Crisi, Pd: “In Aula tutti si assumeranno le proprie responsabilità”. L’Udc chiude e Renzi cerca di tenere i suoi: “Non hanno i numeri”
A meno di 48 ore dalle comunicazioni del premier a Montecitorio sullo strappo di Matteo Renzi, continuano le interlocuzioni per cercare di capire se il governo ha i numeri per andare avanti. Il centrodestra chiude a qualsiasi confronto e nega che ci siano senatori disposti ad offrire sostegno, intanto Italia viva perde pezzi. Mastella si chiama fuori: "Mi hanno attaccato sul personale"
Pontieri e mediatori sono al lavoro per sondare i “responsabili” che potrebbero sostenere l’esecutivo. Sono ore decisive in attesa delle comunicazioni di Giuseppe Conte in Aula (lunedì sarà a Montecitorio e martedì a Palazzo Madama). Prima di allora sarà necessario capire su quali forze può contare e se una nuova maggioranza è possibile. “Nell’interesse del Paese cerchiamo una maggioranza politica”, ha detto la vicepresidente Pd Debora Serracchiani, “che raggiunga gli obiettivi che ci siamo dati in Europa. Ci serve un patto di legislatura e una maggioranza politica che si impegni ad utilizzare al meglio i fondi del Recovery e a mantenere quella credibilità che abbiamo conquistato in Europa”. Una linea che aveva anticipato, in un’intervista a Repubblica, il collega Andrea Orlando: “Il tema che si porrà un minuto dopo la fiducia, se ci sarà, è consolidare la maggioranza, siglare un nuovo patto di legislatura”.
Quindi in serata i dem hanno diffuso una nota: “L’Italia ha bisogno di sicurezza, stabilità e futuro”, si legge. “Invece, come prevedibile, con l’apertura della crisi da parte di Italia Viva si stanno determinando condizioni sempre più difficili per garantire un governo adeguato al Paese in una situazione di emergenza, rischiando di aprire scenari imprevedibili. Dopo l’approvazione della bozza di Recovery per la rinascita e lo sviluppo e in piena pandemia, con la crisi l’ltalia sta pagando un prezzo immenso. Il Pd lo ha sempre ribadito con grande chiarezza e trasparenza: i problemi vanno affrontati e risolti, non aumentati e fatti esplodere. Ora per garantire una piena trasparenza si vada nelle sedi appropriate, quelle parlamentari, dove tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità per salvaguardare gli interessi del Paese”.
Insomma il clima è sempre più teso dalle parti del governo dopo lo strappo di Matteo Renzi. L’ottimismo iniziale di Palazzo Chigi si sta scontrando nelle ultime ore con la difficoltà di compattare il gruppo dei “costruttori”. Il neonato gruppo Maie-Italia23 e i centristi (convinti per ora solo a Montecitorio) al momento non sembrano sufficienti e, proprio oggi, l’Udc ha tentato di smarcarsi, facendo sapere in una nota di non volersi prestare “a giochi di palazzo”: “Stiamo nel centrodestra. I nostri valori non sono in vendita“. Intanto chi perde pezzi è Italia viva: oggi si è registrato il primo deputato renziano Vito De Filippo che ha deciso di tornare nel Partito democratico. Un segnale? Presto per dirlo. Nel pomeriggio Matteo Renzi ha radunato i suoi e chiesto compattezza: “Non hanno i numeri, stiamo uniti”, ha detto nel corso della riunione parlando con i parlamentari di Italia viva. “Sono molto fiero di come stiamo lavorando. Noi siamo sui contenuti e ogni giorno che passa diventa più chiaro che la verità vince sulle veline del Palazzo. Al Senato i 18 senatori saranno decisivi visto che la maggioranza al momento è tra 150 e 152. Non rispondiamo alle provocazioni e lavoriamo sui contenuti”. In realtà, come spiegato da ilfattoquotidiano.it, al Senato per avere i numeri basterà che i Sì superino i No.
I dem chiedono “una maggioranza politica” che si allarghi agli europeisti – Di fronte all’incertezza, il Pd chiede che si lavori per una maggioranza stabile. Il dem Andrea Orlando in un’intervista a Repubblica ha ribadito che l’esecutivo non potrà puntare alla sola sopravvivenza: “È evidente che si può evitare la crisi avendo un numero in più, ma non pensare di governare. Perciò il tema che si porrà un minuto dopo la fiducia, se ci sarà, è consolidare la maggioranza, siglare un nuovo patto di legislatura e lavorare alla ricostruzione di un campo con le forze che hanno dato segnali ma che non si sono ancora sentite di fare questo passo, pur volendo prendere le distanze dalla destra sovranista“. Per raggiungere i numeri stabili si guarda quindi a pezzi di Forza Italia, ai centristi e a “responsabili” dentro la stessa Italia viva per arrivare a una maggioranza “stabile” come chiesto dal Quirinale. “Noi a Fi abbiamo sempre guardato come una forza che sostiene posizioni europeiste. Ultimamente questo profilo si è indebolito, quindi non so se si ci possa rivolgere a Fi nel suo complesso o a quei settori di Fi che rifiutano l’annessione” da parte di Lega e Fdi, ragiona Orlando. Ma le preoccupazioni restano. “Avvertiamo una disponibilità di forze intermedie a garantire la stabilità in questa fase, ma non abbiamo alcuna sicurezza“, avverte. “Però riteniamo giusto che sia il Parlamento a verificare se c’è o non c’è una maggioranza. E che chi ha aperto una crisi al buio, senza nessuno sbocco politico, si assuma davanti al Paese la responsabilità di aver prodotto un vulnus gravissimo per l’Italia”. Nessuna possibilità di dialogo, quindi, con l’ex alleato. “Le parole non bastano e mi pare che i margini siano pressoché esauriti“, ha continuato Orlando, sostenendo che l’attacco a Conte di Renzi aveva come obiettivo “destrutturare l’alleanza politica che il Pd ha creato con M5s e Leu. Anche in questo caso, non ci nascondiamo i limiti di tale alleanza, ma siamo consapevoli che si tratta dell’unico punto di partenza per costruire un campo alternativo alla destra”.
