dice convinta che "non si debba nutrire l'illusoria rappresentazione di un intervento sul sistema elettorale del Csm che possa di per sé offrire una definitiva soluzione alle criticità che stanno interessando la magistratura italiana, le quali attingono invero a un sostrato comportamentale e culturale che nessuna legge da sola può essere in grado di sovvertire". Ma qualunque sia la scelta "dovrà radicarsi nella consapevolezza della fisiologica e peraltro ineliminabile pluralità delle culture della magistratura, rifuggendo dalla semplificazione che confonde il valore del pluralismo con le degenerazioni del correntismo".
Cartabia lancia poi due ipotesi. La prima riguarda "la possibilità di assicurare un contingentamento della presenza nel Csm di giudici e pubblici ministeri che rifletta la proporzione tra le due categorie nella magistratura di merito". E poi quella del rinnovo parziale del Csm: "Ogni due anni potrebbero essere rinnovati la metà dei laici e la metà dei togati. Una previsione che potrebbe rivelarsi utile sia ad assicurare una maggiore continuità dell'istituzione, sia a non disperdere le competenze acquisite dai consiglieri in carica, sia a scoraggiare logiche spartitorie che poco si addicono alla natura di organo di garanzia che la Costituzione attribuisce al Consiglio". Una proposta e la sua praticabilità su cui Cartabia dice: "Dal punto di vista costituzionale, si tratta di comprendere se un tale obbiettivo sia alla portata di una legge ordinaria, cioè se sia possibile interpretare i quattro anni citati dall'articolo 104 della Costituzione come riferiti ai membri singolarmente considerati e non all'organo nel suo complesso". Una frase, quest'ultima che dovrebbe piacere all'ex consigliere Piercamillo Davigo che ha perduto il suo posto al Csm proprio sull'interpretazione di questo passaggio.
Un coro di applausi
Andando a memoria è difficile trovare un intervento di un ministro della Giustizia che, una volta pronunciato, non abbia suscitato polemiche, ma messo d'accordo (quasi) tutti. Al punto che nemmeno FdI, partito all'opposizione, contesta la "professoressa", come molti la appellano dopo la riunione della commissione Giustizia.
Ecco all'opera un super falco da sempre come Francesco Paolo Sisto, il forzista divenuto sottosegretario alla Giustizia che ovviamente sfrutta la bacchettata di cartabia ai pm troppo loquaci, peraltro aggiunta a braccio rispetto al testo scritto. Sisto replica: "Non possiamo che apprezzare il richiamo della ministra ai principi costituzionali del giusto processo nonché l'attenzione posta al tema del processo mediatico, con tutte le sue conseguenza in barba al principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza definitiva. Non è più tollerabile che una semplice informazione di garanzia, atto unilaterale del pm, equivalga a una sentenza di colpevolezza inappellabile. Né può andare avanti il malcostume delle conferenze stampa post arresti, accompagnato dal mancato rispetto del diritto all'oblio, vero moltiplicatore di sofferenze. Il cittadino va protetto da tutto questo".
Da Forza Italia ecco un'altra voce soddisfatta, quella di Pierantonio Zanettin, anche lui da iscriversi nella categoria dei falchi. Lui apprezza la ministra "perché nella sua audizione ha fatto riferimento all'ordine del giorno sulla ragionevole durata dei processi e sulla riforma della prescrizione, impegnandosi ad attuarlo in tempi rapidi". Zanettin soprattutto "registra con grande soddisfazione una netta discontinuità rispetto alla stagione manettara dell'ex ministro Bonafede".
Anche Enrico Costa di Azione, fino a ieri anti Bonafede (peraltro seduta proprio alle sue spalle...) sempre e comunque, indirizza alla "prof" un "è proprio brava" e dichiara: "Oggi la Cartabia, con stile, ma con grande fermezza ha stroncato il processo mediatico. E ha condiviso l'impegno per assicurare una più compiuta attuazione della Direttiva Ue sulla presunzione di innocenza. Musica per le orecchie di chi, come noi di Azione, combatte quotidianamente le distorsioni della comunicazione giudiziaria. Un importante segnale al Parlamento chiamato ad esprimersi la prossima settimana sull'emendamento da noi presentato per recepire immediatamente la direttiva Ue".
Dopo le tante polemiche dei renziani stanno con Cartabia la responsabile Giustizia Lucia Annibali e anche Cosimo Maria Ferri. Dice la prima: "Finalmente si riafferma una cultura giuridica e politica garantista in linea con la nostra Costituzione, troppo spesso messa in discussione negli ultimi anni. Il recupero dell'efficienza della macchina della giustizia si coniugherà con l'attenzione e il rispetto delle garanzie costituzionali". E Ferri: "Cartabia sta riportando saggiamente le lancette alle riforme dei governi Renzi e Gentiloni, continuando sulla strada del confronto".
Ma pure dall'opposizione Carolina Varchi e Ciro Maschio di FdI subiscono il fascino di Cartabia tant'è che parlano di "un apprezzabile approccio di Cartabia che elenca pochi punti, ma di possibile realizzazione". Anche se poi, per mantenere il punto,, dicono che "la maggioranza comprende forze politiche con visioni contrapposte e quindi è alto il rischio di un inconcludente compromesso al ribasso".
Plaude a Cartabia anche Mario Perantoni, il presidente M5S della commissione Giustizia: "Nel suo programma la ministra ha saputo mettere insieme un indispensabile pragmatismo e alti principi costituzionali". Poi apprezza anche il "metodo" di cartabia che non buttato via le riforme di Bonafede: "È condivisibile la sua volontà di indicare il percorso delle riforme sulla base del lavoro istruttorio già ampiamente avviato dalle Camere, centrato sulla modernizzazione del sistema anche al fine di renderlo più equo, e lo è altrettanto il metodo con cui intende affrontarlo".
Dal Senato arriva la condivisione di Franco Mirabelli, il capogruppo Pd della commissione Giustizia dove Cartabia replicherà il suo speech giovedì: "Cartabia si sta muovendo nella direzione giusta. E molto importante è stato il richiamo al tenere alta l'attenzione sulla lotta alla mafia, con particolare riferimento al fatto che si mettano in campo tutti gli strumenti per evitare che le risorse del Recovery possono diventare appetitose per la criminalità organizzata. Cartabia ha descritto un'agenda che noi condividiamo interamente, ripartendo dai provvedimenti che sono in discussione in Parlamento , come quello sul processo civile e su quello penale".
E per chiudere con gli "evviva" ecco quello dell'europarlamentare Giuliano Pisapia: "L'intervento di Marta Cartabia fa ben sperare per l'immediato futuro. Bene il richiamo riguardo al riserbo sulle indagini, proprio per tutelare al meglio la presunzione di non colpevolezza. Un principio che non dovrebbe neanche essere necessario richiamare. La ministra ha deciso di non presentare un programma di buone intenzioni difficili da realizzare. È chiaro l'obiettivo che si è posta: volersi concentrare su alcune priorità. Ha usato parole importanti rispetto alle misure alternative per la risoluzione delle controversie. È vero quanto ha affermato: esse generano un effetto virtuoso sull'amministrazione della giustizia. In ultimo è fondamentale che la abbia dichiarato come la riforma del Csm sia improcrastinabile. È un imperativo morale per rispondere alle attese degli operatori della giustizia, ma più in generale dei cittadini rimasti colpiti dai recenti fatti di cronaca che hanno visto protagonisti alcuni magistrati".
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