Salta l’imputazione provvisoria di epidemia colposa per la diffusione del virus Covid-19 all’interno della casa di riposo anche se il rischio del contagio non è stato contemplato nel documento di valutazione dei rischi.

 

Salta l’imputazione provvisoria di epidemia colposa per la diffusione del virus Covid-19 all’interno della casa di riposo anche se il rischio del contagio non è stato contemplato nel documento di valutazione dei rischi.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 20416.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in sede cautelare reale su un caso di epidemia colposa e violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, si sofferma sulla struttura del delitto di epidemia colposa e sul nesso causale tra violazione delle norme a tutela della salute e diffusione del virus.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento,  enuncia il principio di diritto secondo cui, in conformità all’orientamento dottrinale e giurisprudenziale maggioritario in tema di epidemia colposa, non è configurabile la responsabilità a titolo di omissione, in quanto la fattispecie richiede una condotta commissiva a forma vincolata, come tale incompatibile con l’inerzia del garante la sicurezza.

Il Collegio del diritto chiarisce inoltre che, anche laddove si qualificasse il delitto colposo contro la salute pubblica come reato a mezzo vincolato, in quanto tale convertibile in reato omissivo improprio, ai fini del giudizio sulla sussistenza del fatto è necessario accertare, mediante giudizio controfattuale non compiuto nella fase cautelare, l’esistenza del nesso causale tra l’omessa valutazione del rischio biologico, con conseguente mancata integrazione del DVR e la diffusione del virus Covid-19.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità relative alla posizione di garanzia rivestita dal datore di lavoro nell’ambito della tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il reato provvisoriamente contestato e la fase cautelare reale di merito

Nel caso di specie alla persona indagata nella qualità di legale rappresentante della società cooperativa che gestisce la casa di riposo, erano stati provvisoriamente contestati i reati di epidemia colposa di cui (artt. 438, 452 c.p.) e violazioni delle misure a tutela della salute e sicurezza sul lavoro (artt. 65, 68 e 271 D.lgs. 81/2008) per aver omesso di valutare i nuovi rischi lavorativi legati alla diffusione del virus Covid-19 e, in conseguenza, di integrare e aggiornare il DVR.

Il Tribunale per il riesame di Catania annullava il decreto di sequestro preventivo della casa di riposto emesso dal GIP del Tribunale di Caltagirone per carenza del fumus commissi delicti.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltagirone proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza resa dal Tribunale delle libertà di Catania, deducendo, con due motivi di impugnazione, il vizio di violazione di legge.

La Suprema Corte ha rigetta il ricorso ritenendolo infondato.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“L’ordinanza del Tribunale richiama espressamente il recente precedente di legittimità secondo il quale «In tema di delitto di epidemia colposa, non è configurabile la responsabilità a titolo di omissione in quanto l’art. 438 cod. pen., con la locuzione “mediante la diffusione di germi patogeni”, richiede una condotta commissiva a forma vincolata, incompatibile con il disposto dell’art. 40, comma secondo, cod. pen., riferibile esclusivamente alle fattispecie a forma libera» (Sez. 4, n. 9133 del 12/12/2017, dep. 2018, Rv. 272261). Non conferente, invece, poiché relativo a fatto del tutto diverso, il precedente di Sez. 1, n. 48014 del 30/10/2019, P., Rv. 277791, richiamato sia nel ricorso che nella memoria difensiva.

In ogni caso, l’ordinanza giustifica la decisione di annullamento con una “doppia motivazione” con la quale il ricorrente non si confronta. Infatti, dopo avere affermato la inconfigurabilità in diritto (pp. 3-4), il Tribunale afferma che, «In ogni caso, ritiene il Collegio che, anche a voler aderire all’orientamento minoritario della dottrina e della giurisprudenza che qualificano il reato di epidemia colposa nella categoria dei c. d. “reati a mezzo vincolato” e come tali compatibili di essere convertiti, mediante la clausola di equivalenza di cui all’art. 40, secondo comma, c.p., in illeciti omissivi impropri, nel decreto di sequestro preventivo disposto in via d’urgenza il 12.05.2020 dal p.m. ex art. 321, comma 3 bis, c.p.p. e nel successivo decreto di sequestro preventivo disposto dal Gip di Caltagirone, ex art. 321 c.p.p., il 14.05.2020, non vengono dedotti né illustrati gli elementi e le ragioni logico-giuridiche in base ai quali la condotta omissiva ascritta all’indagato sia causalmente collegabile alla successiva diffusione del virus da Covid-19 tra i pazienti ed il personale dalla casa di riposo diretta dal ricorrente […]

Il Tribunale ritiene che, in applicazione delle teoria condizionalistica orientata secondo il modello della sussunzione sotto leggi scientifiche, in assenza di qualsivoglia accertamento circa l’eventuale connessione tra l’omissione contestata al ricorrente e la seguente diffusione del virus non sia possibile ravvisare, nel caso de quo, la sussistenza del nesso di causalità tra detta omissione e la diffusione del virus all’interno della casa di riposo. Ed invero, alla stregua del giudizio contro fattuale, ipotizzando come realizzata la condotta doverosa ed omessa dall’indagato, non è possibile desumere “con alto grado di credibilità logica o credibilità razionale” che la diffusione/contrazione del virus Covid-19 nei pazienti e nei dipendenti della casa di riposo sarebbe venuta meno. Non è da escludere, infatti, che qualora l’indagato avesse integrato il documento di valutazione dei rischi e valutato il rischio biologico, ex art. 27 D. Igs. 81/2008, la propagazione del virus sarebbe comunque avvenuta per fattori causali alternativi (come ad esempio per la mancata osservanza delle prescrizioni impartite nel DPCM per le case di riposo quali di indossare le mascherine protettive, del distanziamento o dell’isolamento dei pazienti già affetti da covid, ovvero a causa del ritardo negli esiti del tampone). Quanto accertato, dunque, non è sufficiente a far ritenere, in termini di qualificata probabilità richiesta in questa sede, la ricorrenza del fumus della fattispecie di epidemia colposa»”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art 438 c.p. – Epidemia

Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo [448, 452].

Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena [di morte].

Art. 452 c.p. – Delitti colposi contro la salute pubblica

Chiunque commette, per colpa [43], alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito:

1) [con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscano la pena di morte];

2) con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo;

3) con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l’articolo 439 stabilisce la pena della reclusione.

Quando sia commesso per colpa [43] alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto.

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