Si arriva ad oggi, e si scopre che quello che è cambiato
(grazie all’esperienza di governo) è proprio lui: Giuseppe Conte.
Qualcuno potrebbe chiedergli cosa non rifarebbe di questi 14 mesi. Ma la
vera domanda è: Conte che cosa ha fatto per 14 mesi? Conte era un
illustre sconosciuto quando il primo giugno del 2018 venne nominato
premier. Professore di diritto privato con più di qualche sospetto sulle
cattedre ottenute e la conseguente accusa di essere un giovane
“barone”. Un curriculum gonfiato (in perfetto stile M5S) a proposito dei
suoi dichiarati studi alla New York University dove, giurano e
smentiscono gli americani,
ROMA – In un Paese civile e rispettoso della legalità il premier dimissionario
Giuseppe Conte
non sarebbe mai arrivato alla guida del Governo. Ma in Italia, si sa
tutto è possibile. Tutto ed il contrario di tutto. A partire dai
conflitti d’interesse, dalla bionda e più giovane consorte
Olivia Palladino che era stata “beccata” per aver trattenuto oltre
due milioni di euro di tasse di soggiorno da pagare al
Comune di Roma riscosse dai clienti del suo hotel il “Plaza” di Roma nella centralissima via del Corso, una volta quartier generale del compianto ministro socialista Gianni De Michelis.
Per poi arrivare al suo curriculum vitae poco credibile e sbugiardato dal “fact-checking” dei colleghi dell’ Agenzia AGI. Senza dimenticare i presunti rapporti di Conte con il giurista e avvocato Guido Alpa, che per anni è stato consigliere di Banca Carige ed oggi è consulente di Raffaele Mincione,
il finanziere e uomo d’affari entrato nella banca genovese un anno fa
con il 5,4% e attualmente azionista dell’istituto. E poi ci sono i
presunti rapporti tra il Presidente del Consiglio e lo stesso Mincione. Conflitti di cui adesso si sta occupando l’ Authority Antitrust.
“Nessun conflitto di interessi, rinuncio alla cattedra esclusivamente per una sensibilità personale” aveva dichiarato il premier Giuseppe Conte in una diretta su Facebook, dopo una giornata piena di polemiche sul suo rinvio della prova di inglese per il suo trasferimento all’Università La Sapienza di Roma. “Si
è detto addirittura che cercavo un dopolavoro non confidando sulla
durata di questo governo: fatevene una ragione, lo dico a tutti gli
oppositori, questo governo durerà 5 anni“, aveva poi aggiunto il presidente del Consiglio, smentito dai fatti, data la durata di appena un anno del suo governo !
Pochi ricordano che Giuseppe Conte non aveva rinunciato al concorsoper la cattedra di diritto privato all’Università La Sapienza di Roma. Il presidente del Consiglio dei Ministri,
ordinario a Firenze ma in aspettativa non retribuita dopo l’assunzione
dell’incarico di governo, avrebbe infatti chiesto e ottenuto di
rimandare il test di inglese legale a cui dovrà sottoporsi insieme agli altri candidati. Conte aveva fatto domanda per il concorso alla cattedra del primo ateneo romano nel febbraio 2018, pochi mesi prima di diventare il capo del governo di Lega e M5S.
Una volta assunto l’incarico istituzionale, però, potrebbero sorgere
questioni legittime di opportunità e conflitti di interessi.
In quanto capo del governo, Conte avrebbe infatti dei poteri di gestione dei fondi di un’università pubblica, dalla cui commissione giudicante dovrebbe essere valutato. Il suo mentore Guido Alpa, l’uomo che ha lasciato la cattedra per cui ora concorre anche il premier, negava però queste ipotesi: “Non deve rinunciare, è preparatissimo e non sta infrangendo alcuna norma“. Resta da capire se la partecipazione di Conte al concorso fosse conforme a tutte le stringenti norme, nazionali e interne a La Sapienza, che mirano a evitare corruzione e conflitti di interessi. La candidatura di Conte
era stata valutata il successivo primo agosto e il 4 settembre dalla
commissione esaminatrice, che però, in maniera anomala e inusuale, non ne aveva dato conto sul sito dell’ateneo.
