Una nuova Costituente? Il problema sarà il Parlamento. Violante e la proposta di Pera
L’analisi del presidente emerito della Camera alla proposta di riforma costituzionale dell’ex presidente del Senato. I dubbi sul funzionamento del Parlamento con il nuovo assetto ridotto. “Il rischio è di perdere le occasioni che ci vengono offerte con il Recovery Fund”
Un sistema più snello ed efficiente, una riforma costituzionale che parta dalla composizione di una Costituente. Una commissione appositamente eletta, composta da settantacinque membri non parlamentari. L’ex presidente del Senato Marcello Pera, nei giorni scorsi, ha avanzato questa proposta che, in definitiva, si pone come fine ultimo quello di restituire centralità a parlamento e partiti, tesaurizzando l’esperienza di Mario Draghi in veste di premier.
Auspicabilmente oltre il 2023. “L’idea di una riforma Costituzionale è apprezzabile, ma non so se ci siano le condizioni per una nuova Costituente ”. Luciano Violante, accademico, presidente della Fondazione Leonardo e presidente emerito della Camera dei Deputati vaglia con estremo rigore la proposta. Partendo però da un punto fermo: “nelle attuali condizioni forse la via preferibile per arrivare a una riforma efficace della Carta – dice – è quella ordinaria. Una assemblea costituente potrebbe sovrapporsi al Parlamento”. Delle due, l’una. Proprio sul ruolo del Parlamento, con il nuovo assetto e la nuova composizione che avrà a seguito del referendum che ne ha sancito la drastica riduzione, l’ex magistrato si spinge a una riflessione sistemica.
“In generale – dice – le riforme si portano avanti o per ragioni di opportunità, o per ragioni di necessità. Possiamo dire che la condizione nella quale il Paese si trova attualmente ci suggerisce di agire per necessità, andando a cogliere le istanze più urgenti del nostro sistema. In primo luogo, dunque, va affrontato il tema del funzionamento del nuovo Parlamento”. Violante è sicuro che, ad esempio, “il Senato farà molta fatica a funzionare, proprio perché la riforma sul taglio del numero dei parlamentari, lo priva della possibilità di funzionare”.
A questo punto ci sono tre strade percorribili. “O si immagina una camera che si dedichi agli affari regionali”, e “si demanda alla Camera dei Deputati l’indirizzo politico (fiducia, sfiducia e voto finale alle leggi escludendo magari quelle costituzionali), oppure “si amplia la gamma di possibilità decisionali per il Parlamento riunito in seduta comune”. Anche in questo ultimo caso “si darebbe la possibilità all’assise di decidere in ordine alla fiducia, alla sfiducia e al voto ultimo per le leggi”. Violante riconosce a Marcello Pera il fatto “di aver colto una problematica seria che deve essere risolta nel più breve tempo possibile”.
E, a questo proposito, lancia una proposta ulteriore. “A mio giudizio occorrerebbe introdurre il principio della ‘sfiducia costruttiva’. In sostanza, qualora il parlamento dovesse votare una mozione di sfiducia verso il Premier, dovrebbe contestualmente indicare un’altra figura che lo sostituisca”. L’ultimo dettaglio, tutt’altro che marginale, riguarda le prospettive del Recovery Fund. “Le Camere non verranno sciolte prima del 2023. Ma, se il Parlamento con il nuovo assetto non fosse in grado di funzionare , sarebbe un grosso problema per il Paese; ci sarebbe il concreto rischio di perdere tutte le opportunità che in questo momento storico ci vengono garantite dai fondi del Next Generation Eu”.
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