“Covid-19, ti sei fatto 8.634 km da Wuhan ad Alzano per portarti via mio fratello”

 

“Covid-19, ti sei fatto 8.634 km da Wuhan ad Alzano per portarti via mio fratello”

Cristina Pellicioli piange la morte di suo fratello Paolo di Alzano Lombardo, morto di coronavirus a 56 anni. E gli dedica un saluto, e uno sfogo così vero e sentito da stringere il cuore. 

Cristina Pellicioli piange la morte di suo fratello Paolo di Alzano Lombardo, morto di coronavirus a 56 anni. E gli dedica un saluto, e uno sfogo così vero e sentito da stringere il cuore. 

Sono passate poche settimane da quando quella sera, come sempre, ripulivo il tavolo dalle stoviglie della cena.

Rammento quel servizio trasmesso al tg, dove la polizia prelevava a forza dalle proprie abitazioni, le persone colpite da coronavirus. Con una serie di piatti da portare in cucina e mettere in lavastoviglie mi fermo di fronte allo schermo e seguo con attenzione il servizio e commento: “Poveracci… ma che succede nel mondo?!” e rammaricata visto proseguo con le mie abitudini, perché la Cina è lontana dall’Italia, la meravigliosa penisola composta da venti regioni, centocinque città, più di settemila novecento comuni…

Alzano Lombardo è uno di questi comuni. Ho vissuto i miei primi vent’anni lì. Via Fantoni 52, il grande portone di pietra. Ero fortunata perché casa mia aveva un doppio ingresso, così potevo accedere anche da Via San Pietro 4. Eravamo in 5: mamma, papà, una sorella, un fratello ed io. Una vita tranquilla, gli anni sono trascorsi uno dietro l’altro. Ognuno di noi ha intrapreso la
sua strada. Mamma viene a mancare di cancro e papà resta solo nel grande appartamento, per qualche anno, poi, raggiunge la moglie con lo stesso male.

Io ho già lasciato Alzano, da tanti anni, prima per la città, Bergamo, poi per un minuscolo paese sul lago d’Endine, Monasterolo del Castello. Così pure mia sorella lascia il paese. Paolo, mio fratello, resta, accasandosi nella frazione del paese, Nese.

Alzano Lombardo, che dista da Wuhan 8634 chilometri. Non vai di certo a pensare di poter vedere al telegiornale della sera lo stesso servizio disperato che hai visto poche settimane prima, con i piatti sporchi in mano, di persone che muoiono a decine di coronavirus. Wuhan e Alzano, no, impossibile. Come può quel virus muoversi in un tratto così lungo, e poi, dai.. proprio a casa mia?

Caro COVID 19, ti sei preso anche un bel nome, sembra il codice di un qualcosa di bello, suona bene quando lo dici, potrebbe essere un tormentone, il codice sconto da applicare sul totale di una spesa online, potrebbe essere il modello di un’auto ibrida, o un tipo di aereo. Invece sei un maledetto killer che si è insinuato nelle nostre vite e le stai distruggendo.

Caro COVID19, hai percorso i tuoi 8634 chilometri e sei entrato nella casa di mio fratello. Wuhan /Alzano Lombardo.

Da qualche giorno Paolo ha un po’ di febbre, è stanco, così resta a letto. Il medico, al telefono gli consiglia la cura per l’influenza. La febbre va e viene, la stanchezza, il senso di pesantezza nel tentativo di muoversi un po’ resta costante. Nadia, la sua meravigliosa compagna di vita, moglie straordinaria, chiama ancora il medico. La diagnosi sembra invariata, ma ormai il protocollo COVID 19 è in atto un po’ ovunque. Se avete la febbre state a casa, non uscite, non andate dal medico, non andate al pronto soccorso, telefonate al numero dedicato a questa situazione o alla guardia medica.

Paolo mi fa una videochiamata dal letto della sua camera. Lo sgrido scherzosamente affinché si tiri un po’ su di morale, perché si possa sforzare di alzarsi un po’ e mangiare qualcosa. Lui mi dice che è stanco, ma chiede comunque alla moglie un po’ di prosciutto.

