L'espropriazione del potere costituente del popolo italiano da parte di elites fallimentari

 

Assemblea Costituente, l’ultima boiata per salvare la classe politica

di FABRIZIO DAL COL

Qualche giorno fa Marcello Pera, ex presidente del Senato, ha lanciato l’idea di una Assemblea Costituente. Un’Idea, quella di Pera, che ha provocato un dibattito tra la forze politiche e fatto scaturire il colloquio avvenuto in forma privata tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il patron di Repubblica Eugenio Scalfari. Tant’è, ma al solo sentir parlare di assemblea costituente agli italiani non viene in mente quella assemblea che nel 1948 stilò la magna carta italiana, bensì i vari tentativi e le proposte fallimentari emersi quando si è trattato di realizzare tale organismo. Fatta questa premessa, vien da chiedersi perché si pensi proprio ora a mettere in campo questo strumento istituzionale, quali obbiettivi dovrebbe prefiggersi e quali poteri gli verrebbero assegnati.

L’ex presidente della Camera, il Pd Luciano Violante, in una lettera al Corriere della Sera boccia l’ipotesi di ricorrere ad un’assemblea costituente per modificare la Costituzione per quanto riguarda la forma di governo e gli organi parlamentari. Proprio su questo punto, come del resto è accaduto con i vari tentativi per la sua costituzione, anche Violante a distanza di qualche anno boccia nuovamente la proposta costituente sostenendo la necessità di riformare il governo e il parlamento, quando invece, come ho personalmente evidenziato più volte su questo giornale, la vera necessità è quella di modificare la forma dello Stato, in quanto l’unità dello stesso, è dimostrata essere stata negli anni la causa delle disastrose conseguenze in cui viviamo oggi. Violante si spinge però oltre quando afferma che ”la contemporanea esistenza di un Parlamento e di un’assemblea costituente può porre in atto conflitti pericolosi” e fa l’esempio del Parlamento che potrebbe modificare o abrogare la Costituente e quest’ultima che a sua volta potrebbe essere tentata di modificare radicalmente il Parlamento. Continuando, esprime infine di seguire ”una strada diversa” ovvero l’approvazione in questa legislatura di una ”commissione esterna alle Camere con il compito di redigere, nella prossima legislatura, un progetto per la nuova forma di governo e la nuova forma di Stato, secondo le indicazioni che impartirebbe lo stesso Parlamento. Come si può notare, da una parte Violante per la prima volta sottolinea la necessità di riformare lo Stato e dall’altra è già consapevole che la vera necessità della politica è quella invece di preparare un percorso istituzionale complesso che da un lato preveda un referendum confermativo al quale si arriverebbe con scarse possibilità di raggiungimento del quorum e dall’altro si tradurrebbe in un ginepraio dal quale non si potrebbe più venirne a capo, divenendo altresì un vero e proprio salvacondotto finalizzato a salvare dalla sua scomparsa l’intera classe politica italiana. Infine, l’idea dell’ex presidente del Senato Marcello Pera prevede anche la proroga in carica dell’attuale presidente della Repubblica, un particolare non trascurabile se si considera che non rispettare le scadenze costituzionali è pericoloso, talché si potrebbe, per analogia, far slittare anche le elezioni politiche. Da non trascurare è l’esistenza di un precedente di segno opposto: Enrico De Nicola non accettò la proroga, quando l’Assemblea Costituente decise di restare in carica oltre il previsto, costringendola a confermarlo.

Se poi dovessimo aggiungere anche il problema più grande, ovvero quello che il prossimo presidente della Repubblica avrà un mandato la cui scadenza temporale supera quella (auspicabile) del sistema istituzionale che lo ha espresso, diventa evidente allora a tutti quali siano le vere intenzioni del sistema di potere costituito da una classe politica che produce atti finalizzati esclusivamente alla propria autotutela e alla propria salvezza.

A mio parere, un’assemblea Costituente che nasce all’interno del parlamento non può considerarsi un atto democratico partecipativo così come è avvenuto invece per l’Islanda che ha rifondato il suo Stato attraverso una assemblea i cui componenti erano espresse dalla società civile. Allora la proposta di una nuova assemblea Costituente che nasca dai concetti qui sopra espressi non può meritare di essere definita tale, ma dovrebbe essere invece intesa per quella che invece è: la madre di tutte le boiate.

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