Conte era un illustre sconosciuto quando il primo giugno del 2018 venne
nominato premier. Professore di diritto privato con più di qualche
sospetto sulle cattedre ottenute e la conseguente accusa di essere un
giovane “barone”. Un curriculum gonfiato (in perfetto stile
M5S) a proposito dei suoi dichiarati studi alla
New York University dove, giurano e smentiscono gli americani, non lo hanno mai visto. In realtà a
Giuseppe Conte pesava più della scarsa popolarità , di dover stare sempre un passo indietro al premier di fatto, cioè
Matteo Salvini.
E di bocconi amari deve averne ingurgitati molti. Non è stata una nota
di merito averli sputati fuori il 20 agosto al Senato, persino
esagerando, nella consapevolezza che il suo Governo era arrivato al
capolinea.
L’Avvocato del “Popolo”…. professor Giuseppe Conte in cuor suo immagina un ritorno trionfale a Palazzo Chigi, riconfermato premier, anche perché il M5S
non ha altre figure in grado di ricoprire quel ruolo. Ci ha preso gusto
piano piano, questo lo abbiamo capito, ma in realtà l’unico cambiamento
sicuro e realmente apportato dal precedente Governo sarà quello subito
da Conte sfiduciato dal suo alleato e vicepremier Matteo Salvini.
Giuseppe Conte si è scrollato di dosso la fastidiosa versione di rappresentare a stento l’ombra di un premier, fino al discorso in Senato contro Salvini. Mentre i giornali scrivevano che Conte era in buona sostanza al servizio del “Capitano” della Lega, più il premier indicato e voluto dal M5S covava una rabbia nascosta e più che profonda. Il difetto di Giuseppe Conte ? “È troppo ambizioso” parole queste pronunciate da suo padre Nicola,
ex segretario del Comune di Volturara Appula, in provincia di Foggia,
paese natale del premier uscente e quasi sicuramente rientrante.
Insomma, uno che lo conosce bene come suo padre che sa qual è il suo
punto debole. Un’ambizione però non esibita e manifesta, a volte
apparentemente timida. “Dica la verità dottore — si è lasciato andare qualche settimana fa durante un colloquio telefonico con un giornalista — anche lei sta diventando contiano“.
Diciamo la verità, Giuseppe Conte non è quello che è andato in Senato sei giorni fa a cantargliele in faccia a Salvini. Il vero Giuseppe Conte in realtà è quello che negli ultimi 14 mesi è stato sempre zitto davanti a tutte le iniziative dei suoi “vice” Di Maio e Salvini.
E no, non conta il fatto che abbia “rimproverato” o “ripreso” Salvini
in privato. In primo luogo perché nessuno se ne è accorto, in secondo
luogo perché non è servito a nulla.
Il suo tentativo di dare lezioni sulla religione emerso anche nel discorso al Senato quando ha bacchettato Salvini per i suoi bacetti al crocefisso. è risultato vano. E’ stato lo stesso Conte che ha mostrato il santino di Padre Pio a Bruno Vespa in televisione a “Porta a porta” .
È davvero cambiato Giuseppe Conte, che da millantato “Avvocato del Popolo” in questi ultimi mesi non ha speso una sola parola sugli attacchi pretestuosi del M5S prima e della Lega poi al PD definito “il partito di Bibbiano”.
Ma per capire bene quanto Conte sia dobbiamo tornare indietro a quel 5
giugno del 2018 quando il premier incaricato si presentò al Senato per
chiedere la fiducia, ed in quella circostanza Conte rivendicò come le due forze di maggioranza (M5S e Lega) fossero orgogliosamente “populiste” ed “anti sistema”. Conte
promise di promuovere una revisione (mai realizzata) del sistema delle
sanzioni alla Russia, ed annunciò che il suo governo avrebbe “chiesto con forza il superamento del Regolamento di Dublino“.