La mattina presto Nadia mi chiama. Paolo di notte è stato portato in ambulanza all’ospedale di Bergamo perché faticava a respirare. Nadia scende dall’ambulanza, viene allontanata e Paolo entra in ospedale con tutto il meraviglioso personale sanitario, ma solo. Nadia resta fuori e per lei e i figli scatta l’isolamento.

Ben presto arriva la conferma che in realtà Paolo non è entrato solo, ma in compagnia di COVID 19. Inizi a ragionare sui numeri, statistiche, età, ovviamente tutto è a favore di Paolo, va bene, sei stato sfortunato a prenderti questo virus, dai, però sei giovane, 56 anni, la cura farà sicuramente effetto.

Ti rendi conto che da adesso nella tua vita il prefisso COVID è obbligatorio e in ospedale ogni reparto è covid qualcosa, Paolo viene trasferito in gastroenterologia, ma che ora è gastrocovid, poi settore due, ovviamente covid 2 e perché farci mancare medicina che è Medicovid?

Non esistono turni né per i medici né per gli infermieri, per tutti gli operatori, che lavorano senza sosta, le visite sono chiaramente e tassativamente proibite. Molto semplicemente vivi vicino al cellulare, controllando che ci sia campo, rispondendo a chiunque che non sia ‘covid qualcosa’ di non poter tenere occupato la linea. Ti prepari mille domande, ma quando un medico riesce a trovare qualche istante per allontanarsi dalle decine di pazienti che ci sono per chiamare un familiare, ascolti quello che ti viene detto, non riesci, non puoi fare domande. Ma capisci sempre poco, perché la paura di ricevere brutti aggiornamenti di annientano il cervello. Tu capisci quasi esclusivamente la parola STABILE. Sarà positivo, stabile è meglio che peggioramento o altro, ma al tempo stesso stabile dovrebbe diventare almeno UN PO’ MEGLIO.

Paolo riesce a chiamare Nadia due, tre volte: chiede come stanno tutti loro, fa notare a Nadia che è il compleanno di Luca. La chiama anche alle tre del mattino.

No, da stabile arriva la notizia che la terapia non fa effetto. La ventilazione non funziona. Cosa vuol dire? Adesso verrà sedato….

Buonasera signora, sono la dottoressa xxxxxx, volevo comunicare che suo fratello è deceduto.

Così CARO COVID 19, ti sei preso Paolo, mio fratello, marito da una vita di Nadia, papà di Luca e Gloria. Te lo sei preso da infame che sei, strappandolo alla sua vita di colpo, ferendo tutta la sua famiglia, che non ha potuto vederlo, sostenerlo, tenerlo per mano e non contento gli hai isolati, rendendo impossibile poterli aiutare, consolarli, abbracciarli, accarezzarli, piangere con loro.

CARO COVID 19, mio nipote, nello strazio di ricevere da me la notizia della morte di suo padre mi ha detto: “Zia, vieni qui, vieni a casa”. E io ho dovuto dire no. Consolo i miei cari al cellulare, via whatsapp.

Paolo è in un nuovo gruppo, ovviamente DECESSI COVID, un gruppo tristemente numeroso, resterà con loro in attesa di nuove procedure.

Nei pochi spostamenti concessi e dovuti per la situazione, con le dovute precauzioni, ho potuto intuire come medici e infermieri si muovono, dico intuire perché non puoi vedere nulla.

CARO COVID, te lo sei preso, ma sono certa che Paolo ti ha sorriso per non darti soddisfazione. Paolo, come mi dice Nadia nelle nostre chiamate, avevi ancora tante cose da fare, eri sereno con i tuoi ragazzi, con tua moglie, i tuoi hobbies.

Volevi farmi vedere la tua auto nuova, ma quel giorno non c’ero. SCUSAMI.

Con questa storia ho capito che non siamo protetti nei nostri spazi, per quanto vogliamo proteggerli, che anche io posso far parte di quelle notizie del tg, che non le vedi davanti allo schermo, ma ci sei maledettamente dentro, ed essendo tutto nuovo e sconosciuto, è difficile capire quale sia la strada giusta per ritrovare i tuoi equilibri.

CIAO FRATELLONE

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