Cgie al governo: Reddito di emergenza per italiani all’estero
- April 7, 2020
Nei prossimi 3 – 4 mesi si stimano circa 100.000 rientri da tutto il mondo.
“Per
i rientri di cittadini italiani iscritti all’Aire nei prossimi 3 – 4
mesi si stimano circa 100.000 rientri da tutto il mondo, in una
composizione per paese analoga a quella rilevabile dai dati Istat di
espatri degli ultimi 3 anni”. Lo afferma il Consiglio generale degli
italiani all’estero, chiedendo al governo italiano interventi a favore
degli italiani all’estero che saranno costretti a rientrare in Italia.
Nella fattispecie la stima fatta “è basata sulla possibilità che vi sia
una maggiore propensione al rientro da parte dei connazionali di più
recente emigrazione trasferitesi negli ultimi 3-5 anni e non ancora
definitivamente integrati nel tessuto socioculturale dei paesi di
arrivo” fa sapere il Cgie. Si tratta di italiani residenti all’estero in
forma stabile: “per molti di loro sono plausibili i rischi di un
rimpatrio forzato causato dalla chiusura di piccole e medie imprese o di
autonomi, nello specifico di lavoratori interinali con qualificati
profili professionali, di occupati nella filiera della gastronomia e
ristorazione italiana, di manodopera stagionale e dei frontalieri”,
prosegue il Cgie sottolineando che “per questa categoria di cittadini
residenti stabilmente all’estero se saranno costretti a rientrare in
Italia, il nostro Paese dovrebbe prendere in considerazione, a livello
nazionale, la loro integrazione nel mondo del lavoro con un intervento
normativo da inserire nel piano della ripresa e dello sviluppo del
nostro Paese, favorendo politiche attive al lavoro”. Perciò il CGIE
ritiene “essenziale estendere (non aggiungere) a questi soggetti,
compresi i frontalieri, rientrati in Italia per la perdita del lavoro,
le indennità previste per le lavoratrici e i lavoratori italiani nelle
misure contenute nei DL 9 e 18 di marzo 2020”.
Ricordando che
nella “prima fase il nostro ministero degli Affari esteri ha modulato
gli interventi verso l’estero dando priorità al rientro di oltre 30'000
connazionali, prevalentemente temporanei all’estero e/o turisti”, il
Cgie sottolinea la condizione diversa dei residenti all’estero in forma
stabile: “Considerate le loro potenzialità e le capacità maturate
all’estero questi dovrebbero essere inseriti nei piani di sviluppo del
Paese, che passano da una prima fase di contingente e temporaneo
assistenzialismo ad una seconda fase che preveda l’attivazione di
percorsi di politiche attive, di avviamento ai processi produttivi e/o
imprenditoriali in collaborazione con le strutture regionali dedicate
sia pubbliche che private. Ciò permetterà al Paese di riequilibrare il
missmatching esistente soprattutto nei settori a vocazione globale,
agroalimentare, meccanica, automotive, chimica, farmaceutica, energia,
moda e design, turismo e cultura, per sostenere la ripresa produttiva e
il rilancio dell’economia nazionale”. Secondo il Cgie “gli interventi a
favore dei nostri connazionali all’estero che saranno costretti a
rientrare in Italia per la perdita di lavoro dovrebbero essere sostenuti
da politiche attive al mondo del lavoro e differenziarsi per area di
residenza: l’Unione europea e i paesi del vecchio continente, gli Stati
Uniti, il Canada e l’Australia; i paesi extra europei, America latina e
centrale, Africa e Asia. Per chi rientrerà dall’Unione europea occorrerà
ragionare tenendo in considerazione i diritti comunitari che regolano
il mondo del lavoro. Il nostro Paese attraverso il ministro per gli
affari europei, Enzo Amendola, è chiamato a far rispettare i diritti, le
direttive di protezione e garanzie sociali e previdenziali comunitarie,
che prevedono l’utilizzo di fondi comunitari per tutti i cittadini
comunitari, anche per chi vive in un paese diverso da quello di nascita.
In questa casistica, però, non sono contemplati coloro che
rappresentano il problema più grave: i non regolarizzati presso le
anagrafi comunali e che, perciò, non pagando le tasse o che lavorano
saltuariamente o in forma occasionale sono esclusi dalle forme di
assistenza sociale. Questi ultimi costituiscono il problema: o si cerca
la soluzione con il paese ospitante, oppure rientrando il Italia servirà
assisterli nelle forme contenute nella decretazione di emergenza. Per
chi rientrerà dai paesi extraeuropei, invece, occorrerà un intervento
mirato da parte del nostro paese, che tenga conto sia dell’integrazione
nel mondo del lavoro, sia di ulteriori aspetti particolari di
inserimento sociale con interventi differenziati, ma che contemplino in
ogni modo il riconoscimento, seppur temporaneo degli aiuti previsti dai
decreti emergenziali”.
“Calcolando che negli ultimi 3 anni, il
flusso di nuova emigrazione registrato dall’Istat si situa tra i 145.000
e i 165.000 per un totale indicativo di circa 450.000 espatri, si
ipotizza che circa un 25-30% di essi possa rientrare in Italia.
L’intervento di natura assistenziale che dovrà assumere il nuovo decreto
dovrebbe essere immediatamente legato alla possibilità di poter
accedere, una volta in Italia, al reddito di cittadinanza con opportune
deroghe sul periodo di residenza pregresso e quindi alle successive
misure di orientamento previste. Altrimenti l’arrivo di questi
connazionali andrebbe oggettivamente ad aggravare la situazione di
tensione sociale già presente - prosegue il Cgie -. Quanto alla
distribuzione per aree continentali può essere presa a misura
percentuale la stessa ripartizione che emerge dagli stessi dati Istat
sui paesi di arrivo della nuova emigrazione negli ultimi 3 anni. Un
freno di contenimento al rientro forzato di nostri connazionali può
essere esercitato con la maggiorazione di fondi utilizzati dal ministero
degli affari esteri e della cooperazione internazionale, (quest’anno
dotato di 6 milioni di euro) per ‘l’assistenza diretta e indiretta’ ai
nostri connazionali indigenti e in difficoltà, utilizzato dai consolati
italiani per comprovati casi di necessità. Un’attenzione di questa
natura costituirebbe un riconoscimento all’impegno che i Comites, le
associazioni italiane e il CGIE hanno messo in campo per aiutare
l’Italia”. Il Consiglio generale degli italiani all’estero “richiama
all’attenzione del Governo un modello che ha fatto scuola: il felice
intervento del fondo di solidarietà a favore degli italiani in Argentina
degli inizi di questo secolo con il quale l’Italia stipulò
un’assicurazione sanitaria per i bisognosi, che non potevano pagarsi le
cure e l’assistenza medica. E’uno sforzo, in questa difficile prova che
sta vivendo il nostro Paese, di dignità e di solidarietà, che potrà
sortire nuove forme di cooperazione per il rilancio del nostro Paese”.
Fonte: 9colonne.it
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