La Cina critica l’Australia per i crimini di guerra in Afghanistan
Pubblicato il 1 dicembre 2020 alle 18:10 in Australia Cina
Il portavoce del Ministero Affari Esteri cinese, Zhao Lijian, ha pubblicato e “fissato in alto” sul proprio account ufficiale su Twitter un’immagine ritraente un soldato australiano che taglia la gola ad un bambino afghano che, a sua volta, tiene in braccio un agnello, il 30 novembre. Il primo ministro australiano, Scott Morrison, ne ha richiesto la rimozione insieme a scuse ufficiali da parte della Cina, ma Pechino si è rifiutata.
L’immagine pubblicata da Zhao è stata accompagnata da un commento in inglese che recita: “Scioccati dall’uccisione di prigionieri e civili afghani da parte di soldati australiani. Condanniamo fermamente tali atti e chiediamo che i colpevoli rispondano delle proprie azioni”. Nell’immagine, la testa del bambino afghano è avvolta dalla bandiera australiana e si può intravedere un volto sofferente, mentre l’espressione del soldato australiano ricorda un ghigno. L’immagine è poi accompagnata dalla scritta: “Non temete, veniamo a portarvi la pace”.
Il primo ministro australiano ha da subito etichettato l’immagine come “falsificata”, “ripugnante” e “incredibilmente oltraggiosa”. Morrison ha affermato che il contenuto sia profondamente offensivo nei confronti di tutti gli australiani e dell’Esercito del proprio Paese, aggiungendo che: “Il governo cinese dovrebbe assolutamente vergognarsi per tale post che li sminuisce agli occhi del mondo”.
Il primo dicembre, la Cina si è rifiutata di rimuove il tweet in questione dal profilo ufficiale del portavoce del Ministero Affari Esteri e più media locali hanno criticato l’Australia. Nella stessa giornata, l’ambasciata cinese a Canberra ha rilasciato una dichiarazione sulla vicenda, riferendo che il segretario generale del Ministero Affari Esteri australiano, Frances Adamson, ha chiamato l’ambasciatore cinese in Australia, Cheng Jingye, per lamentarsi dell’accaduto. In risposta, nella dichiarazione, l’ambasciata cinese ha ribadito che alcuni politici e media australiani hanno frainteso e reagito esageratamente ai fatti, sia per scostare l’attenzione pubblica da quanto fatto dai propri soldati in Afghanistan, sia per incolpare la Cina del peggioramento delle relazioni bilaterali tra i due Paesi. Per l’ambasciata cinese, le azioni australiane non aiuteranno la ripartenza dei rapporti bilaterali con Pechino e, per questo, ha esortato Canberra ad adottare azioni costruttive e pratiche per riavviare i rapporti. L’ambasciata cinese ha poi invitato l’Australia a guardare alla brutalità delle azioni del proprio Esercito in Afghanistan e a portare di fronte alla giustizia i colpevoli.
Sempre il primo dicembre, Morrison ha poi pubblicato un post in lingua cinese sulla piattaforma WeChat in cui si è detto fiero dell’Esercito australiano e ha enfatizzato che il governo di Canberra affronterà le questioni relative ai crimini di guerra in maniera onesta e trasparente. Il primo ministro australiano ha poi aggiunto che: “Il post ritraente un’immagine falsa di un soldato australiano non indebolirà il rispetto e il valore riservato alla comunità sino-australiana e non danneggerà la nostra amicizia con il popolo cinese”. Nel frattempo, la piattaforma Twitter si è rifiutata di rimuovere il post di Zhao Lijian come richiesto dalle autorità australiane ma ha etichettato il suo contenuto come “sensibile”.
Sulla vicenda è intervenuta anche la premier della Nuova Zelanda, Jacinda Arden, la quale ha confermato che anche il proprio esecutivo ha espresso preoccupazione alla parte cinese rispetto all’utilizzo dell’immagine in questione, definendola scorretta.
I rapporti tra Cina e Australia sono in una fase di progressivo peggioramento sia dal punto di vista politico, sia da quello commerciale. Da un lato, la Cina è il maggior mercato di esportazione dei beni australiani, dall’altro Canberra è il maggior partner commerciale di Pechino nella regione dell’Asia-Pacifico e da oltre sette mesi i due Paesi sono impegnati in tensioni commerciali. In tale contesto, l’ultimo momento episodio di tensione a livello commerciale si è verificato quando la Cina ha deciso di imporre tariffe doganali sul vino australiano, di cui è uno dei maggiori mercati al mondo, del 212%, sostenendo si sia trattato di una mossa a difesa della produzione interna.
Per quanto riguarda l’ultimo episodio, però, la posizione espressa dal portavoce del Ministero Affari Esteri cinese riguarda un’indagine i cui esiti sono emersi o scorso 17 novembre e hanno rivelato crimini di guerra compiuti da soldati australiani nel contesto del conflitto in Afghanistan. In particolare, l’Esercito australiano ha dichiarato di essere in possesso di prove schiaccianti riguardo l’uccisione illegale di 39 civili e prigionieri disarmati da parte di alcuni tra i propri soldati. L’indagine che ha fatto emergere i fatti ha analizzato casi di negligenza compiuti in Afghanistan dall’Esercito australiano tra il 2005 e il 2016 e ha portato alla luce quella che è stata definita “la distruttiva cultura dell’impunità” tra le truppe d’élite, facendo emergere una serie di presunti omicidi e insabbiamenti che si sono protratti per oltre dieci anni. In totale, sarebbero stati 19 i soldati australiani individuati come presunti colpevoli dall’indagine.
Dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 contro gli Stati Uniti, l’Australia aveva inviato oltre 26.000 soldati in Afghanistan per combattere contro i talebani, al-Qaeda e altri gruppi di militanti islamisti. Nel 2013, poi, le truppe di combattimento australiane avevano lasciato il Paese e da allora sono emerse più testimonianze rispetto alla loro negligenza.
Camilla Canestri, interprete di cinese e inglese
Nessun commento:
Posta un commento