Il governo stanzia i fondi per aiutare gli italiani all’estero. Ma come si prendono?
Milioni di euro messi sul tavolo in aiuto degli expat. Per l'On. Nissoli sono pochi e senza regole. Per l'On. La Marca, invece, sono un segnale confortante
Quello dei fondi stanziati dal governo per gli italiani all’estero è un tema estremamente delicato. I soldi, ai concittadini che vivono fuori dal confine, servono. E oggi ancor di più, vista la grave crisi economica dovuta all’emergenza covid. C’è un problema, però, in tutto ciò, al quale sarebbe necessario, da parte del governo, fornire una risposta chiara. Come vengono spesi questi soldi? A chiederlo, nell’aula della Camera, è stata la deputata di Forza Italia eletta nella circoscrizione Nord-Centro America Fucsia Fitzgerald Nissoli, che ha presentato un’interrogazione al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
“Lo scorso maggio – ha dichiarato la Nissoli – avevo presentato un’altra interrogazione in merito, ma la risposta dell’esecutivo era stata vaga e poco chiara. Ora sono tornata ad incalzarlo e ho chiesto a Di Maio di sapere di quali strumenti si sia avvalsa l’Amministrazione degli affari esteri per comunicare adeguatamente la notizia degli aiuti economici in favore delle Comunità all’estero, ai fini di una tempestiva richiesta da parte dei connazionali indigenti, e quali siano i dati aggiornati circa le modalità e la quantità di spesa fino ad oggi effettuata, con particolare riferimento ai connazionali in difficoltà nella Ripartizione Nord e Centro America”.
In totale, si parla di 6 milioni di euro. Quattro stanziati tramite il decreto “Cura Italia” di aprile e due con il decreto “Rilancio” di maggio. Queste cifre sono state messe a disposizione apposta per fronteggiare l’emergenza e si vanno ad aggiungere alle normali attività di sostegno che i consolati svolgono ogni anno per chi si trova in situazioni di indigenza. La questione sollevata parte da un dubbio più che legittimo. Vista la vasta platea di cittadini italiani che risiedono all’estero, ci si domanda quali siano le regole e le condizioni da soddisfare per poter accedere agli aiuti. La risposta che arriva dal governo è, secondo la Nissoli, “vaga e poco chiara” ed è per questo che ha riproposto un’interrogazione parlamentare sullo stesso tema pochi giorni fa.
In realtà, studiando il testo della replica del governo alle richieste dell’Onorevole, un’idea piuttosto precisa di chi siano i destinatari dei fondi è possibile farsela. Innanzitutto, sono indicati i criteri attraverso i quali vengono decisi gli aventi diritto agli aiuti. “Per valutare lo stato di necessità e accertare l’indigenza, ciascun Ufficio della rete diplomatico-consolare si avvale di parametri motivati e trasparenti, anche sulla base del contesto locale, come, ad esempio: numero dei componenti e reddito complessivo del nucleo familiare, costo della vita in loco, possibilità di accesso ai sistemi di welfare pubblico laddove presenti. E ciò al fine di individuare una soglia d’indigenza che rappresenti il parametro guida per l’erogazione del sussidio”.
Più approssimato, invece, il passaggio successivo, nel quale si legge che “quanto ai criteri per la ripartizione delle dotazioni finanziarie assegnate dal Cura Italia, non è prevista una suddivisione preordinata tra le diverse Sedi, dal momento che non è possibile conoscere in anticipo le richieste di assistenza economica dei connazionali, né la loro entità. La Farnesina provvederà, quindi, a erogare i finanziamenti sulla base di motivate richieste contenenti informazioni dettagliate relative al numero di connazionali che hanno bisogno di essere assistiti e all’ammontare necessario per poter far fronte alle richieste di assistenza”. Un modo burocratico per dire “vedremo più avanti”. Una posticipazione tipica della cultura italiana, che tratta il tempo quasi come se non esistesse.