I renziani cercano di riaprire le trattative – La strada per arrivare al traguardo, però, è lastricata di insidie. A partire dalle mine piazzate da Italia viva in queste ore. In un’intervista al Messaggero Matteo Renzi porta avanti l’opera già iniziata ieri dai suoi: far ripartire non si sa bene quali trattative, astenendosi settimana prossima in Parlamento, nonostante solo mercoledì abbia ritirato le sue ministre. “Sono pronto a parlare di contenuti“, dice. Un’opzione che nella tarda serata di ieri la presidenza del Consiglio ha sbarrato ancora una volta, ribadendo di “escludere assolutamente” un ritorno con i renziani. A dargli manforte i pentastellati Di Maio e Di Battista, anche perché i toni del leader di Iv non sono affatto cambiati. Nell’intervista torna ad attaccare la gestione della pandemia da parte del governo, sostenendo che l’Italia ha il “peggior numero di morti” per Covid e “mandiamo a scuola i nostri ragazzi meno di tutti gli altri”. Renzi chiede quindi di “uscire dall’immobilismo”, accettare il Mes e “tornare a fare politica“, visto che a suo dire senza Iv l’esecutivo “non ha i numeri” per governare. “Io penso che tutti i senatori di Italia viva – Psi voteranno allo stesso modo”, sostiene.
In effetti le parole rilasciate al Corriere dal senatore del Psi Riccardo Nencini – l’uomo che ha concesso a Renzi di avere un gruppo autonomo a Palazzo Madama – suonano quantomeno ambigue, nonostante lui stesso nei giorni scorsi sia uscito allo scoperto annunciando l’intenzione di restare in maggioranza. Un Conte ter senza Italia viva “è una prospettiva che non è all’altezza né di questa fase politica né della situazione”, spiega. Si dovrebbe ripartire “dalla maggioranza che c’era e che può essere rinnovata“. Nencini registra “le aperture di Pd e Iv. Poi ci sono Regioni e Comuni governati insieme da Pd, Iv, Psi e M5S”. Per Renzi il Mes resta una pregiudiziale ma “la politica, diceva Machiavelli, è l’arte di trovare una congiunzione. L’hanno trovata personalità come Togliatti, Nenni e De Gasperi, Craxi e De Mita. Possono farlo anche Conte e Renzi“. Il primo passo, secondo Nencini deve farlo “chi ha la maggiore responsabilità: il premier“. Il senatore del Psi lavorerà per ricucire la maggioranza fino a martedì mattina e “domando: il bene comune è rappresentato meglio da un governo con una rinnovata solidità o con una pesca magica“.
Vertice del centrodestra: “Siamo compatti” – Intanto dal fronte del centrodestra l’unica preoccupazione è quella di tenere compatte le fila. E nel pomeriggio c’è stato l’ennesimo vertice, al termine del quale i leader hanno diffuso una nota che sottolinea l’intesa tra le parti e l’assoluta chiusura a qualsiasi dialogo con la maggioranza: “Mentre l’ex maggioranza mette in scena uno spettacolo offensivo per migliaia di italiani che soffrono per le conseguenze sanitarie ed economiche della pandemia, il centrodestra lavora concretamente ai contenuti, a costruire una alternativa alla sinistra forte e capace di affrontare le difficili sfide che l’Italia si trova davanti”. Il vertice si è svolto nel pomeriggio a Milano: presenti Matteo Salvini, Antonio Tajani, Giovanni Toti e Maurizio Lupi, mentre hanno partecipato in collegamento Zoom Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Lorenzo Cesa. Al termine dell’incontro il leader del Carroccio ha anche annunciato l’intenzione del centrodestra di votare i ristori e lo scostamento di bilancio.
Mastella: “Mi chiamo fuori perché sono stato attaccato sul personale” – “Io non sono né pilastro, né costruttore, su questa crisi sono molto diffidente”. Clemente Mastella, dopo giorni in cui si è presentato come protagonista nelle trattative per la ricerca dei responsabili e dopo uno scontro diretto (su Twitter) con il leader di Azione Calenda, oggi ha deciso di tirarsene fuori. “Al momento”, ha detto a Tgcom24, “mi chiamo fuori perché, dopo aver cercato di dare consigli su come risolvere la crisi, sono stato attaccato sul personale”. All’orizzonte Mastella vede più “un Conte ter con un rimpasto e un rientro di Italia Viva” che “un governo Conte sostenuto da un’altra maggioranza con l’ingresso di responsabili”. Già in mattinata Mastella aveva detto: “Nessuno faccia scherzi. Non siamo i polli di “Renzi”. Attenti cari Conte e Zingaretti, lunedì potreste avere sorprese. Noi siamo responsabili ma non fessi”.
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