Ma anche in questo caso il Governo Conte non mosse un dito, anzi il premier presentò una multilevel strategy per l’immigrazione affatto innovativa. E finì poi per approvare non una ma due versioni del Decreto Sicurezza, diventati il fiore all’occhiello di Salvini.
Matteo Salvini e Giuseppe Conte: faccia a faccia
Un Conte a due facce. Inizialmente figura di sfondo e contorno dei vicepremier
Di Maio e
Salvini occupavano senza scampo la scena, mentre lui era “ostaggio” delle esternazioni di
Rocco Casalino, mentre adesso cerca di riciclarsi come “capo” dell’anti-sovranismo. Eppure era l’
8 settembre del 2018 quando
Conte in occasione di un incontro pubblico, parlando della vicenda sul sequestro dei fondi della
Lega (quei 49 milioni di soldi pubblici che la
Lega Nord di
Umberto Bossi, Belsito e
Roberto Maroni hanno fatto sparire, disse:
“Vi confesso, se non avessi fatto il premier mi sarei offerto alla Lega
per difenderli, per mettere al loro servizio la mia esperienza
professionale. Per me sarebbe stato stimolante e non lo dico per
offendere i legali che se ne occupano”.
Non sono bastati 40 minuti, peraltro ben recitati da vero “attore” di aule di giustizia,
per far cambiare idea su di lui e sul suo futuro. In politica non basta
un discorso di attacco sfrontato, pronunciato in faccia all’interessato
guardandolo negli occhi, per valutare una persona. Forse può servire
nel territorio dei social e del movimentismo grillino probabilmente. Conte ha dimenticato di essere stato a modo suo, più “sovranista” (senza le dirette su Facebook che piacciono così tanto a Di Maio e Casalino) quando a luglio replicava ad Angela Merkel su Carola Rackete, la comandante della Sea Watch dicendole: “Se
la Germania si lamenta per il trattamento ricevuto dalla capitana noi
siamo in attesa dell’estradizione dei manager della ThyssenKrupp“. Qualcuno spieghi al “civilista-amministrativista” Conte che basta un mandato europeo di cattura per superare il problema estradizione.
Conte ha sostenuto e firmato i decreti sicurezza 1 e 2 presentati dal ministro dell’ interno e vicepremier Matteo Salvini . Per il primo decreto si è speso mostrando un cartello a uso dei fotografi. E stava accanto a Salvini.
Per il secondo, quello ancora più “rigido” su Ong e immigrazione,
firmandolo senza alcun esitazione. Si è presentato in Senato per
difendere il leader leghista sul “caso Moscopoli”
che sta per sciogliersi come neve sotto al sole, per coprirlo come ha
rinfacciato lui stesso in Senato il giorno delle sue dimissioni. E
quindi ? Aveva ragione Emma Bonino quando gli ha detto che non avrebbe dimenticato i 14 mesi trascorsi a Palazzo Chigi cavalcando il “sovranismo”. Conte ha cercato modi giustificarsi sostenendo di aver provato a contenere Salvini tante volte . Senza dirlo, senza fare niente di concreto e senza ammettere di non esserci riuscito.
Il problema non è che un avvocato voglia difendere la Lega,
anzi sarebbe assolutamente normale e legittimo esercitare la propria
professione. Il punto è che il Presidente del Consiglio abbia ritenuto
necessario far sapere che lo avrebbe fatto. Ma in fondo si arriva ad
oggi, e si scopre che quello che è cambiato (grazie all’esperienza di
governo) è proprio lui: Giuseppe Conte. Qualcuno potrebbe chiedergli cosa non rifarebbe di questi 14 mesi.
Ma la vera domanda è: Conte che cosa ha fatto per 14 mesi?
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