In ogni caso, per la Nissoli i fondi messi a disposizione dalla Farnesina non sono sufficienti. “Il governo Conte – dice – si è comportato come tutti gli altri governi e non ha ancora capito che investire negli italiani all’estero significa investire per lo sviluppo del Sistema Italia e quindi dare maggiori possibilità alle imprese italiane di essere presenti sui mercati esteri. Una rete di italiani all’estero organizzata, se opportunamente sostenuta dallo Stato, potrebbe aiutare lo sviluppo anche del nostro export. Questa è una cosa che gli italiani all’estero già fanno, testimoniando quotidianamente la bontà del prodotto italiano di qualità, ma che potrebbe avere una efficacia maggiore se fosse programmata in maniera sistematica!”.
Come in ogni storia, però, ascoltare una versione sola non aiuta ad avere un quadro completo della scena. Abbiamo perciò sentito anche le parole dell’Onorevole Francesca La Marca, deputata del PD eletta, come la Nissoli, nella circoscrizione Nord-Centro America.
Per lei, le notizie arrivate in merito ai fondi destinati agli italiani all’estero, sono confortanti. “Sembra – commenta – che vi sia l’intenzione del Governo di rinnovare il Fondo per la promozione della lingua e cultura italiana nel mondo, in scadenza nel 2020, senza le cui risorse le politiche culturali subirebbero una grave regressione. Così, sembrerebbero non esservi danni al finanziamento degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero, COMITES e CGIE. Comunque, oltre alla sussistenza, c’è anche da vedere se e come si riuscirà ad aprire qualche varco di ripresa, ad esempio puntando sul ‘turismo di ritorno’, mia costante ossessione, come volano di rilancio di un settore vitale per noi, come il turismo internazionale. Ad ogni modo, una saggia regola di esperienza parlamentare dice che le finanziarie si giudicano non per come entrano in Parlamento, ma per come escono. Potremo, dunque, risentirci più in là”
Quando le viene chiesto quale sia il suo giudizio sul governo Conte, del quale il PD fa parte, inizialmente svicola. “Il Governo Conte, purtroppo, entrerà nei libri di storia come quello che ha dovuto affrontare una delle emergenze più drammatiche di questi primi decenni del secolo. Sono radicalmente cambiati, dunque, i termini delle nostre consuete valutazioni”. Poi, aggiustando il tiro, risponde con sincerità. “Ad ogni modo, per non sfuggire alla domanda, per il breve tempo in cui la pandemia non era ancora insorta, posso dire che per gli italiani all’estero, i governi Renzi e Gentiloni, soprattutto quest’ultimo, hanno suonato un altro spartito. Basti pensare solo al fondo per la lingua e la cultura italiana nel mondo, dotato di 150 milioni in quattro anni, alla reintegrazione dei fondi per la rappresentanza, al riavvio dei concorsi al MAECI dopo 10 anni di blocco del turnover, al raddoppio dei fondi per i periodici in italiano all’estero, a seguito di un mio emendamento, e ad altro ancora. Persiste ancora una cultura della marginalità e della sottovalutazione verso il ruolo degli italiani all’estero e per rimuoverla ci vorranno tempo e sudore. Questa è la ragione che mi ha indotto a presentare la proposta per l’istituzione della Giornata sugli italiani nel mondo, che mi auguro possa vedere la luce al più presto, proprio per fare uscire gli italiani all’estero dal cono d’ombra in cui storicamente sono collocati dalla classe dirigente italiana”.
Insomma, a ormai otto mesi dallo scoppio della pandemia, rimangono sospesi parecchi interrogativi irrisolti. Difficile, a questo punto, aspettarsi dall’esecutivo una risposta in tempi brevi. Sembra così che la palla passi ai consolati, ai quali spetta il compito di aiutare i cittadini bisognosi. Di certo la questione non finirà qui. Attendiamo nuovi sviluppi.
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